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Archivio per la categoria 'NewGlobal'


venerdì 10 Luglio 2009, 22:48

Opinioni curiose

Anche la giornata di oggi del meeting di San Rossore è stata molto interessante.

All’inizio ho ascoltato la presentazione di Edward De Bono, l’inventore del pensiero laterale, che ha spiegato come l’umanità non rifletta abbastanza sul problema di “come pensare”. La nostra educazione si concentra sull’insegnarci la logica, ma la quasi totalità degli errori di pensiero riguardano non la logica, ma la percezione, ossia i meccanismi di acquisizione dei dati di partenza su cui si applicano i procedimenti logici; inoltre, anche a livello di chi dirige l’umanità, spesso non si è educati a mettersi nei panni degli altri e nemmeno ad essere costruttivi e propositivi. A un certo punto De Bono ha fatto notare come nei nostri Parlamenti prevalgano di gran lunga professioni come avvocati, professori e intellettuali, cioè professioni basate sul parlare e sul cercare di convincere gli altri delle proprie idee, mentre siano tradizionalmente molto poco rappresentati gli architetti, i medici, gli ingegneri, ossia le professioni basate sul risolvere problemi concreti; naturalmente non so che genere di studi abbia fatto lui…

Altrettanto interessante è stata la presentazione finale della mattinata, in cui Stefano Bartolini dell’Università di Siena ha esposto alcuni studi scientifici sulla correlazione tra crescita del PIL, clima sociale e felicità delle persone. Le conclusioni di questo studio potrebbero essere considerate ovvie o persino “da bar”: in pratica si dice che i paesi anglosassoni hanno presentato negli ultimi 20-25 anni la maggiore crescita del PIL, ma che sono anche quelli in cui la “felicità” percepita delle persone è diminuita drasticamente. Ciò sarebbe attribuibile al fatto che la crescita del PIL crea felicità, ma in parallelo si è verificata una drastica riduzione dei rapporti interpersonali, collegata all’aumento degli orari di lavoro in un circolo vizioso. In pratica, secondo questo studio la crisi dei rapporti interpersonali determinerebbe nelle persone un maggiore investimento emotivo e temporale sul lavoro, che provocherebbe l’aumento del PIL e contemporaneamente acuirebbe la crisi stessa dei rapporti, in quanto le persone dispongono di meno tempo per stare insieme. Inoltre l’aumento del PIL sarebbe legato anche ad una “bulimia di consumi” dovuta al tentativo delle persone di gratificarsi mediante l’acquisto di oggetti e servizi sostitutivi dello stare insieme o necessari per fare fronte al deterioramento sociale e ambientale derivante dalla crescita del PIL (dalla Playstation alle vacanze esotiche fino al condizionatore) creando anche in questo caso un circolo vizioso. Infine la “bulimia di consumi” ha provocato l’indebitamento esagerato degli americani che a sua volta è causa della crisi globale, dimostrando che una crescita del PIL associata ad una decrescita della felicità non è nemmeno sostenibile tanto a lungo. Dire tutto questo può essere abbastanza ovvio, ma dimostrarlo scientificamente lo è di meno, per cui vedrò di approfondire la questione.

