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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


mercoledì 15 Luglio 2009, 11:04

Quando la polizia uccide (2)

Supponete di essere in auto e di stare guidando allegramente; a un certo punto, sulle strisce, una vecchietta vi si para davanti, ma voi siete distratti; non fate in tempo a frenare, la investite e la uccidete. Questo è il prototipo dell’omicidio colposo; voi non avevate nessuna intenzione di far male a qualcuno, ma avete omesso la dovuta cautela nel guidare la vostra auto e quindi siete colpevoli della morte della persona in questione, e finite in galera per qualche anno (salvo indulti, sconti e prescrizioni).

Ma non sia mai che il giudice abbia il sospetto che, dato il vostro quadro psicologico, voi avete visto la vecchietta e, scocciati dalle vecchiette per strada, avete provato l’impulso di ammazzarla e l’avete messa sotto coscientemente: in questo caso l’omicidio è volontario e gli anni di prigione sono almeno ventuno (sempre salvo indulti, sconti e prescrizioni). Attenzione però, il concetto di “volontà” è molto elastico: difatti, se un’ora prima di mettervi alla guida avete bevuto un paio di birre, poi potete aver guidato con tutta la cautela che volete, ma se mettete sotto qualcuno la teoria attuale è che voi “volevate uccidere” o perlomeno che “avevate volontariamente il desiderio di avere la possibilità di uccidere qualcuno per errore” (non scherzo… è proprio così). Dunque, omicidio volontario con dolo eventuale: infatti il bere una birra con gli amici un’ora prima di guidare è una indicazione di una chiara ed esplicita volontà di uccidere.

Per fortuna che i giudici sanno distinguere bene la volontà di uccidere! Ci sono infatti anche i casi opposti, quelli in cui a tutti sembrerebbe chiara la volontà di uccidere, ma in realtà non c’è. Immaginate ora di essere l’agente di polizia Luigi Spaccarotella, che in un’area di servizio dell’autostrada Roma-Firenze vede accadere, nella corrispondente area di servizio dall’altro lato dell’autostrada, le ultime fasi di una rissa da bar a mani nude tra tifosi (nessuno è armato, anche se dopo le indagini la polizia indicherà i numerosi sassi presenti sul bordo del piazzale come minacciose armi messe lì per l’agguato). La rissa è finita, ognuno sta andando per la sua strada, ma lui rappresenta la giustizia e la legge e non vuol farla passare liscia ai pericolosi ultrà. Comincia a correre parallelamente alla strada per inseguire l’auto, spara un colpo in aria, dall’altra parte l’auto si muove. Allora si ferma, e davanti a cinque testimoni (turisti giapponesi compresi) si mette in posizione di sparo, le gambe piegate, le mani sul calcio della pistola e sul grilletto, prende la mira e spara, in orizzontale, ad altezza uomo. Il proiettile attraversa tutta l’autostrada (ed è già un miracolo che non abbia colpito qualcuno che passava di lì), entra nel mucchio di corpi che riempiono la piccola auto, e uccide Gabriele Sandri.

Tutti quelli che hanno visto la scena hanno pensato a un pazzo che voleva provare ad ammazzare qualcuno; nessuno ha avuto il minimo dubbio, tranne un giudice, che ha stabilito che Spaccarotella non voleva uccidere; è come il tizio che investe sulle strisce per distrazione. Stava soltanto sgranchendosi le gambe correndo in un autogrill con un’arma carica in mano, poi si è distratto e gli è venuto l’automatismo di mettersi in posa, togliere la sicura e prendere la mira, un automatismo che evidentemente i poliziotti italiani non possono controllare. E così, per distrazione, ha mirato proprio all’auto ad altezza uomo, e poi ha sparato senza troppa cautela. Sparava troppo veloce sulle strisce, insomma; ma sparare ad altezza uomo attraverso un’autostrada verso un’auto piena di gente non indica certo la volontà di far del male a qualcuno. Condanna a sei anni, dopo sei mesi sarà fuori.

E’ un’interpretazione giuridica che fa scuola, tanto che dopo dodici ore è già su Wikipedia. Noi cittadini onesti possiamo stare tranquilli: c’è sempre un poliziotto pronto a sparare alla nuca per noi a qualche barbone, zingaro o ultrà che scappa dalla legge armato di un pericoloso Camogli dell’autogrill. Solo, la prossima volta che gli ultrà assalteranno un plotone di poliziotti o declineranno che “all cops are bastard”, risparmiatevi i pipponi moralisti: dove la giustizia è parziale e inaffidabile, saranno sempre di più quelli che se la faranno da soli.

[tags]giustizia, omicidio, colpa, spaccarotella, sandri, rivolta, violenza[/tags]

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martedì 14 Luglio 2009, 00:01

Oggi siamo aperti

Non ho capito il senso di protestare contro norme di legge che vogliono cercare di far chiudere i blog, scegliendo come forma di protesta quella di chiudere i blog.

