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giovedì 7 Maggio 2009, 11:23

In tour (2)

Bene, anche ieri il tour è stato interessante, toccando nell’ordine Collegno, Grugliasco, Rivalta, Rivoli, Rosta, Buttigliera Alta, Avigliana, Almese, Rubiana, Valdellatorre, San Gillio, Druento, Pianezza e infine di nuovo Rivoli.

E la notizia principale è che il tizio che ci aveva detto di abitare a Moncalieri, dove però ci avevano dato notizia del suo trasferimento a Villastellone, da cui però ci avevano segnalato il trasloco a Rivoli, all’ufficio di Rivoli risulta essersi trasferito due anni fa a Bruino. Lo ammetto, ho desistito!

Rinnovo la sensazione che la provincia di Torino sia davvero interessante; ogni paese ha una sua identità e una sua armonia, spesso con monumenti misconosciuti (per esempio, ho frequentato Collegno per trent’anni e non avevo mai notato la chiesa romanica che sta subito a destra di corso Francia dopo il cavalcavia).

Certo, per vederli devi pagare lo scotto di una viabilità improbabile, infilandoti in stradine impossibili: e qui la palma va al municipio di Avigliana, situato nella piazza centrale del borgo medioevale (davvero bellissimo e da poco restaurato) nella quale ci sono una ventina di posti auto che sono gli unici parcheggi nel raggio di centinaia di metri; avendo incautamente superato la piazza per carenza di parcheggio, mi sono ritrovato a salire su strade pavimentate di pietre in direzione cielo, senza manco poter fare inversione.

Ieri però la giornata era bellissima e quindi anche salire a Rubiana o a Valdellatorre (quest’ultimo pure un giro a vuoto, dato che l’unico firmatario in realtà era residente a Corio Canavese: ho desistito anche lì) è stato davvero un piacere. Tra l’altro andavo spesso in bici a Valdellatorre quando stavo a Rivoli; se vi capita l’occasione, è un giro piacevole anche da Torino (per quanto non brevissimo), andata via Collegno – BruereAlpignano, ritorno via San Gillio – Druento – Savonera. E la torre di Valdellatorre merita un book fotografico.

Poi ci sono anche i lati negativi: per esempio, shame on il municipio di Rosta, dove, nonostante l’ordine prefettizio di tenere aperto l’ufficio elettorale anche al pomeriggio martedì, ieri e oggi, in modo che noi poveri cercatori di certificati potessimo reperire qualcosa, hanno sbarrato tutto e alla mia scrollata di campanello hanno risposto che “la signora c’è solo al mattino, è part time”.

Infine, ieri ho visto anche i lati negativi del navigatore: ero in piazza ad Almese e dovevo andare a Rubiana, e sapevo già dove andare, ma avevo il navigatore acceso e mi ha detto “ma no, passa di là”. Io ho commesso l’errore di fidarmi, e il navigatore mi ha fatto fare un giro impossibile per salite e stradine per cinque minuti, per poi riportarmi venti metri prima del punto in cui ero, in modo da poter prendere la strada giusta senza fare inversione. Aoh, ma chi ti scrive gli algoritmi?

[tags]torino, provincia, elezioni, torino a 5 stelle, certificati, tour[/tags]

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mercoledì 6 Maggio 2009, 10:16

In tour

In questi giorni sono in giro dal mattino alla sera per visitare i municipi di buona parte dei Comuni della provincia di Torino, per ritirare i certificati elettorali delle persone che ci hanno dato la firma.

Abbiamo circa 400 firme da fuori Torino, sparse in 86 comuni, per ognuno dei quali bisogna mandare un fax in anticipo con i dati personali dei firmatari – precedentemente trascritti dai moduli firma dentro un foglio Excel, con inevitabili errori di trascrizione e di copia e incolla – per poi passare personalmente a ritirare i certificati. Dato che purtroppo soltanto io e un altro ci siamo dati disponibili per questo lavoro, e che tutto deve essere fatto in tre giorni (ieri, oggi e domani), capirete che non è un lavoro semplice: un’altra simpatica mina piazzata sulla via di chi volesse fare una lista civica dal basso.

