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Archivio per la categoria 'Culturaculturacul'


martedì 8 Maggio 2007, 09:26

Il Cairmano

Domenica mattina sono andato anche io alla Marcia per il Filadelfia, proclamata dal presidente Cairo per unire i tifosi del Toro, nella richiesta al Comune di ricostruire lo storico stadio e centro sportivo.

La marcia era stata preceduta da varie polemiche; un ultras storico come Marco Montiglio aveva dichiarato che non ci sarebbe venuto, e in molti dei granata doc – anarchici e orgogliosi nell’anima – l’idea di accorrere alla chiamata di un presidente, persona che nel calcio è alleata ma spesso anche controparte dei tifosi, ha fatto storcere un po’ il naso; tanto più che la chiamata è giunta nel mezzo di una dura e prolungata battaglia mediatica con il sindaco Chiamparino, che da parte sua ne ha combinate di cotte e di crude sugli stadi torinesi (come già più volte qui raccontato), arrivando infine a dire che “era meglio Cimminelli” (per la cupola cittadina, certamente: l’avevano messo loro e ne eseguiva gli ordini…).

Insomma, non a tutti i tifosi andava di farsi “strumentalizzare” da Cairo in una battaglia politico-affaristica, anche se poi, riflettendo, la maggior parte dei tifosi – me compreso – hanno concluso che in questo scontro l’interesse di Cairo fosse anche quello del Toro e persino quello della cittadinanza in generale, aderendo quindi alla manifestazione.

La marcia in sè è stata tranquilla e beata, una festa non solo di ultras – guidati dallo storico Margaro – ma soprattutto di tifosi normali, con tante bici, tanti bambini, tanti vecchietti granata, e anche tanti club. All’inizio, in piazza Solferino, eravamo poche migliaia, ma il corteo si è andato ingrossando, raggiungendo una cifra finale di circa diecimila persone (quindicimila per Cairo, settemila per la Questura). La marcia è stata pacifica, scandita da cori e applausi, con grande commozione al cippo di Meroni; l’unico attimo di tensione è stato per un fesso con una bandiera bianconera in corso Re Umberto 82 (citofonare…), ripagato da un signore più avanti che ha messo lo stereo alla finestra per suonare l’inno del Toro. Qui trovate alcune delle foto.

L’atmosfera, però, è cambiata alla fine: al Filadelfia, Cairo si è arrampicato sui ruderi per arringare la folla, grazie ad un pronto radiomicrofono. Qui trovate alcuni estratti ripresi da me; oppure, se ci tenete, qui trovate il video completo.

E’ stato difficile restare seri durante il discorso. A tratti, ci si aspettava che Cairo esclamasse “I-taliani!”, o anche “Vincere! E vinceremo!”. A tratti, ha promesso nuovi miracoli granata. Verso la fine – in questo video – è sembrato persino caricaturale, ricordando un animatore di villaggio vacanze, o Elio che imita Madonna chiedendo alla folla “Sieti cià cauldi?”. Nelle pause, mi veniva naturale aspettarmi che la folla gridasse “Sil-vio! Sil-vio!”, ma mi venivano in mente anche le scene di Sordi nel Borgorosso FC.

E’ noto il carattere femminile della folla e della folla italiana in particolare: ecco, probabilmente quella di ieri è stata una visione tipicamente italiana, incomprensibile all’estero, a quelli che non hanno mai capito come avessimo fatto a scegliere gente come Berlusconi.

Per combinazione, la sera su Sky davano Il caimano di Nanni Moretti, che non avevo ancora visto. Premetto che Moretti mi sta sonoramente antipatico; ho visto alcuni dei suoi primi film, anni fa, rimandendo disgustato dal trasparente autocompiacimento e dal vecchiume intellettualoide e sinistrorso; sui suoi excursus politici a forza di girotondi, stendiamo un velo pietoso; insomma, mi son sempre guardato bene, da tempo, dall’inciampare in lui.