Ma c’è anche una nota stonata e sta nell’intervento di un megaeuroburocrate, tal Samuele Furfari, della Direzione Generale Energia della Commissione Europea. Già uno che essendo in un panel delle 11 si prenota un aereo per cui deve andarsene alle 12, pretendendo di parlare per primo e andandosene subito dopo senza ascoltare nessun altro, non fa bella impressione. Ma la presentazione, che riguardava le future strategie energetiche della Commissione Europea, mi ha abbastanza terrorizzato. Non iniziava male, parlando ovviamente di risparmio energetico e anche del fatto che l’approvvigionamento di energia è storicamente una delle maggiori cause di guerre, ma si è evoluta secondo i seguenti concetti:
1) la grande idea della Commissione è finanziare progetti per estrarre petrolio in maniera innovativa là dove prima non si riusciva ad arrivare (con tanto di spot all’Eni);
2) la strategia europea contro l’effetto serra è costruire discariche di CO2 per catturarla e interrarla;
3) l’Europa non finanzierà più di tanto lo sviluppo della produzione di energie rinnovabili perché sono troppo care, mentre vuole investire nel “ciclo del caldo e del freddo”;
4) la grande novità in questo senso è generare il riscaldamento bruciando i rifiuti urbani negli inceneritori, e non si capisce perché ci sia tutta questa opposizione perché gli inceneritori sono il futuro e l’Europa è vent’anni indietro agli altri e gli inceneritori di oggi sono compatibili in quanto vengono inseriti nelle città (mostra foto di un inceneritore di Vienna dipinto di colori vivaci e con grandi disegni, come prova del fatto che non disturba il pianeta);
5) poi si pensa di investire in nuove centrali nucleari in modo da aumentare la produzione globale di energia evitando che i paesi poveri, che detengono il 90% delle riserve mondiali di petrolio ancora esistenti, ci taglino le gambe o costringano l’Occidente a “vecchi metodi non più praticabili” (eufemismo per invaderli, colonizzarli, taglieggiarli ecc.);
6) e comunque tutti questi esperti (praticamente tutti quelli che hanno parlato nel resto del meeting) che vogliono invece ridurre i consumi energetici dell’Occidente ad un quarto dell’attuale in modo da renderli sostenibili su scala globale (il che, faceva notare ieri Odifreddi, equivarrebbe al livello degli anni ’70, non certo all’età delle candele) sono degli oscurantisti che vogliono negare il progresso agli europei e riportarci indietro nella competizione globale per la crescita economica.

Ora io spero veramente che questo tizio, come spesso si dice degli euroburocrati, sia stato nominato direttamente dall’industria di settore, perché se pensa veramente queste cose senza essere pagato per farlo c’è da preoccuparsi davvero sul ruolo della Commissione Europea nel nostro futuro: forse tutti questi che si oppongono a un maggior peso delle istituzioni europee non hanno tutti i torti…

[tags]toscana, san rossore, conferenza, futuro, sostenibilità, energia, crescita, crisi, economia[/tags]

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lunedì 29 Giugno 2009, 19:19

Persepolis (2)

La tragedia dell’Iran di questi giorni, oltre che terribile, è più vicina a noi di quello che sembri.

Già, perché se prima del 1979 l’Iran era un paese laico e occidentalizzato ma insieme sottomesso alle potenze straniere, la rivoluzione che doveva liberarlo finì per peggiorare le cose: i rivoluzionari di sinistra finirono ben presto al muro sotto la pressione degli integralisti. Cosa succede in una nazione in cui una minoranza borghese, colta, laica e progressista si confronta con un regime religioso sostenuto dalla propaganda e dal nazionalismo? Succede che la cultura laica viene massacrata senza pietà, a colpi di prigione, esecuzioni ed esilio (e in questo la lettura di Persepolis è illuminante). Trent’anni dopo, ci si riprova: il raggiungimento di un estremo, quello di Ahmadinejad, porta alla richiesta di cambiamento; questa viene repressa nel sangue.

Cosa c’entra l’Italia? Beh, solo un cieco non vedrebbe la direzione che, grazie ai mass media, sta prendendo il nostro Paese: dove i politici di ogni colore prestano omaggio al Vaticano, dove i diritti laici conquistati negli anni ’70 vengono progressivamente erosi, e dove la xenofobia e il nazionalismo vengono utilizzati per promuovere la violenza, comprese quelle ronde che qualcuno (a partire da Travaglio) liquida come un passatempo per pensionati barotti dalla prostata debole, suggerendo che poi bisognerà chiamare d’urgenza i carabinieri per difendere le ronde dalle terribili minacce dei barboni, ma che hanno tutto il potenziale per diventare squadracce prima che ce ne possiamo accorgere; da principio contro gli zingari e gli immigrati, poi contro i dissidenti.

Noi alle volte pensiamo che siamo troppo moderni, troppo occidentali, troppo integrati per diventare un regime chiuso, bigotto e autoritario; eppure leggere quanto simili a noi siano i giovani iraniani borghesi, quanto sia facile – a seconda dell’educazione – che in una stessa famiglia convivano la laicità e l’integralismo, non può che accendere segnali d’allarme.

