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Archivio per la categoria 'VitaDaToro'


lunedì 27 Novembre 2006, 15:14

Gita con vittoria

Alla fine, un po’ per pigrizia, un po’ per paura degli incidenti (che ovviamente ci sono stati; nulla però di veramente grave, nè di paragonabile a domenica scorsa), non sono andato a Bergamo. E mi sono quindi perso una grande gita collettiva con annessa vittoria in trasferta (il Toro non vinceva in trasferta in serie A dal 30 marzo 2002, 1-0 a Verona con gol di Franco: quasi cinque anni, di cui tre passati in serie B).

Ma se volete avere un’idea, ci sono già in giro i video: il viaggio, qualche secondo (senza volti ovviamente) dell’animato prepartita, un coro, una bella sciarpata, e l’ovvio sfottimento finale (attenzione: contiene volgarità pesante). E soprattutto, l’immenso gol di Alessandro Rosina, un nome di cui anche i non addetti ai lavori sentiranno presto parlare.

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mercoledì 22 Novembre 2006, 12:12

Del Pippa dixit…?

Dalla home page degli Arditi Juventus (quella dopo la pagina introduttiva con lo slogan “ARDITI: LA RAZZA!”):

“Il metodo Costanzo è quello applicato dal piduista televisivo per rendere simpatico Totti sponsorizzando di fatto il libro di barzellette su di lui e facendolo ridere di se stesso. E’ il discorso uguale a quello del termine gobbo del quale oggi andiamo orgogliosi…” (Alessandro Del Piero)

…ma avrà detto veramente così?

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martedì 21 Novembre 2006, 19:50

Evviva il ciclismo

Domenica a Torino arrivava il Giro d’Italia. E’ difatti regolarmente avvenuto il passaggio dei ciclisti, come sono confidenzialmente chiamati i tifosi della Sampdoria per due motivi; il primo è la loro maglia a strisce orizzontali, che ricorda quella del campione del mondo di ciclismo; e il secondo è, quando si viene al dunque, la loro abilità nella fuga.

Toro – Samp è considerata una delle dieci sfide ad alto rischio del calcio italiano; noi siamo da sempre gemellati con il Genoa, e tanto basta. Nel giro degli ultrà c’era talmente tanta attesa per questo “incontro” da mandare buco l’appuntamento con i gobbi al derby primavera, giocato domenica mattina a Vinovo; io ci sono andato e ho trovato un gruppetto di Arditi e di Tradizione, con dei begli ombrelli in mano (anche qualche tubo), in attesa della controparte, in mancanza della quale non c’è stato negoziato: loro si sono limitati a mezz’oretta di canti su Superga e di insulti crescenti al granata ignoto (nel loro ordine di gravità crescente, “bastardo”, “figlio di troia” e “ebreo”), anche se quando nel secondo tempo il Toro ha messo sotto la Juve si è scoperto che quasi tutta la tribuna era granata.

Ma torniamo in zona Olimpico: siccome io non sono un tifoso da pestaggi, mi sono perso tutto l’aperitivo, del quale peraltro esisteranno sicuramente video sui telefonini, visto che ormai esistono video da telefonino di qualsiasi cosa; comunque, stando alle cronache, quando il gruppone dei ciclisti è arrivato nei pressi dello stadio è spuntato fuori un comitato di accoglienza; l’entusiasmo del pubblico all’arrivo del gruppo era tale che la polizia ha dovuto usare le maniere forti per evitare che le transenne fossero travolte, e che gli ospiti venissero stretti in un caloroso abbraccio. Il risultato è che la polizia ha sparato lacrimogeni un po’ a cavolo, finendo per riversarli sui vecchietti che entravano in curva Primavera (che è accanto al settore ospiti).

Bisogna riconoscere che i doriani erano tanti (circa duemila) e belli incazzati; così, quando bene o male sono stati cacciati a mazzate dentro il loro settore, hanno fatto un bell’effetto. Si sono radunati e l’hanno riempito per benino, cominciando a urlare; e dal nostro lato sono partiti i cori in risposta, accompagnati da uno sventolio di bandiere granata e rossoblu, e da qualche striscione classico tipo “SUSSEVE U BELIN”, accompagnato dalla versione riveduta e corretta (attenzione: contiene volgarità greve) del marinaio stemma della Doria, con qualcos’altro al posto della pipa.

