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venerdì 12 Marzo 2010, 19:10

In coda

Un’ora fa, dopo essere andato a portare fino in corso Grosseto i manifesti per l’attacchinaggio a Lanzo, mi son messo in macchina per tornare a casa – normalmente, un percorso di cinque minuti.

E ci ho messo mezz’ora: sin dalla sopraelevata, tutto corso Potenza era un’unica marea di auto ferme in coda.

Stare in coda è una buona occasione per arrabbiarsi, dato che la scatoletta di lamiera in cui siamo dentro costituisce automaticamente un’armatura, e come tale ci rende pronti ad aggredire gli altri in tutta sicurezza (apparente). Ma è anche una buona occasione per riflettere.

E io riflettevo: ma cosa ci facciamo tutti qui fermi, chiusi nel nostro isolamento, molti con l’autoradio a palla per cercare di non accorgerci degli altri, della città, del mondo? Ha ragione Beppe Grillo quando dice che non sei tu che sei in coda, tu sei la coda! Ognuno di noi infatti ha la percezione che la coda sia altro da sé, un evento esterno e imponderabile che gli si piazza sulla strada, senza rendersi conto che la coda esiste perché anche noi abbiamo scelto di prendere l’auto e passare di lì proprio in quel momento.

La coda dunque è asimmetrica: si basa sul principio che tu avresti pieno diritto di usare la strada in libertà, ma ci sono degli altri rompiscatole che si sono piazzati lì per negartelo. E questa idea è dura a morire: tutti sono pronti a invocare restrizioni sul traffico, ma la maggior parte delle persone le vorrebbe solo per qualcun altro.

In realtà, proprio la coda può essere amica di noi che vogliamo il cambiamento: perché raramente si può immaginare un modo più assurdo di impiegare tempo, energia, risorse che stare fermi da soli in una scatola di latta bruciando carburante fossile vecchio di 100 milioni di anni.

[tags]città, traffico, coda, persone, energia, automobili, beppe grillo, altri[/tags]

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6 commenti a “In coda”

  1. Mir:

    E’ vero. Tu sei la coda. Astrai e avrai un principio olistico (La somma delle parti è sempre maggiore della somma delle parti prese singolarmente).
    Cioe’ che c’e’ di piu’, che niente puo’ esistere (nel bene e nel male) senza la partecipazione dei molti.
    Astrai ancora un po’ applicando questo principio a TUTTI gli aspetti di una qualsiasi aggregazione di entita’ che interagiscono e avrai una regola infinitamente potente.
    Ora prendi un sottoinsieme di tutte le entita’ che avevi dovuto considerare un attimo fa per avere il massimo livello di astrazione, e focalizzati sull’insieme UMANITA’ (che si suppone debba avere determinate caratteristiche per considerarsi UMANO, diversamente dovremmo definirci in UN ALTRO MODO).
    Hai ancora una regola potente che ci vede interdipendenti uno dall’altro, malgrado ogni ego che scalcia e che istintivamente pur di sentirsi uno imposta tutti gli altri a zero.
    Il punto di equilibrio di questa regola non scritta e dell’individualita’ fanno l’equilibrio che alla nostra civilta’ – e non solo da oggi – manca.
    Vedrai l’Aleph (di Borges), la Babele di piccoli personoidi che scalciano e si adirano contro il nulla perche’ fuori non ci sono che loro stessi.
    Se hai occhi per vedere pero’ saprai gia’ cosa fare, proverai compassione e non pieta’, vedrai la miseria ma anche la magnificenza racchiusa nel singolo, avrai un’etica nuova di zecca, e domattina appena alzato saprai cosa fare se, fatte le scale, al piano terra la prima cosa che dovessi incontrare fuori dalla porta e’ una signora che ti snocciola in faccia tro o quattro episodi fallimentari della tua esistenza di cui solo tu sei a conoscenza, dicendoti: “..ed e’ per questo che sei un imbecille!”
    Ma soprattutto, alla prossima coda scoprirai una calma e una padronanza che mai avresti sospettato di possedere.

  2. Andrea Franco:

    Vi vedo ogni giorno, sempre uguali, le stesse facce. Ormai non vi distinguo più e allo stesso tempo siete sempre gli stessi. Giacca e cravatta nella berlina, la pelliccia nel SUV, il giubbotto di pelle nell’utilitaria.

