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Archivio per la categoria 'StillLife'


giovedì 7 Settembre 2006, 18:55

Segnali

Ormai ho imparato a conoscermi e ad osservarmi un po’ meglio; e quindi, sono preoccupato.

Da qualche tempo, difatti, non riesco più a limitarmi col cibo; da quando sono tornato, anzi, ho delle vere e proprie crisi di fame compulsiva, in particolare verso i dolci, come non mi succedeva da mesi. Non ho più voglia di fare esercizi fisici, prendo in mano i pesi, faccio tre ripetizioni e poi smetto. Nonostante dorma male e abbia incubi in serie (come da anni peraltro), alzarsi è pesantissimo e richiede uno sforzo di volontà notevole. Il giorno è una noia mortale, anche quando avrei qualcosa da fare (cosa che ultimamente, in ufficio, accade molto di rado) non riesco a concentrarmi e se lo faccio non riesco a produrre quasi niente; riesco soltanto a leggere ossessivamente forum e mailing list. Non ho nemmeno voglia di cercarmi qualcosa da fare per la serata; per la prima volta dopo quasi tre anni ho comprato dei nuovi giochi per la Playstation e mi ci attacco per tutto il tempo libero che ho a disposizione, e allo stesso tempo mi viene l’impulso di comprarne altri anche se sono ben lontano dal finire i primi.

La prima parte dell’anno è stata travagliata, ha avuto i suoi momenti difficili, ma mi ha anche procurato molte nuove e piacevoli esperienze. Ora, ho il sospetto di avere esaurito la mia resistenza psicologica; speravo che le vacanze mi ricaricassero e invece mi sento più stanco di prima, con molta meno voglia e molto più timore verso i mesi a venire.

E’ probabile (anzi no, è tautologico) che questo momento passi, ma per ora mi confonde lo stesso.

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domenica 3 Settembre 2006, 23:38

Aerei

Supponete di trovarvi nella situazione in cui mi sono trovato io giovedì sera sul volo di ritorno, su un grosso Airbus della Lufthansa.

Grazie al fantastico check-in automatico dei tedeschi, mi ero assegnato da solo un bel posto vicino al finestrino; tuttavia, prima della partenza, è arrivata la hostess a chiedere se potevo fare cambio col signore che sedeva vicino all’uscita di sicurezza e a cui la cosa dava molto fastidio, e io, per gentilezza, ho accettato.

Già il tutto era iniziato male, visto che non potevo più tenere il mio sacco con vari souvenir fragili con me, e ho dovuto metterlo nelle cappelliere e sperare in bene; e che avevo scoperto solo dopo che le porte di sicurezza degli A320, a differenza di quelle ad esempio dei 737, non hanno l’oblò; e che il viaggio si era rivelato piuttosto turbolento, con in più il problema di non poter guardare fuori.

Poi, quando abbiamo iniziato la discesa, ho sentito qualcosa che mi cadeva sui pantaloni. Mi sono girato e ho visto che dal bordo superiore della porta di sicurezza stavano cominciando a cadere delle grosse gocce d’acqua, che dopo pochi minuti, quando eravamo ancora a parecchi chilometri d’altezza, sono diventate piuttosto copiose. Fuori non pioveva, per cui ho pensato che fosse condensa; ho guardato la porta dall’altro lato, per cercare di capire se fosse normale, ma di là non gocciolava niente. E quindi mi sono chiesto cosa fare.

Poi ho pensato che se veramente fosse stato qualcosa di anomalo e di pericoloso, comunque ci sarebbe stato poco da fare; da scendere s’aveva comunque, e non è che un eventuale malfunzionamento o fessura nella porta si potesse riparare al volo, con scotch e olio di gomito. In compenso, l’idea di mostrare quelle gocce alla hostess e di parlarne ad alta voce davanti a un congruo numero di passeggeri, con il pericolo di impanicarne un po’, mi è sembrata poco sensata.

Così, ho aspettato tranquillamente l’atterraggio, che è effettivamente avvenuto senza problemi, e poi ho fatto vedere la porta alla hostess mentre uscivo dall’aereo. Avrò fatto bene?

