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Archivio per la categoria 'Life&Universe'


giovedì 15 Aprile 2010, 19:51

Buchi neri

Oggi ho scritto e riscritto un post per almeno cinque volte, senza venire a capo di niente. E così, incrociando in giro su Facebook un superclassico come questo dei Soundgarden, ho deciso che esprimeva bene il concetto.

Anche se, per i meno esperti, segnalo che il definitivo video della fine del mondo risale al successivo album; è molto adatto come musica di sottofondo per un eventuale dittatore che debba trovarsi a premere in successione una serie di pulsanti che facciano esplodere una bomba termonucleare l’uno.

Mi sarebbe piaciuto vedere il singolo del disco successivo, ma sfortunatamente, dopo Blow Up The Outside World, il gruppo si è sciolto. Chissà come mai!

[tags]musica, soundgarden, video, buchi neri, fine del mondo, bomba atomica, apocalisse[/tags]

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lunedì 5 Aprile 2010, 20:28

Sorveglianza

Oggi in Piemonte era una giornata eccezionale, di quelle che capitano una volta l’anno quando va bene. Il cielo era blu intenso e non c’era una nuvola; il sole era caldo al punto giusto; e vicino agli alberi ancora spogli si alternavano campi gialli di terra smossa e altri già verdi dei primi germogli. Allontanandosi appena un attimo dalle case, il silenzio era perfetto; e ci si poteva dedicare all’osservazione delle lucertole e dei fiori di ciliegio. Intorno, in lontananza, la vista era maestosa; dai dintorni di Alessandria si vedeva il Monte Rosa bianco di neve, e dall’altra parte il Monviso e giù fino agli Appennini. Insomma, è stata una di quelle giornate in cui si può osservare la natura in tutto il suo splendore e sentirsi piccoli piccoli.

P1030596.jpg

Ma in mezzo a questi chilometri di meraviglia, all’inizio del paese, come lascito di presenza umana, un cartello diceva: “Piepasso – Frazione di Quattordio – COMUNE VIDEOSORVEGLIATO”. Certo che gli esseri umani sanno sempre come rendersi ridicoli…

[tags]pasquetta, natura, piemonte, telecamere[/tags]

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domenica 4 Aprile 2010, 21:03

Infelice come una Pasqua

Nel giorno di Pasqua sarebbe meglio raccontare una storia a lieto fine; e questa non lo è. Però è una storia che dice molto dei nostri tempi.

E’ la storia di un camionista che gratta, gratta e infine vince: trova il biglietto della vita, un milione e 740 mila euro vitalizio compreso. Ma lui non è pratico di quel particolare tipo di biglietto, la cassiera si sbaglia, in due non capiscono e buttano via il biglietto, credendo che non valga niente. Dopo una settimana, scopre la verità; torna, setaccia la tabaccheria, perquisisce i cassonetti, visita persino la discarica; ma il biglietto, ovviamente, non esiste più.

Se il biglietto ora saltasse fuori, o se perlomeno (impossibile) gli fosse riconosciuta ugualmente la vincita, sarebbe una storia pasquale: di morte e resurrezione. E non sembri blasfemo il fatto che la morte in questo caso sia una morte di denaro, la scomparsa non di una vita ma di una montagna di soldi; perché nella nostra società, nella testa degli esseri umani che qui e ora vivono, la montagna di soldi vale come e spesso più della vita.

La ricchezza improvvisa è un bel problema da avere, ma è lo stesso un grosso problema; gli annali sono pieni di persone che, dopo aver vinto alla lotteria o al totocalcio, in breve tempo finiscono male; rovinati, imprigionati, persino ammazzati. Perché nella nostra società essere ricchi è, in apparenza, la soluzione ai propri guai, la libertà dalla schiavitù di un lavoro infame, dai creditori alle porte, dai mobili di cartone comprati a rate; è, soprattutto, la rimozione dei propri freni inibitori, perché ai ricchi tutto è permesso (soltanto i poveri sono pazzi, i ricchi sono eccentrici). Nella realtà questo non è poi così vero, ma, se è vero che i soldi non danno la felicità, almeno si evita l’infelicità che certamente dà la povertà.