Ora, dovete sapere che a Torino, l’unica città d’Italia dove si osserva il decreto Pisanu (e Chiamparino se ne vanta pure), non c’è polizia dentro lo stadio: la polizia fa le perquisizioni all’esterno e scorta i tifosi, ma all’interno sono le società di calcio a dover predisporre i mitici “steward”, dei ragazzotti precari in pettorina gialla che dovrebbero far rispettare l’ordine e la buona educazione, naturalmente solo con un sorriso e una parola gentile, non essendo autorizzati all’uso della forza. Ovviamente, appena comincia un minimo di casino i ragazzotti si appiattiscono contro il muro, badano a non prendersi niente in testa e lasciano libero sfogo ai violenti.

A questo si aggiunga che, mentre all’ingresso delle curve noi veniamo perquisiti fino a portarci via i tappi delle bottigliette e gli ombrelli pieghevoli, nel settore ospiti nessuno si prende responsabilità. E così, appena entrati loro partono con i fumogeni, invadono il fossato arrivando fino al campo, fanno un po’ quello che vogliono senza che nessuno osi avvicinarsi: una zona totalmente franca che gonfia il bullismo dei tifosi peggiori.

Poi comincia la partita, e parte la prima bomba carta verso il nostro settore. Non so se voi avete mai sentito scoppiare una bomba carta a una decina di metri da voi: fa un gran botto e ti assorda per qualche secondo. Alla risposta di fischi, un bel ragazzone doriano si inerpica sul separè di plexiglass e comincia a farci gestacci; a un certo punto si toglie pure la maglietta, mostrando una panza obbrobriosa, al che si risponde con il grido: “Nu-da! Nu-da!”.

Nel frattempo cominciano a piovere sulle nostre teste bottigliette, pezzi di asta, persino frammenti dei cessi (che vuol dire che hanno dei tubi per staccarli): alla faccia della “mentalità” che imporrebbe di non far male ai non ultrà – e in curva Primavera siamo per la maggior parte tifosi tranquilli. Arrivano anche un altro paio di bombe carta. Dopo una mezz’oretta, qualcosa si muove: dal campo arrivano tre Digos, e… invece di andare da quegli scalmanati, vengono da noi a pregarci di stare “più tranquilli” e “non provocarli”. La cosa è talmente ridicola che persino i vecchietti si alzano e li mandano a stendere: dall’altra parte, oltre a lanciare bombe e pietre, c’è uno che sta indisturbato a fare gestacci da mezz’ora sulle transenne…

Dopo l’intervallo la situazione peggiora ancora: a un certo punto dal nostro lato compaiono quattro genoani che srotolano lo striscione: “BELIN SIETE OSPITI ANCHE QUI!”. Con una mira perfetta, dall’altra parte gli tirano una bomba carta, però addosso – roba da lasciarci una mano o l’udito! Per fortuna noi dal balconcino la vediamo partire, gli gridiamo di stare attenti, e questo gli dà quei due secondi necessari per non trovarsi proprio sul luogo dell’impatto, che è talmente forte da sbriciolare un paio di seggiolini.

Passato lo spavento, scatta la reazione infuriata: le stesse persone che un attimo prima cantavano o guardavano la partita ricompaiono nella parte bassa dell’anello, le sciarpe o i cappucci sulla faccia, a restituire il fitto lancio di pietre e bastoni, ricambiare i gestacci, e anche togliersi la cintura e rotearla in aria (vuol dire “ci vediamo dopo se hai coraggio”).

E poi, finalmente, arriva il gol: è l’apoteosi. Mancano dieci minuti alla fine, loro buttano l’ultima bomba carta, poi sono muti e noi siamo in delirio: uno sfottò dietro l’altro. Partono tutti i canti d’ordinanza in queste circostanze, da “CIAO – CIAO – CIAO – CIAO MERDE” a “TUTTI A CASA ALE'”, e loro sono sempre più muti (d’altra parte la loro squadra sul campo ha fatto pietà, in confronto il Siena o il Messina visti le domeniche passate sono parsi il Real Madrid). Stavolta siamo anche efficienti, e il nostro striscione viene slacciato e ripiegato in un minuto netto: dai tifosi del Siena ci prendemmo dei meritati “oh issa”, visto che a stadio vuoto e con tutti già a casa noi eravamo ancora lì a cercare di tirar su lo striscione. Si esce con circospezione, ma la situazione è tranquilla.

