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venerdì 23 Novembre 2007, 18:03

Roby

Al numero quarantadue di via Challant, nel mezzo di una landa dimenticata da Dio e dagli uomini in cui nessuno a parte .mau. potrebbe riuscire a sopravvivere, sta il carrozziere affiliato all’azienda che mi noleggia la macchina.

Proprio di fronte a lui, sta Roby.

Roby è un palazzo basso e largo, come fosse una grossa officina, di mattoncini giallini anni sessanta. A un certo punto, sulla facciata dell’unico piano (il terreno), si apre una doppia porta, protetta dalla pioggia e dal sole da un aggetto di tende.

Lì sopra, sul muro, è attaccata una insegna orizzontale di neon azzurri e rosa, che occhieggia la strada e dice: ROBY.

Sulle tende verdine che proteggono la porta, c’è scritto in un bel corsivo dorato: Roby Roby Roby.

E accanto alla porta, che è di legno ed elegante come quella di un albergo londinese, c’è una targa di ottone lucido con su scritto: Roby.

Davanti a Roby, c’è parcheggiato un furgone – un vecchio Fiat rosso – con le porte posteriori coperte da due grandi scritte ROBY. Ma sotto la prima c’è scritto anche “cena con”.

Non c’è assolutamente null’altro, sull’esterno di Roby. Nessuna indicazione di cosa sia e cosa ci si faccia, ad eccezione di una targa di plastica sbiaditissima, con sopra, a malapena leggibile, scritto “International Police Association – Delegazione Regionale Piemonte”.

Il che non aiuta a capire, anzi infittisce il mistero, su cosa diavolo sia veramente Roby.

[tags]roby[/tags]

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giovedì 22 Novembre 2007, 19:43

La legge a casaccio

Da tempo, spinto anche dai salaci commenti di vari amici (“ma come, leggi ancora quella roba?”), sono tentato di smettere di leggere La Stampa; peraltro l’abbonato è mia mamma, e io recupero il giornale da casa sua solo un giorno ogni tanto. Solo negli ultimi giorni si è visto di tutto, da una intervista totalmente sdraiata di Minzolini a Berlusconi a un mitico articolo di cinque colonne in cronaca sul processo agli ultras arrestati per il derby, che raccontava la rava e la fava riuscendo a non dire mai a quale squadra appartenessero i suddetti.

Tuttavia, la pagina di oggi di Maria Corbi è di quelle che ti riconciliano col giornalismo: il lungo racconto dell’abbattimento di uno dei campi nomadi di Tor di Quinto, visto da uno dei bambini del campo. Certo, l’approccio era un pelino patetico, da libro Cuore, con tanto di lettera al Presidente della Repubblica; eppure è servito a svegliare le coscienze – o perlomeno l’ufficio stampa di Veltroni – su come le forze dell’ordine stiano affrontando la “emergenza rom”.

Che è poi lo stesso con cui stanno affrontando la “emergenza ultras”: generalizzando, e reprimendo a caso.

Succede così che, senza preavviso, le ruspe si presentino in una favela di romeni in cui non è nemmeno detto che i rom ci siano, e tirino giù la baracca di Sorin, undici anni, in Italia da due, studente di prima media con ottimi voti. Non vive lì perché vuol fare l’alternativo o perché deve nascondere la refurtiva di scippi e furti con scasso; vive lì perché la mamma fa le pulizie a 500 euro al mese, e il padre fa il muratore quando trova. A Roma, le case costano dal mezzo miliardo in su, anche in estrema periferia; tre romeni, con meno di mille euro al mese e nessun vecchio ipergarantito a sovvenzionare, dove possono vivere?

Eppure, lo Stato italiano spedisce le ruspe a tirargli giù la baracca, con quel poco che hanno chiuso dentro, perché nemmeno gli danno il tempo di portarlo via. La scena di un ragazzo che rovista tra le macerie per cercare il libro di storia, che domani ha il compito, è raccapricciante. Sarà anche enfatizzata apposta, ma è raccapricciante lo stesso, per un paese che ha il problema di promuovere l’integrazione per non esplodere.

Come sempre, da noi si aspetta fino a quando proprio la situazione non è più tollerabile, e poi, sull’ondata di sdegno, si manganella a casaccio, cercando il rimedio raffazzonato dell’ultimo minuto per superare l’esame dell’opinione pubblica. Si colpiscono cento per educarne uno, insomma. L’ovvio risultato è quello di spingere i novantanove nella stessa casella dell’uno, e di far loro riflettere sul come il rigare diritto, il distinguersi dai ladri o dai violenti, in Italia non serva a nulla.