In più, le cose si complicano continuamente; per esempio capita di andare a Moncalieri e di scoprire che una delle persone che ti ha detto di abitare lì, mostrandoti una carta d’identità di Moncalieri, in realtà si è già trasferito a Villastellone. Allora vai a Villastellone, e ti dicono che nel frattempo è già andato ad abitare a Rivoli… e così via. Naturalmente, a un certo punto smetti di inseguire e depenni la firma, ma in teoria non basta nemmeno un giro solo: dovresti farne uno per verificare i dati, e un secondo per chiedere i certificati ai Comuni giusti.

Oppure ci sono i Comuni pistini: per esempio a Nichelino le signorine (peraltro molto gentili) mi hanno fatto un quiz, perché la data di nascita di una persona era sbagliata e ciò impediva il rilascio del certificato; nome, cognome, luogo di nascita, giorno e mese di nascita ed estremi del documento erano giusti, ma avevamo tracopiato “1965” invece di “1985” come anno di nascita… In realtà il pistinismo è dovuto, per evitare che le liste rubacchino nomi e cognomi sull’elenco telefonico e si inventino i relativi dati (cosa che molti fanno comunque, mentre altri semplicemente hanno un loro raccomandato assunto all’anagrafe che gli passa gli elenchi, ai quali viene aggiunto uno scarabocchio come firma: vi ricorderete i casi romani); però, insomma…

Comunque – oltre ad aver finalmente scoperto l’uso del navigatore: ehi, è comodo, gli dici “municipio di Bruino” e fa tutto lui – è stato davvero interessante vedere un po’ di persone e di posti in provincia.

A Moncalieri l’ufficio è in un posto bellissimo, proprio sul piazzale del Castello; però ho fatto mezz’ora di coda fermo in macchina perché proprio quel giorno avevano deciso di riasfaltare a tradimento la strada che scende verso Trofarello. A Trofarello, dentro l’anagrafe, troneggia una gigantografia nuda di Del Pippa: brrr… A Villastellone la signora è stata gentile, anche se erano presi dalle loro comunali. A Carmagnola il municipio è in un bel palazzo, ma due su quattro erano sconosciuti o trasferiti.

Nel pomeriggio poi ho infilato nell’ordine Nichelino, La Loggia (bello, c’era un bel sole e sembrava davvero estate), Vinovo (paese antico e molto bello, con uno splendido castello, però con una pianta progettata da M. C. Escher: complice la chiusura per lavori dell’unica via in direzione Torino, ci ho messo mezz’ora e almeno tre giri in tondo per capire come uscire dal paese), Candiolo (efficientissimi, ritiro in dieci secondi), Orbassano (in pieno centro, ma mi han fatto una copia sola dei certificati…), Bruino (ne avevamo ben quattro) e infine, dato che c’era ancora tempo, Sangano, dove l’aria è già decisamente montana.

La val Sangone, circondata da montagne e piena di prati e boschi, è sempre bellissima: dev’essere per questo che vogliono farci passare in mezzo la TAV.

[tags]elezioni, certificati, comuni, burocrazia, torino a 5 stelle, torino, provincia[/tags]

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lunedì 4 Maggio 2009, 20:02

Quattro maggio

La vera notizia, oggi, è che non solo non pioveva, ma c’era un sole che spaccava le pietre. C’è chi ha attribuito la cosa al fatto che la tradizione del quattro maggio prevede la pioggia solo se esso cade in prossimità di una partita casalinga del Torino, e invece stavolta si è giocato in trasferta.

Dev’essere però che Firenze per il granata è quasi una seconda patria, e quindi è successa l’ennesima magia: all’avvicinarsi dell’ora fatidica, improvvisamente dal nulla sono spuntate le nubi. Per qualche minuto, solo qualche minuto, è stato di nuovo il quattro maggio: una pioggia sporca e cattiva sputava giù dal Paradiso la rabbia del destino, ora e per sempre cinico e baro. Era quasi grandine, una grandine di frammenti e meteore e briciole di aereo e di vite – chi ha visto le foto della tragedia sa, un calzino qui, una maniglia là, una ruota strappata dal nulla.

Il cielo, insomma, ha onorato la ricorrenza con una breve e intensissima cerimonia, tanta acqua come nel fondo di un oceano, come nel mare di Lisbona. E poi ci ha lasciati liberi nel ricordo: il tempo di arrivare al Fila ed era già di nuovo una giornata estiva.

