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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


sabato 24 Aprile 2010, 23:50

Gli investimenti della Regione Piemonte

Affittare come spazio pubblicitario l’intero porticato della Stazione Centrale di Milano non costa due lire. Già sarebbe da capire dunque se la scelta della Regione Piemonte ha un ritorno commisurato al costo; comunque sia, una volta che si hanno gli spazi a propria disposizione, che a fine aprile li si usi ancora per pubblicizzare la stagione sciistica grida abbastanza vendetta.

IMAGE_063s.jpg

[tags]regione piemonte, pubblicità, stazione centrale, milano, sprechi[/tags]

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venerdì 23 Aprile 2010, 16:22

Fossi figo

Fossi figo – storica interpretazione di Elio & Le Storie Tese & Gian Luigi Morandi detto Gianni – è un inno di noi giovani vecchi: perché arriva per tutti il momento in cui la foto del documento non ci rassomiglia più. Di solito, questo evento segnala che è giunto il momento di rifare i documenti: e infatti, la mia carta d’identità è scaduta due mesi fa (il giorno dopo averla usata per depositare le liste del Movimento in Tribunale) mentre il mio passaporto scade tra un mesetto, ma va rinnovato subito in vista dell’estate.

Oddio, alla fine è anche una liberazione, perché a tutt’oggi non mi capacito come io abbia potuto girare per dieci anni negli aeroporti di mezzo mondo presentando al controllo di frontiera un passaporto con questa foto qui:

fototessera-passaporto-2000.png

Non so esattamente a cosa stessi pensando quando è stato fatto questo scatto – era il maggio del 2000 – ma l’aria da terrorista libico è inequivocabile, con tanto di esibizione del rigoglioso pelazzo. E dunque, stavolta ero determinato a migliorare un po’ la situazione; e questa mattina era dedicata alla doppia richiesta di documenti.

Richiedere la carta d’identità è facile; basta presentarsi all’anagrafe con le foto. Richiedere il passaporto è un altro paio di maniche; servono, oltre alle foto, un versamento di 45 euro in posta e una marca da bollo da 40 euro, più una fotocopia della carta d’identità – che io, non avendola, ho sostituito con la patente. (Le istruzioni sul sito della Polizia dicono di “allegare un documento di riconoscimento valido” alla domanda, ma ho intuito da solo che parlavano di una fotocopia…).

Trovandomi in zona centrale con la mia bici, il giro inizia da Porta Nuova: ci sarà ben una macchinetta che fa le foto, no? Sì, ce ne sono due: la prima è fuori servizio mentre la seconda è accesa, ma non accetta le monete. Riflettendo sul clima di sbaraccamento che regna in Italia, mi tocca girare il centro di Torino. E girare il centro di Torino in questi giorni non è un bel vedere: più ti avvicini a piazza Castello e più incontri torme di gente brada che, agitando oggettistica kitsch di vario genere, si appresta a omaggiare un lenzuolo. Io rispetto comunque la fede religiosa, rispetto di meno i bus in divieto di sosta o al pascolo nella ZTL e i pedoni che camminano in mezzo alla strada; comunque, come direbbero a Genova, son palanche e di questi tempi non è poca cosa.

Tuttavia, non incontro macchinette da alcuna parte; vado fino a Palazzo Nuovo, ma niente. Torno su da corso San Maurizio, trovo un ufficio postale, faccio la mia solita mezz’ora di coda – credo sia prevista dalle condizioni di servizio di Poste Italiane – per pagare il bollettino, che ovviamente compilo io perché “quelli prestampati non li abbiamo”. Da un tabacchino all’angolo dei Giardini Reali, mentre un bus di pellegrini svolta a sinistra col rosso pieno dove è vietato, compro la marca da bollo; ma di macchine fotografiche ancora nemmeno l’ombra.