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venerdì 18 Agosto 2006, 22:37

Chiuso per ferie (forse)

Da domani mattina fino al 31 agosto sarò finalmente in viaggio, a visitare monumenti e siti archeologici in una nazione dove non sono mai stato. Cercherò di non collegarmi a Internet, per cui non aspettatevi nuovi post fino a settembre. Però, se una sera in qualche albergo dovesse esserci una connessione disponibile…

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giovedì 17 Agosto 2006, 20:34

Parentesi

Tra parentesi, ieri mattina ero ancora nella mia casa in montagna; ho congedato gli amici, ho dato una pulita e una sistemata, ho chiuso tutto e sono venuto via.

La discesa dal colle di Joux verso Saint Vincent è uno dei percorsi più suggestivi di tutta la Val d’Aosta, con ampi tornanti spalancati sul vuoto della valle, e panorami mozzafiato; nonostante l’abbia già fatta decine di volte, mi emoziona lo stesso. Quasi sempre, però, la si fa col sole, la musica a tutto volume e il motore allegro, respirando l’aria dal finestrino e godendo della vista.

Ieri, però, c’era brutto tempo, e la montagna era avvolta dalle nuvole e da un’acquerugiola diffusa che non sapevi dire fosse pioggia o semplice umidità scivolata via dal bosco. Era bellissimo lo stesso, perchè da ogni anfratto di roccia si levavano batuffoli di fumo bianco, e si vedevano in trasparenza diversi strati verticali di nuvole sfilacciate. Sembrava la Scozia, in quelle mattine fredde e bagnate che ti accolgono nelle Highlands; e mi accompagnava con uguale stupore, ma anche con un po’ di prudenza.

Se non che, giunto a due terzi della discesa, all’improvviso mi sono trovato tre o quattro macchine ferme in coda coi lampeggianti accesi, subito prima di una piega a destra verso l’interno della montagna. Io venivo giù davvero piano, e mi sono fermato senza problemi; poi sono sceso per capire cosa succedesse.

Fuori c’erano un paio di persone, un signore che parlava animatamente al cellulare, e una mamma con bambine sedute sul guard-rail; eppure, non si vedeva nulla di strano. Dietro di me si è fermato un furgone guidato da un marocchino, che è sceso e mi ha chiesto, “Incidente?”. Io gli ho risposto che ero appena arrivato, e nel frattempo sono arrivati e scesi altri, e insieme abbiamo fatto quei venti metri in discesa per arrivare alla curva e guardare.

Dietro la curva c’erano due macchine incidentate ma nemmeno troppo. Quella ferma ordinatamente nella sua corsia in salita, più in fondo nella scena, era una utilitaria blu elettrico, tipo una Yaris, vuota, con la parte davanti discretamente sbrecciata dal lato dell’interno strada. Più vicino a me, invece, c’era una Punto verde vecchio modello, con il davanti anch’esso mal ridotto, e un po’ di traverso, diciamo a quarantacinque gradi verso la corsia opposta, ferma bloccando la strada. Dal mio lato, al posto di guida, c’era seduto un signore calvo, con la corona di capelli bianca e grigia, riverso con la testa sul volante; ci siamo avvicinati leggermente, giusto il necessario per capire che il signore era, come dire… morto.

Nel senso che c’era un bel segno circolare sul parabrezza in corrispondenza della sua testa, e una serie di altre tracce che preferirei non descrivere nel dettaglio. E difatti ci siamo guardati un po’ tutti, finchè una signora non ha detto: “Ma il signore è…?”. “E'”, gli ha risposto un altro; nessuno se l’è sentita di pronunciare la parola.

Ho già visto dei morti, ma era la prima volta che vedevo una persona morire fuori da un letto, in un modo del genere. Ecco, la cosa è stata sorprendentemente… difficile. Non mi sono nemmeno avvicinato più di tanto, sono tornato indietro, e mi sono reso conto di essere sostanzialmente inutile, visto come ero scosso. Peraltro, c’era già parecchia gente in giro; il signore al cellulare ci ha detto che stavano venendo su i carabinieri e anche un’ambulanza, caso mai ci fosse qualcosa da tentare; la donna e le bambine nel frattempo erano salite, in lacrime, su un fuoristrada fermo in fila, dove una signora cercava di confortarle un po’.

