L’amaca e l’ostracismo dei buoni
Oggi Michele Serra è ampiamente deriso e insultato in rete per aver scritto un pezzo piuttosto banale che si limita a riproporre un luogo comune del pensiero conservatore universale, cioè che i poveri sono mediamente più ignoranti e più delinquenti dei ricchi (luogo comune che peraltro, se depurato da qualsiasi classificazione morale in termini di buoni e cattivi, riflette una oggettiva statistica sociale che però deriva dalle stesse condizioni ambientali che esamina). Probabilmente Serra se lo merita, anche se mi stupisce lo stupore di chi si stupisce perché un esponente della sinistra novecentesca si ritrova nel 2018 dal lato dei ricchi.
Ma questo nasconde effettivamente un problema più generale, che è ben riassunto da questo pezzo di un giornalista conservatore americano, assunto e subito licenziato da una rivista teoricamente “aperta a opinioni diverse” perché troppo conservatore, aggrappandosi a una battuta sulla pena di morte che era chiaramente una battuta ma che è poi stata ripresa, distorta e ingigantita apposta dai progressisti sui social media e sui giornali amici, senza nemmeno permettergli di spiegare davvero le sue idee.
Il problema più generale è che anche se sono state le politiche economiche di destra, molto più di quelle di sinistra, a garantire il successo globale dell’Occidente (e persino quello dell’Oriente, quando le ha infine abbracciate), l’egemonia culturale è però oggi in mano ai liberal, specie a quelli conditi in salsa di populismo, anticapitalismo e pauperismo; ed è molto difficile esprimere idee diverse sui media popolari e sui social, tanto più se scritte in modi letterari colti che facilmente si prestano al fraintendimento degli ignoranti e alla manipolazione dei furbi, senza essere sommersi di insulti e ostracizzati.