Comunque, mi spiace per i vari amici che aderiscono o addirittura promuovono l’iniziativa, ma questa roba è definitivamente diventata una buffonata dopo l’adesione di metà aspiranti segretari e capetti del PD e addirittura di Sinistra e Libertà, che ha il piccolo difetto di non avere nemmeno un blog. Francamente, l’idea che i vari Sofri, Adinolfi, Folena e Scalfarotto, stufi di passar le giornate tra una riunione di partito e un salotto mediatico, si scoprano rivoluzionari per un giorno non è più credibile di un qualsiasi provvedimento del governo, compreso quello (peraltro dalla rilevanza molto dubbia e che forse manco passerà) che vorrebbero contestare con questa azione.

E siccome qui per la libertà di informazione si combatte giorno dopo giorno da anni, anche contro questi blogger perbene dal convegno facile e dalla lingua pronta per l’adulazione, oggi si va avanti come al solito e anzi vi si invita a leggere bene il post di ieri, che parla, quello sì, di vicende oscurate dai media di cui quasi tutti i very important bloggher che stasera si stiperanno in piazza Navona (pare riempiranno almeno tre panchine) non si sono mai degnati di parlare.

Però sono contento per le migliaia di blogger anonimi che hanno aderito all’iniziativa: probabilmente cominciano a capire che in Italia sta avanzando la dittatura.

P.S. Poi alla fine ho capito il senso di questa protesta: sta nella pagina linkata all’inizio, dove si dice che “Verrà infine annunciata la costituzione della “Consulta permanente per il Diritto alla Rete”: avrà l’obiettivo di aprire un tavolo di confronto tra il mondo della Rete e la politica”. Insomma, Gilioli for president.

[tags]sciopero, blogosfera, blog, informazione, diritto alla rete, gilioli, politica, internet, governance[/tags]

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lunedì 13 Luglio 2009, 18:54

Quando la polizia uccide

Lo so, volete sapere che cacchio ha per la testa Beppe con il PD. E io invece oggi voglio parlare di polizia assassina, precisando che non condivido l’idea che la polizia lo sia a prescindere, e che anzi a uno che viene spedito per uno stipendio qualsiasi a prendersi pistolettate dai mafiosi e coltellate dagli spacciatori per difendere la mia sicurezza e la mia tranquillità bisogna fare un monumento.

Però… però sempre più spesso noi cittadini ci troviamo di fronte l’altra polizia. Quella cattiva. Quella che ha soltanto voglia di menare le mani. Avrete visto senz’altro i reportage degli scontri di qualche giorno fa a Vicenza, in occasione della manifestazione contro l’ampliamento della base Dal Molin. Chi c’era, dice che la polizia si è schierata in assetto di guerra bloccando il percorso concordato dagli organizzatori, cercando in ogni modo di provocare gli scontri. E se non ci credete, questo è il video ripreso da una radio locale:

Possibile che la mentalità della polizia sia quella di organizzarsi in anticipo per andare a picchiare i manifestanti? Partire da un momento di calma almeno relativa, come quello che si vede nel video, già con l’intenzione di arrivare lì e menare manganellate?

Qualche giorno fa si è arrivati alla sentenza per l’uccisione di Federico Aldrovandi, un caso terribile che in altri tempi sarebbe stato insabbiato, così come hanno cercato di fare per mesi le autorità; grazie a Internet, invece, si è arrivati a una condanna: tre anni e sei mesi. Tanto vale la vita di un diciottenne bloccato per strada in un’alba di settembre dopo una notte in discoteca, percosso a sangue fino a rompere i manganelli, schiacciato e soffocato da quattro poliziotti, ucciso e ridotto così; che poi in galera questi poliziotti manco ci entreranno, grazie all’indulto di Prodi e Mastella; che a tutt’oggi lavorano per la Polizia; che potreste incontrare domani sulla vostra strada.

Ma non è un caso isolato: ad esempio si aspetta ancora una sentenza per il caso di Riccardo Rasman, schizofrenico depresso e debole di mente, ucciso a Trieste da quattro poliziotti intervenuti per i vicini che si lamentavano di un lancio di petardi, legato con il fil di ferro e preso a sediate. Vittima due volte, la prima della sua malattia, la seconda di… di che cosa? Pare che già in passato fosse stato picchiato da poliziotti, del resto la sua malattia derivava dal nonnismo subito durante il servizio militare.

Queste persone sono… vittime collaterali? Vittime di Stato, vittime della necessità di un ordine sociale e di qualcuno che lo mantenga e che magari ogni tanto si sfoghi? Vittime dell’aggressività degli uomini? Caduti sul lavoro degli altri? Io non so cosa pensare: ma non mi rassegno all’idea che possa esistere una forza di polizia nella quale certi episodi, certi modi di fare, certe ideologie non trovano neanche il minimo spiraglio per attecchire.

