L’Italia e l’Europa
Qualche giorno fa, Beppe Grillo ha rilanciato il manifesto del Movimento 5 Stelle verso le elezioni europee, già presentato un mese fa a Genova. Si tratta di sette grandi linee che non coprono tutto il dettaglio delle competenze dell’Unione Europea, ma che vogliono evidenziare alcune priorità : il referendum sull’euro, la lotta all’austerità imposta dalla finanza globale, l’investimento sull’innovazione e sull’autosufficienza alimentare nazionale.
Trasversalmente a queste priorità , tuttavia, resta da affrontare il discorso di fondo: quello del rapporto tra l’Italia e l’Europa. In questi vent’anni, difatti, i partiti italiani hanno abusato di questo rapporto; hanno contemporaneamente indicato l’appartenenza all’Unione Europea e all’euro come un dogma indiscutibile e scaricato sull’Europa la colpa di qualsiasi sacrificio venisse imposto agli italiani.
E’ chiaro che il risultato a medio termine di una propaganda di questo genere non può che essere la nascita di un forte sentimento antieuropeo, sempre più diffuso tra i cittadini, secondo il semplice ragionamento “se i sacrifici sono imposti dall’Europa, usciamo dall’Europa e non ci saranno più sacrifici”. E così, le elezioni europee rischiano di diventare uno scontro aperto tra chi dice che l’Unione Europea va bene così e chi vorrebbe distruggerla e basta.
Eppure, bisognerebbe ricordarsi che il processo di integrazione europea è nato per motivi più profondi di quelli economici. L’Europa unita nasce dalle rovine della seconda guerra mondiale, dai campi di concentramento e dalla distruzione di gran parte dell’intero continente, ridotto a giardinetto di due grandi potenze sostanzialmente estranee, potenze che erano a loro volta diventate tali grazie a un lungo processo di integrazione di stati o di popoli diversi. I singoli Paesi europei, se non si uniscono, rischiano di continuare a uccidersi in guerre fratricide o comunque a diventare sempre più marginali rispetto a Stati Uniti, Russia, e oggi Cina, e domani India e magari anche Brasile; nazioni che in gran parte avrebbero da guadagnare dall’esplosione dell’Unione Europea e dalla fine dell’euro.
La questione, quindi, è come unire i paesi europei in modo che nessuno, e nello specifico l’Italia, ne abbia a soffrire. Un conto, difatti, è un’Europa in cui l’unione fa la forza, e un conto è un’Europa in cui alcuni si arricchiscono e altri fanno la fame, e che invece di generare più ricchezza per tutti si limita a trasferire la ricchezza di un pezzo di continente verso un altro pezzo.
Noi italiani, innanzi tutto, dobbiamo assumerci la responsabilità dei nostri errori e delle nostre manchevolezze. Non è colpa dell’Europa se noi siamo uno dei Paesi più disonesti, corrotti, privi di meritocrazia, disorganizzati, ignoranti e manipolati dai media: è colpa nostra e della classe dirigente a cui abbiamo affidato questo Paese. Questa arretratezza è un elemento fondamentale del nostro impoverimento e non possiamo darne la colpa all’euro o ai tedeschi.
Allo stesso tempo, però, il modo in cui è gestita l’Europa, senza grande democrazia e senza mettere al primo posto il benessere dei cittadini, non è accettabile; serve un’Europa in cui i Paesi non siano in competizione tra loro, ma in collaborazione, e per questo serve un nuovo patto di convivenza in cui i Paesi in questo momento più forti sostengano i cittadini (non le banche) dei Paesi più deboli in cambio di riforme che, a differenza di quelle imposte in Grecia, affrontino alla radice i problemi culturali, sociali e civici del Paese per mettere le basi dello sviluppo futuro, invece di limitarsi al rientro dal debito a costo di un massacro sociale non solo metaforico.
Se però la disponibilità a questo patto non ci dovesse essere, se a conti fatti a noi dovesse convenire lo sgancio dalla moneta comune, possibilmente non da soli ma con un blocco di Paesi mediterranei tali da dare solidità a una nuova unione e una nuova valuta, non c’è alcun motivo per non farlo.
L’Italia è, difatti, uno dei Paesi meno capaci a difendere i propri interessi nazionali. In tutto il mondo ogni nazione regola i flussi di ingresso e uscita di capitali, merci, alimenti, energia e anche persone secondo l’interesse del proprio Paese; questo scontro di interessi si verifica anche nella definizione degli accordi europei che regolano la nostra vita. A forza di spedire a Bruxelles i trombati di ogni colore, gente che magari non sa nemmeno dire due parole in inglese quando incontra i colleghi e che vive l’Europa come un ripiego o come una pensione dorata, l’Italia si è spesso fatta fregare. Aggiungiamoci il fatto che da noi difendere gli interessi nazionali sembra spesso una vergogna, una roba da pezzenti o da fascisti: non possiamo stupirci se poi in sede europea abbiamo la peggio.
Per questo il Movimento 5 Stelle può offrire una prospettiva veramente nuova nel rapporto tra Italia ed Europa, come i partiti non hanno mai fatto; a patto che abbia chiaro quale Europa vuole costruire. E voi, che ne pensate?