C’è però una differenza molto significativa tra l’Iran e l’Italia. In Iran, due terzi della popolazione ha meno di 32 anni: questo rende molto veloce il ricambio politico, e molto facile il rinnovamento delle idee e dei partiti al potere. In Italia, la situazione è totalmente opposta: a Torino città, il 70% degli elettori ha 41 anni o più, e fuori dalle città il dominio degli anziani è ancora maggiore. Cambiare è quasi impossibile: questo è un paese per vecchi, e i vecchi sono solitamente i più sensibili alla paura del diverso, all’insicurezza diffusa, alle richieste di ordine e disciplina, e anche al richiamo della religione.

Nel frattempo, vi faccio leggere come due ragazzi di Teheran hanno raccontato a fumetti le vicende di questi giorni, rubando le immagini da Persepolis. Il risultato è fumettisticamente molto lontano dal livello dell’originale, ma la spiegazione di quel che è successo è davvero chiara.

[tags]iran, teheran, persepolis, fumetto, rivolta, integralismo, laicità, religione, democrazia, violenza, italia, anziani, elezioni[/tags]

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lunedì 15 Giugno 2009, 23:34

Buoni consigli

Oggi è stata una giornata densa, per cui non ho avuto tempo di bloggare. Vi lascio però con le slide del mio intervento di stasera al Politecnico, davanti agli studenti di Ingegneria delle Telecomunicazioni (che però sono cambiati molto rispetto ai miei tempi: per metà erano cinesi e tra gli altri c’erano africani e arabi, gli italiani erano una piccola minoranza). L’argomento era “come si mette in piedi una azienda ICT”: si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio, e dato che in questo momento non sto fondando né gestendo alcuna azienda mi sono sentito pienamente titolato a parlare.

[tags]ict, startup, aziende, economia, incubatori, politecnico di torino[/tags]

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martedì 19 Maggio 2009, 19:26

Scontri al G8 universitario

Alle volte mi vengono delle pessime idee. Per esempio, oggi verso l’una, avendo appena finito un appuntamento, ho pensato: “ehi! perché non passo un attimo dalla mia fumettaia in via Baretti a vedere se è uscito il nuovo Ratman?”.

Ratman era effettivamente uscito, ma io mi sono trovato in mezzo alla fine del mondo: proprio in quel momento, a due isolati da lì, polizia in assetto da guerra e studenti anticapitalisti se le stavano dando di santa ragione. Già lasciare l’auto è stato difficile, visto che già a cinque o sei isolati da lì le strade erano bloccate, prima con tanto di nastro bianco e rosso tirato in mezzo e vigile a presidio, e poi avvicinandosi con dozzine di camionette di polizia e carabinieri, e almeno una trentina di poliziotti truci in assetto anti-sommossa a presidiare l’incrocio.

Io mi sono fidato a lasciare l’auto su via Madama Cristina, deserta subito dopo il passaggio del corteo, e sono andato a dare un’occhiata da molto lontano, anche perché eravamo sopravvento e già a diverse centinaia di metri il mix di peperoncino e lacrimogeno era insopportabile, anche per noi rotti a qualsiasi esperienza di piazza.

Mi limito quindi ad allegare un piccolo collage di foto scattate da me girando attorno al punto degli scontri (corso Marconi tra via Madama e via Ormea) e poi visitandolo subito dopo; senza commento.

g8scontri-90.jpg

Cioè, qualche commento è inevitabile: ad esempio fa sempre impressione vedere (ci sono anche in qualche foto) la dozzina di poliziotti travestiti da manifestanti, vestiti con maglietta jeans zainetto manganello e casco blu (ma questi ultimi dove li tengono?); allo stesso tempo, stando nelle retrovie, li ho visti ritornare belli arrabbiati e pesti, e provo rispetto per qualcuno che, per uno stipendio da operaio o poco più, viene spedito in piazza a prendersi in testa i sanpietrini per motivazioni politiche che stanno chilometri sopra la sua testa. Sicuramente esistono poliziotti esaltati, fascisti, violenti che vanno puniti e cacciati, ma la maggior parte è gente che fa quello perché non aveva altre carriere a disposizione.