Molto peggiore è il problema di aver perso la ricchezza improvvisa. Le dichiarazioni del camionista nell’articolo sanno di shock profondo; e, in una società in cui la ricchezza è propagandata come il principale obiettivo della vita, ci vogliono mezzi culturali e caratteriali molto forti per reggere a tale shock… e li deve avere anche chi ti sta attorno, altrimenti passerà la vita a rinfacciarti l’occasione perduta.

L’infelicità da povertà, peraltro, è indotta; viviamo in un sistema economico che si regge sul rincoglionire le persone con la comunicazione per indurre in loro falsi bisogni, distraendoli da quelli fondamentali (affetto, compagnia, cibo, calore e poco altro). La nostra è una società in cui l’infelicità è calcolata e promossa come strumento per rendere schiave le persone, per convincerle a lavorare docilmente e poi a ridare a chi di dovere il denaro faticosamente guadagnato, in cambio di un benessere materiale che per la maggior parte non serve, né compensa l’alienazione e il dolore provocati dalla competizione e dallo stress. Una vera riforma dovrebbe partire anche da questo; ma vorrebbe dire, davvero, rovesciare completamente il nostro ordine sociale.

[tags]torino, gratta e vinci, lotteria, ricchezza, povertà, ordine, schiavitù, infelicità, bisogni[/tags]

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venerdì 2 Aprile 2010, 16:48

La bomba assoluta

Piace a tutti sognare il futuro; fa parte della natura umana. Specialmente quando si è giovani e non ancora feriti, il senso del futuro si accentra su ciò che è più direttamente normale: amarsi, riprodursi, condividere la vita.

Per questo fanno ancora più impressione le immagini delle terroriste bambine di Mosca; perché sono la caricatura innocente e diabolica della vita stessa. Nate e cresciute in terre incancrenite di vendetta, compiono un atto disumano per eccellenza come una strage, spinte da un motore umano per eccellenza come il dolore. Diversamente dall’arroganza amorale di chi uccide per prepotenza e per interesse, uccidono e muoiono per un ideale distorto; che altro non è però che un velo di finzione che ricopre la rabbia di una persona che ha perso tutto, perché ha perso l’amore.

L’odio scava solchi che imbarazzerebbero una bestia; è un sentimento tipico dell’umanità evoluta. Il perdono è un sentimento del cervello, l’odio viene dal profondo del cuore. Senza la saggezza dell’età e del dolore capito, l’odio è fuori controllo, e figlierà altro odio; come il vaso di Pandora, una volta aperto il contenuto maligno si sparge incontrollabilmente in ogni angolo.

Spero che anche chi nelle nostre società, con leggerezza, sparge intolleranza, non ci porti a scoprire che stiamo giocando col fuoco.

[tags]mosca, attentati, terrorismo, odio, intolleranza[/tags]

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venerdì 26 Marzo 2010, 23:59

Grazie

Questo è l’ultimo post prima del voto – fino a lunedì pomeriggio non scriverò più niente. Vorrei innanzi tutto ringraziare tutti quelli che si sono dati da fare per il Movimento e per me; amici di vecchia data e persone conosciute sul momento, tutti sorridenti e contenti di aiutarci in questa impresa. Come ho scritto anche sul blog collettivo della lista, a partire da stanotte non sarà più permesso fare campagna elettorale in pubblico, ma è ovviamente consentito parlare, telefonare, mandare sms e e-mail e insomma mobilitare tutti i vostri amici, parenti e conoscenti ad andare al seggio e votare per il Movimento 5 Stelle.

Per me, comunque vada, è stato un grande onore e un grande piacere essere parte di questa campagna elettorale; mi ci sono buttato al massimo e ho cercato di farla al meglio. L’anno scorso in piazza Castello, alla fine della campagna delle elezioni provinciali, avevo salutato la piccola folla dicendo “se siamo qui in 200 stasera, l’anno prossimo saremo in 2.000 e l’anno ancora dopo in 20.000”. Bene, in realtà siamo arrivati a 20.000 con un anno di anticipo e mi faccio un punto d’orgoglio di aver mantenuto la promessa.