Visitare il Fila fa bene e male insieme; è come andare a visitare un vecchio nonno a cui tieni moltissimo ed essere contento di rivederlo, ma allo stesso tempo accorgerti con dolore di come ogni volta la sua salute sia peggiore, e abbia qualche acciacco in più, e sembri più anziano e malridotto, e si avvii inesorabilmente verso la sua fine. I poveri monconi che si sono salvati dallo scempio delle speculazioni politiche e di quelle edilizie sono sempre più sbriciolati e traballanti, e sempre più presi d’assalto dalla vegetazione.

Grazie agli sforzi immensi ed encomiabili di tanti tifosi, che hanno passato settimane a falciare l’erba e rimuovere l’immondizia, oggi l’area era pulita e piena di gente; eppure mi ricordo che anche solo tre anni fa (quando pure io, insieme alla mitica Lorena – una tifosa granata di Santiago del Cile che si era pagata sei mesi in Italia per vedere il Toro – e a tanta altra gente avevo passato giorni sotto la pioggia, a rimuovere macerie, tagliare arbusti e passare la candeggina nelle stanze scoperchiate, e poi, dopo la festa, a togliere frammenti di vetro dal terreno con un cucchiaio) il Fila sembrava più in salute.

Dev’essere l’effetto delle tremende barriere di lamiera volute dal Comune: che insiste con questa stupida idea che qualcuno possa farsi male sulle gradinate pericolanti. Che poi sono pericolanti per scelta e volontà del Comune stesso e dei suoi amici palazzinari di ogni ordine e grado, che in questi dieci anni di Fila a monconi hanno già tentato di costruirci sopra qualsiasi cosa, supermercati, parcheggi, case di lusso a quindici minuti dal centro, e poi certo anche un campo di calcetto, però sintetico e che costi tantissimo; meglio ancora un campo di subbuteo, che toglie meno spazio ai negozi.

E così, ogni qualche mese il potere piazza un nuovo giro di barriere, una nuova staccionata, un nuovo muro; e tempo qualche settimana magicamente ci si apre un varco, e i bambini tornano a correre sul prato dietro un pallone, e gli adulti a chiacchierare guardando i bambini, e i vecchi a sedersi sulle gradinate, taluni anche ricordando le partite viste là da ragazzi.

Non mi illudo che capiscano in tanti; moltissimi, a Torino, il Fila non sanno nemmeno dove sia (e mi dispiace per loro). Il Fila, a Torino, è una delle ultime zone di libertà; invisibile agli assimilati, impenetrabile per l’ordine nuovo, scandalosa per gli sdegnati a comando, concupiscibile per il potere, invincibile fin che la forza tranquilla del suo popolo non la abbandonerà.

Sarà quando ci porteranno via il Fila del tutto, infatti, che Torino chinerà la testa.

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[tags]toro, torino, filadelfia, stadio, grande torino, superga, 4 maggio[/tags]

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domenica 3 Maggio 2009, 13:22

Beppe Grillo porta sfiga?

Belin, che sfigati che siamo. Quando a febbraio sono andato a depositare l’atto costitutivo dell’associazione & lista civica, mi si è rotta la macchina fotografica. Riparata quella, mi si è fusa la motherboard del server casalingo; sono rimasto dieci giorni senza poter accedere ai miei dischi condivisi, dove avevo tutti i documenti. Comprata una nuova scheda, rimontato tutto, bestemmiato per qualche giorno per ricompilare il kernel di Linux in modo che funzionasse tutto con il nuovo hardware, proprio mentre cominciavo a stampare il materiale per raccogliere le firme si è scassata la stampante.

Ho passato una interessante esperienza con il (peraltro gentilissimo e gratuito) customer care telefonico di Samsung, dove una signorina prima di dirti qualsiasi cosa ti deve sottoporre a una serie di FAQ del tipo “ha verificato che la spina sia inserita?” (belin, dai, se ti dico che si è scassato il rullo che tira su la carta vorrà dire che almeno fino ad accenderla ci sono arrivato…) e vuole a tutti i costi controllare che tu abbia toner originale, poi ti passa “il tecnico” che con un forte accento romeno ti ripone le stesse FAQ; alla fine ti dice di estrarre il cassetto della carta e poi “prema le due linguette di plastica esterne verso il fondo”, e tu ti accorgi che hai in mano un robo progettato dalla NASA pieno di buchi e rientranze e molle e levette dal senso ignoto, finché, dopo cinque minuti in cui “il tecnico” bestemmia contro la tua incapacità di individuare le linguette giuste, trovi un buchino in cui riuscirebbero a infilare le dita solo un bimbo di sei anni oppure un coreano; e ti ingegni a compiere l’operazione con la punta del mignolo.