L’ufficio passaporti è nel commissariato proprio accanto alle Porte Palatine (il muro romano ci passa proprio in mezzo). Si riconosce perché sulla porta ci sono due grandi cartelli, “E’ NECESSARIO ALLEGARE ALLA DOMANDA LA FOTOCOPIA DELLA CARTA D’IDENTITA'” e “L’UFFICIO NON E’ TENUTO A FARE FOTOCOPIE”. Ok, è certamente qui! Ma ovviamente non c’è l’ombra di una cabina fotografica (a cosa potrebbe servire, di fronte all’ufficio che emette i passaporti per Torino e provincia?). Continuo il giro, concludendo con un ottimo tempo una manche di slalom tra i pellegrini davanti al Duomo, e infine sto per rassegnarmi, anche perché comincia a cadere qualche goccia di pioggia. Decido di fare un ultimo tentativo: ci sarà ben la macchinetta all’anagrafe centrale di via della Consolata, no?

Secondo voi? Ma no, a cosa potrebbe servire, di fronte all’anagrafe centrale di Torino? Però la signorina alle informazioni è gentilissima e mi dice che c’è una cabina dall’altro lato, in corso Valdocco angolo via Giulio. Sono duecento metri, ma adesso piove davvero. Arrivo, la cabina c’è, funziona; ma vorrai mica restare per dieci anni con i documenti con la foto di te mezzo bagnato?

Sì, vorrai. Mica ci si arrende per così poco! Fatte le foto, torno all’anagrafe, e devo dire che sono stati efficientissimi: la signorina in cinque minuti mi dota di una carta d’identità nuova fiammante. Solo è rimasta perplessa di fronte all’indicazione “capelli: neri”, squadrandomi per dieci secondi per controllare: cosa avrà voluto dire?

Tutto contento intasco la mia carta d’identità nuova fiammante; peccato che fuori ormai diluvi. Ma cosa importa, le foto ormai sono fatte; bagnato per bagnato, finiamola qui. Torno dunque fino alle Porte Palatine, dove ci sono otto persone in coda per avere il modulo, e a fianco due sportelli vuoti dove le impiegate attendono che arrivi qualcuno. Questo sì che è un vero ufficio pubblico, mica quel bel corridoio pulito e pieno di computer dell’anagrafe, dove allo sportello ci sono persino i pulsanti per esprimere la soddisfazione sul servizio (grazie Brunetta, comunque la prima volta che li ho visti ero all’aeroporto di Pechino).

La poliziotta però è gentile, alla fine mi accetta persino due foto di dimensione diversa tra loro (le macchinette ti fanno un foglio con una ventina di foto, di cui solo 4 a dimensione utile per i documenti). La patente però non le piace, io le spiego che ho una carta d’identità valida solo da un quarto d’ora, e mi fa addirittura la fotocopia (ma non sarà peculato?). Prende il tutto, mi restituisce il vecchio passaporto dopo aver tagliato la copertina, e poi mi dice che posso passare per vedere se è pronto quello nuovo… tra 40 giorni.

Vorrei dirle che in Mozambico ci avrebbero messo meno, e magari sarebbero riusciti pure a inserire nel sistema un mio indirizzo di e-mail a cui avvertirmi della conclusione della pratica, ma sarei stato ingeneroso. Speriamo solo che siano puntuali, perché poi potrei dover ancora fare un visto.

Nel frattempo, vado a festeggiare; manco a dirlo, il mio pizza al taglio preferito è pieno di pellegrini che mostrano lo sprint di una Seicento in salita; parlano una roba che sembra russo, ma a un ascolto più attento è probabilmente una sottomarca del veneto. In tre, una famiglia, ci mettono cinque minuti a ordinare tre pezzi di pizza, mentre, intrappolato dietro in coda, il pubblico degli uffici sabaudi li vorrebbe accoppare. Quando la signora chiama per l’ennesima volta la figlia (si chiama Katia, visto il volume ora lo sanno fino in piazza Solferino) per chiederle se vuole proprio la pizza con le verdure o se non preferirebbe piuttosto la margherita, che prima era una al prosciutto ma aveva già cambiato idea quattro volte, Katia si ferma e guarda il vuoto. Non sappiamo se stia avendo una visione, ma dopo un tempo infinitamente lungo Katia conferma le verdure. E’ in quel momento che alla signora cade di mano il portafoglio, e tutte le monetine rotolano per terra. San Cottolengo, aiutali tu.

