Quello che vedete di me
Da una decina d’anni, cioè da quando esiste, sono iscritto a Punto Informatico. Da quando esiste, sono iscritto anche a Virgolette, il servizio che ogni giorno invia a mezza Italia una citazione salace o buffa presa da qualche parte in rete. E, lo confesso, mi è successo un certo numero di volte di pensare: chissà se prima o poi citeranno anche me.
Ebbene, è successo oggi: prima ancora che mi arrivasse la mail, è venuto in chat Simone a dirmi che ero apparso su Virgolette. Così sono andato a verificare sul sito, chiedendomi che cosa mai avessero citato: un giudizio politico? una battuta divertente? un consiglio tecnico?
Nulla di tutto ciò: la frase è la seguente: …credo che Internet abbia esaurito il proprio potere comunicativo. Se non altro, è una finta mockery, versione onanistico-nevrotica, di ciò che i rapporti interpersonali dovrebbero essere in una società sana…
Io l’ho letta, ho strabuzzato gli occhi, e ho detto: ma ho veramente scritto questa roba? La firma diceva “Toblog, aprile 2006”, ma all’inizio ho addirittura pensato che fosse un commento di qualcuno (se non fosse che commentate sempre in pochi…). Invece, l’ho davvero scritta io, qui.
Quando ho scritto quel post, ero in uno stato mentale piuttosto alterato, dovuto alle trentasei ore di aereo appena sopportate per tornare dalla Nuova Zelanda, e ad una delle mie cicliche ondate depressive, che mi tendono agguati imprevedibili e poi, come un giorno improvviso di nuvole grigie in mezzo a un periodo di anticiclone, si dissipano completamente. La citazione da Blue Monday dei Flunk era quindi appropriata, e lo stile volutamente ampolloso anche.
E la sostanza, tutto sommato, non è sbagliata: stante che una delle cause di quel post e di quello stato era legata agli effetti collaterali dei miei periodici sfoghi – e qui colgo l’occasione per ringraziare, senza il minimo intento sarcastico, la ex donna della mia vita, che, oltre a tante altre cose, è stata la Beatrice di alcune delle mie produzioni letterarie più struggenti – mi ero lucidamente reso conto che comunicare via Internet, via blog, è un modo traverso e distorto, onanistico e nevrotico appunto, per non dover vincere la paura di comunicare direttamente con gli altri.
E siccome i miei momenti devastati occupano al più un paio di giorni al mese, ma ci sono sempre tutti gli altri per comportarsi e vivere felicemente, colgo l’occasione per sottoscrivere di nuovo il messaggio.
Allo stesso tempo, mi resta la sensazione inquietante che l’unico messaggio che passi veramente, di tutto quello che scrivo, sia proprio lo spettacolo d’arte varia; che indubbiamente dev’essere interessante per chi è meno coinvolto, deve fare incazzare chi è più coinvolto, ma dal mio punto di vista è solo una piccola parte del tutto.