Comunque, alla fine la stampante ha ripreso a funzionare, dopo vari smontaggi e un paio di pugni, e a quel punto… mi si è rotta la macchina: ha cominciato a fare uno “gnignignignigni” altissimo e fortissimo, e poi ha smesso di funzionare il servosterzo e si è accesa la spia della batteria.

Riparata quella (ma si sono rifiutati di mettermi le gomme estive causa dissidi contrattuali con la ditta di noleggio: cavoli di lorsignori, io spalmerò le invernali sulle rive del Mar Ligure) sembrava tutto pronto; e invece, ieri mattina si è rotto il sito.

Il mio server virtuale, con tutti i siti da esso ospitati, è sparito dal radar alle 8:30 di ieri mattina; e nonostante i ticket, le mail, gli sms e le bestemmie di ogni genere, la prima reazione del mio fornitore di hosting è stata alle 13:45 (una riga per dire che “i tecnici sono stati informati”), e il sito è tornato su a mezzanotte e mezza… e può essere che vi sia stato nel loro data centre di Pianezza un guasto così grave da mantenerli febbrilmente occupati per sedici ore di down, oppure può essere che il “reperibile” fosse in realtà a fare il ponte su qualche spiaggia. Non lo so, domani come promesso vado a prenderli per il collo: voi avete qualche consiglio?

Resta la considerazione che, indubbiamente, Beppe Grillo porta un po’ di sfiga (seriamente, a causa della candidatura sono stato già depennato da un paio di convegni in queste settimane, ma questo era da mettere in conto). Ma io ci sono abituato, non sono mica un tifoso del Toro per caso. La sfiga non si arrenderà mai (ma le conviene?). Noi neppure.

[tags]beppe grillo, grillo, sfiga, sfortuna, hosting, server, stampanti, samsung, riparazioni, arrendersi[/tags]

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venerdì 1 Maggio 2009, 14:06

S’è incazzato Chiamparino

Forse avrete letto l’intervista di oggi su La Stampa a Chiamparino, in cui spara a zero su coloro che si sono opposti alla fusione tra Iride ed Enìa.

La materia del contendere era chiara: alcuni partiti della maggioranza di Chiamparino concordavano con la posizione storica di Grillo e dei comitati del settore, cioè che le aziende municipalizzate devono restare sotto il controllo pubblico, tanto più se gestiscono la distribuzione di un bene vitale come l’acqua (a Torino SMAT “per il momento” è fuori dalla fusione; “per il momento” l’ha dichiarato in consiglio comunale l’altro giorno un esponente della giunta del Chiampa).

C’è da dire che anche la garanzia del controllo pubblico almeno al 51% è fittizia; basta vedere la SAGAT, la società che gestisce l’aeroporto di Caselle, che è a maggioranza pubblica ma che, tramite patti parasociali, è gestita di fatto dal socio privato (Benetton). Comunque, San Paolo Sergio Chiamparino è stato chiaro: il suo obiettivo è rendere la nostra acqua e la nostra elettricità “contendibili”, che significa “acquistabili in Borsa dalle banche mie amiche”; dopodiché, come regolarmente avviene privatizzando beni vitali in regime di monopolio o quasi, i servizi peggiorano e le tariffe salgono, a tutto vantaggio delle banche suddette.

Per questo motivo, la maggioranza si è spaccata, con i gruppi della sinistra (ad eccezione dei Comunisti Italiani) e l’Italia dei Valori che hanno votato contro la fusione dato che la clausola sul controllo pubblico non era stata inserita. Ma non è solo questo ciò che fa incazzare Chiamparino: egli dice nell’intervista che «In consiglio c’è stato un episodio significativo: i simpatizzanti di Attac, un gruppo di sinistra vicino a Grillo, hanno applaudito i discorsi del rappresentante di An, Ravello e dei leghisti. Questo vuol dire che la vera discriminante, il vero avversario, ormai, è il populismo che riguarda un pezzo della sinistra, Di Pietro e buona parte della destra. Se si vuole fare davvero un nuovo progetto per l’Italia è da lì che bisogna prendere le distanze. Dal populismo, sia che si ammanti di sinistrismo sia che si ammanti di perbenismo, al centro o a destra. Questo è il nemico del Paese che vuole affrontare la sfida della modernità».