E di far pensare a noi come l’incompetenza e la protervia regnino sovrane tra chi dovrebbe mantenere l’ordine e la legge – gli elementi base di una comunità civile – e invece lo fa selettivamente, di solito contro i deboli, e comunque solo quando serve a raccogliere l’applauso dell’audience elettorale.

[tags]sicurezza, tor di quinto, rom, veltroni, sorin, la stampa, corbi[/tags]

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mercoledì 21 Novembre 2007, 17:37

Pubblicità colte

Sentito ieri su Radio Flash, in una pubblicità di libri di ibs.it: “Approfitta dello sconto del 20% su tutte le novità 2007!”.

Che detto così – senza far caso al numero dell’anno – sembra che ti stiano facendo un bello sconto sui libri che usciranno per Natale, e invece stanno semplicemente cercando di liberarsi dei fondi di magazzino dell’annata.

E poi il circuito di Radio Popolare passa per essere alternativo…

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mercoledì 21 Novembre 2007, 08:43

Teoria e realtà

Per una volta, parlo di ciò che so, e vi segnalo l’articolo del professore Stefano Rodotà su Repubblica di ieri, che racconta per bene l’idea e le vicende della Carta dei Diritti di Internet.

E’ un po’ straniante leggere su Repubblica di vicende che si è contribuito a realizzare in prima persona, e persino un po’ buffo, quando si parla della dichiarazione italo-brasiliana – che io e altri due o tre giovanotti abbiamo scritto di corsa in una stanzetta, scambiandocene millanta versioni grazie alla mia chiavetta USB – e persino dell’elenco di argomenti che sta nella dichiarazione stessa: aoh, m’hanno chiesto di produrre un elenco in cinque minuti, per la maggior parte ho fatto copia e incolla da una lista precedente e per il resto ho improvvisato; tanto è messo lì a titolo esemplificativo, non rappresenta certo un risultato scientifico.

Però il post mi permette anche di parlare, anche se sottovoce, di quella persona eccezionale che è Rodotà; uno che ha ricoperto le massime cariche istituzionali e che è amico personale di chiunque dal Presidente della Repubblica in giù, ma che, dopo un’ora e mezza di meeting con me e altri illustri sconosciuti, doveva andare ad un appuntamento con i parlamentari europei, eppure non accennava ad uscire perché io non avevo dichiarato chiusa la sessione, considerando maleducato andarsene prima; e che, quando ci siamo trovati in dodici in un pulmino da undici, dopo aver dato un passaggio a un aggregato, insisteva nell’essere lui quello che restava in piedi. Ho appreso da lui molte lezioni di buona educazione, prima ancora che scientifiche e politiche; mi sono un po’ vergognato, ma ne farò tesoro.

[tags]diritti, internet bill of rights, internet governance, rodotà, buona educazione[/tags]

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martedì 20 Novembre 2007, 15:30

Sportivi italiani

Non voglio parlare sempre di ultrà; parliamo quindi anche della cultura sportiva degli italiani.

Oggi pranzavo davanti al Politecnico, in mezzo agli studenti, quando ho sentito uno di essi prodursi in un soliloquio a proposito dei tifosi scozzesi che, dopo aver perso la partita con l’Italia ed essere stati eliminati dall’Europeo, sono rimasti per mezz’ora dentro lo stadio ad applaudire ugualmente la squadra. Ecco, questo tizio sui vent’anni ha definito gli scozzesi come “minchioni”, concludendo con una risata di scherno “ma questi cosa cavolo festeggiano, che hanno perso?”.

Avendolo visto in faccia, escludo categoricamente che il tizio fosse un ultrà; anzi, se gli avessero chiesto un parere credo che si sarebbe unito al coro di sdegno contro i tifosi violenti. Riflette invece il pensiero dell’italiano medio: quello per cui lo sport consiste nel sedersi in pantofole davanti alla televisione e sperare che la propria squadra vinca con un mezzo qualsiasi, compreso barare.