Ma io ho poco da parlare; son qui che rimiro tra le mie mani le mie nuove, bellissime foto del documento. Ho scelto lo scatto migliore; degli altri due, nel primo sembrava che avessi sniffato qualcosa di pesante, mentre nel secondo evidentemente stavo ancora pensando a Katia. E così, ecco la mia foto del 2010: a metà tra un Tanaus più pettinato e un serial killer romagnolo interpretato da Andrea Roncato. Spero che invecchi in fretta.

fototessera-ci-2010.png

[tags]torino, documenti, polizia, passaporto, pellegrini, sindone, foto, elio e le storie tese[/tags]

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sabato 10 Aprile 2010, 12:05

Le ipoteche del Fila

Per parlare nel dettaglio della storia dello Stadio Filadelfia e delle manovre attorno alla sua ricostruzione ci vorrebbe un libro (comunque, in rete potete trovare un buon riassunto).

In breve, però, la situazione si può riassumere spiegando che quell’area fa gola a parole ai politici per via del consenso che porterebbe la ricostruzione, ma soprattutto fa gola in sostanza a speculatori di vario genere, tutti più o meno ammanicati politicamente, per il valore edilizio che avrebbero un centro commerciale o una serie di palazzine costruiti su di un’area relativamente centrale come quella. In termini economici, nessuno ha interesse a ricostruire il Fila come dovrebbe essere, cioè un centro sportivo al servizio del Torino e del quartiere; le altre ipotesi – compreso il “centro sportivo” costituito da un campo di subbuteo circondato da negozi – sono molto più redditizie.

Le manovre sono state tante, e l’ultima scusa per bloccare la ricostruzione era data dalle ipoteche derivanti dal fallimento della Ergom di Cimminelli. Il terreno, infatti, era di Cimminelli, che aveva anche messo dei soldi (3,5 milioni di euro) a garanzia della ricostruzione, insieme ad un altro milione di euro messo dalla Bennet come oneri di urbanizzazione, in cambio della possibilità di costruire il supermercato (già fatto e attivo da anni) nella vicina area “ex Chinino”. Già tre anni fa il Comune si era “dimenticato” di riscuotere i 3,5 milioni di euro: ricordiamo infatti che dopo il fallimento il terreno del Fila è tornato al Comune, ma il patrimonio della Ergom, con annessi e connessi, è finito, indovinate un po’, alla Fiat. La questione del credito pareva però risolta, e insomma, il terreno c’è, i soldi (privati!) ci sono, perché non si costruisce?

Era poi venuto fuori – solo dopo indagini e insistenze da parte dei tifosi – che il problema era il seguente: l’area del Filadelfia era stata ipotecata dall’Agenzia delle Entrate, a garanzia di tasse non pagate dalla Ergom in seguito al fallimento. Anche questo però non doveva essere un problema: i soldi c’erano, bastava che il Comune ne usasse un po’ per riscattare il terreno dall’ipoteca. E però, per anni, questo non è successo… mentre hanno cominciato a spuntare come i funghi nuove ipotesi di campi di subbuteo circondate da negozi, promosse da questa o quella cordata.

Ieri, invece, è stata una giornata storica: finalmente il Comune di Torino, sotto la pressione rumorosa dei tifosi, ha accettato di pagare 535.000 euro (non pubblici: presi dai crediti di cui sopra) e annullare l’ipoteca. Come mai?

Beh, certo non stupirà che la cosa sia avvenuta dieci giorni dopo l’elezione regionale inaspettatamente persa dal centrosinistra – in cui, tra l’altro, il neo consigliere regionale leghista Carossa ha fatto ampie promesse in merito. Se prima la filosofia di Chiamparino era “non ho più bisogno di loro” (cioé dei voti dei tifosi), come dichiarò durante una travagliata seduta di consiglio comunale in cui si discuteva della faccenda, ora il centrosinistra se la fa sotto all’idea di perdere anche il Comune: e dunque, magicamente, le ipoteche sul Fila si sono sbloccate.

Penso male? Giudicate voi…

[tags]stadio filadelfia, toro, calcio, chiamparino, carossa, ergom, cimminelli, fiat, speculazioni edilizie[/tags]

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domenica 4 Aprile 2010, 21:03

Infelice come una Pasqua

Nel giorno di Pasqua sarebbe meglio raccontare una storia a lieto fine; e questa non lo è. Però è una storia che dice molto dei nostri tempi.