Lasciamo perdere che la concezione di modernità di Chiamparino è vecchissima: è tutta basata sulla Borsa e sul cemento. Lasciamo anche perdere il fatto che non vi sia un contraddittorio ma solo un giornalista in adorazione (stamattina, come Torino a 5 Stelle, ho scritto al giornale; vediamo se rispondono). Tuttavia, solo una persona ossessionata da una divisione ideologica della società può trovare sbagliato che un gruppo che si batte per difendere il bene comune applauda l’intervento di un leghista che (anche solo per calcolo politico) dice la stessa cosa. Se mai, Chiamparino dovrebbe chiedersi com’è che la Lega dice cose più condivisibili e vicine ai cittadini di quelle che dice lui. Invece, parla seguendo il cliché sinistrorso per cui basta dare del leghista a qualcuno per squalificarlo, senza accorgersi che già alle ultime elezioni buona parte degli elettori di sinistra hanno cominciato a votare Lega.

Io, mercoledì, c’ero; sono andato a seguire il consiglio comunale incriminato. Sono arrivato alle 16 e delle (peraltro gentilissime) signore all’ingresso mi hanno fatto attendere fino alle 16,45, perché non si può entrare prima che la seduta sia ufficialmente aperta (non sia mai che il pubblico veda qualche compromettente chiacchierata preliminare). Poi mi hanno fatto salire, e posare la borsa; io avevo la macchina fotografica, e il vigile all’esterno mi ha confermato che era possibile riprendere, tanto è vero che mi ha fatto lasciare la borsa ma tenere la macchina; del resto i meetup cittadini in passato hanno ripreso il consiglio comunale varie volte.

Stavolta, però, si parlava di soldi, tantissimi soldi: e quindi, in sala, ecco la sorpresa.

Capito? Questi sono i nuovi ordini: il cittadino può ascoltare, ma non può muoversi, e nemmeno fare fotografie, a meno di chiedere una autorizzazione preliminare, cosa che peraltro, per un consiglio straordinario convocato il martedì sera per il mercoledì pomeriggio, mi pare un pelino difficile da fare.

Non posso quindi farvi vedere il cazzeggio continuo di questa gente (un po’ lo vedete all’inizio: nei primi dieci secondi c’è addirittura una votazione in corso, ma sentite il brusio e notate la gente che vaga per la sala) e nemmeno ascoltare le parole di Chiamparino che fa il bullo vantandosi in anticipo che la mozione sarà approvata, con totale disprezzo per il consiglio comunale e per la libertà di pensiero dei suoi consiglieri. Ci sarà prima o poi sul sito un video ripreso da una telecamera fissa, accuratamente pianificato in modo che sembri una cosa seria: anche voi, cliccate e adorate – è tutto quel che potete fare.

Ma io vi invito ad andare, una volta nella vostra vita, a vedere in azione quelli che governano la nostra città: tornerete anche voi con la rabbia.

[tags]torino, chiamparino, iride, enia, acqua, elettricità, fusione, borsa, finanza, informazione, fiato sul collo, grillo, torino a 5 stelle[/tags]

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giovedì 30 Aprile 2009, 17:24

Ordinaria follia

Le immagini dell’incidente di oggi in Olanda – un’auto che cerca di investire l’autobus scoperto su cui sfila la Regina e si schianta contro un monumento dopo aver investito e ucciso almeno quattro persone – sono effettivamente impressionanti:

Soprattutto, sono un segnale di quanto sia fragile la nostra apparente stabile normalità – nelle immagini scontate e patinate delle telecamere fisse spunta all’improvviso un elemento estraneo e incontrollabile – e aprono il dubbio di cosa potrebbe accadere se il malcontento generale, la frustrazione, la follia dovessero diffondersi ancor di più tra gli uomini dei paesi sviluppati.

Certo che poi ci si fanno delle domande strane: per esempio, che cosa avrà pensato esattamente in quel momento il ciclista che passa davanti al monumento una frazione di secondo prima dell’auto, visibile nel filmato circa a 3:10 dall’inizio?