    Vedo i vostri vestiti, compresa l’auto, quel vestito-corazza che vi sobbarcate ogni giorno di ogni stagione. Avete sempre le stesse espressioni: noia e stupore. Noia perchè siete in coda e quando non lo siete per me siete solo macchie indistinte che viaggiano veloci.

    Ogni giorno faccio la stessa pista ciclabile che costeggia quella strada, e voi lì, fermi aspettando il prossimo semaforo verde, il vostro singhiozzante incedere. E tutti voi mi guardate passare: noia e stupore. Con il freddo dell’inverno vi stupite al calduccio, e con il caldo dell’estate vi stupite li nel fresco dell’aria condizionata. Se piove vi stupite attraverso i vetri rigati dall’acqua, e quasi non ci credete mentre nevica e i fiocchi piombano sulla strada. Il vento mi colpisce o mi spinge e voi vi stupite.

    Ogni giorno vi stupite e io con voi. Perchè ogni giorno affrontate le stesse strade, lo stesso traffico, con la stessa noia. Vi arrabbiate sempre negli stessi punti del percorso, e guardate sempre con lo stesso odio i semafori rossi e i bus alle fermate che ostacolano la via. Mi piacerebbe fermarmi e rassicurarvi. Sto bene, non sono malato o povero. E questa è una bici.

    Cerco delle ragioni per tutte queste tonnellate di lamiera calda che tremano in qualsiasi periodo dell’anno. Abitate lontano, portate materiali pesanti, dovete andar veloci. Sono tutte valide ragioni per spostarsi con un mezzo che pesa 20 volte più di voi, e ha una velocità media pari ad un carro trainato da buoi. “Quanto ci mette lei ad arrivare al lavoro?â€, “quindici minuti circaâ€, “è distante casa sua dal lavoro?â€, †quindici minuti se c’è trafficoâ€.

    Le distanze e il tempo sono relativi. Relativi al mezzo, e l’alternativa all’auto è un autobus, lento, affollato, maleodorante. Cinque chilometri sono una distanza che si compie in 15 minuti. Vuol dire che puoi fare ben 20 chilometri in un ora.

    Cerco ancora una ragione. Guardo nelle vostre auto, vi conto. Uno, uno, uno, due, uno, uno. Tre! Sono tentato di fermarmi e stringervi la mano! Il famoso tentativo di car pool! In tre fate 200 chili su un auto che ne pesa 1500.

    Sbircio ancora nelle vostre auto, scusate la curiosità. Siete impiegati, operai, dirigenti, studenti, uomini e donne, giovani e anziani. Qualche auto ha il seggiolino per bimbo fissato nei sedili posteriori. Da dove venite? Fuori città? Le statistiche dicono che il cinquanta per cento sono spostamenti in città di meno di cinque chilometri. I soliti 15 minuti di auto se non avete confidenza con le distanze.

    Continuo a cercare giustificazioni e giudico. Utilitaria con donna mezza età seggiolino. Buono. Giovane su utilitaria sportiva con radio accesa a volume alto. Cattivo. Due anziani su auto vecchia. Non so. Provo a fare due liste con buoni e cattivi, non ci riesco, e di nuovo diventate una massa indistinta di carrozzerie variopinte che si perde dietro la curva. Perchè non posso giudicare, non vi conosco, non so che fate o dove andate. Posso solo vedere ogni giorno il vostro stupore e la vostra solitudine chiusi la dentro. E la mia di solitudine è una pista ciclabile, solitamente vuota e libera. Cinque chilometri, ogni giorno. Poco più che quindici minuti.

  3. vb:

    Andrea: Anche io attraverso spesso la città in bici e mi diverto molto a vedere l’elastico: quelli che mi sorpassano rombando, anche mostrandosi un po’ infastiditi dalla bicicletta che restringe lo spazio utile per correre nel controviale e nella via, e poi vengono puntualmente ripresi e superati da me al semaforo rosso.

    Non bisogna criminalizzare l’auto, ci sono situazioni in cui è insostituibile (prova a portare 200 kg di manifesti, un secchio e una scopa in bici…), però sono poche, la minoranza. In tutti gli altri casi bisognerebbe incentivare l’uso di altri mezzi.

    E poi, la bici ha qualcosa che l’auto non avrà mai: la possibilità di vedere davvero ciò che ti sta intorno, di godersi il sole e il venticello o persino la pioggerella e la neve. L’auto ti isola non solo dagli altri, ma anche dal mondo.