E’ la storia di un camionista che gratta, gratta e infine vince: trova il biglietto della vita, un milione e 740 mila euro vitalizio compreso. Ma lui non è pratico di quel particolare tipo di biglietto, la cassiera si sbaglia, in due non capiscono e buttano via il biglietto, credendo che non valga niente. Dopo una settimana, scopre la verità; torna, setaccia la tabaccheria, perquisisce i cassonetti, visita persino la discarica; ma il biglietto, ovviamente, non esiste più.

Se il biglietto ora saltasse fuori, o se perlomeno (impossibile) gli fosse riconosciuta ugualmente la vincita, sarebbe una storia pasquale: di morte e resurrezione. E non sembri blasfemo il fatto che la morte in questo caso sia una morte di denaro, la scomparsa non di una vita ma di una montagna di soldi; perché nella nostra società, nella testa degli esseri umani che qui e ora vivono, la montagna di soldi vale come e spesso più della vita.

La ricchezza improvvisa è un bel problema da avere, ma è lo stesso un grosso problema; gli annali sono pieni di persone che, dopo aver vinto alla lotteria o al totocalcio, in breve tempo finiscono male; rovinati, imprigionati, persino ammazzati. Perché nella nostra società essere ricchi è, in apparenza, la soluzione ai propri guai, la libertà dalla schiavitù di un lavoro infame, dai creditori alle porte, dai mobili di cartone comprati a rate; è, soprattutto, la rimozione dei propri freni inibitori, perché ai ricchi tutto è permesso (soltanto i poveri sono pazzi, i ricchi sono eccentrici). Nella realtà questo non è poi così vero, ma, se è vero che i soldi non danno la felicità, almeno si evita l’infelicità che certamente dà la povertà.

Molto peggiore è il problema di aver perso la ricchezza improvvisa. Le dichiarazioni del camionista nell’articolo sanno di shock profondo; e, in una società in cui la ricchezza è propagandata come il principale obiettivo della vita, ci vogliono mezzi culturali e caratteriali molto forti per reggere a tale shock… e li deve avere anche chi ti sta attorno, altrimenti passerà la vita a rinfacciarti l’occasione perduta.

L’infelicità da povertà, peraltro, è indotta; viviamo in un sistema economico che si regge sul rincoglionire le persone con la comunicazione per indurre in loro falsi bisogni, distraendoli da quelli fondamentali (affetto, compagnia, cibo, calore e poco altro). La nostra è una società in cui l’infelicità è calcolata e promossa come strumento per rendere schiave le persone, per convincerle a lavorare docilmente e poi a ridare a chi di dovere il denaro faticosamente guadagnato, in cambio di un benessere materiale che per la maggior parte non serve, né compensa l’alienazione e il dolore provocati dalla competizione e dallo stress. Una vera riforma dovrebbe partire anche da questo; ma vorrebbe dire, davvero, rovesciare completamente il nostro ordine sociale.

[tags]torino, gratta e vinci, lotteria, ricchezza, povertà, ordine, schiavitù, infelicità, bisogni[/tags]

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mercoledì 31 Marzo 2010, 16:55

Comunicato stampa del centrosinistra piemontese

Poi da domani, prometto, si parla di nuovo di problemi veri.

Cari elettori piemontesi,

dopo lunghe e approfondite analisi abbiamo potuto concludere che la ragione della nostra sconfitta è da attribuirsi all’incredibile e inqualificabile scelta, da parte della maggior parte degli elettori, di non votare per noi.

Questa scelta ci addolora profondamente, e anzi vorremmo denunciare che non può essere vera. I nostri esperti – che paghiamo coi vostri soldi –  ritengono che nessuno potrebbe mai votare Berlusconi o Bossi, dunque ci sono senz’altro stati dei brogli. Se però davvero esistessero degli elettori che non hanno votato per noi, vorremmo invitarli al dialogo dicendogli: coglione, pezzo di merda! Sei veramente una testa di cazzo. Siamo certi che in questo modo la prossima volta voteranno per noi.