[tags]polizia, assassinio, violenza, vicenza, dal molin, aldrovandi, rasman[/tags]

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domenica 12 Luglio 2009, 15:53

Uno su mille ce la fa

Ma lui, alla fine, ce l’ha fatta:

20090711_renzo.jpg

Al quarto tentativo, Renzo Bossi è finalmente riuscito in una impresa epica: superare l’esame di maturità. Una formalità, per chi sin da bambino è cresciuto in una famiglia leader della cultura nazionale, in mezzo ai miti della letteratura padana e a discussioni politiche di altissimo livello. Del resto già da mesi Renzo è un alto dirigente della Lega, partecipando agli incontri tra il padre e papi Silvio e venendo nominato in organismi pubblici di vario genere. La Lega infatti è forza popolana, lontana mille miglia dai salotti borghesi; non sta certo a sindacare sul titolo di studio dei suoi dirigenti, l’importante è che sappiano fare bene il gesto dell’ombrello.

Al padre Umberto vanno tutti i doverosi complimenti e le felicitazioni per la grande soddisfazione ricevuta dal figlio. Non è facile essere costretti a ripetere quattro volte l’esame di maturità prima di riuscire a superarlo: uno su mille ce la fa.

[tags]bossi, renzo bossi, lega, cultura, maturità, diploma[/tags]

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sabato 11 Luglio 2009, 18:04

Campanili del Sud

Oggi stavo perdendo tempo sui forum del Toro quando mi è capitato sotto gli occhi un thread intitolato “Il weekend del napoletano”. Ho incominciato a leggere pensando che si trattasse del classico racconto più o meno razzista con cui qualche padano dileggia i napoletani a base di stereotipi… e invece no: l’autore è di Salerno e racconta soltanto la propria esperienza diretta. Quando vari lettori hanno cominciato a complimentarsi per lo stile satirico, l’autore ha cominciato a dire “no ma voi non capite, è tutto vero”, cosa che hanno confermato anche i napoletani del forum. Al che è partita una lunga discussione tra napoletani e salernitani, conclusa con una convergenza sul fatto che sì, è vero che d’estate ci sono anche dei napoletani per bene che rifiutano la barbarie locale e vanno a Ibiza, ma per tutta l’estate Ibiza tecnicamente fa parte del comune di Napoli.

Immagino che tra Napoli e Salerno ci siano le stesse rivalità di campanile che esistono tra qualsiasi coppia di città italiane adiacenti, ma io mi son chiesto: ma quando noi piemontesi andiamo al mare, i liguri ci vedranno così?

“allora, il fatto dei napoletani al mare funziona così.

è da premettere che questo fatto discende dal noto fenomeno, tuttora in fase di studio da parte degli scienziati, della moltiplicazione del napoletano.
in pratica i napoletani, per ragioni inspiegabili, si moltiplicano in prossimità dei giorni di vacanza o ferie (non scrivo riposo perchè, sappiamo bene, anche durante i giorni lavorativi loro non è che si stanchino molto). la moltiplicazione cresce in maniera esponenziale con l’aumentare dei giorni consecutivi di vacanza, ragion per cui i napoletani nei week-end diventano circa 15 milioni, nei ponti di 3-4 giorni circa 50 milioni, per le vacanze di pasqua circa 500 milioni, per le vacanze di natale superano il miliardo. dal primo agosto, per 20 giorni, sono maggioranza assoluta della popolazione terrestre.

in codesta riflessione/saggio analizziamo il fenomeno più diffuso nel weekend tardo primaverile: il fine settimana al mare, a paestum.
paestum, specialmente negli ultimi anni, domina incontrastata i weekend marini partenopei, ed ha superato con furore sorrento, baia domizia e scalea, altre destinazioni top per i partenopei. resiste ancora ischia, seppur maggiormente di nicchia. i napolesi amano andarci e ritrovarsi lì, per perpetrare le proprie irrinunciabili abitudini e tradizioni.

l’orario di uscita dal lavoro di venerdì, orientativamente, è per le 17. ragion per cui intorno alle 14 l’autostrada napoli-salerno è già completamente intasata in direzione sud. intorno alle 15,30 sulla tangenziale di napoli iniziano a sentirsi distintamente colpi di rivoltella.
a causa di questi brevi disagi la massa informe dei partenopei arriverà a paestum a notte fonda; la storica località, perla della magna graecia, si scuoterà dal suo torpore intorno alle due, violentata da sfrigolio di cipolle, puzza di sugo marcio e canzoni di gigione.

dal sabato mattina vige l’occupazione selvaggia degli arenili. gli indigeni cilentani e gli amici salernitani si rinchiudono in qualche stabilimento balneare che non accetti napoletani (che manco sono interessati ad andarci, ad onor del vero), ma le spiagge pubbliche sono loro.
i contrasti cromatici degli ombrelloni sono tali che parecchie persone perdono la vista, e alcuni anche l’udito. due anni fa un turista tedesco di passaggio restò senza olfatto per tre mesi.
le attività in spiaggia sono molto limitate: gavettoni, palleggi in riva al mare a trenta centimetri da famiglia con figli neonati e padri urlanti “stann i’creatur!”, baccaglio a delicate ragazzine somiglianti a mastini napoletani, borseggiamento.
sotto ogni ombrellone troneggia una matrona, seduta su minuscola sedia pieghevole in legno o finto legno, che per tutta la durata della giornata scarta frittate di maccheroni e le distribuisce ai presenti e ai passanti. recentemente a quark piero angela si è occupato del fenomeno e ne sono emerse tre ipotesi prioritarie:

