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sabato 7 Settembre 2019, 22:37

Festival delle sagre 2019 – Giorno 1 – La recensione

Normalmente, al festival delle sagre di Asti vado la domenica a pranzo: c’è un po’ meno gente e c’è tutto il pomeriggio per digerire. Stavolta, tuttavia, trovandomi solo a Torino il sabato sera, ho deciso di raddoppiare, avendo così modo di sperimentare un po’ di piatti che normalmente non prendo (i piatti interessanti sono molti di più di quelli che un umano possa mangiare in un pasto…). E così, a grande richiesta, ecco la recensione.

Prima, volendovi bene, i dettagli logistici. Ovviamente ad Asti si va in treno, per la precisione col treno delle 17:30, che ti scarica lì alle 18:05; sedendosi sulla seconda carrozza dalla cima, si scende proprio davanti al sottopassaggio e si batte la folla. Arrivando a quell’ora, si ha il tempo di acquistare gli scontrini per un po’ di piatti quando c’è ancora poca coda, prima che inizi la distribuzione alle 18:30 (facciamo alle 18:36, maledetta banda dei bersaglieri e la sua inutile esibizione extra-lunga quando tutti volevamo solo il via per mangiare); e questo fa risparmiare molto tempo dopo.

Certo, alle 18:15 la coda alla cassa del fritto misto era già così:

Ecco, ma fatevelo dire: non andate al festival delle sagre per prendere il fritto, o quelle altre due o tre robe che tutti vogliono, tipo gli agnolotti del plin o le tagliatelle al tartufo. C’è tanta altra roba ottima con molta meno coda, e quei piatti lì potete reperirli alle sagre dei singoli paesi, o dal vostro spacciatore monferrino di fiducia (che nel nostro caso, per il fritto, è il Nuovo Cicòt di Molinasso di Frinco – un posto stile Rubio definito “nuovo” perché la sala è stata rifatta negli anni ’70). Ma ogni volta vedo le maree di folla in coda per la friciola di Mombercelli, che poi sarebbe un maledetto gnocco fritto con salumi come alla festa dell’Unità di Bologna, e insomma, va bene a quelli di Mombercelli che ci fanno il 70% del PIL annuale di tutto il paese, ma davvero non vi capisco.

Veniamo dunque ai voti per i miei acquisti di questa volta, recensiti in ordine di ingurgitazione (considerate che alle 18:22 io già possedevo gli scontrini per tutto tranne i tajarin).

1. Crostone al lardo (San Marzanotto) – 6,5

Di tutto, è quello che mi ha convinto di meno: il pane non sa decidersi se essere morbido o croccante ma comunque è gnecchetto, e la pappa di lardo non è abbastanza sottile da sciogliersi e non è abbastanza spessa da soddisfare il morso. Non male eh, ma non lo riprenderei.

2. Crostone al bagnetto con acciuga (San Marzanotto) – 7,5

Questo era già meglio, il bagnetto era buono e le acciughe erano carnose, ma resta il problema del pane.

3. Involtini di peperone con tonno e acciughe (Motta di Costigliole) – 8

 

Alla Motta hanno iniziato male: pur con una manciata di persone in coda son riusciti a farmi aspettare dieci minuti per un piatto che doveva essere pronto, ma in realtà c’era una signora (una sola) che estraeva gli ingredienti da un cassone e li impiattava piano piano. E però, valeva la pena: era veramente buonissimo. Deve piacervi il povron… io domani però lo riprendo.

4. Tajarin al sugo di carne (Boglietto di Costigliole) – 7

Questa è stata una improvvisazione, perché nei miei pre-acquisti mancava un primo, e passando davanti allo stand non c’era grande coda. Erano buoni, ma niente di indimenticabile: se ne avete voglia e non volete fare la coda per altri primi più rinomati, come gli ottofile al coniglio, possono essere un buon filler, un po’ come quelle canzoni nate per fare il terzo brano del lato B del disco.

5. Salsiccia alla barbera (San Damiano) – 8

Questa è stata la sorpresa positiva della serata. L’ho presa come secondo secondo, per curiosità e perché non c’era tantissima gente, pensando: ok, è salsiccia, che vuoi che sia? E invece era notevole: era in un sughetto addensato che restituiva il fondo di vino e un ricco mix di verdure, e la salsiccia era solida e piacevole al morso. Veramente buono anche il nebbiolo che offrivano in accompagnamento.