All’uscita, incrociamo un signor Digos, con cui ci lamentiamo del fatto che nel settore ospiti entrino le bombe carta e i tubi di metallo; lui ci dice che è colpa di quelli di Genova, che non hanno fatto bene le perquisizioni alla partenza del treno. Sarà… certo che – oltre a provare il fatto che l’Olimpico è uno degli stadi meno sicuri d’Italia –

La giornata si chiude con un arresto e dodici fermi, un po’ di diffide in arrivo, e gente che si lamenta di aver lasciato la macchina parcheggiata in zona e averla trovata coi vetri spaccati. Hanno assolutamente ragione, ma bello mio, vivi a Torino davanti allo stadio, possibile che tu non sappia che è il giorno di Toro-Sampdoria e sta per succedere di tutto? E’ come camminare con un portafoglio in mano per i portici di piazza Carlo Felice e poi lamentarti che ti hanno borseggiato…

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mercoledì 15 Novembre 2006, 10:42

Piccoli siti chiudono

ArchivioToro era un sito eccezionale. Messo in piedi a manina da un ragazzo di Saluzzo, riportava tutti i risultati di tutte le partite del Toro dal 1906 a oggi, i marcatori, gli spettatori, i giocatori, una marea di altri dati statistici. Il ragazzo è un ottimo web designer ma non è un tecnico, per cui si era fatto veramente tutto il sito a mano, compilandolo pagina per pagina, senza nemmeno un database alle spalle, con un lavoro certosino di anni.

Da un paio di settimane, il sito è chiuso. Ufficialmente non se ne sa nulla, ma pare che qualcuno – non il Torino FC, ma piuttosto qualcuno che in passato aveva già pubblicato libri di statistiche sul calcio – abbia mandato una diffida legale, sostenendo che i risultati delle partite di calcio del Toro sono di sua proprietà. Mi sembra concettualmente ridicolo e difficile da sostenere, ma capisco come un ragazzo che fa questo per hobby e a proprie spese abbia preferito chiudere il sito.

E io, come al solito, resto a bocca aperta, e mi chiedo che ne sarà di noi se questo genere di attitudine alla “proprietà intellettuale” venisse confermato.

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lunedì 13 Novembre 2006, 19:50

Tutto sporc

Per chi non è addentro al cuore del tifo, è probabilmente difficile capire quello che sta succedendo in questi giorni nel mondo sportivo e affaristico torinese, anzi probabilmente non ce ne si accorge nemmeno. Eppure, è un esempio tipico – oltre che della cappa di maneggi che da cinquant’anni sovrasta Torino – dei tanti problemi di convivenza tra carta stampata e Internet, e come tale vorrei descriverlo.

Pochi, per cominciare, si sono accorti del fenomeno Toronews. Si tratta di un sito di supporter del Toro he è cominciato così, alla buona, cinque anni fa, come uno dei tanti forum di tifosi. Negli ultimi 18 mesi, però, si sono sommati vari fattori: alcuni strutturali, come il fatto che la tifoseria del Toro sia grande (la quinta o sesta in Italia) e con code lunghe ma significative sparse per tutto il mondo, e che sia accentrata sulla città tradizionalmente più tecnologica d’Italia; altri contingenti, come il thriller granata dell’estate 2005, che ha richiamato i cuori di mezza Torino, e il successivo entusiasmo per la rinascita con la presidenza Cairo; altri specifici, come il fatto che Toronews abbia alle spalle un gruppo di finanziatori appassionati e del mestiere, che hanno affiancato al forum una vera testata giornalistica, anche se in miniatura.

Tutto questo ha portato Toronews a diventare, pare, il terzo sito sportivo più visto d’Italia e il primo “monosquadra”, con 250.000 utenti unici al giorno e con un forum da 10.000 utenti e cinque milioni di messaggi.

Ora, prendiamo invece in esame un quotidiano sportivo a caso: Tuttosport. Si tratta di un giornale di grandi tradizioni, fondato da quel Casalbore perito nella tragedia di Superga, e che tra i suoi direttori passati annovera gente come Ormezzano, Dardanello e Minà. Sfortunatamente, l’Italia è quella che è e il giornalismo sportivo d’autore non vende; Tuttosport, peraltro, vende ancora meno (un quarto della Gazzetta dello Sport, e la metà del Corriere dello Sport).

Per mantenere vive le proprie sorti, quindi, da qualche anno Tuttosport sceglie di focalizzarsi su un target: la prima tifoseria d’Italia, quella della Juve. Difatti, anche eliminando gli analfabeti dal conto, la tifoseria juventina offre un pubblico potenziale di una decina di milioni di lettori, anche se purtroppo la maggior parte di questi sono tifosi troppo tiepidi per comprare un quotidiano sportivo.