Se ciò non fosse sufficiente, i preti, che ospitiamo abbondanti nella nostra coalizione, ci hanno consigliato di giocare sui sensi di colpa: suuuu, daaaai, Gesù Bersani è tanto triste, un votarello, disgiunto disgiunto, che ti costava? Una moneta dottò, una moneta per una povera nonnina, che non riesce più a camminare da tutte le botte che per mesi le ha dato Chiamparino.

Vorremmo denunciare anche l’incredibile qualunquismo di sedicenti liste civiche che si sono presentate alle urne senza sistemarsi in alcuna delle due curve da stadio della politica italiana. E’ indispensabile che gli elettori siano sempre accecati dal tifo, altrimenti potrebbero anche accorgersi che sotto sotto il risultato lo decidiamo noi negli spogliatoi insieme agli altri. Certo ci chiediamo perché tutte le volte noi decidiamo di perdere, ma ci sembra che gli elettori sottovalutino ingiustamente il valore dell’esperienza e della professionalità in politica: i professionisti della sconfitta siamo noi.

Non riusciamo a capire come mai i torinesi non abbiano reagito di fronte alle brillanti linee strategiche della nostra campagna, esposte con scioltezza dal segretario Morgando: riproporre sempre le stesse facce di prima, imbarcare chiunque in coalizione e dire che Milano ci sta sulle scatole. Il fatto che l’UDC faccia o meno parte della nostra coalizione è al giorno d’oggi uno dei problemi primari dell’Italia; infatti non si parla d’altro tra le persone che frequentiamo, tutte quadri del nostro partito – che paghiamo coi vostri soldi.

E poi non è vero che siamo lontani dagli operai, l’ultimo giorno Bresso e Bersani sono venuti a Mirafiori a regalare brioche al cioccolato – che paghiamo coi vostri soldi – in cambio del voto, dimostrando così la loro alta considerazione della gente comune, prima di salire su un’auto da 50.000 euro e andare a prepararsi per il pranzo al Cambio – che paghiamo coi vostri soldi.

Dunque è evidente, se abbiamo perso è colpa dei grillini: sono colpevoli di esistere. Basterebbe farli sparire, e poi eliminare anche Berlusconi, Bossi, Fini, Casini, Lombardo, Storace e tre quarti degli italiani, e poi governeremmo noi… per tre mesi: fino alla prima lite tra D’Alema e Veltroni!

[tags]elezioni regionali, piemonte, movimento 5 stelle, partito democratico, bresso, chiamparino, bersani, piagnisteo, strategie politiche brillantissime[/tags]

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martedì 23 Marzo 2010, 01:40

Alcune idee per l’aeroporto di Caselle

Ho visto che sul blog di FlyTorino – l’associazione per lo sviluppo dell’aeroporto di Caselle, di cui sono socio – sono state raccolte le posizioni di vari candidati in merito al futuro dell’aeroporto stesso, e così ho inviato la mia, che trovate qui sotto. Del resto questo blog, negli anni, ha parlato spesso delle magagne del nostro aeroporto…

Sono Vittorio Bertola, candidato del Movimento 5 Stelle Piemonte, e vorrei esporre le mie idee per il futuro dell’aeroporto di Caselle.

Premetto che sono socio FlyTorino sin dallo scorso anno e che, nella mia attività di conferenze internazionali, uso da dieci anni Caselle per spostarmi in giro per il mondo (ero Senator Lufthansa fino allo scorso mese). In questi anni, nonostante l’ampliamento olimpico, si è potuto assistere a un progressivo decadimento del servizio, tanto è vero che molte delle rotte che ho percorso negli anni (via Zurigo, via Amsterdam, via Vienna) oggi non sono più possibili. Si è anche assistito al progressivo sviluppo del traffico low cost… su Malpensa e su Bergamo.

Caselle è evidentemente rimasto vittima di giochi politici, in cui – come purtroppo accade in tanti altri servizi pubblici, vedi autostrade – l’aeroporto è stato asservito ai profitti del socio privato, mentre i soci pubblici hanno rinunciato a pretendere qualità del servizio per i cittadini e hanno pensato soltanto a incassare i dividendi necessari a puntellare i propri bilanci, e magari a piazzare qualche amico nelle posizioni di sottogoverno.

