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domenica 26 Gennaio 2014, 13:29

Sulla mozione per la chiusura dei CIE

In questo inizio di 2014, l’amministrazione di Fassino ha deciso di attaccare con rinnovato vigore i veri problemi della città. Bene, direte voi, allora di cosa si parla? Lavoro? Casa? Inquinamento? Traffico?

Beh, non proprio: dopo l’invito alla legalizzazione della marijuana e l’equiparazione delle coppie di fatto nell’accesso alle tombe di famiglia – provvedimenti che noi abbiamo pure condiviso, ma che forse non erano proprio la priorità numero uno – questa settimana l’urgenza individuata da PD e SEL è la chiusura dei CIE.

E’, secondo loro, talmente urgente che giovedì hanno scritto una mozione, venerdì l’hanno dichiarata (a colpi di maggioranza) di urgenza totale e imprescindibile e così domani la metteranno in votazione in consiglio comunale. E dunque, io e Chiara saremo chiamati domani a prendere una decisione su come votare, e per questo io dedico la mia domenica mattina a spiegarvi il problema affinché possiate esprimere una opinione.

Per prima cosa, comunque, vi rimando al post di novembre sulla mia visita al CIE, per farvi un’idea direttamente di cos’è e come funziona questa struttura.

A riguardo del testo della mozione, le mie prime considerazioni sono queste: gran parte delle premesse (direi il primo, secondo e quarto blocco) sono condivisibili, e riguardano il fatto che i CIE sostanzialmente non funzionino rispetto allo scopo per cui sono stati istituiti. Da una parte, infatti, rappresentano un ambiente degradato e degradante per persone che comunque non hanno commesso alcun reato, e che però, stando lì, diventano per forza di cose più furiose e antisociali di prima; dall’altra, non riescono ad espellere che metà circa delle persone che vi vengono inviate, per cui le altre alla fine escono e restano tranquillamente in Italia; tutto questo a fronte di costi esorbitanti, continui problemi di ordine pubblico e disturbo anche a chi ci abita attorno (a cui, quindici anni fa, era stato promesso che il CIE sarebbe stato lì soltanto per qualche anno). E dunque, la richiesta di chiudere il CIE di corso Brunelleschi, e in generale di abbandonare l’intero meccanismo dei CIE sostituendolo con qualcos’altro di più efficace, è secondo me condivisibile.

Quello che invece nella mozione io non condivido è l’approccio ideologico evidente nel blocco “ritenuto che” e nelle due richieste finali al sindaco e alle istituzioni nazionali. Tra le affermazioni e le richieste che si fanno in queste parti ci sono:

  • che è ingiusto detenere gli immigrati clandestini in attesa di espulsione, senza lasciarli andare in giro liberamente, e che questa è una “inqualificabile violazione dei diritti umani”;
  • che già che ci siamo, oltre a chiudere i CIE, dovremmo rivedere le leggi per dare anche la cittadinanza e il diritto di voto (agli immigrati clandestini?!?);
  • che la detenzione degli immigrati clandestini deve essere decisa solo da un giudice e non da un giudice di pace o da un provvedimento amministrativo.

Peccato che la detenzione degli immigrati clandestini fino a 18 mesi, su provvedimento anche amministrativo, sia semplicemente quanto previsto dalla direttiva europea sui rimpatri, che prevede che a fronte di uno straniero che non ha diritto di rimanere in Europa gli si dia (art. 7) un periodo da sette a trenta giorni per andarsene volontariamente, con la possibilità di imporre l’obbligo di residenza o eliminare questo periodo in caso di rischio di sparizione, finito il quale (art. 8) “gli Stati membri prenderanno tutte le misure necessarie per far rispettare la decisione di rimpatrio”; a questo scopo è prevista, con tutta una serie di salvaguardie, la possibilità di detenere lo straniero se non vi siano altre misure efficaci (art. 15), prevedendo un massimo di sei mesi che può essere esteso a diciotto se l’individuo o il suo Paese non collaborano al rimpatrio (difatti uno dei principali motivi per cui non si riescono a rimpatriare gli ospiti dei CIE è che diversi Paesi fanno di tutto per non riprenderseli).

Come mostra questa mappa, tutti i Paesi europei hanno centri di detenzione per gli immigrati clandestini, sia nella fase di prima accoglienza e identificazione che nella fase di partenza per il rimpatrio; Germania, Danimarca, Svizzera e Irlanda li tengono direttamente in carcere. A questo punto, o il Parlamento Europeo e tutti gli altri Paesi europei sono degli inqualificabili violatori dei diritti umani, o c’è qualcosa che non va nel ragionamento della mozione.

Tra l’altro noi pensiamo sempre a chi sbarca dai barconi, ma la grande maggioranza dei clandestini ormai sono persone precedentemente regolari che hanno perso il lavoro e non ne hanno ritrovato uno nel tempo concesso, e che quindi sono prive di mezzi di sussistenza e, non avendo alle spalle una rete sociale, hanno spesso poche alternative al finire a rubare o anche peggio.