L’inverno è stato durissimo, da soli in un lungo viaggio al gelo per riuscire ad esistere sulla scheda, ma poi è arrivata la primavera. In queste ultime due settimane – da quando i politici e i giornalisti hanno capito che facciamo sul serio – ce ne hanno dette, me ne hanno dette di tutti i colori: qualunquista, populista, dilettante, velleitario, leghista, fascista, berluscoide, lacché di un comico, lustrascarpe di Grillo (queste ultime due sono di un simpatizzante PD e dipendente della Regione, che mentre è pagato coi miei soldi passa i pomeriggi a insultarmi sui forum). Ma dopo la primavera arriverà inesorabilmente l’estate; tutto sta maturando in fretta e il clima sarà caldissimo.

La crisi sarà pesante; farà differenza avere al timone persone che pensano soltanto a salvare se stesse, o persone che pensano a salvare tutta la nave. Io spero solo di meritare la fiducia che tante persone hanno riposto in me; se ne avrò la possibilità, vedrò di giustificarla coi fatti. E spero di poter affrontare le sfide difficili che ci aspettano con gli stessi risultati che sono riuscito ad avere in passato.

Nel frattempo, vi ringrazio ancora e auguro anche qui un buon fine settimana a tutti noi.

[tags]elezioni regionali, piemonte, politica, movimento 5 stelle, beppe grillo, crisi, futuro[/tags]

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lunedì 15 Marzo 2010, 16:31

Una cosa sola

Quella di ieri, in piazza Castello con Beppe Grillo, è stata una giornata che ricorderò per molto tempo: non capita spesso nella vita di trovarsi con un microfono in mano davanti a ventimila persone. Io aspettavo questa occasione per dire una cosa, una cosa sola; e la trovate in questo video che vi prego di far circolare il più possibile.

E’ il mio messaggio elettorale; il motivo per cui chiedo il voto. Spero che sia convincente: fino a ieri eravamo incerti, ma dopo il bagno di folla di ieri (qui un resoconto video più generale) abbiamo capito che le speranze di far eleggere uno di noi, di cominciare davvero a cambiare un po’ le cose, sono concrete; ma solo se migliaia di persone si attiveranno per aiutarci.

[tags]movimento 5 stelle, piemonte, elezioni, regionali, torino, piazza castello, beppe grillo, vittorio bertola[/tags]

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venerdì 12 Marzo 2010, 19:10

In coda

Un’ora fa, dopo essere andato a portare fino in corso Grosseto i manifesti per l’attacchinaggio a Lanzo, mi son messo in macchina per tornare a casa – normalmente, un percorso di cinque minuti.

E ci ho messo mezz’ora: sin dalla sopraelevata, tutto corso Potenza era un’unica marea di auto ferme in coda.

Stare in coda è una buona occasione per arrabbiarsi, dato che la scatoletta di lamiera in cui siamo dentro costituisce automaticamente un’armatura, e come tale ci rende pronti ad aggredire gli altri in tutta sicurezza (apparente). Ma è anche una buona occasione per riflettere.

E io riflettevo: ma cosa ci facciamo tutti qui fermi, chiusi nel nostro isolamento, molti con l’autoradio a palla per cercare di non accorgerci degli altri, della città, del mondo? Ha ragione Beppe Grillo quando dice che non sei tu che sei in coda, tu sei la coda! Ognuno di noi infatti ha la percezione che la coda sia altro da sé, un evento esterno e imponderabile che gli si piazza sulla strada, senza rendersi conto che la coda esiste perché anche noi abbiamo scelto di prendere l’auto e passare di lì proprio in quel momento.

La coda dunque è asimmetrica: si basa sul principio che tu avresti pieno diritto di usare la strada in libertà, ma ci sono degli altri rompiscatole che si sono piazzati lì per negartelo. E questa idea è dura a morire: tutti sono pronti a invocare restrizioni sul traffico, ma la maggior parte delle persone le vorrebbe solo per qualcun altro.

