Caro Stato, fatti i cavoli tuoi
Si sa, ogni giorno in Italia sui social network parte un’ondata di indignazione e di scherno contro qualcosa; talvolta meritata, talvolta no. Quella di ieri, meritata, è contro la ridicola campagna pubblicitaria del Ministero della Salute che vorrebbe convincere i giovani italiani a fare più figli; una campagna che è innanzi tutto una prova di incapacità amministrativa, dato che evidentemente è stata affidata a dei “professionisti” talmente scarsi da aver partorito slogan e immagini che hanno fatto ridere tutto il Paese.
Finito di ridere, però, è necessario comprendere il vero, grave problema che si ripete continuamente nella politica italiana: quello per cui chiunque abbia in mano il potere si sente in diritto di imporre agli italiani i propri valori e le proprie visioni della vita.
E’ vero, difatti, che la società nel suo complesso ha sotto molti punti di vista un interesse effettivo a promuovere un tasso di natalità più elevato, che vuol dire, banalmente, più contribuenti in futuro e più energie fresche per sviluppare il Paese; anche se il sospetto è che le considerazioni politiche dietro la campagna non siano tanto queste, quanto il desiderio degli alleati centristi di Renzi di appagare il Vaticano e quell’elettorato cattolico integralista che ormai è ridotto a un manipolo di ultrà adinolfici, ma che nella testa dei politici è ancora dilagante.
Ma anche lasciando perdere la questione se la soluzione migliore al calo della natalità sia una pubblicità su Facebook, il problema è che in una società libera l’individuo ha innanzi tutto il diritto di fare scelte che non perseguano l’interesse e il benessere collettivo, ma il suo individuale; e lo Stato può limitare o contrastare questo diritto solo là dove lede direttamente l’uguale diritto degli altri, ma non, invece, per imporre all’individuo di allinearsi a un modello di vita che non condivide.
Se non si parte da un principio libertario come questo, si va verso società totalitarie in cui l’interesse collettivo giustifica qualsiasi prevaricazione; non solo, come una volta, il matrimonio obbligato e pianificato in funzione dell’accrescimento della numerosità e del patrimonio familiare, ma pure l’eugenetica (perché è interesse sociale non avere individui deboli al proprio interno), l’omofobia (perché non funzionale alla riproduzione) e così via.
In questo tipo di società , chi è al potere segue una ideologia che descrive il modo “corretto” di vivere, e la impone a tutti i cittadini. Purtroppo, questa mentalità è molto diffusa in tutta la politica italiana, vecchia e nuova, perché non c’è differenza concettuale tra promuovere la fertilità per rafforzare numericamente la popolazione e promuovere il veganesimo per ridurre l’impatto ambientale dell’alimentazione; o impedire alle famiglie di dar da mangiare ai bambini a scuola quello che vogliono, montando una serie di scuse organizzative e pseudo-sanitarie per nascondere il fastidio di non poter obbligare i figli degli altri a essere tutti uguali e allineati al modello che si vuole imporre.
Il messaggio post-ideologico del Movimento 5 Stelle, in origine, era anche questo: l’ideologia di Stato e di partito limita la libertà degli individui di essere felici e vivere come meglio credono, per cui perseguiamo una società senza ideologie. In questo senso, il M5S delle origini era una speranza per i laici e libertari, e spiace vedere che il M5S di oggi, come già tutti gli altri partiti, abbia completamente abbandonato questa idea.
Il problema politico, dunque, ritorna a essere generale: quello dell’italiano che deve difendersi dallo Stato e dai politici non solo sul piano dell’incompetenza e della disonestà , ma anche su quello del vedersi consigliare o direttamente imporre grandi e piccole scelte di vita. Chissà se e quando gli italiani riusciranno ad avere la meglio.