[tags]incidente, attentato, olanda, regina, ciclista[/tags]

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mercoledì 29 Aprile 2009, 23:56

Torino sale

Sono appena tornato a casa, dopo aver passato la mattina a raccogliere firme e il pomeriggio a osservare il consiglio comunale in cui Chiamparino ha usato tutte le pressioni possibili per far approvare la fusione tra Iride e Enìa.

Per stasera mi limito a farvi notare l’ennesimo piccolo capolavoro di disinformazione de La Stampa: questo articolo trionfalmente intitolato “Intesa Sanpaolo, Torino sale al 9,9%”. Orgogliosi? Non è mica vero, come dicono tutti, che Torino ha svenduto il Sanpaolo e ora conta come il due di picche; ma se anche fosse, da domani le cose cambieranno, visto che Torino “sale al 9,9%”. E il sottotitolo spiega a grandi lettere: “La Compagnia “prenota” l’1,93% di Barclays e si consolida come primo azionista”! Capite, siamo anche previdenti: sapendo che la banca inglese venderà, noi ci siamo prenotati, muovendoci prima degli altri, per fare il colpaccio e diventare più potenti!

Se siete come la maggior parte dei lettori, che di finanza capiscono poco o nulla, andrete avanti con la rassicurante sensazione che Chiamparino e Benessia abbiano fatto l’ennesima grande impresa a favore della città. Se però leggete l’articolo, scoprirete che le cose sono un po’ diverse: ossia che nel marzo 2008 la Compagnia di San Paolo ha stipulato con Barclays un accordo che prevede per gli inglesi a giugno 2009 una opzione “put”, ossia il diritto di vendere, con relativo obbligo per la Compagnia di San Paolo di comprare. L’articolo spiega che il prezzo pattuito è di 3,20 euro, mentre l’attuale valore delle azioni è 2,32 euro.

In altre parole, la realtà è che Torino non “prenota” niente, ma è obbligata da un geniale contratto stipulato un anno fa a comprare a 3,20 euro delle azioni che ne valgono 2,32, ossia a regalare circa il 40% per cento di guadagno secco agli inglesi: che grandi finanzieri che abbiamo!

Beh, direte voi, ma così almeno comanderemo: e invece no! Perché alla fine l’articolo è costretto a spiegare che Credit Agricole e Generali hanno fatto un accordo per votare insieme i propri candidati al Consiglio d’Amministrazione, e, dato che insieme arrivano all’11%, avranno comunque più voti della Compagnia di San Paolo…

Insomma, la sostanza è che stiamo strapagando le azioni degli inglesi e comunque conteremo poco lo stesso: peccato che il giornale dica un’altra cosa…

[tags]torino, chiamparino, benessia, intesa, sanpaolo, generali, credit agricole, finanza, politica, la stampa, informazione[/tags]

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martedì 28 Aprile 2009, 18:53

Vaffanculo campione

Avevo sempre creduto che certi comportamenti fossero solo italici, e invece no: qualche giorno fa La Stampa riporta il caso del ragazzino meraviglia del nuoto britannico, Tom Daley, che da quando è diventato famoso per aver partecipato alle Olimpiadi a quattordici anni non vive più in pace: a scuola lo prendono tutti in giro.

Naturalmente può darsi che le cose non stiano proprio così o che Daley sia un po’ troppo sensibile, ma viene proprio da chiedersi: se come zimbello della scuola viene scelto uno così, qual è il criterio per essere accettato (non dico ammirato) dai quattordicenni inglesi?

I campioni non hanno mai vita facile; le persone amano riporre aspettative spropositate in perfetti sconosciuti per poi criticarli e scaricarli al primo stormir di fronde. Nello sport succede spesso che giovani di belle speranze stupiscano e poi, alla prima difficoltà, si perdano; alle volte non riemergono più, alle volte finiscono proprio male, alle volte si riscoprono e ritrovano se stessi fuori tempo massimo e diventano campioni molti anni dopo, come l’Eugenio Corini. Pur lasciando Rosina alla sua crisi esistenziale sulle orme (queste o forse queste) di Domenico Morfeo, dal punto di vista prettamente umano non possiamo non chiederci perché questi giovanotti e giovanottissimi non vengano mai lasciati in pace (che poi è il presupposto per ritrasformare un vecchio ciccione in un eterno campione).

E’ come se l’essere umano medio avesse bisogno di un modello astrattamente migliore di lui, ma solo per usarlo come puntaspilli; con ciò confermando la teoria per cui l’umanità, statisticamente, preferisce il cazzeggio al progresso.