Quanto ai manifestanti, credo che una violenza come quella di cui ho visto le tracce non possa in alcun modo essere giustificata; e penso che il movimento studentesco nostrano si sia ancora una volta fatto strumentalizzare da quei gruppi di “violenti in tour” che girano l’Europa per cercare lo scontro, credendo in chissà quale rivoluzione armata. Qualunque fosse il contenuto propositivo di questa manifestazione, in questo modo è perso per sempre; anzi si dà ragione a chi invoca la repressione.

Allo stesso tempo, mi chiedo ancora il perché di questo “G8 universitario” essenzialmente inutile, quando era del tutto chiaro sin dal principio che avrebbe attirato a Torino ogni genere di facinorosi e violenti. Probabilmente i rettori del Politecnico e dell’Università pianificavano di mettersi ben in mostra davanti alle telecamere con questa bella pensata; e forse i danni li dovrebbero pagare anche loro, tanto più per non aver saputo gestire per tempo e per bene l’evidente necessità di un dialogo con gli studenti.

P.S. Un premio Darwin va però a quelli che hanno ignorato i cartelli di divieto di sosta su corso Marconi e vi hanno lasciato l’auto parcheggiata, ritrovandosela tutta bollata e pure con la multa…

[tags]torino, onda, università, politecnico, g8, scontri, manifestazione, violenza, incidenti[/tags]

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lunedì 18 Maggio 2009, 15:03

Rifiuti e scontri

Il weekend è stato molto interessante: sabato pomeriggio ho assistito a un convegno sulla decrescita in cui ci hanno fatto vedere come dovrebbe essere fatta la casa del futuro. Per esempio, sotto le finestre dovrebbe essere inserita una scatola scambiatrice di calore che faccia continuamente ricambiare l’aria evitando però di far uscire il calore, cioé trasmettendo prima il calore dall’aria che esce a quella che entra (o in senso opposto d’estate); oppure, ai balconi potrebbero essere appesi dei pannelli solari per produrre energia e insieme ombreggiare i balconi stessi. Esistono tutta una serie di accorgimenti immediatamente fattibili per il risparmio energetico… purtroppo però, finché l’edilizia sarà mirata solo alla speculazione in assenza di regole e anzi con la connivenza del mondo politico, non si muoverà molto.

Idem per i rifiuti: ieri sera ho assistito alla conferenza di Paul Connett a Beinasco ed è stata davvero interessante. Connett è uno dei proponenti della strategia rifiuti zero – ossia, arrivare a vivere in una società che non butta via niente. Vi sembra utopistico? Eppure a San Francisco (non un villaggetto) sono già arrivati al 75% di riciclaggio e puntano al 100% per il 2020. La Provincia di Torino non è messa male – siamo attorno al 50%, ma saremmo più avanti se l’estensione della raccolta porta a porta a Torino non si fosse “inspiegabilmente” bloccata causa inceneritore da giustificare; nei quartieri del porta a porta si arriva al 60-65%.

Tuttavia, secondo Connett, fino al 70-75% si può arrivare con la raccolta rifiuti e con un trattamento intelligente; dopo, è questione di progettazione dei prodotti stessi. Insomma, l’obiettivo è arrivare a considerare il rifiuto come un errore di progetto: se non si può riciclare, riusare o compostare (farne concime) allora è sbagliata la progettazione del prodotto.

D’altra parte, da noi ancora vige la logica (logica?) secondo cui si usa energia per tirare fuori materie prime dal pianeta, poi le si lavora, si produce un oggetto, lo si trasporta, lo si vende, poi lo si usa una volta e poi lo si butta via, spendendo energia per interrarlo o bruciarlo, e poi si spende altra energia e si consumano altre risorse per ricominciare tutto da capo. Ma che logica è? Vi sembra non dico sostenibile, ma anche solo razionale?

