Pensavo di avere tempo di inviare oggi un resoconto della conferenza di Roma, e invece no; non sono riuscito ad alzarmi prima delle dieci e mezza, poi sono stato preso da incombenze e lavori di vario genere, e domani mattina ho di nuovo la sveglia alle cinque e un quarto, per andare a prendere il primo treno per Pisa, dove quest’anno si tiene l’Hackmeeting e dove, domani pomeriggio alle 16, terrò il mio tradizionale seminario su teoria e pratica della governance di Internet.
E’ sicuramente interessante passare in due giorni da una conferenza diplomatica internazionale nella sala aulica in cima al Campidoglio, con Veltroni, Nicolais, Gentiloni, Casini e Folena, a una riunione in un centro sociale occupato, con Armin Medosh, Andy Mueller-Maguhn ed Emmanuel Goldstein, più la crema dell’acarità italiana. Questo genere di mescolanze è ciò che, da buon hacker, apprezzo di più nella mia attività di perturbatore istituzionale a lungo raggio; e mi arricchisce enormemente.
Peraltro la conferenza di ieri – pur ben riuscita, importante, interessante – mi ha confermato una situazione che già conoscevo, presentando una contraddizione stridente tra gli interventi degli ospiti internazionali, sia governativi che non, sempre preparati, sul punto, consapevoli, e quelli degli italiani.
A parte quelli di uno sparuto manipolo di esperti del settore (e ormai tra noi ci conosciamo tutti, e saremmo anche un po’ stufi di discettare nel deserto), gli interventi degli italiani in occasioni come quelle di Roma si possono raggruppare in tre grandi categorie.
La prima è quella di quasi tutti i politici, che arrivano in sala, leggono un discorso pieno di grandi principi in cui magari credono sinceramente ma che non hanno idea di come far avverare, e un secondo dopo scappano via senza ascoltare nessuno, per “improrogabili impegni istituzionali”.
La seconda è quella di chi, in una conferenza dedicata alla questione di lungo termine dei diritti umani su Internet, prende la parola per criticare davanti ai politici questo o quel fatto di attualità , questa o quella proposta di legge, che certo può essere ricondotta al tema dei diritti umani, ma è comunque ben marginale rispetto al tema della conferenza; e questa è ancora la migliore, perché deriva da una frustrazione e da una persistente difficoltà a comunicare con le istituzioni su questioni concrete, anche se si dovrebbe capire che est modus in rebus.
La terza è di quelli che arraffano il microfono solo per parlare, esponendo una loro teoria completamente avulsa dalla realtà , un loro progetto mirabolante che in realtà non sta in piedi, o una loro meravigliosa scoperta concettuale che, per chi si occupa seriamente di queste cose, è scontata da anni, con tanto di tomi universitari. Perché purtroppo, in Italia, la selezione in base al merito e alla sensatezza dei propri discorsi non esiste; e così, non si nega un podio a nessuno.
E quindi, sono convinto che, parlando dei temi caldi di Internet, troverò a Pisa almeno altrettanto merito e altrettanta sensatezza che a Roma, e forse anche di più.