In realtà, proprio la coda può essere amica di noi che vogliamo il cambiamento: perché raramente si può immaginare un modo più assurdo di impiegare tempo, energia, risorse che stare fermi da soli in una scatola di latta bruciando carburante fossile vecchio di 100 milioni di anni.

[tags]città, traffico, coda, persone, energia, automobili, beppe grillo, altri[/tags]

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martedì 16 Febbraio 2010, 19:11

Ancora sulla giustizia

Oggi, nei commenti di Specchio dei Tempi, si discettava amabilmente dei bestemmioni di Buffon; e a questo proposito mi sento di dire che chiunque sarebbe un po’ nervoso, avendo il dubbio che la propria moglie Alena detta Sederova ceda alle lusinghe di Amauri, gobbo ex attaccante brasiliano ora attaccante italiano che però, essendo ormai improbabile la sua convocazione in maglia azzurra per i mondiali, potrebbe avere appunto individuato nella Repubblica Ceca la propria prossima nazionale d’elezione.

In mezzo a questo tran tran, è arrivato un messaggio scandalizzato a proposito della sentenza di soli 18 mesi (dunque niente carcere) per il bullo appena maggiorenne che lo scorso autunno sul bus della linea 75 picchiò senza apparente motivo un anziano, che morì poche ore dopo. Sulla Stampa non c’è traccia della notizia (sulla Stampa peraltro non c’è mai traccia di moltissime cose) ma c’è su CronacaQui, giornale notoriamente destrorso.

In realtà, la sentenza è solo l’inevitabile conseguenza della perizia medica svolta sull’anziano, che già aveva suscitato scalpore all’epoca. Secondo la perizia, la morte non sarebbe stata una conseguenza dei pugni, ma di una emorragia sviluppatasi “spontaneamente” qualche ora dopo. Dunque il ragazzo, che soffriva di crisi di rabbia ma non era in generale un violento o uno sbandato, avrebbe semplicemente picchiato un po’ l’anziano, provocandogli lesioni lievi; la morte sarebbe stata un accidente scorrelato.

Tecnicamente, la sentenza è ineccepibile; eppure è prevedibile una ondata di indignazione generale. Pare infatti difficile sostenere che l’emorragia, il malore e la morte siano indipendenti dall’essere stati violentemente aggrediti solo qualche ora prima; il corpo umano non è una macchina e l’agitazione, la tensione, lo spavento possono senz’altro mettere sotto stress l’intero organismo. In un momento in cui non passa giorno senza che si legga di aggressioni agli anziani (e quando non se ne legge è solo perché non va di moda parlarne) c’è una forte richiesta sociale di repressione verso queste situazioni; poco importano i tecnicismi, la società vuole un colpevole e vuole che paghi duramente.

Infatti, la concezione della giustizia come mezzo di prevenzione o di rieducazione interessa ormai poco; nella testa della maggior parte degli italiani, la giustizia è soltanto uno strumento di punizione e anche di vendetta. E dato che in Italia, sia numericamente che economicamente, gli anziani sono molto più “pesanti” dei giovani, è facile prevedere una grande attenzione, anche se di facciata, a questa richiesta di vendetta.

Alla fine, comunque, sono contento di non dover essere il giudice; perché davvero questa è una vicenda multiforme, dove la verità dei fatti è indefinibile, dove il rapporto tra causa ed effetto è sfuggevole; dove l’imputato può facilmente essere descritto come un mostro bruto ed assassino protetto dal buonismo delle istituzioni, ma anche come un ragazzo qualsiasi, tanto sfortunato da incappare in un anziano che muore per lo spavento di uno spintone o magari, come dicono i medici, nemmeno per quello.

Ammetto che, d’istinto, faccio fatica a non considerare questa persona come direttamente colpevole della morte che ha procurato, e resto anch’io molto perplesso da quest’esito giudiziario. Tuttavia, l’unica conclusione che si può veramente trarre è sulla vanità della pretesa degli uomini di fare giustizia. In fondo, chi siamo noi per giudicare?

