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mercoledì 19 Novembre 2008, 14:41

L’etica è un rifiuto

È da un po’ di tempo che mi chiedo quale debba essere il ruolo di un giornale rispetto ai propri lettori. Oddio, lasciamo perdere la situazione italiana, quella in cui le notizie vengono generalmente manipolate a sostegno di determinate linee politiche; parliamo in astratto. E’ giusto che il giornale dia libero spazio a tutte le opinioni, oppure dovrebbe porsi il problema di educare le persone almeno sulle basi condivise della convivenza civile?

La domanda mi viene osservando come Specchio dei Tempi da settimane dia spazio a lettere che si lamentano dell’introduzione della raccolta differenziata porta a porta nel quartiere Parella. Io ci abito e vi posso dire che dopo questo evento il mondo non è terminato: ora dobbiamo portare l’immondizia nel cortile invece che nel cassonetto in strada, ma non è questo gran cambiamento. E’ però un cambiamento per chi non ha mai differenziato niente, perché una volta si poteva far finta di nulla e buttare tutto insieme, mentre ora durante la raccolta l’Amiat controlla il contenuto dei cassonetti; e nel mio palazzo sono già comparsi avvisi su avvisi per quei due-tre renitenti che insistono nel buttare tutto insieme.

Si capiscono così le lamentele, che sono state le più varie: c’è chi ha il cane e non vuol far la fatica di riportarsi la merda dell’animale fino al cortile di casa, invece che nel primo cassonetto; c’è chi si lamenta che è brutto avere i cassonetti sul marciapiede per ore il giorno della raccolta (ma prima i cassonetti c’erano tutto il tempo, boh); c’è chi si lamenta che così la gente abbandona l’immondizia per strada pur di non differenziare (effettivamente qualcosa ho visto, ma abbastanza poco: più che altro un televisore, che poi è anni che i televisori vanno differenziati e ci si chiede questa gente dove abbia vissuto fino adesso).

La lamentela che va per la maggiore, tuttavia, è la seguente: prima buttavamo tutto a caso e ora abbiamo dovuto organizzarci e fare il lavoro di dividere le cose. Perché allora la tassa rifiuti aumenta invece di diminuire?

E’ proprio a fronte di questo che mi chiedo quale sia il ruolo di un giornale, e se sia giusto che il massimo giornale cittadino dia voce a questo genere di pensiero senza almeno contrapporre una spiegazione. Infatti, è giusto pretendere che le tariffe non vengano gonfiate, ed è vero che c’è un business dietro i rifiuti; in particolare il business dell’inceneritore, ormai di gran moda in Italia, cioè la creazione di una industria di amici degli amici, o di una paramunicipalizzata con dirigenti piazzati per logiche politiche, che riceverà dei bei soldi pubblici per trasformare i nostri rifiuti in diossina e cancro.

L’inceneritore, peraltro, non è certo correlato alla differenziata; anzi, pensate che siccome funziona come un altoforno, cioè deve essere sempre attivo e in temperatura, spesso si finisce per rimettere insieme tutti i rifiuti differenziati e bruciare pure quelli riciclabili pur di tenere vivo l’impianto, o in alternativa si compra e si brucia petrolio quando i rifiuti sono insufficienti…

Tuttavia, qualcuno dovrebbe spiegare ai torinesi che è del tutto logico che la differenziata costi di più, visto che è più complicata che buttare tutto insieme in un buco; una pratica peraltro che ha dei costi nascosti che per decenni le nostre TARSU non hanno mai pagato, visto che si tratta di costi ambientali bellamente scaricati sulle generazioni future, come la signora che mette la polvere sotto il tappeto aspettando che arrivi poi qualcun altro a pulire.

Il senso della differenziata non è risparmiare, ma ridurre il consumo di risorse naturali per non restare senza energia e per non morire tutti per i cambiamenti del clima e la devastazione dei cicli della natura. A fronte di questo, è ampiamente probabile che in futuro dovremo fare sforzi sempre maggiori per smaltire i nostri rifiuti, e pagare sempre di più per il loro smaltimento.