Questo film, però, è molto affascinante, per via della sua dimensione onirica; del continuo mescolarsi tra realtà, finzione, finzione che sembra reale (ossia il cinema) e realtà che sembra finzione (tra cui molto della vita di Berlusconi). Non è un Mulholland Drive di sinistra, eppure questo contrasto ipnotico tra lo squallore e il frantumarsi impotente della vita vera del protagonista da una parte, e il mito irreale dell’uomo sempre bello, sempre ricco, sempre ammirato, sempre vincente – sempre potente – dall’altra, colpisce davvero; così come il gioco (pur sempre narcisistico) di parlare di Berlusconi mettendo se stessi in un film a dire che non ha più senso parlare di Berlusconi in un film. In più, c’è quella svolta inquietante nel finale; essa ricongiunge l’estetica del mito con la bruttura del reale, ma anche Berlusconi (il nostro gemello interiore malvagio e vincente) con noi stessi-Moretti, e rende difficile da dimenticare la tesi della pellicola.

Avendo pertanto acquisito il messaggio che tutti noi siamo un po’ Berlusconi, mi compiaccio di ritrovare tale verità in Urbano Cairo, che di Berlusconi è stato il segretario particolare, compreso coinvolgimento in fondi neri Mediaset. Anche Cairo è un personaggio inquietante, soprattutto perché imperscrutabile: ha la lingua talmente lunga, e una tal scuola alle spalle, che non capisci mai se è serio o se ti sta cinicamente prendendo per il culo.

Io spero solo che con il calcio si diverta veramente, in modo da fare l’unica cosa che a noi poveri cittadini tifosi, anarchici e orgogliosi, resta da fare: sfruttare cinicamente il suo portafoglio, e fargli pagare un giusto biglietto d’ingresso per il grande gioco delle sue ambizioni.

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venerdì 27 Aprile 2007, 13:58

Pericolo

Mi capita ogni tanto di vedere La Grande Notte, lo show di Gene Gnocchi in onda il lunedì in seconda serata e poi in replica varia su Raisat Extra, condotto insieme ad Afef, che Gnocchi si diverte a sbertucciare in ogni modo anche per via del marito (questa settimana ha aperto la puntata con “Afef è in ritardo, perché oggi pomeriggio era a Genova a rigare la macchina di Beppe Grillo”).

Questa settimana tra gli ospiti c’era Alex Zanardi, l’ex pilota di Formula Uno diventato famoso per aver perso entrambe le gambe in un terribile incidente di gara, e poi per aver ricominciato non solo a vivere, ma persino a correre.

Le auto hanno segnato pesantemente la vita di questa persona. Prima dell’incidente più famoso, ce n’erano stati altri quasi altrettanto terribili; e, da bambino, perse la sorella in un incidente stradale. Ma se vi sembra sfiga (e probabilmente lo è), ci sono anche i casi in cui i millimetri del destino hanno giocato a suo favore: come quando, collaudatore della Lotus, guida la macchina per tre giorni e per un migliaio di chilometri, dopodichè la passa al pilota titolare, Pedro Lamy; dopo due giri, l’alettone si stacca di colpo e Lamy si schianta sbriciolandosi le gambe.

Probabilmente vivere questo genere di situazioni, nel bene e nel male, ti insegna ad accettare la vita per quello che è, cioè una joint venture tra te e il destino in cui tu hai se va bene il cinquantuno per cento, ma non di più. Fa quindi sempre piacere ascoltare Zanardi, per via della serenità che trasmette e dell’ironia leggera con cui racconta episodi che potrebbero essere altrimenti drammatici o urtanti, come quello della signora che lo incontra e gli dice “Ah, quando ho visto in TV il suo incidente, così tremendo, speravo proprio per lei che morisse…”, e lui che quasi cade dalle sue protesi per toccarsi laggiù.

Bene, in tutto questo, ho trovato illuminante, oltre che molto condivisibile, quello che Zanardi ha detto quando si è cominciato a parlare di velocità in auto. Prima ha fatto notare l’ipocrisia semplicistica con cui molti, media inclusi (e non poteva mancare il succitato Grillo), se la prendono con la velocità, criminalizzando per prime le auto che vanno più veloce dei limiti anche in condizioni piuttosto sicure, come su un’autostrada diritta e senza traffico, quando è molto più pericolosa per sè e per gli altri la ragazza sull’utilitaria che in città scrive SMS mentre guida, o il padre di famiglia che non cambia le gomme da dieci anni e poi magari sovraccarica pure la macchina di bagagli.