[tags]torino, buffon, bestemmie, amauri, giustizia, bullismo, morte, vendetta[/tags]

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domenica 14 Febbraio 2010, 18:10

The one I love

Come i lettori più affezionati ricorderanno, sono stato un affezionato giocatore di Guitar Hero sin dal primo numero della serie; per un paio d’anni ho sviluppato le mie abilità chitarrinistiche in modo maniacale e semiprofessionistico, dopodiché mi è abbastanza passata la voglia.

Tuttavia, quando a Londra ho visto Guitar Hero IV (World Tour) – uscito ormai da un anno e mezzo – in offerta per otto sterline, mi son detto “perché no?”, soprattutto per due delle canzoni che contiene: Hotel California degli Eagles e The one I love dei REM. E così oggi – domenica pomeriggio, mezza giornata di riposo, rimasto solo in casa – l’ho aperto, l’ho messo dentro la PS3 e, esauriti i primi convenevoli, mi sono ritrovato a suonare a livello esperto questi due pezzi con grande godimento.

Se la prima canzone non ha bisogno di presentazioni, la seconda ha per me una storia tutta particolare. Intanto, è una delle canzoni più belle degli anni ’80, accompagnata da un video altrettanto bello.

E’ una canzone d’amore triste, un capolavoro di falso cinismo; l’intero testo è composto da una semplicissima lettera d’amore a una amata che è stata “lasciata indietro” e che viene ricordata come “un semplice gingillo per occupare il mio tempo” (il termine “prop” vuol dire “supporto” ma anche, in gergo cinematografico, uno dei finti elementi di cartone delle scenografie o un elemento di scena). L’ultima strofa cambia leggermente e dice all’amata perduta che adesso “un altro gingillo ha occupato il mio tempo”.

L’intera canzone è una specie di filastrocca che sottolinea la superficialità dei pensieri nel testo, eppure la musica triste dice tutto il contrario; e la situazione esplode letteralmente nel ritornello, dove Michael Stipe riesce solo a gridare “fire” e a farsi dilaniare dall’angoscia. La seconda volta, il grido finisce in un assolo perfetto – uno di quelli dove non puoi togliere o aggiungere neanche una nota – anche perché è, giustamente, rovesciato: invece di raggiungere il climax alla fine come tutti gli assoli, parte forte e poi si spegne senza speranza; la prima metà è in maggiore ed è suonata più forte mentre la seconda ritorna inevitabilmente nella sonorità minore di partenza.

Gli americani, che non capiscono, la suonano ai matrimoni (del resto gli americani sono convinti che Born in the U.S.A. di Springsteen sia una canzone patriottica; dev’essere che non sanno leggere). Io ci resto affezionato anche per via di uno strano episodio; ormai quattro anni fa, stavo passeggiando da solo e meditabondo per le vie di Te Anau, uno dei tanti posti meravigliosi della Nuova Zelanda. Percorrevo la strada sulla riva del lago, su cui si specchiavano gli alberi dalle foglie ormai gialle e rosse (era l’inizio di aprile, dunque autunno). D’improvviso a un incrocio, da una casa verso l’interno, qualcuno apre le finestre e sento uscire distintamente le note di The One I Love. Mi sono girato e ho fatto la foto, non alla casa ma a quella strada che partiva dal lago e all’immagine che la musica mi aveva spinto a vedere:

teanau.jpg

E’ forse strano che tutto questo discorso sia venuto fuori da sé il giorno di San Valentino. Ormai ho raggiunto un’età e una situazione in cui sono in pace con i sentimenti, ma la sensibilità è un bene che va conservato con cura.

[tags]musica, videogiochi, playstation, guitar hero, hotel california, the one I love, rem, nuova zelanda, te anau, san valentino, amore, sentimenti[/tags]

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mercoledì 10 Febbraio 2010, 18:42

La donna del Bancomat

Tu.

Tu che incedi con il piumino foderato di sacchetti della spazzatura viola, solo perché qualche marchettaro minchione di Milano ha deciso che quest’anno è il viola il colore che le anime deboli come te, costrette a uniformarsi agli ordini sottili della comunicazione di massa, devono correre ad acquistare nelle boutique eleganti, buttando via lo stesso abito acquistato anni fa, ma verde pisello.