E’ scandaloso come migliaia di torinesi siano costretti ogni giorno a trascorrere ore sulle autostrade piemontesi e lombarde per poter prendere un aereo. Noi non siamo favorevoli alla crescita dei trasporti – pensiamo che nella nostra società si viaggi troppo, e che per via dei problemi ambientali, economici e di qualità della vita creati dal pendolarismo e dai viaggi di lavoro sarebbe meglio incentivare il telelavoro e la teleconferenza dovunque possibile. Tuttavia, là dove viaggiare in aereo è necessario, i torinesi hanno il diritto di farlo il più possibile dall’aeroporto di casa, e di non venire usati come merce sacrificale per nascondere il fallimento del progetto di Malpensa 2000.

Penso dunque che ci sia spazio per una crescita del numero di passeggeri di Caselle e conseguentemente dell’occupazione, non aumentando i viaggi dei torinesi, ma riportando a Caselle tutti quei voli pieni di torinesi che oggi partono da Malpensa e da Bergamo; e a questo scopo è necessaria la base low cost, promessa e mai ottenuta per via di quelle che sembrano resistenze più o meno evidenti della classe dirigente torinese, un po’ per non intaccare il business aeroportuale e un po’ per non dispiacere agli amici a cui è stata regalata Alitalia. Certo trovo un po’ ridicolo che gli stessi amministratori che hanno remato contro Ryanair per anni ora ci dicano che si spenderanno prontamente per farla arrivare…

L’unico caveat che vorremmo esporre in merito alla base low cost è che essa non deve rappresentare però una occasione di ulteriore sfruttamento dei lavoratori. La vicenda Aviapartner è emblematica di come ogni appiglio venga sfruttato per incrementare i margini di profitto sulla pelle della gente. Non è detto che prezzi bassi voglia dire peggiori condizioni di lavoro – spesso vuol dire semplicemente una gestione “europea” invece che “all’italiana” – ma è un appunto che va fatto.

Inoltre, è necessario intervenire per migliorare i servizi di collegamento con la città – tutti. Anche qui, la sensazione è che si pensi non a semplificare la vita agli utenti, ma a spremerli il più possibile. Almeno non si spendono più 7 euro per un’ora di attesa di un passeggero in arrivo, ma rimane il costo spropositato dei taxi (la tariffa fissa per la città, durante la sua esistenza, si è rivelata più una presa in giro che altro).

I trasporti pubblici sono la nota più dolente: ci chiediamo chi si assumerà la responsabilità dello spreco del tunnel sotto via Stradella, da buttare via dopo vent’anni per spendere un’altra carrettata di denaro e scavare sotto corso Grosseto – e noi paghiamo. In attesa di scavare e riscavare, sarebbe sufficiente un semplice bus urbano espresso ogni 15-20 minuti, che parta da Porta Nuova e non da Dora, che faccia tre fermate in tutto, che non carichi anche gli studenti dei paesi intermedi e che non costi una fortuna. Ce la fanno in città paragonabili a Torino (es. Dublino), possiamo farcela anche noi.

Da utente di Caselle, concordo dunque di cuore con tutti e sette i punti di FlyTorino, ad eccezione del mezzo punto relativo alla Tangenziale Est, opera da noi ritenuta dannosa ed inutile; sarebbe ora che anche da noi, come in tutta Europa, si arrivasse negli aeroporti principalmente col trasporto pubblico.

[tags]torino, caselle, aeroporto, flytorino, trasporti, aerei[/tags]

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giovedì 18 Marzo 2010, 22:53

Lettera a un amico che vota Bresso o Cota

Caro amico,

ti scrivo perché so che guardi con interesse al Movimento 5 Stelle, ma stai anche pensando di votare Bresso perché hai paura che il Piemonte finisca in mano alla Lega, oppure Cota perché hai paura di beccarti altri cinque anni di Bresso.