– la frittata di maccheroni è una sola minuscola fettina, ma l’incartamento in stagnola è di circa 150 chilometri
– la frittata di maccheroni, prima di essere affettata, era delle dimensioni di piazza del plebiscito
– non esistono nè la matrona nè la frittata, si tratta di immagini olografiche a fine folkloristico

frittata di maccheroni.jpg

a differenza del resto del mondo civilizzato, i napoletani non amano stare lunghe giornate in spiaggia, perchè non si staccano dalle loro abitudini prioritarie. tra le 13,10 e le 13,20 la spiaggia si svuota e vanno tutti a pranzo, nelle fetide baracche travestite da villette al mare che hanno affittato.
i cilentani sono felici perchè pensano di aver rifilato un pacco, i napoletani se la ridono perchè pagano con soldi falsi, o rubati. spesso proprio ai cilentani. va da sè che qualsiasi cosa che valga più di un rutto, in casa, verrà distrutta. vasi che resistevano da generazioni e generazioni, forse già proprio dai tempi dei greci, vengono polverizzati. foto di famiglia mangiate.

ci si chiederà come mai abbiano fame se hanno passato la mattina tra le frittate di maccheroni (e anche i casatielli, per i più radical-chic). bene, se vi ponete questo interrogativo non avete capito niente di loro.

nel pomeriggio si torna in spiaggia, l’andazzo è simile a quello del mattino: pallone, matrone, baccaglione. in più si vedono le due forme di seduzione più diffuse tra i napoletani di ogni età ed estrazione: la pallavolo e il tuffo a cufaniello.

di sera, intorno alle 21, tutti a tavola! tra ettolitri di vino e damigiane di cocacola per i più piccini, i napoletani completano la giornata gastronomica (salvo isolate pizzette notturne) devastandosi completamente. il fungo atomico che sovrasta la zona per un’oretta è visibile anche dal basso lazio.

a questo punto, le famiglie si dividono. il pater e la mater familias si dedicano alla televisione, gettonatissimo il solito varietà di rai uno o le trasmissioni con bambini incapaci che si esibiscono su canale 21. i più evoluti, che già sviluppano comportamenti sociali, imbastiscono uno scopone scientifico con i vicini di appartamento. spesso per questo ci scappa il morto. nel 2004 per un ramino condominiale ci fu una strage; da allora una frangia denominata “scissionista” ha polemicamente affittato un appartamento a capaccio scalo cercando di creare un nuovo filone.

i giovani, invece, vanno a passeggio. si muovono in sciami da centomila. musica a palla dalle macchine, con particolari preferenze per la progressive, la deep house e tommy riccio. nonostante le cilentane siano mediamente brutte quanto la miseria, il napoletano ama la conquista in trasferta, forse a causa degli storici fallimentari risultati dell’amata squadra di calcio lontana dal san paolo. per cui si assiste a scene deprimenti come gente che si sporge talmente dal finestrino dal ritrovarsi a piedi per proporre soluzioni sorprendenti a delle orrende ragazzotte con delle zeppe alte quanto lo stelvio. solitamente, va detto, il napoletano all’attacco è cordiale e non volgare. viene solo tradito dal proprio accento. le frasi che rimbombano solo del tipo “gome sei garina, vieni a pigliar un gelatino?” o “vien a ballar che si tras a coppie?”. di contro le ragazze si spostano sdegnate, o abbaiano. ovviamente il traffico è completamente bloccato. completamente. ma per ragioni misteriose il napoletano, sia pur in ingorgo a croce uncinata, non spegne mai il motore. un esponente dei verdi del parlamento austriaco a vedere la scena in televisione è morto.

la domenica, com’è ovvio, procede come il sabato. l’unica differenza è tra le 10,30 e le 12, quando le matrone interrompono lo scartamento delle frittate di maccheroni e vanno a messa. la chiesa fino al weekend successivo puzzerà di carne arrostita.

alla domenica sera, purtroppo, il weekend è finito. il napoletano non ha mai accettato il concetto di “partenza intelligente”. per loro anche l’ultimo istante di vacanza è da sfruttare e succhiare avidamente. per cui, dal momento che sono tutti uguali e ragionano esattamente nello stesso modo, partiranno tutti contemporaneamente, intorno alle 19,30. il traffico, ovviamente, si paralizza. alcune arterie primarie restano bloccate già da un’ora prima, solo per la paura dell’evento. i pochi chilometri che separano paestum da salerno diventano una traversata oceanica. molti non ce la fanno e tentano di suicidarsi sotto le macchine. ma le macchine camminano talmente lentamente che non sortiscono alcun effetto (provando tra l’altro numerose teorie della fisica, in particolare quella della relatività). intorno all’una della notte questo rettile informe composto da centinaia di migliaia di automobili arriva a salerno. ovviamente non prosegue lungo la tangenziale, che è collegata all’autostrada, ma esce. “ci facciamo un giro per salerno? salerno è bellina!”, è la frase gridata all’unisono. e così arrivano. gli indigeni svuotano strade e locali, mentre compaiono nuovi locali aperti solo per la loro discesa, che si autodistruggeranno alle cinque del mattino. i napoletani arrivano dove vogliono andare e lasciano la macchina lì. ve lo giuro. ma proprio lì per strada. il parcheggio è un’abitudine che non conoscono, o forse non la praticano per risparmiare tempo. tranquilli residenti che scendono di casa e vedono, all’altezza della propria punto, macchine in sosta fino all’ottava fila, a volte svengono, a volte muoiono, a volte vengono arrestati per oltraggio alla bandiera.