Nascono così scelte giornalisticamente sempre più imbarazzanti. Un italiano vince la maratona alle Olimpiadi di Atene, la competizione sportiva più nobile al mondo? Tuttosport titola “Medaglie Juve”. La Juve stacca l’Inter coi gol di Mutu? Ecco un titolo pacato e raffinato: “Mancini, stai Mutu”. Non parliamo di “calciopoli”, dove la posizione di Tuttosport è “Pulita solo la Juve”. E poi, c’è il mercato: qualsiasi giocatore viene prontamente associato alla Juve e ogni tanto anche al Toro, sparando bufale colossali (sentite che ne scriveva Clarence già quattro anni fa).

Ma fossero solo questi i problemi… il vero punto è il coinvolgimento di Tuttosport, allineato e coperto a Mamma Fiat, nelle vicende societarie ed extrasportive del Torino. Quando il Toro era in mano ai “genovesi” di Vidulich, Tuttosport gli diede contro finchè non riuscì a far partire la contestazione, con successiva vendita a Cimminelli, fornitore Fiat, che portò il Toro prima a languire in B e poi al fallimento (a proposito, il giorno che il Toro fallì Tuttosport titolò “Alex strega Cassano”, relegando la notizia a fondo pagina). Dopo l’arrivo di Cimminelli, Tuttosport si vantò di aver salvato il Toro, anche se, a posteriori, Cimminelli si rivelerà essere un sicario sportivo per conto terzi.

Potete quindi immaginare il piacere che fa a Tuttosport (e anche alla Stampa, se è per questo) il fatto che il Toro sia in mano a un altro editore, non torinese e non succube dei circoli buoni della città, in grande ascesa, e con espliciti piani di fondare un quotidiano popolare nei prossimi anni.

Veniamo dunque a quest’anno, quello in cui, per le note vicende, il Toro rischia di rubare la scena cittadina alla Juve. Il Toro parte male, e subito Tuttosport comincia a dare contro a Cairo. Ogni occasione è buona per seminare zizzania, insistere su gelosie nello spogliatoio, sugli errori nella campagna acquisti, sull’inspiegabile cacciata di De Biasi; questioni vere, che però vengono amplificate continuamente. Altre volte sono sonore palle, come le “notizie” sulla presunta intenzione di Cairo di vendere il Toro alla Gazprom, o di assumere Serse Cosmi, o di comprare questo e quell’altro giocatore a gennaio, con prevedibili effetti sul morale già basso della rosa attuale.

Comincia un po’ di nervosismo nei tifosi, e specialmente negli ultras, schierati compatti a difesa di Cairo; e anche sul forum di Toronews, che è lo specchio fedele degli umori della tifoseria. Il complottismo è l’anima di Torino, ma, visti i precedenti, i sospetti sul tentativo di spingere Cairo alla fuga per trovare un acquirente meno scomodo e più malleabile non sono infondati.

A questo punto, Tuttosport comincia a provocare apertamente; per esempio, informa di un interessantissimo dibattito sullo stemma della Juve – se sia meglio la zebra o il toro di Torino – sparando a nove colonne il messaggio “Il toro è juventino”, che per un tifoso granata è più o meno come sentirsi urlare in faccia “Tua mamma è una zoccola”.

Il clima si scalda, allo stadio compaiono striscioni di contestazione al giornale, parte una riuscita campagna di boicottaggio che fa sparire Tuttosport da molte case e da molti bar della città. Purtroppo, però, sul forum compaiono anche i soliti cretini che sparano alcune (ovviamente inqualificabili) minacce al direttore Padovan, tipo “ti spezziamo le gambe”, e ad alcuni suoi giornalisti (come nota a margine, i giornalisti che scrivono di Toro su Tuttosport sono granata veri, alcuni anche protagonisti dell’estate in piazza di due anni fa, e posso solo immaginare quanto debba essere frustrante trovarsi presi in mezzo a questa storia).

Ora, qui le fila della storia si riannodano, perchè cosa fa Tuttosport? In una prima assoluta per l’Internet italiana, diffida. Sguinzaglia gli avvocati addosso a Toronews, con allegato elenco di nickname e frasi incriminate, dicendo: o voi bannate questi utenti immediatamente, o domani mattina il proprietario del sito si becca una denuncia per diffamazione a mezzo stampa, e il sito viene messo sotto sequestro.

Il sequestro dei siti, si sa, è “preventivo” nel senso che, come in questo caso, prima ti chiudono il sito, e poi dopo tre anni e mezzo sei ancora lì in attesa che il tuo caso venga esaminato. Insomma, vorrebbe dire chiudere baracca. E quindi, Toronews non può fare altro che chinare la testa. Una decina di utenti viene sospesa, con promessa di ban in caso di future violazioni; tutti i thread che discutono la questione con toni accesi vengono chiusi, purgati, cancellati del tutto.