La questione di fondo, quindi, è molto semplice. Se uno crede che l’immigrazione, anche essendo una risorsa importante e positiva per un Paese, vada regolata, definendo un numero massimo di stranieri che è possibile accogliere in base alle necessità e alle disponibilità socioeconomiche della nazione e stabilendo dei criteri di ammissibilità, allora inevitabilmente esisteranno i clandestini, ovvero persone che provano lo stesso a entrare o rimanere nel Paese anche quando non rientrano nei vincoli posti; e in un Paese serio, che fa leggi non per dar fiato alla bocca e fare un titolo sul giornale ma per regolare la convivenza di tutti, una persona che non è autorizzata a stare lì deve venire espulsa; e poiché per forza di cose chi tenta di entrare non ha intenzione di farsi espellere, è quasi sempre necessario farlo con la forza.

Si può benissimo discutere su quali sono le condizioni per espellere qualcuno, e ad esempio essere più accoglienti con gli stranieri regolari che perdono il lavoro; si può, anzi si deve garantire un trattamento migliore e più umano per le persone soggette alla procedura di espulsione, che non può essere trascinata per mesi e mesi. Ma non si può prescindere da un sistema di trattenimento e accompagnamento forzato alla frontiera di chi va espulso, e dunque non si può fare a meno di qualcosa che funzioni come un CIE.

Se invece non si vogliono i CIE, e anzi si cerca di aggiungere ostacoli e cavilli alle procedure di espulsione, di fatto si sta dicendo che non si vuole espellere mai nessuno, e che si vuole una immigrazione incontrollata e senza limiti. Ma una immigrazione di questo tipo serve solo a qualcuno: a chi detiene il potere economico, a cui fanno comodo grandi masse di immigrati tenuti ai margini della società e disposti a lavorare a condizioni inaccettabili per gli italiani, creando una guerra tra poveri che permette di distruggere tutti i diritti sociali conquistati in cent’anni di lotte, e che offre facili capri espiatori della crisi economica alla gente comune, evitando che essa se la prenda con chi veramente la sfrutta.

Spiace che a portare avanti questa trappola siano i partiti cosiddetti di sinistra, ma delle due l’una: o non hanno capito niente del mondo globalizzato, o sono venduti al potere.

Per questo motivo, secondo me la mozione così come presentata non può essere votata; sono incerto se proporre la riscrittura delle parti che non condivido, operazione che tuttavia difficilmente incontrerà il favore dei proponenti, a maggior ragione vista l’ostinazione con cui hanno voluto votarla di corsa senza discuterla con calma. Ad ogni modo, siamo qui per ascoltare e dunque leggerò con piacere i commenti di tutti.

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2 commenti a “Sulla mozione per la chiusura dei CIE”

  1. gigio:

    Non posso che condividere integralmente il tuo pensiero sulla questione in oggetto. Relativamente al voto sulla mozione penso che:
    1) dovresti comunque proporre la riscrittura delle parti che non trovano il nostro consenso;
    2) a fronte di un più che probabile rifiuto da parte dei proponenti, esercitare per coerenza l’astensione.
    Sulla “spiacevolezza” di un’astensione in una votazione mi ero già espresso precedentemente ma ritengo che – ubi maior, minor cessat – il valore della coerenza con il pensiero ed il mandato raccolto dai propri elettori sia prevalente.

  2. Orlando:

    Farei meglio a stare zitto: ma tant’è, provo a dire cosa penso.
    L’Italia è da anni in crescita zero: contestazioni? Okay.
    L’anno scorso 9mila laureati se ne sono andati a lavorare all’estero: i dati sono de Il sole 24 Ore, e tuttavia per una volta direi che potremmo crederci. Tra parentesi, il dato si accorda con la mia esperienza, se non nei numeri nelle conversazioni. Il numero di genitori che mi dicono che i figli, laureati o laureandi; sono all’estero sta diventando veramente significativo. Se non tutti, poco ci manca. Questo a Torino: immagino al Sud!
    Stiamo perdendo popolazione, e quel che peggio stiamo perdendo popolazione qualificata. Non vedo da parte del Comune di Torino alcuna politica per fermare questo esodo. Non è un problema loro: anche perché – sospetto – quelli che se ne vanno non sono loro elettori.
    Nel diritto di voto agli immigrati, diritto indiscriminato mi sembra di capire; c’è solo un tentativo di acquisire voti. Mio fratello lavora in Normandia (no, non piove tutti i giorni come dicono) e non vota per le presidenziali: ma per le comunali si. E come lui qualsiasi straniero residente in Francia. Pensi che possa mai votare Le Pen?
    Mi conforta che i miei amici rumeni, che hanno diritto di voto alle amministrative in quanto membri di uno stato UE, hanno giurato di non aver votato per “i comunisti” né che lo faranno mai. Il ricordo di quello che hanno subìto è ancora forte. Ma la prossima generazione, i loro figli, forse non la penseranno allo stesso modo. Fassino può consolarsi così

 
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