  4. Luigi C.:

    Sull’origne dei petrolio da fossili “stagionati” 100 milioni di anni pongo il mio dubbio. Ma quanti erano sti fossili? Ormai è anni se non quasi un secolo che bruciamo i fossili, ci dicono a periodi alterni che tutto finirà ma poi non è così. Ci sono stati casi di pozzi che hanno ripreso a produrre petrolio. E quindi? A mio avviso il petrolio potrebbe essere un prodotto della Terra (teoria abiogenetica) con ricercatori com J. Kenney che hanno già provato questa teoria.
    Poi sul fatto di essere la coda hai ragione e ti parla uno che quando se la becca ne fa almeno 15km.
    Ciao

  5. simonecaldana:

    Luigi C.: senza nemmeno star li’ a confutare la teoria da te portata come prova, il problema non e’ quanto petrolio rimane, ma quanto riusciamo a produrne al giorno e cosa comporta il bruciarne tali quantita’.

  6. Gian:

    Gentili pensatori io sono uno di quelli che produce le code .

    Sono anche stato un ciclista (almeno fino a 3 anni fa quando mi hanno rotto un polso) ,ho cercato anche di fare ciclismo per qualche anno ,andando da Rivoli verso la Val di Susa (quando uscivo dall’ufficio e mi allenavo per le gare della Domenica) .

    Poi ho smesso per tutelare la mia persona ,perche’ un mio caro amico e’ morto travolto da una macchina ,perche’ ne ho un altro che e’ stato “asfaltato” e si e’ rotto le ginocchia (zoppica ancora oggi).

    Alcune volte ho visto la morte in faccia …quando andavo da Torino a Carmagnola per allenarmi ,i camion mi passavano a pochi cm e lo spostamento d’aria mi faceva salire il cuore in gola .

    beh che dire …non posso puntare il dito sulle persone che trovo per strada al mattino ,sono li perche’ devono andare a destinazione .

    E poi non ho mai pensato che le persone siano buone , la natura umana e’ meschina …solo con l’educazione civica si possono ottenere dei buoni risultati (oggi anche l’educazione e’ un optional).

    Per tornare ad un approccio da “piccolo tecnico” bisognerebbe costruire qualcosa di alternativo all’automobile ,in termini di risparmio economico e di tempi di percorrenza .

    Io abito nel quartiere Nizza Millefonti (in zona C.so Maroncelli ) e lavoro nella barriera di Milano .

    Il mezzo pubblico (anzi i mezzi ) impiegano 1h 30m per portarmi a destinazione (ovvero 3 ore al giorno di pulman) .

    Con la macchina in 35min arrivo a destinazione …quindi ?

    Aggiungo che la condizione igienica dei mezzi pubblici (intendo quei carcassoni svitati con le pastiglie dei freni che stridono) fa pieta’ .

    io che vivo nel primo mondo ho perso l’abitudine al luridume (si purtroppo e’ vero) e provo fastidio …sono altresi’ convinto che con un po’ di allenamento potrei superare questo problema ma per ora manco di volonta’ .

    Quando vado a Milano e Roma per lavoro mi inquieto ancora di piu’ perche’ penso alla mia citta’ con una metropolitana efficiente .

    Spero che nei prossimi anni si realizzi una rete efficiente, ma spero ancor di piu’ che mi venga dato il telelavoro (perche’ mi occupo di progetti tecnici) cosi’ me ne andro’ dalla citta’ e ,nel tempo libero ,potro’ dedicarmi alle vigne ,all’orto ,alla legna da ardere , al fotovoltaico ,al solare termico e a tutti i progetti che mi saltano in testa e che qui non posso realizzare .

    il sogno e’ quello di creare un piccolo sistema autarchico che possa essere il piu’ possibile svincolato dall’esterno .

    qui tutti corrono ,sono arrabbiati e io divento sempre piu’ triste .

    corri corri per andare a fare aria fritta …quanta gente fa ancora un lavoro utile ?

    tutti noi poveretti che facciamo database ,documenti inutili ,telefonate ,burocrazia varia ,ci riempiamo la bocca di “know own” ,”breafing” ,”pushing” ,”milestones” ,”bipartisan” ,”state of art” ,”skill” ,”afaik” ,”fyi” ecc..

    …ma siamo ancora capaci ad impagliare una sedia ?
    …quando non ci saranno piu’ le mamme chi fara’ l’orlo ai pantaloni ?
    con sincerita’ Gian

 
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