E così, abbiamo fatto dietrofront e abbiamo risalito le nuvole, per un giro di venti chilometri di curve che rappresentava l’unica alternativa alla strada bloccata. Ho sperimentato la strada del colle Tzecore, che conoscevo solo sulla carta; e salendo, e salendo, non ero molto in pace con me stesso, e così la strada ha cominciato a restringersi e la nuvola a soffocarmi.

Alla fine, non vedevo nulla; ma proprio nulla, nel senso che era difficile distinguere tra la strada, il prato e la scarpata, con una visibilità di pochissimi metri e la pioggia incessante. Al colle, il nulla ha abbracciato tutta la macchina, mentre l’amministrazione comunale di Challand-Saint-Anselme mi ha regalato un beffardo doppio segnale di pericolo: “Strada sprovvista di protezioni a valle” e “Ostacoli laterali invisibili”; lì ho avuto veramente paura e ho seriamente pensato di tornare indietro, se non fosse che, quando sei salito fino in cima e ti sei perso nella nebbia, qualsiasi strada tu prenda ti condurrà a una discesa pericolosa. Su un tornante più giù, qualcuno aveva messo un jersey di cemento e ci aveva scritto su con una bomboletta nera, “OCCHIO!”. E a metà strada ho incrociato l’immancabile mandria di mucche che saliva in senso opposto; essendo la strada larga come una macchina e una mucca, mi sono fermato e ho aspettato che passassero tutte. Era mezzogiorno, ma avrebbe potuto essere un momento qualsiasi nel bel mezzo del pianeta Solaris.

Sono riemerso al mondo – ma sempre sotto il cielo grigio e la pioggia cattiva – e poi, imboccando l’autostrada, ho sentito il giornale radio regionale segnalare che la strada del colle di Joux era interrotta per un incidente “dalle conseguenze ancora ignote”.

A Torino, non pioveva più e non faceva nemmeno freddo.

Chiusa parentesi.

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venerdì 11 Agosto 2006, 22:04

Un’estate fa

In questi giorni, un anno fa, sotto le stelle cadenti moriva il vecchio Toro.

Ci volle qualche giorno perchè sul forum di Toronews, prima confusamente, poi più chiaramente, la morte emergesse anche in carne ed ossa. Sotto le stelle cadenti, Francesco, un ragazzo di Giulianova che nessuno di noi conosceva, si era ucciso. Era tifoso del Toro, viveva solo per il Toro, ogni volta che si poteva si faceva settecento chilometri per venire al Delle Alpi a veder giocare il Toro. La sua stanza era piena di sciarpe, di bandiere, di fotografie, di maglie, tutto rigorosamente granata. Morto il Toro, in quei pochi giorni di buio in cui Cairo era ben di là da venire e nessuno capiva cosa stesse succedendo, era morto anche lui: si era ucciso indossando la maglia numero nove di Marco Ferrante, e lasciando una lettera al mondo piena di rabbia e di dolore, per avergli infine tolto, dopo tante altre cose, anche il Toro.

Questo caso mi colpì particolarmente, forse per tutte le volte che ho conosciuto così direttamente vicende di questo genere. Certo, quando queste cose succedono la causa vera non è mai quella apparente, quella è solo il sintomo, la goccia che fa traboccare un vaso già pieno di altre cose, nascoste giù giù fino al fondo, che non potremo mai sapere. Ma è lo stesso una storia granata, una di quelle sfortunate.

Qualche giorno dopo il fatto, grazie a un contatto sul forum, ebbi modo di parlare in privato con un parente, che alla fine mi diede il numero di telefono del padre di Francesco, e mi pregò di chiamarlo. Io nella vita ho fatto tante cose, belle e brutte, normali e straordinarie, ma quella telefonata è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto da quando sono nato. E’ facile immaginare la disperazione di un padre di fronte a un dolore del genere, la difficoltà a capire, ad accettare, a perdonare, se stessi soprattutto. Ma è molto difficile comprenderla davvero, se non l’avete mai ascoltata direttamente.