6. Bollito misto (Moncalvo) – 9

Su un voto così alto ho riflettuto a lungo, perché della Pro Loco di Moncalvo sono un affezionato, e ogni volta (questa compresa) ci scappa pure la chiacchierata col sindaco, che è un sant’uomo che troverete tranquillamente alle sagre a buttare l’immondizia e servire i piatti, e insomma non vorrei esser di parte. Ma no, il bollito stavolta era veramente eccelso; la testina in particolare era grassa al punto giusto, piacevolmente appiccicosa; il cotechino sapeva di carne e di spezie, e non di trito per gatti; e il bagnetto era bagnetto, non pesto, non ketchup, non prezzemolo caramellato. E poi, una sleppa di ottima carne per dodicimila lire… Andate subitissimo a fare lo scontrino, che poi la coda per il ritiro è umana anche dopo; e godetevelo senz’altro. (L’unica osservazione è che io avevo una mano sola e loro mi han dato le posate in un sacchettino di plastica; senza un posto su cui appoggiarsi, aprire il sacchettino e tagliare la carne era una mission impossible.)

7. Panna cotta al miele d’acacia (Moncalvo) – 8,5

Sarà che me l’ha servita il sindaco, ma era ottima la panna cotta e ottimo il miele: un’altra cosa che domani riprenderò (tanto la panna cotta ha una cassa a parte).

8. Zabajone al moscato con savojardi (Revignano) – 7,5

Questo è un superclassico delle sagre, e ci sta giusto bene a riempire quel buchino che ti rimane quando è ora di avviarti al treno. Lo zabajone è inappuntabile come sempre, i savoiardi però non mi hanno detto granché, mi son sembrati anche un po’ secchetti. Notevolissimo invece il moscato offerto in abbinamento, per chiudere è perfetto.

Conto:
– Crostone al lardo 2,00€
– Crostone bagnetto e acciughe 2,50€
– 1 bicchiere di barbera 1,00€
– Involtini di peperone 3,00€
– Tajarin al sugo di carne 3,50€
– Salsiccia alla barbera 4,00€
– 1 bicchiere di nebbiolo 2,00€
– Bollito misto 6,20€
– 1 bicchiere di barbera 1,00€
– Panna cotta 2,00€
– Zabaione 2,00€
– 1 bicchiere di moscato 2,00€
Totale: 31,20€

Insomma, nonostante i nemici della contentezza abbiano imposto un inusitato rincaro del bicchier di vino da 0,50€ a addirittura due euro in certi casi, alla fine ci si abboffa di robe buone, ci si sversa a sufficienza e si osservano con scherno un sacco di clueless tamarroes per un prezzo più che accettabile (aggiungeteci 10,50€ per il regionale a/r). Con buona pratica e sinuoso scivolamento di code, io alle 19:54 ero sul treno del ritorno, e sono arrivato a casa prima delle nove.

Bene, per oggi è tutto, e ci vediamo domani a pranzo – e ricordate: dotatevi della mappa sul cellulare e pianificate le vostre mosse; se siete in due, parallelizzate le code (uno alla cassa e uno al ritiro); e osservate bene la situazione prima di piazzarvi, perché quasi sempre le casette hanno una coda/un lato pieno di gente e un altro lato che fa lo stesso servizio ma con molta meno coda. E poi divertitevi!

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2 commenti a “Festival delle sagre 2019 – Giorno 1 – La recensione”

  1. Andrew:

    Cioè, in circa 2 ore ti sei fatto tutta quella roba? Quanti kili hai preso? Io solo per prendere 1 piatto ci metto 2 ore… Vabbé, non vengo mai da solo e in genere sono con persone che per decidere devono leggersi la lista almeno tre volte… per poi dichiarare che non sanno cosa mangiare per primo, tipo asino di Buridano, oppure con persone che devono pianificare il percorso al centimetro. Il peggio è quando ci sono tutti e due i tipi insieme… Una volta mi sono girati i cosiddetti, e sono andato a mangiarmi una piadina da solo…

  2. mfp:

    Scorrevo il post guardando (solo) le foto e tra me e me: “ah pero’ come si trattano bene i soliti savoiardi ricconi: perfino le sagre di paese – notoriamente mangiare povero – son ricche!”.

    Poi ho visto il conto e … davo per scontato che avevi pagato una tantum per menu’ fisso. Da noi le sagre di paese sono tutte cosi’ e si sono impoverite al punto che non ne vale la pena andarci. Perche’ si, spendi solo 10 euro, ma mangi 9 euro!

    Quei savoiardi fantastici non li avevo mai visti; io credevo che i savoiardi fossero i torinesi e quei biscotti che servono a vedere da lontano se il tiramisu’ e’ potenzialmente buono (ie: ci sono i savoiardi dentro) o sicuramente cattivo (ie: ci sono gli oro saiwa dentro).

    In definitiva, probabilmente quei savoiari valevano il viaggio ma andare li’ a mangiare no. A queste condizioni economiche il M5S non sarebbe nato.

 
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