Tu che sfoggi un povero cane di quelli addestrati duramente a rompere i coglioni, sempre, comunque, ovunque; proprio come te.

Tu che probabilmente, per essere in giro pittata in quel modo a mezzogiorno di un martedì feriale, non svolgi attività lavorative di alcun genere, se non forse l’estetista per altre anime deboli o l’imbucata nell’azienda del papi, e magari ti fai mantenere da un povero fesso a cui la sventoli davanti da anni ma son più le volte che c’hai mal di testa.

Tu che ti poni davanti al mio bancomat – è mio, sono io che ci ho parcheggiato davanti, facendo tutta la manovra per benino perché non sono uno di quelli che pensano che le quattro frecce smaterializzino magicamente l’auto permettendole così di sostare senza problemi nel perfetto centro della strada. E mentre io parcheggio, tu lasci la tua nuova 500 (pensata apposta per te da Lapo Elkann) con due ruote sul marciapiede e pure storta.

E ti metti al bancomat.

E infili la tessera.

E passi tre minuti a farti la ricarica del cellulare, sbagliando due volte a digitare il numero.

E togli la tessera.

E rimetti la tessera.

E ti fai stampare l’estratto conto del tuo conto su cui sicuramente figurano un sacco di soldi, ma sempre meno di quelli che avrebbe una persona sana di mente che non spenda i suoi soldi in costrutti di spazzatura viola e in cagnolini di razza fighetta tanto puri quanto stronzi.

E sono passati cinque minuti e porca miseria, io ho un appuntamento, sto arrivando in ritardo, devo premere due bottoni e farmi dare cento euro, non ci vuole tanto, ci metto un attimo.

E tu riprendi la tua tessera e fai per infilarla ancora una volta, la terza.

E io allora cerco di non sbottare, di non essere maleducato e nemmeno aggressivo, e dico gentilmente “Scusa, potresti solo farmi prelevare e poi vado via?”.

E tu mi guardi con il tuo sguardo da lobotomia di massa, inconsapevole del fatto che al mondo esistano altri che te, ignorante del fatto che il futuro del pianeta (dunque anche il tuo) dipenda dalla collaborazione e dalla solidarietà tra tutti gli esseri viventi, e mi dici: “Adesso ci sono io, ci sto quanto mi pare!”.

Sì, adesso ci sei tu.

Ci sei tu a prendertela nel culo dall’inflazione, dal tiggiunocinquequattrodue, dalla rivenditrice e dal fabbricante di sacchetti della spazzatura viola, dalla tua banca che sicuramente ti addebita nottetempo costi inesistenti, dal pubblicitario che ti fa passare serate a piangere disperata perché hai visto una tipa più in tiro di te, o perché tu hai tutto il guardaroba viola e invece il colore del futuro è il verde oliva, porca miseria, è sicuramente il verde oliva.

Ci sei tu a non avere la minima idea di quanto la felicità dipenda dall’armonia con gli altri e di quanto la tua infelicità (che peraltro fai finta di non vedere) sia creata ad arte per renderti schiava, per eliminare il tuo libero arbitrio col rincoglionimento sociale e per trasformarti in un numero qualsiasi, in un codice fiscale vestito alla moda.

Ci sei tu, ad avere accanto un animale e ad usarlo come un simbolo di stato invece che come una meravigliosa creatura vivente, a meno che a forza di trattarlo come un peluche e di trasmettergli nevrosi tu sia pure riuscita a estirpare da lui l’energia vitale.

Fidati: i soldi del papi, del ganzo, dell’amante, del servizio sociale, della pensione del nonno, di qualsiasi fonte provveda ad abbeverare il tuo egoismo e la tua ignoranza, finiranno. E a quel punto, ma te lo dico con tristezza, vedremo chi ride ultimo.

[tags]società, moda, individualismo, egoismo, economia, consumismo, gentilezza, armonia, colori di moda quest’anno[/tags]

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