So che, dopo le ventimila persone apparse a sentire Beppe Grillo domenica scorsa in piazza Castello a Torino (diecimila per Repubblica, “tremila militanti” per La Stampa), la casta si è presa molta paura. Cota non l’abbiamo ancora visto (in realtà sospettiamo che Cota non esista, o se esiste l’hanno mandato di nuovo in quarta elementare a studiare i confini del Piemonte), ma la Bresso e i suoi amici stanno mettendo in giro la voce che noi, oltre ad essere pericolosi estremisti No Tav No Tutto, siamo anche alleati di Cota, dato che abbiamo criticato pubblicamente Bresso. In realtà noi critichiamo entrambi: li giudichiamo per quello che fanno e non ci piace nessuno dei due. Purtroppo, la nostra classe dirigente non riesce a concepire che ci possa essere qualcuno che fa politica giudicando le singole proposte nel merito, senza essere servo di nessuno: viene dato per scontato che chi critica uno schieramento sia mandato più o meno apertamente dall’altro.

Dicono che noi siamo alleati di Cota e di Berlusconi; detto da gente (uno tra tutti, l’onorevole PD Stefano Esposito) che quando c’era da bocciare lo scudo fiscale in Parlamento e far cadere il governo se ne è andata dall’aula e l’ha fatto passare, mi sembra una affermazione che si ridicolizza da sola. Noi, in realtà, di Berlusconi siamo il peggior nemico: perché lo vogliamo mandar via veramente. Pensaci un attimo: è vent’anni che il centrosinistra a parole vuol mandare via Berlusconi, eppure, nonostante sette anni di governo, non ha mai fatto niente per farlo. E’ una squadra perdente: come minimo sono scarsi, e alcuni magari si son pure venduti la partita. Se il tuo obiettivo è vincere, forse sarebbe ora di cambiare giocatori e dirigenti.

L’unico argomento che ha Cota è il classico “se vince la sinistra arriveranno i comunisti e distruggeranno tutto”; l’unico argomento che ha Bresso è “se vince Cota arriveranno i lumbard e distruggeranno tutto”. Usano tutti e due lo stesso argomento, imitando Berlusconi, per nascondere il fatto che entrambe le coalizioni non hanno uno straccio di idea su come costruire un futuro; giocano su una paura montata ad arte dentro di te. E’ un modo per tenerti bloccato a votare all’infinito le stesse vecchie facce, temendo un nemico che non arriverà mai, in un eterno deserto dei tartari, mentre i generali si mettono d’accordo a cena. Del resto, i dirigenti torinesi hanno già trasferito il Sanpaolo ai milanesi e Iride agli emiliani, e vorrebbero fare lo stesso pure con GTT: alla faccia dell’invasione lombarda.

Personalmente ho apprezzato la buona capacità organizzativa del governo regionale di centrosinistra, anche se pure loro, tra mazzette negli ospedali e dirigenti che arricchivano il proprio fratello, hanno le loro brave magagne – come le aveva il governo di centrodestra. Il problema però non è solo questo, ma è soprattutto il modello di sviluppo che entrambe le coalizioni continuano a proporre: Bresso e Cota hanno in testa solo precarietà e cemento. Dicono una cosa e fanno l’opposto; parlano di federalismo fiscale e danno i nostri soldi ai comuni falliti come Roma e Catania; promettono un lavoro stabile come se non fossero stati loro a promuovere precariato e delocalizzazione; governano, chi qua chi là, avendo come sola idea quella di fare nuove autostrade, nuovi centri commerciali, nuove “città della salute” e nuovi “parchi a tema”, per poi magari cercare di presentarsi come paladini dell’ambiente con qualche operazione di facciata.

Noi avremo pure i nostri limiti; però abbiamo trent’anni e un futuro da costruirci. Bresso ha 65 anni e fa politica da quaranta, Cota ha quarant’anni e parla come un sessantacinquenne. Io non ho nulla contro i sessantenni, ma credo che ora sia la mia generazione ad avere il diritto e il dovere di amministrare questo Paese per tirarlo fuori dalle secche; possibilmente con persone capaci e non con i figliocci di quelli che l’hanno rovinato.