Immagino Padovan che si frega le mani: due piccioni con una fava. Già, perchè per il quotidiano sportivo di una città come Torino avere in casa Toronews è un disastro. Spari una palla sul giornale? Dopo tre secondi qualcuno la smaschera, e dopo due ore, tramite forum, lo sa tutta la città sportiva. C’è una conferenza stampa con dichiarazioni clamorose? Tu le pubblichi il mattino dopo, ma tutti le hanno già lette sul sito il giorno prima. (Non a caso i quotidiani sportivi stanno chiedendo sempre più spesso alle società di vietare ai giornalisti dei siti l’accesso alle conferenze stampa.) Vuoi montare una campagna di stampa per questo o quello scopo più o meno pulito? Anche l’ultimo dei lettori ha una tribuna su cui risponderti, e uno strumento per organizzare campagne di controinformazione.

Nel ventesimo secolo i media sono stati il vero potere, spesso più ancora dei politici o delle aziende. Editori e direttori sono abituati ad essere pieni di sè e del proprio ruolo. Eppure, Internet sta velocemente cambiando tutto questo: con i forum, con i blog, con i siti indipendenti. Non c’è da meravigliarsi che a Tuttosport – e, più in grande, a chi controlla l’opinione pubblica a Torino tramite i quotidiani e l’ineffabile TGR Piemonte – questo faccia paura; se c’è un modo di intimidire Toronews e tutti i garibaldini dell’internette, è naturale che esso venga usato il più possibile, insieme a tutti gli altri strumenti a disposizione (ad esempio quello di spingere siti concorrenti e affiliati come Tuttotoro, clone nato un anno fa in modo non chiarissimo da un gruppo di fuorusciti da Toronews, e però accuratamente privo di forum).

E’ però preoccupante che la legge italiana non offra difese sufficienti ad evitare che bastino una decina di scriteriati su un forum a creare un concreto rischio di chiusura per l’intero sito. Si tratta di un’arma impropria a disposizione di chiunque voglia impedire con la forza l’espressione di opinioni non allineate, o semplicemente voglia perseguire i propri interessi economici con mezzi poco ortodossi.

Nessuno vuole che Internet diventi un territorio franco per calunnie e diffamazioni di ogni genere, ma l’impressione è che il problema non sia quello; che si tratti invece, come troppe cose in Italia, di una triste questione di controllo e di potere.

Per questo, io non leggo Tuttosport, ma ne parlo apertamente: perchè è ora che ciascuno di noi smetta di credere supinamente a quello che ci propinano giornali e televisioni, e impari a scoprire da sè, usando gli strumenti della rete, le verità alternative sulle cose.

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martedì 17 Ottobre 2006, 01:14

Beato il popolo

“Beato il popolo che non ha bisogno di eroi” (B. Brecht)

Il mio club, Geneticamente Granata, era invitato da parecchio tempo per questa sera da Carlo Testa in trasmissione; solo ieri a fine partita, però, abbiamo saputo che ci sarebbe stato Urbano Cairo. E quindi, ci siamo preparati per lo show, coi palloncini, i coriandoli, le sciarpe e le maglie granata; e abbiamo avuto il privilegio di far da sfondo al presidente, e di passare la serata a un metro da lui.

La prima parte di trasmissione, difatti, è un preludio minore, che serve solo a farmi notare l’eccezionale bravura di Carlo Testa – credetemi, da casa non la si apprezza appieno, perchè ciò che vedete è solo una parte di quel che il conduttore deve fare; e Carlo recita bene, organizza bene, sorride e scherza scioltissimo, fa filare tutto senza un intoppo anche quando deve improvvisare. Non è facile come sembra, lo scopriamo noi quando tentiamo dei cori e uno parte mal sincronizzato, l’altro invece, forse per troppa tensione, viene lanciato diverso da come lo pensavamo, con tanto di mini-scazzo tra soci alla fine.

Infine, giunge il momento tanto atteso. Già l’arrivo è un delirio: si rientra dalla pubblicità in un oooooh che non finisce perchè l’Atteso non si materializza, tanto che la regia disperata finisce per inquadrare le quinte e la porta di ingresso dello studio, che non è illuminata e pare il buco di Alfredino a Vermicino.

Poi, a fatica, Urbano Cairo rompe il muro di mani tese a toccarlo, e riesce ad arrivare davanti alle telecamere, sommerso dai nostri palloncini e coriandoli e da cori di olè. E’ subito sciolto, lui e Testa fanno coppia perfetta, si fanno da spalla l’uno con l’altro.