Dopo quella telefonata, avevo anche cercato di organizzare un ricordo ufficiale, in occasione della prima partita del Toro. Grazie ad una catena di collaborazione tra forumisti, avevo avuto il numero dell’avvocato Trombetta, A.D. del Torino FC, gli avevo parlato, ma non si era riusciti ad organizzare nulla: e le procedure della Lega Calcio, e le mille cose da fare in quel periodo concitato. E poi, la vita va avanti; queste cose purtroppo succedono e continueranno a succedere, non possono e non devono fermare lo scorrere del tempo.

Eppure, dopo un anno, non ho dimenticato, e mi fa ancora più piacere scoprire, dal forum di Toronews, che non sono l’unico. Non ho mai parlato di questa storia, se non con qualche tifoso in qualche occasione speciale, ma ora mi fa piacere scriverne anche qui.

Di pace, purtroppo, in queste situazioni ce n’è sempre poca; ma spero che Francesco riposi in pace, e che la vita sia tornata a sorridere un po’ anche a coloro che gli stavano intorno. E questo riguarda anche la famiglia di un altro grande granata, Manlio Collino, protagonista del salvataggio del Toro tramite il Lodo Petrucci, la cui figlia adolescente morì tragicamente in un incidente stradale pochi giorni dopo.

Fu un’estate davvero difficile.

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mercoledì 9 Agosto 2006, 23:01

Prego, mi passi De Sica

Non lo sapete, ma da ieri pomeriggio anche io faccio parte del magico mondo dei clienti TIM, e di una sottospecie particolarmente incosciente: quella che desidera utilizzare il telefonino per collegarsi a Internet con il portatile dai luoghi di vacanza.

Volendo difatti andare in montagna, mi sono premurato di esaminare le varie offerte disponibili per la connessione Web via GPRS.

Quella di Vodafone (20 euro a bimestre per 250 MB, quindi due o cinque euro per MB a seconda del piano) è pessima; ho chiamato il 190 per chiedere se veramente non vi fosse nulla di meglio, e la signorina ha avuto serie difficoltà a capire la domanda.

TIM e Wind ne hanno due molto simili, che ti danno 1 GB per 20 euro se consumati entro un mese (quella di TIM solo dal primo rinnovo, se non la lasci mai scadere). Io però non ero certo di consumare così pochi dati in una settimana (l’abitudine…) e quindi ho preferito una offerta che ha solo TIM: 9 GB per 25 euro, però da consumare nei festivi oppure, nei feriali, dopo le 17 o prima delle 9. Così, ho pensato, mi impedisco anche di stare attaccato a Internet di giorno…

Qui comincia la mia odissea: ieri pomeriggio vado nel negozio TIM (ufficiale) vicino all’ufficio, chiedo una SIM spiegando a cosa serve, il tizio mi chiede 35 euro (25 per la tariffa più 10 per la SIM comprendenti 4,70 euro di traffico), io chiedo la fattura intestata alla mia partita IVA personale; il tizio si rifiuta, perchè ci andrebbe la visura, e poi tanto lei non scarica quasi niente, e qui e là, ma si vede benissimo che pensa “non mi rompa i coglioni che ho il negozio pieno di gente”.

Va bene, sono di corsa anch’io e parto per le vacanze, non ho voglia di litigare. Prendo la busta della SIM, domandandomi come mai proprio 4,70 euro; lo scopro un’ora dopo, quando apro la busta e scopro che la SIM è già staccata dalla tesserina, e (mettendola nel telefono) c’è traccia di una chiamata già fatta. Ottimo servizio, non c’è che dire.

Adesso si pone il problema di come far funzionare il tutto. In teoria, la SIM è TIM, il telefono è marchiato TIM (un Sony Ericsson Z600 recuperato dai fondi di magazzino in ufficio, visto che il mio vecchissimo Nokia 6610 non ha il Bluetooth, che è l’unico mezzo semplice di connessione di un cellulare verso il mio iBook), le configurazioni dovrebbero esserci. E ci sono: ma non una, sei! Nei punti di accesso preimpostati ci sono “TIM”, “TIM GPRS”, “TIM GPRS sic”, “MMS”, “MMS GPRS” e finalmente “I-BOX” che è quella che devo usare io. In più, ci sono preimpostati una ventina di numeri con dei nomi e quindi degli scopi incomprensibili; non me li ricordo ma erano qualcosa tipo Timmammè, Tuttitim, @TenzioneTim, ZeroTimPiùEstateMaxi, Timpalo e Timculo, per capire il genere.