[tags]sport, scozia, tifosi, ultras[/tags]

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lunedì 19 Novembre 2007, 20:48

I maxischermi non bastano mai

Uno tra i tanti tifosi ha prodotto uno tra i tanti video sullo stato di abbandono in cui versa lo stadio Filadelfia, di cui abbiamo già tante volte parlato. Non è nemmeno uno dei più toccanti, e certamente non rimanda l’impressione che fa lo stadio dal vivo. Eppure, ci si continua a chiedere il perché di tante difficoltà nel ricostruirlo, o meglio nel ricostruirlo senza che cada preda di una delle tante speculazioni edilizie.

Qualche settimana fa, su Specchio dei Tempi, era persino comparsa una lettera (in prima posizione!) che si lamentava di come la città stesse per stanziare 3,5 milioni di euro per il Filadelfia. Dato che Specchio dei Tempi è il più potente strumento di orientamento dell’opinione pubblica torinese, una lettera del genere non era certo uscita per caso; sarà stata l’Evelina, nonostante la Juve sia di nuovo in attesa di qualche decina di milioni di euro a tasso agevolato per farsi lo stadio supermercato alla Continassa.

I 3,5 milioni di euro, peraltro, finirebbero per uno stadio di proprietà della città, e non di una società per azioni privata; e a ben vedere non sono nemmeno soldi pubblici, trattandosi di parte di quanto ottenuto come penale da Cimminelli dopo il fallimento, proprio per la sua incapacità di ricostruire il Filadelfia dopo aver incassato in cambio lucrose concessioni edilizie.

Ma se avete ancora il dubbio che i problemi sul Filadelfia siano relativi alla carenza di fondi pubblici, vorrei dissiparvelo raccontandovi della vicenda dei maxischermi.

Già, perché spulciando le delibere comunali, si è scoperto che il Comune ha recentemente deciso di acquistare un maxischermo; non per l’Olimpico, ma per lo stadio Primo Nebiolo del parco Ruffini. Pare infatti che la Federazione Internazionale di Atletica richieda un maxischermo per poter svolgere gli eventi sportivi internazionali (uno all’anno) che sono ospitati al Ruffini. Certo, il maxischermo si può affittare per l’occasione, al costo di alcune migliaia di euro; ma è certamente più conveniente acquistarne uno nuovo dalla Panasonic, da installare lì a marcire per 364 giorni l’anno, per la modica cifra di 487.000 (quattrocentoottantasettemila) euro. Più IVA.

E dire che l’affitto non era una idea nuova: tre mesi prima, ad esempio, il Comune ne aveva affittati due – sempre dalla Panasonic – per far vedere i mondiali di scherma in piazza, per 9.200 euro l’uno.

I due maxischermi per l’Olimpico, comunque, erano già stati acquistati cinque mesi prima: nel luglio 2006, con appalto all’AEM Torino, per l’importo di 1.092.000 (un milione e novantaduemila) euro – stavolta IVA compresa, per fortuna. Certo, ci si chiede se essi non potessero essere compresi nei costi dell’allestimento olimpico: durante le Olimpiadi di febbraio, all’Olimpico i maxischermi c’erano, ma erano poi spariti, tanto che durante le prime partite di calcio dell’autunno seguente i tifosi guardarono invano le impalcature vuote. Chi si sia imboscato i maxischermi olimpici, non è dato sapere; così come non è dato sapere da chi l’AEM abbia comprato i due schermi (sarà mica la Panasonic?).

Tutto questo però assume un contorno un po’ preoccupante quando si scopre un’altra vicenda. In previsione delle Olimpiadi, Turismo Torino – l’azienda di promozione turistica della città – decide di affittare due maxischermi da mettere nelle piazze, per far vedere le gare ai cittadini. Non potendo sopportarne il costo, però, chiede aiuto al Comune, che dice: ma perché buttare i soldi dell’affitto? Compriamoli! E così, il Comune sgancia a Turismo Torino 800.000 (ottocentomila) euro, che vengono prontamente usati per acquistare due maxischermi, ovviamente dalla Panasonic.

Gli schermi vengono usati per il periodo olimpico, e poi ci si pone il problema di che farne. Bene, direte voi, avendo bisogno di altri schermi e avendone due di proprietà in casa, potevano usarli per l’Olimpico? Ma no, dai, mettiamoli nuovi, almeno allo stadio… Per far vedere i mondiali di scherma in piazza? No, che diamine, poi bisogna spostarli fino in piazza San Carlo… E al parco Ruffini? Ma no, vuoi mica riciclare uno schermo vecchio di un anno e mezzo, poi magari si rompe proprio nel mezzo di un fondamentale incontro di badminton tra scapoli e ammogliati…

E così, non sapendo che farne, si dà l’appalto a una ulteriore ditta, pagando, perché ne gestisca la custodia; e perché ne permetta al proprietario l’utilizzo, naturalmente ogni volta dietro compenso di 3000 euro per il montaggio, più 360 euro al giorno per la sorveglianza, più 25 euro l’ora per l’assistenza… cioè più o meno il costo che si avrebbe per affittarne uno di volta in volta, senza però aver prima speso ottocentomila euro per comprarlo.