Ha fatto poi notare come la situazione potrebbe migliorare se ci fosse molta più abitudine ad andare a correre con le auto in pista, sia come sfogo, sia come ambiente controllato dove imparare a guidare meglio in condizioni di emergenza; e invece, proprio per questa ipocrita allergia alla velocità, in Italia gli autodromi non si usano, vengono fatti chiudere a furor di popolo o vengono visti come un luogo di perdizione.

Infine, ha avuto il coraggio di dire che Fast and Furious e film del genere sono schifezze e che chi li produce e li distribuisce è un incosciente, proprio perchè incitano non tanto alla velocità, ma alla guida pericolosa per il puro gusto del pericolo. E lì, lo hanno (scherzosamente ma non tanto) zittito per paura di querele.

Insomma, fa sempre piacere quando qualcuno con cognizione di causa non ha paura di dire le cose come stanno; è un’abitudine che in questo Paese dovremmo avere tutti.

P.S. Non c’entra nulla, ma non posso esimermi dal menzionare la battuta conclusiva di Gnocchi al transessuale Eva Robbins: “Eva ha preso così tanti ormoni che tra un anno gioca nella Juve”. Ormai le pratiche “mediche” dei gobbi sono considerate un dato universalmente acquisito…

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sabato 21 Aprile 2007, 14:59

Uncorrect

Credevate di cavarvela con Celentano? No, perchè se vi siete fatti due risate o avete scosso la testa per l’Adrianone nazionale, ora vi toccherà sbigottire: il Corriere riportava difatti anche la pubblicità del nuovo libro di uno dei nuovi leader della nuova sinistra italiana, tutto centrato sulle nuove e meravigliose sorti del Partito Democratico.

Il libro, edito dall’intellettuale Feltrinelli e che certamente sarà accolto da sperticate lodi ed infiniti applausi su tutta la stampa del regime centrosinistrodestro d’Italia, è di Luciano Violante e si intitola Uncorrect. Che, nelle intenzioni dell’autore, vorrebbe dire che lui si erge a paladino dei deboli, rifiutandosi di rimanere vincolato al “politicamente corretto”.

Bene, allora, parliamo di correttezza: ma cosa vuol dire in inglese “uncorrect”? Guardiamo sul Merriam-Webster: ecco, qui… ehi, ma non esiste! Sul Cambridge? Nemmeno… Su Encarta? Nulla di nulla… Già, perchè in inglese, come sa chiunque parli vagamente la lingua, “scorretto” si dice “incorrect”, con la i. Del resto, la prova Google riporta circa 76.700.000 risultati per incorrect, e 123.000 per uncorrect… quasi tutti su siti in italiano.

Il resto del rant, sull’approssimazione e la presunzione dei politici italiani, sulla loro inadeguatezza all’era globale, e su come nemmeno in una delle maggiori case editrici “serie” del Paese ci sia qualcuno che si accorga di – o più probabilmente, abbia il coraggio di far notare – un marchiano errore di ortografia nella più usata lingua straniera, potete scrivervelo da soli; che io mi sono anche rotto le scatole.

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sabato 21 Aprile 2007, 14:32

Editorialisti

Nella lounge di cui parlavo prima, Lufthansa mi ha gentilmente offerto una copia del Corriere della Sera, anche se di ieri.

Guardandola casualmente, noto in fondo alla prima pagina un editoriale che parla dei cani che azzannano bambini. Leggo la prima frase: “La piccola Alessia di nove mesi è stata brutalmente uccisa dai due rottweiler dei genitori. Ammazzata e soffocata nel giardino di casa.”

E qui, già uno alza il sopracciglio, visto lo stile scarno – un po’ da terza elementare, ecco – e il dettaglio gory messo in bella evidenza, con gran mancanza di stile e bon ton. Mah, penso, sarà uno o una giornalista in carriera, di quelli che non sanno l’italiano ma ucciderebbero la nonna pur di finire in qualche modo in prima.

Poi proseguo, e leggo la seconda frase, che in realtà, nonostante il punto a capo, è una prosecuzione della prima: “La casa di cui è probabile che i genitori andassero fieri della protezione dei due assassini con tanto di cartello che avvertiva: ((Quest’area è difesa dai cani da guardia non avvicinatevi)).”