Capisco che non sia un discorso popolare; forse, anzi, è meglio creare animosità contro differenziata e riciclaggio, di modo che l’alternativa “bruciamo tutto e sbattiamocene” prenda piede, e nessuno protesti verso gli inceneritori; e che passi la filosofia davvero assurda – ma spinta dai politici per i motivi di cui sopra – che gli inceneritori sono buoni e anzi dovrebbero godere di ulteriori contributi pubblici, per ingrassare la saccoccia delle paramunicipalizzate (monopolio pubblico, gestione privata) di cui sopra. Come si possa pensare che bruciare un oggetto (generando comunque delle ceneri che vanno in discarica, per poi usare altre risorse per creare un nuovo oggetto uguale in seguito) sia altrettanto ecologico che riciclare, davvero sfugge. Ma forse è proprio per questo che La Stampa non ne parla, non educa, e si limita a sparare a zero sulla differenziata.

[tags]la stampa, torino, giornalismo, etica, rifiuti, inceneritori, raccolta differenziata, discariche[/tags]

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martedì 18 Novembre 2008, 16:32

[[Yeasayer – 2080]]

Come appendice al post di ieri, devo aggiungerne la colonna sonora; ovvero 2080, di una band broccolinese indipendente che si chiama Yeasayer e che ha fatto scalpore l’anno scorso, con il suo sound che mescola coretti e vocalità anni ’80 con il rock, l’elettronica, la world music e altro ancora, situandosi da qualche parte tra i Mattafix e i Tears For Fears. Come dice il titolo, è una canzone sul presente; ed esprime bene il mistero della confusione decadente di cui parlavamo, perdendosi nel sogno di un alternativo paesaggio bucolico.

Audio clip: Adobe Flash Player (version 9 or above) is required to play this audio clip. Download the latest version here. You also need to have JavaScript enabled in your browser.

I can’t sleep when I think about the times we’re living in
I can’t sleep when I think about the future I was born into
Outsiders dressed up like Sunday morning
But with no Berlin wall what the hell you gonna do

It’s a new year, I’m glad to be here
It’s a fresh spring, so let’s sing
In 2080 I’ll surely be dead
So don’t look ahead, never look ahead
It’s a new year, I’m glad to be here
It’s the first spring, so let’s sing
And the moon shines bright on the water tonight
So we won’t drown in the summer sound

Find me, I’ll be sitting by the water fountain
Picket signs, letdowns, meltdown on Monday morning
But it’s alright, but it’s alright, but it’s alright, but it’s alright

Cause in no time, they’ll be gone I guess
I’ll still be standing here

It’s a new year, I’m glad to be here
It’s a fresh spring, so let’s sing
In 2080 I’ll surely be dead
So don’t look ahead, never look ahead
It’s a new year, I’m glad to be here
It’s the first spring, so let’s sing
And the moon shines bright on the water tonight
So we won’t drown in the summer sound

Yeah yeah we can all grab at the chance and be handsome farmers
Yeah you can have twenty one sons and be blood when they marry my daughters
And the pain that we left at the station will stay in a jar behind us
We can pickle the pain into blue ribbon winners at county contests
Yeah yeah we can all grab at the chance and be handsome farmers
Yeah you can have twenty one sons and be blood when they marry my daughters
And the pain that we left at the station will stay in a jar behind us
We can pickle the pain into blue ribbon winners at county contests

[tags]musica, mp3, indie, yeasayer, 2080[/tags]

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lunedì 17 Novembre 2008, 19:04

Aspettando l’inverno

Oggi, nel blog, volevo raccontare qualcosa. E le cose da raccontare non mancavano: abbiamo passato tre giorni in Toscana a girare, prima in Versilia, poi le mura di Lucca al crepuscolo, un giro notturno in piazza dei Miracoli, un intero sabato a Firenze con tanto di inattesa visita agli Uffizi, domenica a San Gimignano e poi una passeggiata a Viareggio, prima di tornare indietro.

Tutto ciò è molto bello, specialmente nel clima struggente dell’autunno, in cui tutti i colori della decadenza si lasciano accompagnare dal sole verso il freddo dell’inverno. Eppure, mi sono accorto che il mio istinto sarebbe stato quello di raccontare solo le cose che non funzionavano: l’allestimento tremendo degli Uffizi, per esempio, o quanto ormai la giungla che regna sulle nostre pessime autostrade la domenica pomeriggio sia un ottimo esempio del deterioramento della nostra convivenza civile.