Basta la prima mezz’oretta per esporre, in crescendo, il suo mito. Il mito di Cairo che lavora 130 ore la settimana e dorme quattro ore per notte, ma in realtà anche in quelle quattro ore pensa nel sonno a che giocatori comprare. Il mito di Cairo benedetto dal papà e dalla mamma, lui in studio, lei al telefono per elogiarlo ancora, il miglior figlio che si potesse avere. Il mito di Cairo che quando gli ricordano che l’anno scorso ha fatto la squadra in sette giorni risponde senza esitare “Come Dio!”, anche se dopo qualche secondo si rende conto e ritratta (è pure seduto accanto a don Rabino…).

La gente è in delirio, pende dalle sue labbra, urla con gli occhi: di più, di più – che difatti è il nome di una delle sue riviste… E lui acconsente, e tira fuori altri numeri. Il Toro è vostro, dice, io sento la responsabilità, lo faccio per voi, sono vostro servo. Prosegue con il giuramento sulla testa dei suoi figli (nello specifico, che non venderà il Toro ai russi), un classico tratto direttamente dal Manuale di comunicazione moderna di Berlusconi S., edizioni Mondadori. Alla fine arriva persino, senza che lui debba fare un cenno, il momento del linciaggio pubblico del nemico: alla cauta menzione di Tuttosport in forma interrogativa, prima che lui possa parlare, la folla (cioè io, noi, tutti, sciolti e indistinti nel branco adorante) batte di piedi sulla scena con un rollio lugubre che ricorda quello di un carro bestiame in partenza per Auschwitz. Se fossi in Padovan, starei attento ad uscire di casa.

E’ proprio questo che mi colpisce, alla fine: Cairo in tutto questo sparisce, è lì ma recita una scena, persino quando è onestamente sincero. E’ un personaggio retorico, che evidenzia nella loro nudità le nostre parti peggiori: quelle che ad ogni stacco pubblicitario lo assalgono a gomiti alti per avere una firma, una foto, una stretta di mano. Non lo fanno quasi respirare, lo spingono, lo strappano: tutti, non solo gli stupidi, non solo i deboli. La Gisella (lampante dimostrazione che bellezza più cervello uguale costante; ma che tette!) che dichiara in diretta di fremere per lui. Il cantante granata che gira con copie del suo CD da fargli benedire, e chissà che non ci scappi un contratto. Il tifoso che gli fa firmare la sciarpa e poi chiede conferma a me che si legga bene “Urbano”. L’ospite che ruba due volte la parola al conduttore per fare una domanda scelta apposta per far bella figura col mondo, e il fatto che la risposta sia scontata è secondario. Il vecchiardo di Geriatria Granata che prende il microfono solo per ricordare al presidente quand’è che si erano già incontrati. Tutti in tiro, nel vestito della festa, cercano di vivere di luce riflessa. Gli unici immuni, nella loro innocenza, sono i bambini, che verso lo scoccar delle undici vorrebbero essere ovunque tranne che lì, tirano calci nella schiena a Testa e dondolano dietro Cairo incuranti di rovinargli l’inquadratura.

Spero che queste righe non siano fraintese: anche a me Cairo fa un’ottima impressione, pare generalmente sincero, ed è nel complesso una persona assolutamente fuori dal comune. Ma io, su Cairo, non posso dare un giudizio. Non lo conosco; nessuno di noi lo conosce veramente. Dovrei andarci a cena una sera, guardarlo per un po’ lontano dalle telecamere, per poter provare a capire qualcosa. Dovrei parlare con l’essere umano.

So, però, che non vorrei essere Cairo. Non vorrei esserlo adesso, una vita da privilegiato in corsa a farsi tirare per la giacchetta; e non vorrei esserlo quando, come in tutte le cose, anche per lui la ruota farà un giro a vuoto. C’è troppa umanità in attesa fremente, davanti a lui: Cairo, imponici le mani. Sorridi e saluta il mio bimbo malato. Facci ridere, Cairo, facci divertire. Vendica le nostre vite frustrate da capuffici gobbi e globalizzazioni al ribasso. Facci, semplicemente, sognare.

Ma non deluderci, Cairo, perchè se no diventeremo cattivi.

