Sarà anche interessato, ma lo sguardo che in questi giorni mi è capitato di lanciare sul congresso di Italia dei Valori è stato piuttosto deprimente. E dire che la simpatia c’era e che le speranze erano molte; nell’intero scenario politico italiano, IDV è l’unico partito che abbia messo (a parole) la legalità al centro della propria azione, e che si sia distinto per una forte (a parole) opposizione al governo Berlusconi. E dato che per cambiare l’Italia bisogna essere in tanti, per me sarebbe una grande notizia se l’IDV facesse davvero ciò che predica.
Chi segue un po’ la politica sa però che l’improvviso boom di consensi registrato dal partito di Di Pietro nell’ultimo paio d’anni, legato appunto al fatto di essere percepito come “unica opposizione” all’illegalità e all’arraffamento dello Stato per uso privato, gli ha portato molti vantaggi, ma ha anche spaccato il partito in due. La valanga di nuovi voti presi da Tonino alle Europee – dove è passato dal 4 all’8 per cento – viene dagli elettori di De Magistris e di Sonia Alfano, da tutto un mondo di gente pulita che ha visto in quelle persone e in quel partito la rappresentanza di un baluardo di onestà . La verità , però, è che l’IDV esiste da quindici anni e da quindici anni è cresciuta mettendo assieme un sottobosco di fuoriusciti, sottopolitici ed ex democristiani che le hanno garantito la consistenza precedente e che non hanno la minima intenzione di mollare l’osso, specie ora che IDV è il quarto-quinto partito italiano e come tale ha “diritto” a una bella quota di poltrone.
Il congresso di IDV tenutosi nell’ultimo weekend doveva regolare i conti tra le due anime del partito, e in effetti lo ha fatto; ma non nel senso che tutti si aspettavano. Ci si aspettava infatti l’investitura ufficiale di De Magistris a delfino di Di Pietro, e invece è successo l’opposto: al momento della verità , Tonino ha fatto marcia indietro e si è tenuto stretto i suoi democristiani. Ha sì esibito sul palco Genchi per dare un contentino ai suoi nuovi elettori, ma il suo intervento è stato centrato sulla necessità di ricucire, di sposarsi il PD, di non dimenticare chi ha lavorato per il partito in tutti questi anni… per chiudersi con l’abbraccio a Bersanator e con l’entusiastico supporto alla candidatura del piddino De Luca a governatore della Campania, attualmente sotto indagine per una lunga serie di reati.
Naturalmente reati “fatti per salvare il posto a 300 cassintegrati”, come dice Bersani, ma la realtà è che De Luca è indagato per una variante urbanistica necessaria a permettere il solito abbattimento di fabbrica per sostituzione con palazzine e centro commerciale. E l’appoggio di Tonino arriva in cambio della candidatura in Calabria del suo amico Callipo, industriale del tonno con annessa squadra di volley che fa sognare Vibo Valentia: anche all’IDV, in fondo, gli industriali pallonari non dispiacciono affatto. E De Magistris? Scornato, emarginato e furioso.
Non vanno meglio le cose in Piemonte: pare che uno dei posti garantiti all’IDV nel listino della Bresso – ricordiamo che chi viene messo lì è eletto automaticamente in caso di vittoria della coalizione, anche se lo votassero solo sua mamma e sua nonna – andrà a Giovanni Porcino, brillante ventiduenne. Un genio? No, il figlio dell’attuale deputato Gaetano. Ma non è diverso nemmeno per il consigliere regionale IDV Pizzale, nel frattempo passato ai Moderati, che nel listino ci mette la figlia (il listino della Bresso si annuncia come una infilata di raccomandati niente male).
L’Italia dei Valori è così: come primo valore c’è la famiglia (ricorderete anche il caso dello stesso figlio di Tonino, consigliere provinciale che una volta indagato non s’è manco dimesso), e come secondo c’è la palanca. Non a caso Tonino manda Vattimo (che fa fine e non impegna) alle manifestazioni No Tav, ma poi vota sempre a favore della stessa; non a caso i consiglieri comunali torinesi di IDV l’anno scorso votarono contro la privatizzazione di Iride ma solo sapendo che sarebbe passata comunque, tanto che – a differenza dei consiglieri di sinistra – Chiamparino si guardò bene dal buttarli fuori dalla maggioranza e anzi li premiò con un assessore. Perché purtroppo la politica italiana è tutta un teatrino: in ogni buon copione c’è sempre quello che sul palco fa la parte dell’antagonista, ma poi a fine recita si va tutti a mangiare insieme.
P.S. A dimostrazione che le vendette si consumano fredde, ieri in consiglio comunale è passata una delibera che, per quanto un po’ annacquata (ah ah), blocca la privatizzazione dell’acqua: infatti su questo punto – grazie anche al blog di Beppe Grillo – si è creato un tale movimento di opinione che il PD non poteva proprio più continuare ad opporsi senza perdere la faccia. Anche così, comunque, Chiamparino mangiandosi il cappello si è astenuto – pure lui, come D’Alema, proprio non riesce a fare qualcosa di sinistra – e un paio di consiglieri piddini, insieme a tutto il centrodestra, hanno abbandonato l’aula per evitare di far raggiungere la maggioranza qualificata che avrebbe permesso il passaggio al primo colpo.
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