[tags]daley, tuffi, sport, campioni, invidia, scuola, bullismo, toro, rosina, corini, morfeo, calcio, ronaldo, liderscip[/tags]

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lunedì 27 Aprile 2009, 19:36

Cani e padroni di cani (2)

Oggi, all’ora di pranzo, ho fatto un salto al solito Lidl per fare la spesa. Ed è stato interessante, non solo perché vendono a 50 euro un bidone da compostaggio casalingo (per quelli di voi che hanno l’orto).

Una delle cose interessanti del Lidl è l’umanità che ci si ritrova, molto più varia che in qualsiasi supermercato; ci si sentono tutte le lingue del mondo, con una certa predilezione per quelle dell’Europa orientale. Stavolta sono arrivato alla cassa e davanti a me c’era un signore più o meno mio coetaneo, vestito con una specie di piumino e con occhiali da sole fighetti, che aveva in braccio (niente carrello) un paio di ciabatte e poca altra roba. Il signore apre bocca e rivela un accento milanesissimo, tanto forte da stordire.

Mi dice: “Uè scusa, devo solo andare a prendere il sacco per il cane!”; è una tecnica che usano in molti, ossia prendere il posto nella coda e poi andare ancora in giro per aggiungere le ultime cose. Al che lo faccio passare all’indietro perché vada a prendere il sacco, e intanto comincio a sistemare la mia roba sul nastro trasportatore della cassa. Dopo un minuto lui torna trascinando un gigantesco sacco di crocchette für Hunde, arriva, mi guarda e fa: “Ma non mi hai lasciato il posto!”.

Io guardo, e mi accorgo che lui ha sì posato il resto della sua spesa prima di andare a prendere il sacco, ma invece di metterlo sul nastro come marcatore del posto l’ha buttato in mezzo ai gerani in offerta speciale presso le casse. Scuoto la testa tra me e me e lo invito a passare; però lui non sa cosa fare, non sapendo come mettere le cose sul nastro, visto che tra me e la signora davanti non è rimasto il posto. Allora mi sporgo e infilo un braccio in mezzo al nastro mentre scorre, in modo che la mia roba resti ferma: e magicamente gli creo il posto.

Lui tutto contento deposita il materiale; arriva il suo turno, e chiede alla cassiera dove stanno le spazzole in offerta volantino, che non le ha trovate. La cassiera glielo dice, lui dice che non ci sono, la cassiera fa notare che la cliente precedente ne aveva una, lui allora ammutolisce, si ferma un attimo, e poi cambia argomento; le dice “Scusa, del sacco del cane me ne batti due che poi torno dentro e ne prendo un altro, si può vero?”. La cassiera lo guarda perplesso – visto che era andato a prenderne uno, poteva prenderne subito due – ma dice di sì. Il tizio allora paga, mettendoci una vita – come se non avesse mai maneggiato dei soldi in vita sua – e poi va a prendere un altro sacco… ma stavolta abbandona tutta la sua roba sul ripiano della cassa bloccando la coda.

Al che la cassiera sbuffa, io mi ingegno, ci aggiustiamo costruendo una linea continua tra lei che batte e io che inscatolo nel carrello, e alla fine il tizio torna e si prende la sua roba sottobraccio – sempre senza carrello né sacchetti.

Quando io arrivo nel parcheggio sotterraneo, lo vedo caricare i suoi due sacchi di croccantini superscontati su un gigantesco fuoristrada da 50.000 euro; non solo, ma comincia a uscire in retromarcia dal posto proprio mentre sto passando io, non curandosi minimamente del fatto che ci possa essere qualcuno che passa (o forse non essendo assolutamente in grado di vedere dietro a sé, con un bidone del genere). Gli suono, inchiodo e riesco ad evitare lo scontro.

La domanda è: ma un bauscia senza problemi di soldi (o forse con problemi di soldi ma senza che ciò lo renda propenso a rinunciare al macchinone) perché viene al Lidl, e perché solo per comprare il cibo del cane? L’unica teoria che sono riuscito a concepire è che il cane sia in realtà della sua squinzia, e che quindi gli voglia male anzichenò; però siete liberi di proporre altre ipotesi.

[tags]lidl, milanesi, cani, suv, gente di un certo livello[/tags]

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domenica 26 Aprile 2009, 18:26

La stazione di Bologna

In questi giorni ho davvero poco tempo per bloggare… questo è il mio post per il 25 aprile, e scusatemi se lo riesco a pubblicare solo ora; un supplemento di liberazione comunque non fa male.