Rileggo. Trileggo. Comunque la giriate, la frase in italiano non sta grammaticalmente in piedi: i genitori erano fieri “di cui” o “della protezione”? o “della protezione di cui”? che però in italiano sarebbe “della cui protezione”. Stilisticamente ancora peggio, visto che anche in tal caso nessuno ci infilerebbe un altro “dei” subito dopo. Non parliamo della punteggiatura, visto che non c’è una virgola nemmeno implorando in ginocchio. Scritto così, “non avvicinatevi” è il nome o la qualifica dei cani da guardia; di conseguenza, non credo proprio che sul cartello davanti alla casa ci fossero esattamente quelle parole lì, ragion per cui un giornalista non dovrebbe metterci le virgolette.

Insomma, mi chiedo, ma chi è ‘sto tizio, e soprattutto, come ha fatto uno scritto del genere a finire in prima pagina sul Corriere?

Alzo lo sguardo di tre centimetri, e l’arcano è presto svelato: sotto il titolo è scritto, “di ADRIANO CELENTANO”. Ah, adesso si spiega tutto: non parlo più.

P.S. A scanso di equivoci, a me Celentano piace molto, per come ha sfregiato la musica italiana prima e le convenzioni politico-televisive poi. Certo, resta il sospetto che l’abbia fatto non per consapevole scelta, ma per involontario effetto di una totale insipienza!

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martedì 17 Aprile 2007, 22:32

Buona la prima

Mah… ad essere onesti, abbastanza pietosa: in un’ora (due episodi) di improvvisazione teatrale a tema comico, ho sorriso spesso ma avrò riso forse un paio di volte (parliamo di Buona la prima, il nuovo show di Italia 1 con Ale e Franz, iniziato stasera e ricalcato su un format tedesco di successo). Sul palco sembrano tutti non saper che fare, cercando poi di strafare – il trionfo della recitazione sopra le righe – quella rara volta che gli danno un suggerimento potenzialmente divertente; e la puntata, ad ogni modo, finisce prima che si possa costruire un qualsiasi intreccio d’interesse. Ma soprattutto, manca il ritmo: la reazione è troppo lenta.

Può darsi che il concetto di improvvisazione in sè – l’immedesimarsi nell’attore che riceve un suggerimento e deve arrabattarsi per metterlo in pratica – sia divertente per un popolo socialmente inamidato come quello crucco, ma per chi, come noi, si arrabatta tutto il giorno, non c’è nulla di speciale. Vedremo se migliora, anche se si son già giocati Enrico Ruggeri e Elio – nonchè quella cavallona della Magda Gomes – nella prima puntata.

Peraltro, sempre per innovare, Italia 1 ha piazzato subito dopo un rifacimento con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu della Strana coppia versione TV americana, datata nientepopodimenoche 1970. Quando si dice la fantasia.

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domenica 15 Aprile 2007, 11:11

Markette

Capisco che i telecronisti Rai della Turin Marathon debbano per contratto cercare di magnificare le bellezze della città ospitante; ma dire “Certo che stiamo vedendo sempre degli scorci molto molto belli” quando la telecamera dall’elicottero rimanda una veduta d’insieme della curva delle cento lire (dice proprio così la sovraimpressione, “Curva delle 100 lire”, anche se tecnicamente si chiama Lungo Stura Lazio) non mi sembra proprio credibile…

D’altra parte, quando ho acceso il televisore stavano intervistando il tristemente noto assessore Montabone, e il telecronista ha commentato dicendo: “Che politico, questo Montabone!”.

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martedì 6 Marzo 2007, 23:33

Mistero

Ma perchè uno come Enrico Ruggeri, con tutte le cose belle che ha fatto nella vita, deve finire a condurre un orrido programma fintogiovane di terza serata, brutta copia dell’insopportabile Lucignolo, su Italia Uno?

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lunedì 5 Marzo 2007, 23:43

Le Iene

Le Iene hanno spesso delle ottime idee, ma quella che ho visto stasera (già usata da loro in passato) è fantastica: si va a un qualsiasi raduno di VIP – in questo caso il Festival di Sanremo -, si manda un inviato in incognito con una macchina fotografica, accompagnato da una bella ragazza con una telecamera nascosta nel cappello, e si fa in modo che esso incocci nel VIP di turno, al quale rivolge la fatidica domanda: “Possiamo fare una foto?”.