P.S. Dopodiché, se proprio non ti ho convinto, ricorda che a queste elezioni è ammesso anche il voto disgiunto: puoi fare la croce sul nome della Bresso o di Cota e un’altra croce sul simbolo delle cinque stelle (quello sulla sinistra della riga), scrivendo a fianco la preferenza per uno di noi. In questo modo contribuirai sia al risultato della “coalizione meno peggio” che all’elezione di un consigliere a cinque stelle.

[tags]elezioni regionali, piemonte, bresso, cota, movimento 5 stelle, beppe grillo[/tags]

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mercoledì 17 Marzo 2010, 20:36

La democrazia di Cota e Bresso

Stamattina, al Circolo della Stampa, i giornalisti subalpini promuovevano un dibattito moderato da Giovanni Floris di Ballarò, tra i candidati presidente… ma se ne sono dimenticati uno, il nostro. Dunque (avendo già mandato numerose richieste di partecipazione nei giorni scorsi, rimaste senza risposta) siamo andati a chiedere di persona; e questo è ciò che è successo. Divertitevi ad ammirare la democrazia e l’imparzialità dell’informazione italiana.

[tags]democrazia, informazione, politica, elezioni regionali, piemonte, bresso, cota, bono, movimento 5 stelle[/tags]

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lunedì 15 Marzo 2010, 16:31

Una cosa sola

Quella di ieri, in piazza Castello con Beppe Grillo, è stata una giornata che ricorderò per molto tempo: non capita spesso nella vita di trovarsi con un microfono in mano davanti a ventimila persone. Io aspettavo questa occasione per dire una cosa, una cosa sola; e la trovate in questo video che vi prego di far circolare il più possibile.

E’ il mio messaggio elettorale; il motivo per cui chiedo il voto. Spero che sia convincente: fino a ieri eravamo incerti, ma dopo il bagno di folla di ieri (qui un resoconto video più generale) abbiamo capito che le speranze di far eleggere uno di noi, di cominciare davvero a cambiare un po’ le cose, sono concrete; ma solo se migliaia di persone si attiveranno per aiutarci.

[tags]movimento 5 stelle, piemonte, elezioni, regionali, torino, piazza castello, beppe grillo, vittorio bertola[/tags]

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domenica 14 Marzo 2010, 13:08

A Torino, contro il decreto salvaliste

Ieri sono stato in piazza Castello, alla manifestazione promossa dal “popolo viola” contro il decreto salvaliste presentato per la riammissione delle liste elettorali dei partiti di governo presentate in maniera irregolare.

Mentre a livello nazionale (come ho poi visto al telegiornale) la manifestazione è stata estremamente politicizzata, con la piazza piena di bandiere dei partiti di opposizione (e aggiungo che questo non mi piace per niente), quella di Torino è stata una manifestazione molto più piccola ma vera, fatta essenzialmente di cittadini arrabbiati.

C’erano in tutto cinque o sei bandiere di partito, tra PD, IDV e S&L – tra l’altro, spesso si tratta di persone che non hanno mai fatto nulla per la manifestazione ma che si organizzano per non mancare l’appuntamento con le telecamere (c’era una signora di IDV che a un certo punto è arrivata, ha preso il microfono senza avvertire prima di essere di un partito, ha fatto il suo intervento promozionale e poi se ne è subito andata senza nemmeno rispondere alle domande).

Tuttavia le bandiere di partito sono state tenute in un angolo, spesso abbassate, perché l’obiettivo è collaborare contro un sistema. Certo, quando poi qualcuno (come vedrete nel filmato) ha menzionato che anche i partiti d’opposizione fanno parte del regime la piazza si è divisa: quelli con le bandiere di partito hanno fischiato, gli altri hanno applaudito. A ognuno sta di informarsi e di decidere se Berlusconi governa da vent’anni nonostante Di Pietro e Bersani, o grazie a Di Pietro e Bersani e all’opposizione dura a parole che poi, quando è il momento di colpire, si assenta dall’aula o stringe patti col diavolo.

Io mi limito a farvi vedere qualche immagine, e sentire qualche parola; e poi esco e vado sul palco con Beppe Grillo.

[tags]popolo viola, no berlusconi day, manifestazione, decreto salvaliste, politica, torino, piemonte[/tags]

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