scoppiano le prime risse isolate ma, nonostante non corra buon sangue tra salernitani e partenopei, preponderantemente i padroni di casa preferiscono rifugiarsi in poche, e nascoste, isole felici ancora non scoperte dai napoletani, e aspettare che la tragedia passi.
di contro, le orde di napoletani sono proprio in cerca di tali isole; per questo come in preda a trance girano in gruppi per i vicoli del centro storico salernitano con il fare ansioso e pimpante di un gruppo di galeotti che partecipa alla caccia al tesoro dentro il carcere di poggioreale.

verso le tre, improvvisamente e senza ragioni apparenti, piombano tutti in macchina e ripartono. va da sè che a salerno ci sono due (due) comodi caselli dell’autostrada. ma “un gelatino a vietri? un gelatino a vietri?”, come dire di no? il napoletano patisce la mancanza della costiera amalfitana (che ha cercato di annettersi tentando di spacciare la costiera sorrentina come prolungamento della stessa), e vuole poggiare lì la propria bandiera. e per il napoletano vietri sul mare è atta allo scopo. perchè è costiera amalfitana, e a un napoletano non è che puoi far capire la differenza tra palinuro o teggiano, tra santander e barcellona, tra springfield e los angeles. è sempre cilento, è sempre spagna, è sempre america. loro sono così. e così vietri sul mare è sempre costiera. anche se un salernitano abitualmente quando la vede piange.

fuenti-vietrisulmare.jpg

così il serpentone malvagio piomba a vietri. un paio d’ore per fare un chilometro e mezzo. i locali chiudono di botto tranne un paio di coraggiosi: il bar ancora e uno che ha assicurato un banco di pizze a trancio per dodici miliardi di euro. inutile specificare che il bar ancora cambia gestione circa tre volte all’anno. tutto vero.

verso le cinque del mattino, appagato, il napoletano si rimette in macchina direzione napoli. del resto alle nove l’ufficio apre. la coda al casello (fortunatamente spostato per queste esatte cause da salerno a nocera) arriva fino in libia. la salerno-napoli è completamente paralizzata. i primi fortunati arrivano a napoli intorno alle 17. un caffè, firma in ufficio e tutti a casa.
si blocca la tangenziale di napoli.”

[tags]napoli, salerno, paestum, vietri sul mare, campanilismo, tamarri, traffico, ecomostri[/tags]

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venerdì 3 Luglio 2009, 16:24

Fiction ferroviaria

Io ho sempre ammirato molto Pierangelo Sapegno e il modo che ha di raccontare le vicende degli uomini; è uno dei pochi motivi rimasti per leggere La Stampa. Per questo motivo ho subito apprezzato questo articolo, che racconta la vicenda eroica del capostazione di Viareggio, Carmine Magliacano, che con sprezzo del pericolo si è buttato sui binari della sua stazione in fiamme per andare a fermare l’intercity in arrivo da Roma, evitando così che il treno finisse in mezzo all’incendio provocando una strage. Si aggiungono naturalmente i commenti dei giornalisti sull’importanza degli uomini, che dei compiuter non ci si può fidare.

Peccato che, tra una lacrimuccia e un’altra, mi siano venuti alcuni piccolissimi dubbi. E’ noto infatti che sin dalla notte dei tempi i segnali ferroviari sono progettati per mettersi automaticamente in posizione di blocco in caso di qualsiasi malfunzionamento; all’inizio si usavano ad esempio delle palle o delle aste che segnalavano “via libera” se alzate o “stop” se verticali, in modo che, in caso di rottura, la gravità le riportasse in posizione di stop. Figurarsi se i segnali attorno a Viareggio continuavano a dare il verde.

Ma anche l’avessero fatto, ci sono altri sistemi di sicurezza: ad esempio il BACC, che ripete i segnali tramite correnti elettriche che vengono immesse e fatte circolare all’interno dei binari stessi, in assenza delle quali il treno si ferma automaticamente. Non credo proprio che sui binari in mezzo all’incendio i segnali elettrici fossero regolari… E poi c’è ancora l’SCMT

Comunque, nel dubbio, ho postato l’articolo sul forum dei ferrovieri; ecco qui una piccola selezione dei commenti che hanno fatto all’articolo. Divertitevi.

“Cazzate come quelle che stanno dicendo in radio. Quando ci sono problemi TUTTI gli apparati si dispongono DI DEFAULT per la Via Impedita, altro che paletta.”