Sottolineo il punto riguardante la connessione, perchè dovete sapere che le connessioni dati dei telefonini si distinguono per una roba chiamata APN, che ha l’aspetto di un indirizzo Internet e indica il gateway in uscita dalla rete GSM verso la rete IP; gli operatori rendono accessibili servizi diversi su APN diversi, ma li tariffano anche in modo diverso. La mia offerta semiflat vale solo sull’APN ibox.tim.it; se per caso il telefono dovesse collegarsi usando uno degli altri APN, è probabile che la connessione funzioni lo stesso, ma mi venga tariffata con quei prezzacci tipo sei euro a megabyte (che costa meno trascrivere il pacchetto byte per byte su un foglio di carta e mandarlo per corriere espresso…).

Non sono comunque sicuro che i dati preimpostati siano giusti: preferirei chiamare TIM e farmi mandare un SMS di configurazione. Sfortunatamente, la mia chiamata al 119, dopo cinque minuti di navigazione guidata da una vocina entusiasta in modo irritante, diventa un venti minuti di attesa a sentire la musichina della tribù, per poi sentirmi riattaccare in faccia. Occhei, facciamo domani.

Così stasera, all’ora di cena, riemergo da una epica partita di Civilization III pieno di fiducia; avendo deciso di dare per scontato che le configurazioni del cellulare siano giuste, accendo il portatile, attacco il Bluetooth sul telefono, e dal menu Bluetooth di Mac OS X faccio “Imposta dispositivo”. Il portatile cerca il cellulare, lo trova, si parlano un po’, mi fa autenticare tramite un numero da leggere dal portatile e scrivere sul cellulare; poi mi dice che ci sono vari servizi, tra cui la sincronia dei contatti e la connessione a Internet, con due sotto-opzioni: tramite numero di telefono (modem tradizionale), o tramite rete dati (GPRS).

Commetto l’errore di lasciare attivata la sincronia dei contatti, al che l’iBook cerca disperatamente di copiare contatti di qua e di là, prima che lo prenda a martellate per evitare che faccia danno. Riprovo selezionando solo la connessione a Internet, e mi chiede tre cose: uno username, una password, e una “stringa GPRS CID, esempio *99*12345678#”; e poi, mi preseleziona un “tipo di script”.

Panico. Ero preparato a varie domande, mi ero stampato varie tabelline da vari siti con vari dati (tra l’altro, a seconda del sito le impostazioni consigliate sono opposte, e un sito ti dice di lasciar vuoto lo username, e un altro ci mette il numero di telefono… e il mio cellulare c’aveva scritto “easyibox”, vassapere perchè), ma queste due cose proprio non le so. Alla fine chiamo Simone, che si era vantato di aver fatto funzionare la cosa al primo colpo. In effetti, concludiamo che *99* è quel che il mondo usa per queste cose, un po’ come http davanti agli URL, ma cosa ci scrivo dopo?

Qui ho un mezzo colpo di genio: avevo notato che le varie connessioni impostate sul cellulare avevano un parametro chiamato CID, assegnato dal cellulare e non modificabile; in pratica, un numero d’ordine per distinguerle. Così, provo a scriverci quello: per I-BOX il cellulare dice 3, e così metto *99*3# .

Funziona! Ma mi resta il panico: starò veramente usando la connessione giusta, o starò venendo spennato come un pollo? Il sito diceva di scrivere “SALDO TIME” per SMS al 4916 per sapere i byte di credito residui; provo a farlo subito prima e subito dopo di una breve connessione, per vedere se cambiano. Non cambia, ma in entrambi i casi mi dice che il credito è 2 GB, preciso al byte; o mi ha fregato la pubblicità, visto che io dovrei averne nove, o sto servizio satura alla cifra sbagliata.

Allora mi viene la geniale idea di chiamare il 119 per sapere il credito. Dopo altri cinque minuti di vocina irritante conditi da pubblicità varia e dalla pressione di un certo numero di tasti, mi vengono confermati i 9 GB, e mi viene detto che sulla SIM ho tre euro e venti centesimi, alle 20:49 del 9 agosto (circa venti minuti prima). Oddio, allora non è la connessione giusta, e mi stanno spennando!

