C’era un movimento, che cosa ci sarà ?
Quando, più di cinque anni fa, andai per la prima volta – per vedere com’era – a una riunione del futuro Movimento 5 Stelle, furono molte le cose che mi colpirono positivamente e mi convinsero a crederci.
C’era un movimento pieno di idee e di visioni positive, che sognava apertamente un mondo migliore e sapeva anche spiegarlo, che dava speranza a chiunque vi si avvicinasse, che magari mandava affanculo l’establishment, ma non parlava solo di aggressioni e guerre e cattiverie altrui.
C’era un movimento che aveva per obiettivo non i voti ma il miglioramento culturale delle persone e della società , che è stato fondamentale per la mia crescita, e da cui ho imparato molto.
C’era un movimento che puntava a informare ed educare le persone per renderle cittadini consapevoli, basando la propria azione sul coinvolgimento di tutti.
C’era un movimento che manteneva attiva una discussione costante, tramite la rete e tramite i meetup, in cui tutto veniva raccontato e tutte le opinioni potevano esprimersi, magari in modo dispersivo e talvolta distruttivo, ma comunque aperto – e ogni tanto ci si incontrava a livello regionale e nazionale, e si diventava anche amici, e l’idea di buttarsi fuori a vicenda era sconosciuta.
C’era un movimento in cui la trasparenza era totale, in cui gli eletti erano i più capaci e attivi del gruppo, con anni di sbattimento alle spalle, eppure erano solo portavoce e tutti gli facevano continuamente le pulci in maniera quasi ossessiva, e non si sarebbero mai offesi per questo, né avrebbero pensato di scaricare Grillo in TV o di sentirsi più importanti degli altri.
Di tutto questo, ormai alla prova dei fatti resta sempre di meno: perché? In parte, il cambiamento è inevitabile: quando si passa dal progetto alla sua realizzazione si scopre che le cose sono un po’ diverse da come sono state immaginate, sicuramente più difficili, e le idee vengono riviste o adattate alla realtà . Tuttavia, lo status quo ha una forza immensa, ed è molto molto difficile (lo provo io sulla mia pelle) riuscire a conservare la diversità , non tanto nelle proposte ma nei metodi, che sono la nostra vera novità .
Il rischio, dunque, è che invece di dare forza alle nostre idee originali, adattandole solo per quanto necessario a realizzarle davvero, esse diventino un dogma da ripetere a parole, per poi agire in maniera ben diversa.
Per questo, è inutile disperarci, o dare la colpa a Grillo o a chi altro. L’importante è capire che c’è qualcosa da correggere e che bisogna ritrovare ciò che ci distingue dagli altri, perché è proprio la sua progressiva sparizione che ci svuota di significato e quindi di consenso. Tutto quello che c’era c’è ancora, sepolto sotto le difficoltà e le pressioni, ma serve uno sforzo consapevole per ritirarlo fuori, e una grande forza per mantenerlo al centro dell’azione, senza lasciarci spingere via.
E’ in questi momenti che serve il carisma delle persone di valore. Serve, però, per unire e non per cacciare, per affrontare i problemi e non per negarli. Serve per smettere di girare in tondo, di farsi catturare e rinchiudere in un gran lavoro istituzionale spesso completamente inutile, di perdere le priorità e i valori; serve per organizzare la sterzata che rimetta la barca sulla rotta giusta.
Serve, innanzi tutto, parlarci a quattr’occhi, trovare le soluzioni, motivarci a vicenda. Bisogna saper immaginare il Movimento dei prossimi anni: il suo ruolo politico, la sua strategia, la sua organizzazione. Serve pensarli con forza e perseguirli con attenzione, perché se non lo faremo verremo sbriciolati e mangiati, diventando un partitino stanco senza nemmeno accorgercene; non basta non voler essere un partito per non diventarlo, serve trovare esplicitamente una via nuova.
Il mio post sui quindici punti ha raccolto molti consensi da consiglieri comunali, da attivisti, da elettori. Ai livelli più alti del Movimento, però, paiono troppo impegnati per ascoltare, perché la priorità è cosa scriverà il giornale domani, non che movimento sarà tra cinque anni, e come fare perché esista ancora. Per chi è in prima linea è giusto che sia così, ma serve che, da qualche altra parte, si possa discutere e lavorare anche sulle questioni di lungo periodo, almeno tra le persone che hanno l’esperienza e la visione per farlo. Io però, oltre a dirlo, non posso farlo da solo.