“Pur essendo sicuro della professionalità, dello spirito di servizio dei colleghi DM e Deviatore, e dei colleghi in servizio a bordo del treno incidentato, mi permetto di chiedere ai professionisti o meno che abbiano contatto con le redazioni dei giornali di chiedere una presa di coscienza che li porti a scrivere in maniera meno sconsiderata. Gli articoli come quello della stampa, fanno il paio con i famosi film americani “di traggedia”…”

“Veramente è triste pensare a ‘sta cosa: ogni qual volta accade una tragedia di queste proporzioni (ma anche in casi ben più modesti, quando non succede proprio nulla) è l’irrazionalità, fatta di fantasie, paure, suggestioni a prendere il sopravvento sulla razionalità e la cultura. E così “giornalisti” scrivono quelli che a loro paiono evidentemente pezzi di alta letteratura. Ma il termine corretto è quello che avete utilizzato voi: CAZZATE.”

“Direi decisamente inverosimile. Fermo restando che vorrei capire come possa, un ac [apparato di controllo della stazione], mantenere un segnale a VL [via libera] in quelle condizioni. Già tanto se il segnale resta acceso.”

“Tra l’altro il racconto del giornalista non regge per un dettaglio banalissimo. Il merci è deragliato sulla radice [la fine dei binari della stazione] sud di Viareggio ed è lì che il gas si è incendiato. L’IC [intercity] veniva anch’esso da sud e quindi il DM [il suddetto dirigente di movimento Carmine Magliacano] eroico per farsi vedere sbracciandosi dai macchinisti dell’IC avrebbe dovuto quantomeno attraversare le fiamme andando incontro al treno. Se poi, come ha detto, avrebbe tolto tensione alla linea quando il merci era ancora in piedi, come avrebbe fatto l’IC a entrare in stazione? Secondo me, come è normalissimo, il DM può aver telefonando all’IC dicendogli di fermarsi subito. Tra l’altro i macchinisti avranno ben visto qualcosa e magari sono stati loro a telefonare al DM o al DC.”

“Sono basito per la terrificante e perversa fantasia di certi giornalisti che scrivono CAZZATE come quelle dell’articolo della Stampa, che danno della ferrovia (ma anche degli automatismi in generale) una visione abberrante che non può far altro che generare diffidenza (se non panico) in chi legge non conoscendo principi di funzionamento, regolamenti e procedure.
Non si tratta di pretendere che un giornalista sia competente di tutto quello che scrive, ma l’utilizzo della pura fantasia rischia di essere devastante. Mi piacerebbe sentire cosa ne pensa un giornalista svizzero/tedesco/austriaco di un articolo del genere, sapendo che in quei paesi la cultura ferroviaria è di ben altro livello ed una cosa del genere non verrebbe scritta nemmeno in un racconto per bambini.”

[tags]ferrovie, viareggio, incidente, la stampa, disinformazione, sicurezza[/tags]

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mercoledì 1 Luglio 2009, 14:22

Non si legge bene la sovraimpressione

Lo sapete, che il TG1 è sempre una miniera di notizie interessanti! Per questo, nei miei dieci minuti di pranzo, non manco mai di accendere il televisore e vedere cosa ci propinano oggi. Certamente non le immagini di Berlusconi contestato a Viareggio; ormai ovunque mette piede si becca bordate di fischi, e dev’essere per questo che il TG1 parlava invece dei caccia militari che “manterranno l’ordine” durante il G8.

Dopo i doverosi servizi sull’introduzione ufficiale con voto di fiducia delle ronde padane e della censura su Internet, però, è andata in onda una chicca fantastica: immagini di bambini e bambine che correndo nei prati si dicevano “passa parola” con un libro in mano (e no, non era un loro book fotografico destinato a Emilio Fede). Intitolata Passaparola, con un chiaro riferimento aulico alle Ultime Letterine di Gerry Scotti, si tratta di una nuova pubblicità (aka appalto da 2,4 milioni di euro) pagata da noi contribuenti, ideata dal fido Bonaiuti insieme a un paio di veline ministro, e destinata a convincere i giovani a leggere.

Stando al comunicato ufficiale, infatti, “In Italia abbiamo pochi che leggono moltissimo e molti che leggono poco”, ha detto il ministro Bondi, spiegando che “questo divario va superato perchè è anche un problema che incide direttamente sullo stato della democrazia nel Paese”: infatti se fossimo finalmente tutti analfabeti sarebbe più facile per Berlusconi venire finalmente eletto Presidente a vita e magari pure Papa.

Ma la Mariaporastella rincara la dose: non solo partono con questa pubblicità, ma “sarà indetto un concorso per le scuole elementari e medie per la realizzazione di un spot che invogli alla lettura.” La dichiarazione è certamente autentica, dato che dice “un spot”, ma il dramma è che quello già fatto non basta: ne vogliono pure far fare un altro ai bambini. D’altra parte, se uno vuole provocare un cambiamento sociale qual è la soluzione? Ovviamente la pubblicità: l’unico modo di rapportarsi con la “plebe” è inculcare le idee tramite rincoglionimento mediatico (se quello non funziona, c’è poi la seconda opzione: il manganello).