Chiudo con una nota sugli scontri di stamattina tra universitari (o presunti tali) e polizia contro il “G8 universitario” (perché quando si tratta di spender soldi in celebrazioni e magnate al Cambioimportantissimi incontri internazionali noi a Torino non ci facciamo mancare niente). Non so chi abbia ragione; la violenza come forma di protesta è sbagliata a prescindere, ma non posso sapere chi l’abbia scatenata. So però che ormai, come dice Grillo, l’unico interlocutore politico del cittadino è un poliziotto con un manganello: indipendentemente dalla protesta e dal suo livello di violenza, tutti quelli che hanno qualcosa da dire – studenti, operai, immigrati, agricoltori, tifosi… – vengono accolti così:

IMAGE_192s.jpg

Ditemi voi se ha senso: per quaranta professoroni si militarizza mezza città e comunque, a scanso di equivoci, non si prevede nessun dialogo di nessun genere con la città stessa; al cittadino, comunque la pensi, si dice “spostati e stai lontano o partono le manganellate”. Ormai tra il mondo del potere e la gente comune c’è sempre un muro di poliziotti; e questo non è affatto un bel segnale.

P.S. Per i miei affezionati, stasera dalle 19,30 alle 20 sarò in diretta su Videogruppo.

[tags]elezioni, politica, ambiente, rifiuti zero, rifiuti, inceneritori, connett, energia, edilizia, polizia, scontri, g8, università, manganelli[/tags]

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giovedì 30 Aprile 2009, 17:24

Ordinaria follia

Le immagini dell’incidente di oggi in Olanda – un’auto che cerca di investire l’autobus scoperto su cui sfila la Regina e si schianta contro un monumento dopo aver investito e ucciso almeno quattro persone – sono effettivamente impressionanti:

Soprattutto, sono un segnale di quanto sia fragile la nostra apparente stabile normalità – nelle immagini scontate e patinate delle telecamere fisse spunta all’improvviso un elemento estraneo e incontrollabile – e aprono il dubbio di cosa potrebbe accadere se il malcontento generale, la frustrazione, la follia dovessero diffondersi ancor di più tra gli uomini dei paesi sviluppati.

Certo che poi ci si fanno delle domande strane: per esempio, che cosa avrà pensato esattamente in quel momento il ciclista che passa davanti al monumento una frazione di secondo prima dell’auto, visibile nel filmato circa a 3:10 dall’inizio?

[tags]incidente, attentato, olanda, regina, ciclista[/tags]

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sabato 14 Marzo 2009, 11:57

E ora il cemento dove lo metto?

Ieri sera ho sentito un commento molto vero: “Un anno fa predicavamo la decrescita e ci guardavano come pazzi, ora la decrescita purtroppo è la realtà delle cose”.

E così, anche i giornali ufficiali cominciano a dover scrivere cose come questa: che il traffico sulla direttrice del Frejus, anziché aumentare, è calato del 25%. Certo, non si dice che questo calo sarà strutturale: naturalmente è solo un momento di crisi, perché la ripresa è lì, nel 2009, massimo nel 2010, anzi no forse sarà il 2011, comunque arriverà e allora dovremo essere pronti con nuove megastrade, nuovi ipercentricommerciali, nuovi spazioporti.

Peccato che il traffico sul Frejus, gonfiato a inizio decennio solo perché il traforo del Monte Bianco era chiuso dopo il disastro del 1999, sia ora ai livelli degli anni ’70: altro che l’aumento percentuale annuo a doppia cifra che era necessario e previsto per giustificare la Tav Torino-Lione e le altre opere.

Eppure, imperterriti vanno avanti: facciamo il secondo traforo stradale del Frejus (la “canna di sicurezza” che però alcuni vorrebbero grande come una strada a doppia corsia meno un pochino, in modo che poi in corso d’opera si possa dire “già che ci siamo, allarghiamola ancora un po’ e raddoppiamo il traforo”) e naturalmente facciamo il tunnel ferroviario di 54 chilometri sotto le Alpi, che per soli 10 miliardi di euro ci permetterà di risparmiare mezz’ora sul trasporto dei milioni di auto che la Fiat produrrà in Italia (ah ah) ed esporterà in Francia e Spagna (ah ah ah); certo, la linea attuale, con tutti i suoi limiti, ha ancora ampi spazi liberi per nuovi treni merci, ma… poi quando tornerà la crescita che faremo?

Sarà… io continuo a pensare che più tardi decideremo che la crescita (ossia il consumo esponenzialmente crescente delle risorse disponibili e della ricchezza che già abbiamo per nuovi progetti) non è più la strada per produrre ricchezza e posti di lavoro e più tardi la nostra crisi finirà.