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lunedì 16 Ottobre 2006, 15:48

Ciao con la manina

Da domani poi si torna ad argomenti normali, promesso! Però devo ancora segnalarvi un’occasione imperdibile di vedere (forse) il vostro blogger preferito in TV: questa sera io e tutti i Geneticamente Granata saremo ospiti di Carlo Testa nella più vista trasmissione sportiva del Piemonte, Orgoglio Granata, alle 20:30 su GRP. Il piccolo particolare è che questa sera sarà ospite anche il presidente Cairo, che con la sua fluente parlantina occuperà ogni secondo libero della trasmissione. Ma cercherò almeno di farvi ciao con la manina dallo sfondo!

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lunedì 16 Ottobre 2006, 10:59

Siamo una squadra fortissimi

No, non quelli che vanno in campo, noi che stiamo nella curva!

Dove altro la trovi una tifoseria in cui un ultrà gestisce una pizzeria, e ti accoglie la domenica sera (tavolo prenotato per 22) dicendoti che non può farti la pizza, perchè sabato sera c’è stato il pienone, domenica a pranzo pure, e domenica pomeriggio non potevano preparare le pagnottelle di pasta perchè l’intero personale era allo stadio a tifare?

E dove altro i 22 avventori invece di lamentarsi di ciò si accontentano di farinata e padellino e anzi gli fanno pure i complimenti?

E dove altro, quando la lei di una coppietta sedutasi a un tavolo, pur se teoricamente avvisata dallo strano arredamento e dal colore granata uniforme dal pavimento al soffitto, dichiara improvvidamente di “tifare alla Juve”, i 22 avventori – uomini e donne dai 15 ai 55 anni – si alzano in piedi e, seguiti dalla maggior parte dei presenti, intonano come un sol uomo una infilata di cori antigobbi da far venir giù il palazzo, per cinque minuti abbondanti, finchè i due non se ne vanno, spinti fuori dal muro di suono, e salutati da un ultimo devastante “CIAO, CIAO, CIAO, CIAO, JUVEEEE… VATTELAAA A PIGLIAAR NEL CULOO… VATTELAAA A PIGLIAAR NEL CULOO…”.

E non era nemmeno in senso letterale, perchè, dopo un exploit del genere, lui sarà senz’altro andato in bianco! E se lo meritava!!

to-chievo.jpg
Ieri ho fatto il dueastista nell’intervallo, per testimonianza di gruppo.
(Foto: forumista Blackpanther dal Verbano)

Ricomponendomi, non posso non segnalare che all’inizio del secondo tempo abbiamo esposto lo striscione da noi accuratamente pittato per tutto il sabato pomeriggio, “IL TEMPO NON CANCELLA IL RICORDO – GIGI MERONI PER SEMPRE” (fanno circa 40 metri di striscione da verniciare, spugnare, asciugare col phon, irrigidire con lo scotch, attaccare alle asticelle e poi arrotolare in una matassa che si solleva a fatica: un lavoro di tre ore per dieci persone). Abbiamo anche gridato per un paio di minuti, mentre le squadre cominciavano a giocare, il nome di Meroni. Subito dopo il Toro ha segnato, e quindi aggiungiamo anche questo episodio alla voce “tremendismo granata”, quella per cui il 15 ottobre, in questi 39 anni, il Toro ha giocato otto volte senza perdere mai.

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domenica 15 Ottobre 2006, 12:03

La fine del sogno

Il quindici ottobre è ancora, a trentanove anni di distanza, una triste ricorrenza per molti. E’ il giorno in cui, a 24 anni, morì tragicamente Gigi Meroni, il numero sette del Toro; così giovane, già un mito di calcio e di vita per tutta la sua generazione.

La sua breve esistenza fu tutta nel triangolo industriale che spingeva allora il boom stupefacente dell’Italia: nato a Como, svezzato calcisticamente al Genoa, esploso definitivamente al Torino. Per la buona borghesia sabauda, tuttavia, Meroni fu il prototipo del dësgrassià: barba e capelli lunghi, abitudini eccentriche, vestiti da Beatle, mansarda da pittore (pare persino di talento) in piazza Vittorio, e vita nel peccato, convivendo senza sposarsi con una ragazza che per lui aveva mandato a monte il matrimonio concordato dai genitori. Notissimi sono gli aneddoti di Meroni che passeggia per strada con una gallina al guinzaglio, o che si traveste da giornalista per chiedere ai passanti se conoscessero Meroni, e cosa pensassero della sua vita dissoluta.