A riprova, cerco di chiedere al 119 il dettaglio chiamate, ma dopo i canonici cinque minuti la vocina mi dice beffardamente di registrarmi sul sito TIM, guardare lì sopra e non rompere i coglioni. Ho capito, porco cacchio, ma io sono qui attaccato proprio perchè non riesco a collegarmi a Internet!! Visto che però nei venti minuti mi ero ricollegato, decido di aspettare e vedere se al prossimo aggiornamento il credito è calato ancora.

Dopo mezz’ora, rifaccio il tutto e… oddio, è calato: ora ho tre euro e zero centesimi… ma sempre alle 20:49 del 9 agosto! E che fate, barate?? Venti centesimi spariti in tempo zero? Debiti retroattivi? In compenso, navigando ho trovato un po’ di altri siti che mi hanno tranquillizzato: alcuni dicono esplicitamente che, come avevo immaginato, dopo *99* ci va il CID, e questo signore ha uno script di connessione che ti permette di inserire direttamente l’APN nella casellina del numero di telefono, riconfigurandoti al volo la connessione sul cellulare; apro il sorgente del suo script, e lui effettivamente chiama *99***3# . Non so se i due asterischi cambino, li aggiungo, ma a questo punto mi ritengo autorizzato a pensare di aver ragione io.

Ma allora il credito da dove mi sta sparendo? Forse l’SMS al 4916 è gratuito, ma quello di ritorno che ti manda lui non lo è?? O la chiamata al 119?

Insomma, per ora funziona (lentissimo e con frequenti disconnessioni, ma qui cadono anche le telefonate voce, non posso lamentarmi più di tanto; è solo impossibile leggere la posta, date le dimensioni della mia casella, ma troverò un rimedio), ma ho come la sensazione che presto dovrò litigare col servizio clienti TIM. Ammesso che risponda.

P.S. In tutto questo, nessuno mi ha ancora dato un username e una password. Sul sito TIM, però, ti dice di registrarti mandando un SMS con scritto “TIM” seguito da una password numerica a tua scelta, al numero 49001. Ora l’ho fatto, mi ricollego, e spero di avere ulteriori informazioni dal sito. Se no, quando mi stufo di parlare solo con risponditori SMS e macchine vocali, cerco l’indirizzo di Christian De Sica e vado a pescarlo a casa: lui saprà spiegarmi tutto, no?

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martedì 8 Agosto 2006, 16:40

Dipendenza

E’ da stamattina che cerco di partire per la montagna.

Naturalmente, mi sono svegliato tardi (ieri siamo stati fino alle due e mezza di notte a vedere foto della balconata del Comunale per organizzare striscioni e posizioni in curva), poi ho cominciato a smazzare tutta una serie di cosette che dovevo fare… documenti da portar su, la valigia, un po’ di mail, bagnare le piante della mamma, ultime indicazioni… e man mano che passavo la giornata, solo in casa, a pensare a queste cose mi passava la voglia di fare qualsiasi cosa, ed ero sempre più giù di morale per la prospettiva di un agosto passato a fare su e giù tra l’ufficio e la casa in montagna in coabitazione (per fortuna che la casa è su due piani).

Nel frattempo, però, ho evitato accuratamente di collegarmi in rete e in particolare in chat, per marcare l’inizio della vacanza, e abituarmi all’idea. Ma più restavo offline e più mi deprimevo.

Poi, come ultima cosa, mi son detto: no, dai, non puoi passare un agosto così, fai almeno un tentativo per trovare un bel viaggio. E così, l’ho fatto, ho trovato un potenziale viaggio, e mi son dovuto collegare per scaricare la brochure via mail. E già che c’ero ho aperto la chat.

Tempo trenta secondi, avevo in chat tre messaggi arretrati di russe qualsiasi, il mio collega con problemi di firme J2ME, Simone per chattare un po’, e la mia tenace corrispondente turca. E mi sono sentito benissimo: di nuovo connesso, di nuovo a casa!