La stazione di Bologna è il ventricolo dell’Italia: i treni dal Sud e dall’Adriatico, dal Veneto e dal Piemonte, dal Brennero e da Roma si incrociano tutti lì, sfoderando spesso (come nel mio caso) dei clamorosi 105 minuti di ritardo, causa maltempo a Termoli, battito di farfalla in Cina o altre scuse del genere. Vite e parlate di ogni genere si mescolano nel grande atrio sempre intasato, nella tigelleria tradizionale (qualunque cosa sia) e nel bar che, essendo i baristi talmente presi dal servire in fretta i clienti da non aver nemmeno tempo di pensare un nome, è stato direttamente chiamato “Bar Su” (mi sembra di ricordare che esistesse anche un “Bar Là”, ma non sono sicuro).

La stazione di Bologna quindi è enorme: oltre a una distesa infinita di binari sul davanti, ci sono cinque binari nel lato ovest, mentre nel lato est, dopo una bella scarpinata, c’è il McDonald’s con annessa McPizzeria. Poi praticamente tutti i treni fermano sul binario 1, ma questo è un dettaglio: volendo, i binari ce li hanno.

La stazione di Bologna è tenuta nel classico stile delle Ferrovie dello Stato: sporchina, incasinata, piena di foglietti appiccicati l’uno sull’altro e di clienti persi dietro a indicazioni incomprensibili. Già non si capisce perché debbano per forza avere due binari 1, due binari 2, due binari 3 e così via, invece di numerare i binari tronchi con numeri propri e inconfondibili. Poi non si capisce perché sull’intero piazzale ovest ci sia una sola obliteratrice e sia fuori servizio, e ci siano solo due macchinette di cui una è stata spostata in un punto infame per permettere l’installazione di un banchetto pubblicitario di 3. Ma potete andare sul binario 1, schivando i treni che fermano uno dopo l’altro, per scoprire che l’obliteratrice è rotta anche lì.

La stazione di Bologna è piena di ricordi per ogni italiano, perché non c’è nessuno che, durante qualche epico viaggio in treno, non sia passato di lì; il mio ricordo è della tarda primavera del 2001, quando dopo una riunione esecutiva della fu Naming Authority conclusasi nel pomeriggio spesi la serata prima in un cinema vicino a piazza Maggiore (guardando Le follie dell’imperatore) e poi alla stazione di Bologna, salendo poi verso le due di notte su un treno per Siracusa che stava vicino a un treno per Lecce, e giù un’ora di gente che dai finestrini dei due treni chiacchierava o litigava su tutto, e poi quando il mio treno finalmente partì era talmente pieno di siculi accampati che feci in piedi fino alla stazione di Orvieto, tra le tre e le sei e qualcosa, per poi andare a visitare la città e crollare finalmente svenuto dal sonno, dopo aver messo la sveglia, sui banchi del duomo di Orvieto.

La stazione di Bologna però ha un angolo che è talmente sul davanti che non ci passa nessuno, perché la gente preferisce entrare dentro oppure tagliare attraverso la piazza, tra le maledizioni dei taxisti. Guardando la stazione sta sulla facciata a sinistra, e sulle prime sembra un angolo qualsiasi, con un paio d’auto abbandonate davanti, un cestino della spazzatura, delle finestre con le serrande abbassate, e delle grandi macchie sul marciapiede, di olio o di piscio.

E’ lì che si trova la grande lapide che ricorda la fine di 85 persone – una bimba di tre anni, turisti tedeschi, persone di tutte le provenienze e tutte le mancate destinazioni, e una targa separata per i lavoratori del buffet, che non erano nemmeno lì in vacanza – e in cima alla lapide c’è scritta una sola cosa, “Vittime del terrorismo fascista”.

Era meno di trent’anni fa, e – pur con tutto il rispetto per le cause sbagliate e le morti in guerra, pur con tutta la volontà di perdonare e riconciliare – l’idea che sottilmente, da qualche lustro a questa parte, si sia fatto passare il concetto che avere fascisti al governo sia una cosa normale, anzi un segno positivo di progresso culturale, mi provoca una sensazione che non so bene come definire: se sia più rabbia, angoscia o voltastomaco.

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