[tags]frejus, torino, tav, lione, trasporti, crescita, decrescita[/tags]

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martedì 10 Marzo 2009, 14:50

Potrebbe finire così

Il post di oggi, purtroppo, è solo per quelli che capiscono bene l’inglese. In questo caso, potrete avvicinarvi anche voi alla serie di video che sta sconvolgendo l’America (si dice sempre così, no?): il Crash Course on Economics di Chris Martenson.

Martenson è un ex dirigente bancario che a quarant’anni, dopo aver riflettuto su alcuni problemi di base della nostra economia, ha abbandonato di corsa il villone cittadino per trasferirsi in una isolata fattoria nelle montagne americane, dove si è reso totalmente autosufficiente per quanto riguarda acqua, cibo ed energia. Infatti, la sua analisi economica sostiene che l’attuale crisi è l’inizio dell’esplosione, anzi dell’implosione, della società moderna: ciò a causa dello scontro tra l’aumento esponenziale e sempre più veloce dei parametri dell’umanità – popolazione, produzione, uso delle risorse naturali, cementificazione del territorio agricolo, fino al debito e alla quantità di denaro circolante – e il raggiungimento dei limiti fisici del pianeta.

Cosa succede quando l’economia, per continuare a crescere allo stesso ritmo, deve produrre un trilione di dollari di valore in poche settimane? Non si può: di conseguenza, dato che la produzione di nuovo denaro è continua e necessaria per poter pagare gli interessi sul gigantesco debito che abbiamo accumulato verso le banche e verso i nostri eredi, mentre la quantità di beni disponibile non potrà più crescere, le nostre banconote diverranno quasi istantaneamente carta straccia, o meglio foglietti colorati. A quel punto sarà il panico, e il resto è immaginabile.

Non so se sia una prospettiva realistica, certo i dati che Martenson porta a supporto lo sono. A voi decidere se vi interessa investire un paio d’ore per valutarli.

[tags]crash course, economia, martenson, crisi, denaro, debito, collasso, pianeta, risorse, energia[/tags]

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lunedì 9 Marzo 2009, 23:02

Racconto da Firenze

E che cavolo: avevo promesso un post entro oggi, e non sia mai che manco alla promessa. Ma ho come la sensazione che, se va avanti così, le prossime settimane saranno molto molto intense.

L’incontro è stato davvero interessante; nella mattinata hanno parlato esperti di vario genere che hanno parlato di temi importanti, dall’acqua pubblica all’eliminazione del concetto stesso di rifiuto, dal wi-fi/wi-max ubiquo agli impianti energetici personali, per passare poi a temi più strettamente politici, esposti in particolare da Travaglio, e all’intervento intimista finale di Jacopo Fo.

Secondo me però, specie per persone che ancora non hanno capito a quale stravolgimento dei nostri stili di vita e della nostra società stiamo andando incontro, sono più interessanti i primi; e spero che Grillo li metta in linea presto (su Youtube e soci trovate solo quelli più famosi e meno interessanti). Perché a parlare del fatto che in Italia i linfomi nei bambini crescono del 5% l’anno contro il 2% del resto d’Europa (e i bambini non fumano), o di come le guerre civili nel mondo ora non scoppino più per petrolio o diamanti ma perché, come in Madagascar, il governo svende le terre coltivabili ai coreani che hanno bisogno di cibo per loro stessi, non sono poi così tanti; per me ormai sono questioni ovvie, ma il resto d’Italia vive ancora nell’illusione berlusconiana del “continuate a consumare e non succederà nulla” e del “faremo tanti posti di lavoro con nuove colate di cemento”, pompata grazie al controllo totale dei media.

Il pomeriggio è stato dedicato alle presentazioni delle liste civiche di tutta Italia, tra cui la nostra; l’ho fatta io ed è stata un vero successo. Noi, andando in controtendenza, abbiamo scelto di non parlare delle piste ciclabili piene di buche o dello scandalo di questo o quell’assessore (anche se qualcosa all’inizio ci ho infilato al volo, giusto per non sembrare disinformato) ma, trattandosi di un incontro nazionale, di alcuni problemi fondamentali di un nascente movimento politico, e innanzi tutto di una questione molto semplice: cosa ci evita di diventare un nuovo partito, di sostituire vecchi corrotti con nuovi corrotti?