Ora però stacco e parto davvero, ma ho capito l’antifona: prima di andare su vado a comprarmi una SIM con una flat GPRS, così almeno leggo la posta e magari bloggo…

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domenica 6 Agosto 2006, 23:57

Una domenica e un pallone

Nonostante mi fossi alzato di umore triste e quasi depresso, oggi è stata una bella giornata, grazie alla gita collettiva dei Geneticamente Granata per una delle prime amichevoli dell’anno, a Borgomanero.

In breve, la partita non è ovviamente stata un granchè, con il primo gol solo al 40′ (bel tiro di Stellone), e altri tre nel secondo tempo (riserve contro riserve), nell’ordine Vailatti, Doudou (impiegato da regista alla Pirlo!) e il nuovo idolo Cioffi. Lo spettacolo è stato quindi dato più che altro dai tre-quattromila tifosi accorsi per vedere il nuovo Toro, nonchè da un improbabile Cairo con il colletto della camicia rigirato in alto fuori dalla giacca (sei un grand’uomo, ma fa nen ël picio) che si portava dietro il nuovo acquisto Barone, e da un raggiante De Biasi che ospitava il neo ct della nazionale Donadoni. E un ct della nazionale ad una partita del Toro non lo si vedeva da secoli…

C’era anche una nutrita pattuglia di Ultras e di esponenti degli altri gruppi organizzati, il che ci ha permesso di entrare senza biglietto nella tribuna VIP. Noi pezzenti avevamo il biglietto della gradinata dei poveri; questi di Borgomanero, evidentemente quasi biellesi, pur con una quantità di pubblico mai visto da quelle parti hanno messo a dieci euro le gradinate e a quindici la tribuna, più sponsor dappertutto (geniale il panificio che “ha gentilmente offerto il pallone della partita”, e noi a pensare: non bucatelo che se no poi tocca trovare qualcuno che ne offra un altro…). Ma basta avvicinarsi, fare lo sguardo truce e dire “siamo con gli Ultras” che tutte le porte si aprono.

Certo, poi devi subirti qualche incidenticchio, cioè – a parte la gente completamente fatta o sbronza che si prende a testate, testa su testa, per provare la propria virilità – il solito cameraman della Rai che non solo non si fa i cazzi suoi riprendendo dal basso e dettagliatamente l’intera balconata (no, non c’erano assolutamente dei diffidati lì in mezzo), ma poi, ricevuti un paio di cristoni poco gentili per invitarlo a spegnere la telecamera, nonostante due reti e tre metri d’altezza in mezzo, va a frignare dai carabinieri come un bambino di cinque anni, indicando col dito quelli cattivi, e provocando ovviamente una intensificazione del lancio di bottigliette vuote e sberleffi vari.

Comunque, il momento migliore della giornata è venuto prima, quando noi G.G. (quelli senza maglietta) abbiamo sfidato a pallone La Ghenga del forum Nonsense (quelli con la maglietta), sotto il solleone e sul piazzale sterrato del parcheggio dello stadio. Ringrazio quelli tra il pubblico che mi hanno ribattezzato Cannavaro (ma lo accetto solo perchè non è più un gobbo ed è anzi fuggito a Madrid dicendo “la Juve? io? no, ho sempre tifato Real”) per la mia gestione della difesa, che ci ha permesso di passare dallo 0-2 al 4-3 finale, conquistato con tanta difesa arcigna e un paio di fulminei contropiede.

E’ questo episodio che mi permette di lasciarvi con la considerazione personale della giornata: quando mi sono tolto la maglietta qualcuno ha un po’ ironizzato sulla mia panzetta. Eppure, nessuno (tranne forse un paio di persone con la sensibilità di un Nelson Muntz appena un po’ ripulito) si era mai permesso di ironizzare sulla mia panzona quando ero molto più grasso e ci stavo molto peggio per tutto ciò che riguardasse il cibo. Insomma, l’ho preso come un segno del passaggio allo stato di “persona normale un po’ sovrappeso”, dal precedente “persona obesa”, e mi ha fatto piacere.

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giovedì 3 Agosto 2006, 23:48

Giorni

Vengo da due giorni a Roma e sui treni da e per; molto intensi, belli comunque.