Scivolando da una crisi all’altra, però, non si può far altro che incupirsi; e invece preferirei raccontarvi dell’inspiegabile ostinazione con cui la natura si adatta a resisterci, permettendo la sopravvivenza almeno temporanea delle colline e del mare. Ci sono, insomma, motivi per sperare; è un peccato che essi giacciano prevalentemente al di fuori delle azioni dell’uomo.

Ogni momento storico riflette gli umori delle persone che lo vivono, ed è probabilmente per questo che le cose vanno male; finché non sarà ognuno di noi a trovare una ragione di speranza e un progetto futuro, il risultato sarà soltanto una sottile disperazione rimossa, o una rabbia da scaricare come e dove capita – anche solo facendo a gara in autostrada.

Eppure, credo che ognuno di noi abbia un’idea di come il mondo potrebbe essere reso migliore. Quella che si è inceppata non è la capacità innata dell’uomo di progettare il futuro, bensì la cinghia sociale che permette di implementarlo. In una società così complessa, peraltro, anche questa cinghia è meno chiara e diretta del passato; eppure c’è.

Spesso sembra invece che alle persone di questo tempo non importi del futuro, o che abbiano già rinunciato a crearlo, limitandosi a volare basso, o più spesso a non volare proprio; e magari a risentirsi pure se qualcuno non si adegua, protesta, fa qualcosa.

Al contrario, per me senza futuro si è bloccati; non si può vivere senza guardarsi avanti. Mi chiedo, quindi, perché le persone sembrino così spesso rallentare la rotazione del pianeta; come se non spingessero più, aspettando che esso si fermi, esaurita l’inerzia.

[tags]toscana, stagioni, autunno, inverno, futuro, persone, storia, umanità[/tags]

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sabato 15 Novembre 2008, 23:45

Esoterismo bloggarolo

In queste vacanze ho sperimentato che il misticismo postmoderno dei video di MFP ha effetti tangibili: venerdì, a pranzo, due persone che non leggono il mio blog e che non sapevano nulla dell’ultimo video parlavano di lui; oggi pomeriggio è riuscito addirittura ad evocare il suo obiettivo semovente, in carne ed ossa, in pieno centro di Firenze.

In più, è la prima volta che mi presentano qualcuno qualificandolo come “blogger”: anche questa potrebbe essere una data da segnare sul calendario della Storia!

[tags]blogger, mfp[/tags]

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venerdì 14 Novembre 2008, 22:39

Tempo e cucina

Ci sono dei momenti in cui succede qualcosa di inatteso, che ti fa improvvisamente realizzare quanto lo scorrere del tempo sia dolorosamente reale.

Uno di questi momenti mi è capitato stasera, a Pisa, in giro con Elena per un weekend lungo per i fatti nostri, seguito alla riunione di consiglio di Società Internet. Avendo già fatto un’abbondante colazione e un pranzo di quattro portate, non avevamo intenzione di mangiare più di tanto; per questo, invece che verso un buon ristorante, avevamo deciso di puntare verso una banale pizzeria.

Ho quindi pensato di ritornare in un locale storico: la pizzeria La Tana, in via San Frediano. Lì, nell’autunno 1999, si tenne uno storico raduno di it.fan.culo; e ci ero tornato anche qualche anno dopo. Era un locale alla buona, con l’insegna gotica come un pub bavarese, con le pareti di legno e con una illuminazione scarsa; costava poco, aveva dei bei tavolacci densi e affollati, di antipasto ti davano lo gnocco fritto (o comunque si chiami qui) e mi rimandava a bei ricordi.

Bene, l’insegna gotica c’è ancora, ma il locale, dentro, è stato completamente rifatto: adesso è illuminato a giorno e ha le pareti di un elegante color salmone, come una qualsiasi pretenziosa pizzeria di periferia. Solo vederlo da fuori è stato uno shock; ho impiegato dieci minuti a riprendermi, e sono comunque rimasto con un orribile senso di vuoto.