Pensate che sia finita qui? No, naturalmente c’è una chicca nella chicca: il TG1 ci ha tenuto a informarci che la musica dello spot, un intollerabile belato di tasti di pianoforte che invocano pietà o almeno la pronta legalizzazione dell’eutanasia, è del “maestro Allevi”. E di chi se no?

[tags]cultura, istruzione, berlusconi, fede, bonaiuti, bondi, gelmini, allevi, passaparola, letterine, gerry scotti, pubblicità, lettura[/tags]

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martedì 30 Giugno 2009, 10:30

YouNews da Viareggio

Un paio d’ore dopo la tragedia, in piena notte, Youtube era già piena di video impressionanti.




Naturalmente adesso incomincerà lo scaricabarile: pare che ancora una volta abbia ceduto il carrello, e già si comincia a dire, come per la cisterna di acido fluoridrico di pochi giorni fa sulla Bologna-Firenze, che “i carri che hanno ceduto non erano italiani” (peccato che tutto ciò che circola sulle ferrovie italiane sia preventivamente ispezionato e approvato da esse).

Dalle immagini si vedono traversine tagliate già di fronte ai marciapiedi della stazione, dunque probabilmente la rottura e lo svio sono avvenuti prima della stazione stessa, che il treno attraversava da nord a sud a 90 orari sul binario di corretto tracciato (cioé senza scambi da prendere a bassa velocità). Si ipotizza che i macchinisti (sempre che avessero ancora qualche possibilità di controllo sul convoglio) abbiano tirato dritto proprio per portare il treno fuori dalla stazione e cercare di non coinvolgere treni passeggeri o persone in attesa, purtroppo però la corsa è finita proprio vicino alle case a sud-est (questa è la mappa, la stazione è quel grosso edificio bianco in alto a sinistra, e si vede bene la passerella pedonale che compare in molte immagini e sotto cui si è arrestato il treno). I macchinisti hanno fatto in tempo a scappare, portando via anche i documenti del treno, da cui si è potuto capire cosa c’era dentro per spegnere le fiamme… ma l’esplosione è stata devastante: ieri notte a Viareggio deve essere sembrato di essere tornati alla seconda guerra mondiale.

Io sono passato in treno da lì decine di volte, e varie volte anche in auto sulla via a fianco: rivedere quei luoghi nelle immagini, ridotti così, è davvero impressionante. Basta non cominciare a dire che il pericolo sta nei treni: se mai, il pericolo sta in una rete ferroviaria in cui a partire dalla manutenzione tutto viene tagliato all’osso, tranne gli appalti dell’alta velocità.

[tags]ferrovie, viareggio, strage, svio, notizie, video[/tags]

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lunedì 29 Giugno 2009, 19:19

Persepolis (2)

La tragedia dell’Iran di questi giorni, oltre che terribile, è più vicina a noi di quello che sembri.

Già, perché se prima del 1979 l’Iran era un paese laico e occidentalizzato ma insieme sottomesso alle potenze straniere, la rivoluzione che doveva liberarlo finì per peggiorare le cose: i rivoluzionari di sinistra finirono ben presto al muro sotto la pressione degli integralisti. Cosa succede in una nazione in cui una minoranza borghese, colta, laica e progressista si confronta con un regime religioso sostenuto dalla propaganda e dal nazionalismo? Succede che la cultura laica viene massacrata senza pietà, a colpi di prigione, esecuzioni ed esilio (e in questo la lettura di Persepolis è illuminante). Trent’anni dopo, ci si riprova: il raggiungimento di un estremo, quello di Ahmadinejad, porta alla richiesta di cambiamento; questa viene repressa nel sangue.

Cosa c’entra l’Italia? Beh, solo un cieco non vedrebbe la direzione che, grazie ai mass media, sta prendendo il nostro Paese: dove i politici di ogni colore prestano omaggio al Vaticano, dove i diritti laici conquistati negli anni ’70 vengono progressivamente erosi, e dove la xenofobia e il nazionalismo vengono utilizzati per promuovere la violenza, comprese quelle ronde che qualcuno (a partire da Travaglio) liquida come un passatempo per pensionati barotti dalla prostata debole, suggerendo che poi bisognerà chiamare d’urgenza i carabinieri per difendere le ronde dalle terribili minacce dei barboni, ma che hanno tutto il potenziale per diventare squadracce prima che ce ne possiamo accorgere; da principio contro gli zingari e gli immigrati, poi contro i dissidenti.

Noi alle volte pensiamo che siamo troppo moderni, troppo occidentali, troppo integrati per diventare un regime chiuso, bigotto e autoritario; eppure leggere quanto simili a noi siano i giovani iraniani borghesi, quanto sia facile – a seconda dell’educazione – che in una stessa famiglia convivano la laicità e l’integralismo, non può che accendere segnali d’allarme.

