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domenica 8 Settembre 2019, 18:54

Festival delle sagre 2019 – Giorno 2 – La recensione

Bene, dopo la recensione di ieri potevo lasciarvi senza i piatti di oggi? Ovviamente no. E vi confesso subito un’altra cosa: ho fatto ciò che non andrebbe fatto, e oggi sono andato in auto, perché dovevo poi fare altre commissioni in zona. E’ andata bene perché sono arrivato presto, prima delle 10, approfittandone per vedere la minima ma interessante mostra sull’usura medievale presso il Museo Diocesano; quindi ho evitato la tradizionale coda in uscita al casello di Asti Ovest, e sono riuscito a parcheggiare in centro – due cose che normalmente sarebbero impossibili. Ho però dovuto rinunciare quasi completamente al vino, e già questo è un buon motivo per venire in treno.

Senza ulteriore indugio, ecco i piatti di oggi; in buona parte sono dei classici, resi possibili anche dall’essere arrivati presto e aver fatto il giro alle varie casse a comprare quasi tutti i tagliandini entro le 11:20, prima che iniziasse la distribuzione. Volendo avrei persino potuto prendere le tagliatelle al tartufo, uno dei sacri graal delle sagre (scusate il paragone, ma camminando per il centro ho scoperto che la Grotta di Merlino si è espansa e ha aperto pure ad Asti). Ma mi sono limitato. Ah, e se vi sembra troppa roba, sappiate che oggi eravamo in due a dividercela.

1. Tajarin di mais ottofile con ragù di salsiccia (Antignano) – 8

Un superclassico che non delude mai; la differenza secondo me la fa il sugo, che ha quell’accento in più che li distingue dalle offerte concorrenti. Vista la lunga coda, va preso per primo ed è uno dei posti in cui mettersi a fare la coda al ritiro prima che aprano; la coda è già lunga ma quando iniziano a servire poi sono veloci.

2. Bollito misto (Moncalvo) – 9

Vedi la recensione di ieri; l’ho talmente decantato che Elena ha voluto mangiarselo, ma sapendo che lì anche al ritiro si sarebbe formata una lunga coda, l’abbiamo ritirato subito e usato da antipasto (come peraltro si fa spesso anche col fritto misto).

3. Involtini di peperone con tonno e acciughe (Motta di Costigliole) – 8,5

Anche questo deriva da ieri, e avendolo riprovato (perdipiù con zero coda) gli ho anche dato mezzo voto in più. Diventerà un mio piatto fisso.

4. Lasagnette della vigilia (Castello d’Annone) – 9

Ogni assiduo frequentatore delle sagre ha il suo piatto del cuore e per me è questo. In pratica, si tratta di una lasagnona di pasta all’uovo tagliata a pezzettoni, condita con una specie di bagna caoda molto acciugosa, piuttosto agliosa, e completata da un certo laghetto di olio (e burro?). Non delude mai, ed è pure comoda perché è l’unico stand in cui oltre ai tagliandini ti danno un numero progressivo, per cui se la compri all’inizio puoi presentarti dopo mezz’ora, quando davanti allo stand c’è già un grumo di gente e stanno disperatamente cercando il sessantasette, e agitarti da un lato dicendo “ehi, io avevo il diciannove!” e venire servito su due piedi.

5. Cotechino e purea di ceci (Cantarana) – 8,5

Questo è un piatto che nessuno conosce e che invece merita molto, almeno se vi piace il cotechino. La carne è di notevole qualità, e la purea di ceci, che ha il gusto della farinata ma la consistenza del puré di patate, ci si sposa benissimo. Avrete anche il pane per pulirla per bene…

6. Tomini elettrici (Cantarana) – 7

I tomini erano meglio della media del tomino da ristorante, del genere più cremoso che solido, e con sopra un ottimo bagnetto, elettrico (agliato e piccante) al punto giusto. Però alla fine, tra tante cose particolari, secondo me finiscono per perdersi un po’.

7. Tonno di coniglio (Serravalle) – 7,5

Il tonno di coniglio è un altro piatto piemontese piuttosto difficile da trovare, anche perché la sua preparazione richiede davvero tanta fatica – immagino poi fatto su scala delle sagre… Io lo apprezzo e lo mangio volentieri, e qui il suo guazzetto di olio e pepe, che poi è ciò che dà senso al piatto, era molto buono; però la carne era un po’ troppo sbriciolata e rimasta un po’ dura. Comunque complimenti a quelli di Serravalle per la voglia – è un’altra cosa che prendo regolarmente.

8. Gnocchi alla cunichese (Cunico) – 7,5

Un altro piatto che provoca sempre l’assalto; e son buoni, eh. Il sugo cunichese (non meglio specificato) è un pomodoro che probabilmente ha anche un po’ di carne dentro. Nel complesso, però, non mi hanno esaltato, forse anche perché ero già un po’ pienotto. La fila del ritiro era anche lunga ma molto veloce, insomma è un piatto fattibile come rinforzino a metà.

9. Panna cotta al miele d’acacia (Moncalvo) – 8,5

Anche questo un bis da ieri, di nuovo eccelso; e se fare la panna cotta è facile, fare un’ottima panna cotta non lo è affatto.

10. Bonet (Revignano) – 8

Tanto per cominciare, questo è un bonet. Non è un budino, non è una mousse di cioccolato, non è un crumble di amaretti, non è un creme caramel al cioccolato: è un bonet, e anche se ci si aspetterebbe che in Piemonte tutti capissero la differenza, il ristorante medio ti rifila regolarmente un budino. Il bonet di Revignano, poi, è collaudatissimo e impeccabile, e nonostante io sia dell’antitetica e incompatibile parrocchia della panna cotta, è comunque impossibile non apprezzarlo. E poi, c’era sempre quell’ottimo moscato in abbinamento…

Il conto di oggi, con due bicchieri di vino, e prendendo uno di tutto ma due tajarin e due lasagnette, è stato di 46,40 euro in due: direi più che onesto.

Ora avrei finito fino all’anno prossimo, ma per concludere, permettetemi una domanda: ma secondo voi, uno (e non uno solo) che arriva davanti a due cassonetti marchiati rispettivamente “PIATTI E POSATE USA E GETTA” e “CARTA” e getta i piatti sporchi nel cassonetto della carta, che problema mentale ha?

Ok, sicuramente sono i più tamarri di tutti, quelli che arrivano dalle periferie gobbe di Torino e si riconoscono per due cose, ovvero 1) si mettono in coda per la friciola di Mombercelli e 2) la chiamano “friciùla”. Ma insomma, sapranno almeno leggere le scritte a caratteri cubitali sui cassonetti? Evidentemente no.

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Un commento a “Festival delle sagre 2019 – Giorno 2 – La recensione”

  1. GS:

    > quelli che arrivano dalle periferie gobbe di Torino e si riconoscono per due cose, ovvero 1) si mettono in coda per la friciola di Mombercelli e 2) la chiamano “friciùlaâ€.

    Stavo parlando a mio padre di questo video
    https://www.youtube.com/watch?v=Wmqkmy1kP1I
    e gli è venuto in mente di paragonare quella buona approssimazione di pizza a una /friciùla/. Con l’accento sulla u. Allora mi è venuto in mente questo post: è una pronuncia legittima non solo per le periferie gobbe ma anche nelle langhe.

 
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