In campo era uguale: imprevedibile, immarcabile, inarrestabile, disegnava ghirigori, tanto da rimanere alla storia come “la farfalla granata”. Giocava all’ala, in un ruolo che ormai non ha quasi più senso, travolto dal calcio pompato di muscoli e ingabbiato dalle tattiche totali. Diventò subito un idolo, sia per la vita, sia per le magie del suo gioco, tanto che quando il giovane Agnelli provò a portarlo alla Juve la città insorse, e non se ne potè far nulla.

E poi, la tragica fine, una domenica sera dopo una partita vinta, in un modo apparentemente banale: investito da una macchina mentre attraversava il viale di corso Re Umberto (non avrete problemi a trovare il punto esatto: ci sono fiori in permanenza da quarant’anni). Ma la banalità è solo apparente, visto che l’investitore, neopatentato e diciannovenne, fu quell’Attilio Romero che, trenta e qualcosa anni dopo, da presidente per conto …nelli ammazzò anche il Toro; una coincidenza che se l’avessero messa in un film ti chiederesti quanto pesante avevano fumato gli sceneggiatori. Peraltro, questa è solo la versione ufficiale; vox populi vorrebbe che alla guida dell’auto ci fosse uno o una Agnelli, forse addirittura lo stesso Giovannino, da sempre amante della velocità. Qui saremmo alla fantascienza, ma del resto è difficile spiegare con la razionalità la successiva brillante carriera del mediocre Tilli all’interno del gruppo Fiat.

Ad ogni modo, quello che colpisce a distanza di decenni non è soltanto l’ennesima e indescrivibile manifestazione della sempiterna sfiga del Toro; è come questo episodio sia passato nella memoria collettiva, proprio come, per la generazione precedente, accadde per la tragedia di Superga. Sui forum, in questi giorni, centinaia di persone ormai più che adulte ricordano l’emozione di quella notizia, i poster bagnati dalle lacrime, i funerali, il derby la domenica successiva, vinto quattro a zero con tre gol del suo amico Combin e il quarto della maglia numero sette.

Succede ogni giorno che muoiano persone giovani. Alcune, però, hanno la ventura di diventare un simbolo; assumono un valore universale che va al di là del loro caso personale, e rappresenta ciò che avrebbe potuto essere e non è: la fine del sogno. Come George Best nel mondo anglosassone – identico per tipo, diverso per destino – Meroni è il simbolo della crisi latente negli anni ’60, e di come la fantasia di un mondo diverso ma sorridente, pacificamente liberato dai vecchi pregiudizi, si schiantò al suolo in un mare di buio, portando autunni caldi e anni di piombo.

Chi in quel periodo aveva quindici o vent’anni avrebbe senz’altro preferito che Meroni fosse vissuto, e probabilmente che tante altre cose, nella propria vita e in quelle di tutti, fossero andate diversamente. Dev’essere per questo che, a quasi quarant’anni di distanza, il quindici ottobre ne vedi ancora così tanti piangere.

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martedì 3 Ottobre 2006, 22:25

En plein

Oggi è stata una giornata dedicata in buona parte al Toro: non solo per la mattinata spesa in Municipio assistendo all’audizione delle commissioni comunali relativa alla ricostruzione dello Stadio Filadelfia, e per un brevissimo passaggio di cinque minuti all’allenamento pomeridiano; ma perchè stasera ho fatto un en plein.

Difatti, prima – alle 19 – La Stampa organizzava un botta e risposta via forum con il presidente Cairo, e tra il centinaio abbondante di domande inviate gli hanno fatto rispondere a una decina tra cui la mia; e Cairo mi ha dato lezione di bilancio ma si è dichiarato d’accordo :-)

E poi, alle 21, Alessandro Rosina, dal ritiro della Nazionale Under 21, si è messo dietro a un PC e, su una sezione speciale del suo forum, ha chiacchierato amabilmente con un manipolo di tifosi, rispondendo anche lui a un paio di mie domande. In generale, abbiamo scoperto che dal campo dell’Olimpico il tifo si sente molto di più che al Delle Alpi, abbiamo saputo che sono tutti carichi e incacchiati per l’intesa che manca e i risultati che non vengono, abbiamo ricevuto la promessa di una esultanza sotto la curva Primavera, e ho avuto la sensazione di una persona che, giocando a poco più di vent’anni nel ruolo più stressante di tutti, dimostra già una maturità e una consapevolezza sorprendenti.

Certo che Internet rende davvero più vicine le persone; questi saranno pure dei “token effort” più unici che rari (anche se Rosina ci ha lasciato dicendo “alla prossima settimana…”), ma creano comunque delle opportunità per comunicare e per conoscersi, abbattendo paradossalmente le barriere che le differenze di posizione sociale e di ruolo creano nel mondo fisico.

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