Naturalmente non siamo nemmeno entrati, e ho riempito il senso di vuoto presso l’adiacente Osteria dei Cavalieri, che è il locale dove dovete andare se volete mangiar bene a Pisa, anche se può dare effetti collaterali. Abbiamo requisito uno degli ultimissimi tavoli e ci siamo sparati tutto, antipasto, primo, secondo e dolce; in particolare, erano eccezionali sia i tortelli al pecorino e pepe nero con sugo di pomodoro fresco e fagioli, sia le pappardelle all’arrosto di lepre (non un ragù, proprio scaglie di arrosto). Abbiamo mangiato benissimo, in un posto allegro e curato senza essere presuntuoso, spendendo 35 euro a testa, che è il prezzo giusto per quel genere di ristorante; non ci siamo abboffati ma non siamo usciti con la fame.

Resta, però, la preoccupante sensazione di quando la terra ti si apre sotto i piedi; non è come quando hanno raso al suolo il mio liceo, ma ci siamo vicini.

[tags]ricordi, ristoranti, pisa, cavalieri, osterie, tempo[/tags]

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mercoledì 12 Novembre 2008, 18:14

Riots: 3%

Dunque, il nostro frequentatore abituale MFP ha prodotto un nuovo video, dopo quello che già linkai all’epoca; questa volta riguarda il mondo della rete, dell’economia dell’immateriale, della finanza e del venture capital.

Sono proprio curioso di sapere cosa ne penseranno i diretti interessati, compresi quelli che vengono esplicitamente nominati nel video in toni non esattamente lusinghieri – tra cui non solo il Camisani Calzolari con cui già dissentii tempo fa e il Tessarolo che incontrai nella mia unica visita alla ridente cittadina di Cologno Monzese, ma anche l’amico Suzukimaruti. Se volete, faccio l’arbitro – basta che mi forniate qualcosa per ripararmi dagli schizzi di sangue.

[tags]blog, blogger, rivoluzione, finanza creativa, venture capital, economia, internet, suzukimaruti, tessarolo, mcc, mfp[/tags]

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martedì 11 Novembre 2008, 23:31

Cose fatte stasera

  • La barba
  • Cento metri in retromarcia su via Michele Lessona
  • Una Guinness media
  • Una chiacchierata
  • La cernita per il bucato dei colorati
  • Il primo livello di allenamento per Liu Bei
  • Un intenso ascolto di musica fine anni ’60 a volume impossibile
  • Un ricordo di Toro-Real Madrid e della prima volta in cui andai all’oggi ventenne pub Manhattan (15/4/1992)
  • Una bloggata ermetica

[tags]any tag[/tags]

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lunedì 10 Novembre 2008, 19:04

[[Luca Carboni – Ho visto anche degli zingari felici]]

Mi è capitato di sentire l’altro giorno in radio per caso una nuova canzone, cantata da uno che, dalla voce, sembrava proprio Luca Carboni. La stranezza, però, è che la canzone era bella; quindi mi sono incuriosito, e ho cercato di capire cosa fosse successo.

Sapete infatti che Luca Carboni, con tutto il rispetto che si deve a qualsiasi professionista, rappresenta per me uno dei punti più bassi della storia della musica italiana, e non ho mai capito perché gli abbiano permesso di fare dei dischi. Così ho indagato, e ho scoperto che la canzone, intitolata Ho visto anche degli zingari felici, era cantata insieme a tal Riccardo Sinigallia: ecco, ho pensato, Carboni sfrutta il talento di un giovane sconosciuto per rilanciarsi.

Solo che, indagando ancora, ho scoperto che questo Sinigallia è in realtà l’ex produttore dei Tiromancino (nonché di Gazzé e altri) e insomma, questo spiega l’arrangiamento intimista, ma non il fatto che questi due insieme abbiano tirato fuori un pezzo che è miglia più in alto di qualsiasi altra cosa abbiano mai realizzato da soli. Così, completando l’indagine, ho scoperto che il pezzo non è inedito e non è loro, ma è del 1976 ed è di Claudio Lolli.