Ho deciso che è il caso di riprendere in mano la mia vita professionale, smettere di sprecare il mio tempo inutilmente e credere un po’ di più nella mia capacità di concludere qualcosa, se mi conquisto la possibilità di mettermici in libertà e in prima persona. (Già, ma cosa?)

Ho tentato ancora una volta il salto in alto, e se è vero che è andata ancora male, questa volta ci sono andato vicinissimo; è come se l’asticella abbia vibrato e sobbalzato per un paio d’ore prima di decidersi a cadere ed annullarmi il salto. Ma ci ero passato, avevo saltato molto più alto che le volte precedenti, e non dubito che manchi poco ad un salto riuscito. E comunque, ho provato la strana sensazione di essere tristissimo e felice nello stesso momento.

E poi, è stata la mia prima volta nello studio di un ministro, con tanto di Rodotà che raccontava aneddoti su quando in quello studio c’era Bassanini; e quindi, riunione ristretta a tavolo presidenziale, discorsi piuttosto interessanti, divisione di compiti, e, nonostante le sgomitate generali per farsi vedere, credo di esserci stato positivamente. Tra breve dovrebbe uscire un comunicato stampa, così potrò anche spiegarvi meglio di che si tratta.

Ora però (nonostante il pacco di cose da sbrigare in ufficio domani) vorrei andare in vacanza: non ho ancora organizzato nulla, che faccio?

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domenica 30 Luglio 2006, 22:30

Il gatto di montagna

Non so per quale motivo, ma mi succede regolarmente, ogni volta che arrivo nella mia casa in montagna, di stendermi sul letto a leggere, a lavorare col portatile, o semplicemente a pensare.

Oggi pomeriggio, dopo pranzo, il letto era però occupato dal mio gatto Pico. Si tratta di un gatto bellissimo, bianco e grigio di varie tonalità ed incroci, dal pelo spesso e morbido, e con due splendidi occhi azzurri. Si tratta però anche di un gatto sfortunato… quando lo adottammo, su spinta della mia fidanzata di allora, aveva sei mesi e ci dissero che lo davano via perchè la signora che l’aveva cresciuto aveva un cane che aveva ucciso la sorella e ferito lui gravemente; e, appena ripresosi dalle ferite, la signora l’aveva abbandonato e lasciato lì, in cerca di un nuovo padrone.

Quando, dopo altri tre mesi, la suddetta fidanzata piantò il sottoscritto, la casa e il gatto da una sera all’altra, io ebbi un periodo in cui non riuscivo nemmeno a badare a me stesso, e il gatto fu ereditato da mia mamma, a cui era da poco mancato il suo.

A quel punto Pico, a valle di un doppio abbandono e con il residuo padrone ridotto a uno straccio, ebbe una specie di crisi esistenziale con sfogo sul cibo, diventando in poche settimane un vero bidone. Da allora, su consiglio del veterinario, abbiamo cercato di tenerlo a dieta e di fargli fare esercizio (qualcuno ha una cyclette per gatti?), ma anche se è dimagrito è pur sempre un gatto di dimensioni notevoli.

Io lo vedo ormai di rado, e saranno stati mesi che non avevo occasione di stare un po’ con lui: per cui me lo sono coccolato, pacioccato, abbracciato e cacciato, contendendogli la coperta azzurra, usandolo come cuscino o facendomi usare come cuscino, e facendolo rotolare per tutto il letto.

E poi, visto che eravamo entrambi esausti, è scattata la sindrome narcotica del letto da montagna: ci sono il fresco e il silenzio assoluto, e mi viene facilmente da dormire.

Dovete sapere che è da due anni e mezzo che non dormo sogni tranquilli; quando va bene, i miei sogni sono pieni di inseguimenti, corse, scale da salire, e agitazione di ogni genere; se no, sono veri e propri incubi pieni di angoscia, di annegamenti e di insetti che mi mangiano vivo. Ebbene, dopo tutto questo tempo, per la seconda volta in una decina di giorni ho fatto un sogno bellissimo, pieno di amore e di sesso, ambientato in quello stesso letto in cui mi trovavo; e se è sempre duro svegliarsi e realizzare che la realtà è diversa, è anche un buon segno trovarsi finalmente, una volta ogni tanto, in un sogno piacevole.

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