Se vi interessa, potete leggere la presentazione o il documento completo oppure guardare il video qui sotto. A me resta la piacevole sensazione di un inatteso successo, il fatto che il nostro sia stato l’intervento più applaudito di tutto il pomeriggio, che abbia spinto persino Grillo a uscire sul palco (cosa che non ha fatto per nessun altro) e a chiarire che l’abbraccio con Di Pietro non si farà, che tutto è ancora aperto e da inventare.

Allo stesso tempo, resta un po’ di scoramento: questo intervento è un lavoro di gruppo, ma in pratica l’abbiamo preparato in tre o quattro, e il nostro gruppo è ancora minuscolo. Rovesciare la casta, cambiare radicalmente la nostra società, sembrano obiettivi giganteschi, impossibili. E’ vero che ieri a Firenze c’erano duemila persone, quasi tutte aperte, oneste, positive (poi qualche personaggio un po’ viscido c’era anche, ma li si vede subito). Ma qui, o si sveglia almeno una parte della nostra società e si rende conto che la sua salvezza passa dall’impegno diretto, o l’impresa resta davvero ardua.

[tags]grillo, cinque stelle, torino a 5 stelle, politica, firenze, democrazia, partecipazione[/tags]

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giovedì 5 Marzo 2009, 18:35

Punto centrale

Oggi ad ICANN è la giornata del Public Forum, e ovviamente l’argomento caldo è l’introduzione dei nuovi domini di primo livello… che ancora una volta è stata spostata in avanti di sei mesi.

Il vero problema è che ci sono troppi interessi e troppe necessità che vanno a confliggere nello stesso spazio di nomi: ci sono i galiziani, i baschi e i gallesi che vogliono avere .gal, .eus e .cym, ma non hanno una lira o quasi; ci sono decine di danarose start-up che pensano (illusi) di fare i miliardi con .music, .health, .sport e così via; ci sono i cinesi e i coreani che vogliono assolutamente avere il prima possibile .ideogrammaCina e .ideogrammaCorea per permettere ai propri utenti di non dover scrivere gli indirizzi Web in caratteri occidentali; ci sono le grandi aziende che vogliono distinguersi con un bel .google e .ibm. E poi ci sono tutti quelli che già possiedono qualcosa.com e temono la concorrenza di un nuovo .qualcosa, tutti i governi del mondo che temono l’assegnazione di nomi sensibili a entità sgradite (un bel .tibet?), e persino il Vaticano che manda una mail al CEO di ICANN per avvertire di non provarsi nemmeno a creare .catholic.

Come ne esce ICANN? Beh, se prima o poi si deciderà a fare qualcosa, l’approccio che stanno difendendo con le unghie e con i denti è quello di chiedere a qualsiasi potenziale applicante di pagare una tassa di iscrizione di 185.000 dollari prima ancora di poter dire qualcosa: in questo modo gli unici a poter fare domanda saranno le start-up in competizione con .com, le grandi multinazionali che vogliono difendere il proprio nome, e al massimo qualche governo asiatico, russofono o arabo. Tutti gli altri – le comunità linguistiche, le entità no profit, gli sforzi comunitari – possono accomodarsi da un’altra parte; e questo approccio ha il fringe benefit di portare nelle casse di ICANN una cifra stimata in un centinaio di milioni di dollari, che permetterà nuovi stipendi di giada e nuovi alberghi a sei stelle.

La questione è oggettivamente difficilissima, e diventa sempre più difficile man mano che si va avanti, e che aumentano le richieste, le reazioni, le proposte, le controversie. Infatti, ICANN continua a rinviare i tempi di tutto il processo e ormai alcuni cominciano a dubitare che si arriverà mai a un qualsiasi risultato.

Il che prova un punto fondamentale: che, in un pianeta sempre più complesso e interconnesso, qualsiasi accentramento di potere diventa sempre più difficile da far funzionare.

[tags]icann, internet, internet governance, tld, nomi a dominio, dns[/tags]

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