Ora io questo Lolli l’ho vagamente sentito nominare talvolta, come un rudere dell’ideologia passata; l’unica cosa che mi fosse mai capitato di ascoltare è la tremenda Borghesia, un tale distillato di luoghi comuni che se uno si fosse messo a cantare la pagina sette di un qualsiasi numero della Pravda avrebbe dimostrato più apertura mentale. Finiti gli anni ’70, per fortuna finì anche l’idea che si potessero vendere dischi mettendo testi di ideologia ortodossa sopra tre accordi in croce (anche se nessuno ha ancora avvertito Ivano Fossati).

Eppure, quest’altro brano è completamente diverso, dimostra una poesia struggente e insieme partecipata che è del tutto assente in Borghesia. Non so cosa sia successo nel mezzo, ma non mi stupisce che questo brano sia diventato uno degli inni del movimento del ’77. Mi sorprende invece l’attualità del percorso che descrive; non tanto per il riferimento decoloniale (peraltro citato) della prima parte, ma per la descrizione delle incertezze e delle durezze di chi si preoccupa ancora di cambiare il mondo; della tensione tra il desiderio di riprendersi la vita e l’abbondanza e la difficoltà di capirsi, di organizzarsi, di comunicare e di trovare una strada per giungere infine a rotolarsi felici in piazza Maggiore; persi nell’avere troppo da fare per fare qualcosa, e nel rovello intellettuale e sfiduciario per cui tutti i movimenti di piazza si spaccano in faide prima ancora di iniziare.

Sono contento che le ideologie degli anni ’70 riposino in pace, e però, sotto sotto, probabilmente il mondo (e la musica come sua manifestazione evidente) ha bisogno di smettere di parlare di niente, e tornare a preoccuparsi collettivamente della propria vita.

Audio clip: Adobe Flash Player (version 9 or above) is required to play this audio clip. Download the latest version here. You also need to have JavaScript enabled in your browser.

E siamo noi a far ricca la terra
noi che sopportiamo la malattia del sonno e la malaria
noi mandiamo al raccolto cotone riso e grano
e noi piantiamo il mais su tutto l’altopiano

Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane
le nostre braccia arrivano ogni giorno più lontano
da noi vengono i tesori alla terra carpiti
con che poi tutti gli altri restano favoriti

E siamo noi, noi a far bella la luna
con la nostra vita coperta di stracci e di sassi di vetro
quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto, come un ragno nella stanza

E riprendiamola in mano, e riprendiamola intera
riprendiamoci la vita, la terra, la luna
e l’abbondanza

E’ vero che non ci capiamo
che non parliamo mai in due la stessa lingua
che abbiamo paura del buio e anche della luce è vero
che abbiamo tanto da fare che non facciamo mai niente

E’ vero che spesso la strada sembra un inferno, una voce
in cui non riusciamo a stare insieme, dove non riconosciamo mai i nostri fratelli
è vero che beviamo il sangue dei nostri padri
e odiamo tutte le nostre donne e tutti i nostri amici

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l’amore e rotolarsi per terra
e ho visto anche degli zingari felici
in piazza Maggiore a ubriacarsi di luna
di vendetta e di guerra

[tags]musica, carboni, sinigallia, lolli, anni ’70[/tags]

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domenica 9 Novembre 2008, 21:04

Stanchezza

Oggi è stata una bella giornata, ma non siamo riusciti ad alzarci prima delle 11.

Siamo andati al santuario di Oropa, ma solo per mangiare al ristorante Valfré; che nonostante una pecca terribile, ossia il vino apertamente annacquato, è stato comunque soddisfacente, specialmente la polenta concia, lo spezzatino di cervo e la torta al cioccolato.

Non ero mai stato lassù e avevo sentito parlare del posto per una sola cosa, ossia per la famosa tappa del Giro a base di Pantani; è effettivamente un luogo davvero strano, per la presenza di un enorme santuario in mezzo alle montagne, in parte illuminato e ristrutturato, in parte scrostato e decadente in mezzo alla bruma autunnale. Le immagini crepuscolari però sono state davvero bellissime.