C’è però una differenza molto significativa tra l’Iran e l’Italia. In Iran, due terzi della popolazione ha meno di 32 anni: questo rende molto veloce il ricambio politico, e molto facile il rinnovamento delle idee e dei partiti al potere. In Italia, la situazione è totalmente opposta: a Torino città, il 70% degli elettori ha 41 anni o più, e fuori dalle città il dominio degli anziani è ancora maggiore. Cambiare è quasi impossibile: questo è un paese per vecchi, e i vecchi sono solitamente i più sensibili alla paura del diverso, all’insicurezza diffusa, alle richieste di ordine e disciplina, e anche al richiamo della religione.

Nel frattempo, vi faccio leggere come due ragazzi di Teheran hanno raccontato a fumetti le vicende di questi giorni, rubando le immagini da Persepolis. Il risultato è fumettisticamente molto lontano dal livello dell’originale, ma la spiegazione di quel che è successo è davvero chiara.

[tags]iran, teheran, persepolis, fumetto, rivolta, integralismo, laicità, religione, democrazia, violenza, italia, anziani, elezioni[/tags]

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martedì 23 Giugno 2009, 10:08

Le provinciali torinesi e La Stampa

Il dato sull’affluenza di ieri è oggettivamente impressionante: il referendum si è fermato al 23%. Otto milioni di elettori erano per il sì e un altro milione e mezzo è andato a votare sì soltanto al terzo; gli altri sono andati bellamente al mare nonostante il weekend tempestoso.

Ancora più impressionante però è il dato sull’affluenza alle provinciali torinesi (ma credo sia così un po’ ovunque): se al primo turno l’affluenza era stata quasi del 70%, al secondo si è fermata al 40%. I tre candidati andati al ballottaggio (tre in quanto Vietti si era ufficialmente apparentato con Saitta) al primo turno avevano raccolto il 90% e 1.008.000 voti; eppure, anche dando per scontato che il residuo 10% del primo turno sia andato in blocco al mare facendo calare l’affluenza (e non è vero: per esempio, secondo i sondaggi una metà degli elettori comunisti è andata a votare Saitta), i voti validi al secondo turno sono stati soltanto 734.000.

In altre parole, quasi 300.000 (quasi un terzo) di coloro che al primo turno hanno votato Saitta, Vietti o Porchietto erano talmente poco convinti della loro scelta da non darsi nemmeno la pena di andare a rivotare il loro candidato al ballottaggio, pur in presenza di una elezione incerta, combattuta e caricata da entrambe le parti anche di risvolti politici nazionali.

Certo avranno pesato l’arrivo dell’estate, la scarsa voglia di andare a votare una seconda volta, e per l’elettorato di centrodestra anche le recenti vicende berlusconiane. Ma se facciamo 100 i voti presi al primo turno dai ballottanti, la situazione di partenza del ballottaggio era questa: Saitta + Vietti 54,0%; Porchietto 46,0%. Aggiungeteci il fatto che tra gli elettori delle altre liste la maggior parte erano di sinistra, e quello che sia il “dovere di votare” che il “voto contro” tendono a mobilitare più a sinistra che a destra, e il risultato finale – Saitta 57,3%, Porchietto 42,7% – vi sembrerà del tutto normale: l’epilogo senza sorprese di una campagna fiacchissima in cui è stato eletto quello che ha perso un po’ meno voti dal primo al secondo turno, e in cui il vero vincitore è il chiaro disgusto degli elettori per entrambi gli schieramenti.

E’ per questo che La Stampa se ne esce con un titolo sobrio, misurato e oggettivo:

screenshot_saitta_ballottaggio.PNG

Avendo visto i numeri, sembra che parlino di un’altra elezione, vero?

Tuttavia Saitta ha pagato pegno, ha imbarcato l’UDC (ricorderete che fin dal principio La Stampa ha promosso Vietti in vario modo, fino a farlo partecipare come unico terzo incomodo al confronto tra i due candidati prima del primo turno) e gli interessi che l’UDC rappresenta, e in cambio viene ripagato con un bel marchettone dal giornale cittadino. Noterete come la bassissima affluenza, record negativo di sempre, non venga nemmeno menzionata (questo va a tutti quelli che dicevano “non votiamo, così saranno costretti a fare qualcosa”). Del resto, anche nell’intero articolo la bassa affluenza viene menzionata solo una volta, solo avanti nel testo e solo come parte delle dichiarazioni della sconfitta Porchietto, in modo da farla passare non come un dato oggettivo ma come la classica scusa puerile del perdente.

C’è però un’osservazione interessante da fare: il fatto che non ci sia più il minimo ritegno nella manipolazione dell’informazione torinese, almeno quando si parla di politica o di grandi opere attorno a cui girano grandi interessi, vuol anche dire che le crepe sono sempre più evidenti; quei 300.000 torinesi di cui parlavamo sopra hanno chiaramente dimostrato di essere in cerca di qualcosa di un minimo più decente, nonostante tutte le campagne mediatiche. Considerato che in Italia il voto, così come la squadra di calcio, è ereditario – la maggior parte degli italiani eredita una fede politica dai propri genitori e la porta avanti con pochi cambiamenti per tutta la vita – vuol proprio dire che ci troviamo in un momento di eccezionale disponibilità al cambiamento.

[tags]politica, elezioni, referendum, provincia, torino, saitta, vietti, porchetto, informazione, la stampa[/tags]

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