Quando l’altro, con variabile livello di entusiasmo, alla fine accetta, invece di abbracciarlo e mettersi in posa con lui, con la massima naturalezza l’inviato gli porge la macchina fotografica, fornendo tanto di dettaglio su dove schiacciare e come fare lo zoom, e si mette in posa con la ragazza, come se si aspettasse di farsi fare la foto dal VIP.

La faccia inorridita che ha fatto stasera Giorgio Faletti – come se avessero appena bestemmiato e, incidentalmente, lui fosse Dio – valeva da sola tutto il programma!

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venerdì 2 Marzo 2007, 16:29

3msc

Entrare alla Fnac di via Roma. Fare un giro per la parte informatica, guardare i cellulari (devo cambiarlo da soli due anni), osservare un ragazzino che si pianta su Them Bones a livello facile, e poi decidere di passare a qualcosa di serio. La cultura. I libri.

E così, avvicinarsi alla scala che scende verso la sezione dei libri, e venire colpiti, d’improvviso, dalla vista della parete tutta tappezzata di innumerevoli, infinite copie di un libro solo: Federico Moccia, Scusa ma ti chiamo amore.

Vomitare. Voltarsi. Tornare indietro, e promettere a se stessi di leggere soltanto più fumetti giapponesi.

P.S. Oggi a pranzo, lì attorno, ho incontrato per caso Pippo Pancaro. Ma invece di raccontarlo a voi, l’ho raccontato su Toronews.

P.P.S. Mentre uscivo dalla Fnac, al banco dello sviluppo foto, ho pure dovuto osservare la scena di un trentenne fighettissimo, gellato e firmato, che litigava con l’addetto pretendendo che gli ristampasse le foto perchè “i colori mi sembrano un po’ sbiaditi, e poi questa qui c’ha un po’ di sfocatura, non è che l’avete ingrandita?” (invano l’addetto provava a spiegargli la differenza tra zoom ottico e zoom digitale nelle macchine fotografiche moderne, tra cui quella da cinquanta euro che lui aveva acquistato al Carrefour). Ora, caro trentenne fighettissimo, vorrei ricordarti un concetto basilare: tuo nonno, alle ore tredici di un venerdì feriale, stava certamente a farsi un mazzo come una casa in una miniera di sale. Che tu rompa il cazzo all’universo perchè le foto di te e di quella coatta della tua attuale fidanzata (almeno fin quando non vi metterete le corna a vicenda dichiarandovi insoddisfatti dalla mancata somiglianza fisica tra il vostro partner e l’ultimo calciatore/velina di successo) c’hanno il rosa shocking intenso del giubbottino firmato trendy 2007 che sembra il rosa shocking mediano del giubbottino firmato trendy 2006 e che oggi non è assolutamente più trendy, vuol soltanto dire che gli italiani hanno troppi soldi in tasca e troppo poca voglia di lavorare.

(Rant antisociale in stile Sciasbat)

[tags]moccia, scusa se ti chiamo amore, fnac, pancaro, toro, giovani d’oggi, antisociale[/tags]

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domenica 25 Febbraio 2007, 21:57

Non sono io che sono razzista, sono loro che sono motociclisti

“Il divieto odierno di traffico non mi trova d’accordo [perché] non trovo nessuna distinzione tra chi ha una macchina pulita e la guida con prudenza e l’esibizionista di turno. Rendiamoci inoltre conto che l’inquinamento è di per sé micidiale ma anche gli incidenti causati dal traffico lo sono. Lo smog non è infine privilegio e problema solo cittadino: percorro regolarmente nel fine settimana un’affollata strada di provincia e assisto da tempo a spettacoli terrorizzanti con la partecipazione di squadre di motociclisti che eseguono sorpassi acrobatici a velocità folle seduti su veicoli che immettono nuvole di gas maleodoranti e suoni assordanti.”

(Tullio Regge, su La Stampa di oggi)

P.S. A me comunque risultava un “divieto di transito” e non un “divieto di traffico”.

P.P.S. ,,,,, un po’ di virgole al professor Regge, offro io volentieri.

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