La provincia di Biella (di cui già vi raccontai le leggende erotiche) ha alcune caratteristiche interessanti, tipo che arrivare a Biella è una tortura novecentesca di statali e semafori quasi come arrivare a Cuneo, e che per andare a Oropa bisogna pure attraversare il centro storico, dove hanno un paio di dossi alti così (fare gesto con mani). Alla radio si prende il giornale radio della Lombardia; va bene che il Piemonte orientale ve lo siete già annesso, ma non era certo il caso di dire che il traffico a Pero era piantato a causa della Fiera del Ciclo (e io che ho subito pensato a torrenti di sangue muliebre) e di una misteriosa Sesta Giornata di Milano, che se non fossi appunto stato in clima ciclistico avrei pensato a un supplemento di rivolta centosessant’anni più tardi, con la gente finalmente stufa di Berlusconi.

Resta, però, la stanchezza: sono arrivato a casa e già ho passato mezz’ora a organizzare il prossimo giro, un weekend lungo in Toscana causa riunione di Società Internet e desiderio di fuga. Nel frattempo sono assediato dalle cose da fare, burocratiche, contabili, tecniche, professionali, legali, associative, culturali e così via. Ho come il sospetto che dovrei selezionare meglio ciò a cui mi dedico: per esempio, credere di più in ciò che vorrei veramente fare, e di meno in ciò che gli altri vogliono farmi fare.

[tags]stanchezza, biella, oropa, polenta concia, lombardia, toscana, ciclismo[/tags]

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sabato 8 Novembre 2008, 15:45

Imbecilli

Ieri, mentre tornavo dal Cairo, mi è capitato in mano l’International Herald Tribune, ossia la versione internazionale del New York Times: più o meno il più prestigioso quotidiano del pianeta.

La prima pagina e molto spazio all’interno erano dedicate al rapporto OCSE che sembrerebbe suggerire che, quest’agosto, la Georgia si è inventata di sana pianta i presunti attacchi da parte dell’Ossezia per poter cominciare a bombardare la capitale separatista, e che i russi sono intervenuti soltanto dopo che alcuni loro soldati sono stati uccisi nel bombardamento; suggerendo quindi che chiunque nell’amministrazione Bush abbia dato credito al presidente georgiano Saakashvili è stato quantomeno leggero.

Comunque, in terza pagina a margine, c’è un articoletto sull’Italia. Tenete presente che io ero all’estero e non ho quindi assistito dall’interno alle polemiche sull’ultima uscita di Berlusconi; l’ho appresa da questo articolo. Mi sembra quindi interessante riportarvelo qui, tradotto per intero, in modo che sappiate qual è l’immagine che hanno di noi nel mondo, depurata di tutte le manovre e di tutto il sensazionalismo dei media italiani; sperando che ammiriate il sarcasmo anglosassone della conclusione, che ironizza sottilmente su Berlusconi con le sue stesse parole.

SOLO UNO SCHERZO PER BERLUSCONI

MOSCA. Il primo ministro dell’Italia Silvio Berlusconi giovedì ha descritto il Presidente eletto Barack Obama come “giovane, bello e persino abbronzato”.

Berlusconi è sembrato prendere in giro il primo presidente nero d’America durante una conferenza stampa a seguito di un incontro con il presidente russo.

Il leader italiano, che ha una lunga storia di osservazioni controverse, ha ricevuto da un reporter una domanda sulle prospettive per le relazioni tra Stati Uniti e Russia, che sono sprofondate negli ultimi mesi.

Berlusconi ha risposto dicendo che la relativa giovinezza del presidente russo, Dmitri Medvedev, 43 anni, e di Obama, 47 anni, dovrebbe rendere più facile lavorare insieme per Mosca e Washington.

Quindi ha detto, sorridendo, di aver detto a Medvedev che Obama “ha tutto ciò che serve per fare affari con lui: è giovane, bello e persino abbronzato”.

Agenzie di stampa riportano che Berlusconi ha successivamente difeso il commento, definendo l’affermazione “un gran complimento”.

“Perchè la prendono come qualcosa di negativo?”, ha dichiarato a Mosca secondo l’agenzia stampa ANSA. “Se hanno il difetto di non avere il senso dell’umorismo, peggio per loro.”

Più tardi, Berlusconi ha dichiarato a Sky TV – 24 Ore che il commento voleva essere “carino”, e ha frustato verbalmente coloro che non la vedono in questo modo, definendoli “imbecilli, di cui ce ne sono troppi”.

[tags]italia, berlusconi, obama, medvedev, russia, ossezia, georgia, stati uniti, imbecilli[/tags]

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