Insomma, mentre immagino il signor Panasonic che prende il largo sul suo nuovo yacht appropriatamente denominato Ciao Turin, intimo a chiunque sostenga che la giunta Chiamparino non ha soldi da spendere per le attrezzature sportive di andare gentilmente al diavolo.

[tags]torino, maxischermi, filadelfia, chiamparino, panasonic[/tags]

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domenica 18 Novembre 2007, 19:59

Milioni di terroristi

Sono tornato, e, nonostante abbia passato tutta la domenica a dormire, ho avuto modo di leggere una interessante coppia di commenti alla vicenda del tifoso ucciso all’autogrill.

Qui trovate il sondaggista Diamanti: uno dei membri di quella elite che analizza e insieme plasma l’opinione in Italia, e che contribuisce in modo significativo a determinare l’azione dei politici, che ormai, perduto ogni contatto con la realtà, vivono di giornali, televisioni e sondaggi. Bene, egli dichiara apertamente di non capirci più niente – in particolare, di non sapersi spiegare come gli stessi italiani che chiedono sicurezza poi si siano preponderantemente infuriati con la polizia invece che con gli ultras, nonostante la campagna di stampa che i media conducono da anni contro questi ultimi – e, pertanto, si incazza con gli italiani stessi, che si permettono di disobbedire al suo modello. Questa, peraltro, sembra la reazione prevalente anche nel mondo politico e nei fini pensatori dei quotidiani.

Sul blog di Grillo, invece, trovate la lettera di tal Cristian T., sgrammaticata e anche discutibile in varie affermazioni. Eppure è una lettera perfetta, perché spiega come una parte crescente degli italiani, pur chiedendo allo Stato sicurezza, odi lo Stato e soprattutto le divise che lo rappresentano; perché invece di vedere gli eroi che lottano per loro contro la mafia e la criminalità, osserva quello che oggi è l’aspetto molto più visibile dello Stato, ossia le ingiustizie, i privilegi, le raccomandazioni, la burocrazia, le mille leggi assurde di cui le forze dell’ordine, volenti o nolenti, sono il braccio armato.

C’è sicuramente nell’animo italiano una renitenza alla responsabilità, acuita dal permissivismo post-sessantottino come dal buonismo cattolico. Ma io non sottovaluterei la pericolosissima deriva secondo cui, per una quantità crescente di persone, se questo è lo Stato è meglio che ce ne sia il meno possibile e anzi che prima o poi non ci sia più.

Probabilmente è esagerato pensare che gli ultras violenti (che, non dimentichiamolo, sono un sottoinsieme degli ultras, che a loro volta sono un sottoinsieme dei tifosi) siano veramente terroristi, con un piano per rovesciare l’ordine attuale: la maggior parte vuole fare essenzialmente casino. Anche in quelli non politicizzati, però, c’è spesso ben chiara una aspirazione libertaria e anarchica, che, a seconda della città, può diventare culturalmente molto evidente. In altre parole, forse gli ultras non vogliono rovesciare lo Stato, ma certamente vogliono rivendicare un’isola di autonomia da esso. Che ciò sia ora quello che, magari embrionalmente, pensano anche milioni di italiani, stufi di sentirsi vessati dall’ordine costituito, è una novità preoccupante.

[tags]ultras, stato, forze dell’ordine, diamanti, grillo, terrorismo[/tags]

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sabato 17 Novembre 2007, 10:17

Stranded

Lo sapevo che una coincidenza di un’ora scarsa in Portogallo era molto a rischio, e ovviamente siamo rimasti a terra; ora aspetteremo per mezza giornata il prossimo volo per Malpensa, e arriverò a Torino attorno alle undici di stasera, non so in che condizioni.

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giovedì 15 Novembre 2007, 23:11

In breve

L’IGF è finito da un paio d’ore, ed è stato un vero delirio: soltanto oggi ho dovuto alzarmi alle 7 per presenziare a un workshop alle 8,30, lasciandolo alle 10 per andare a fare il rapporto in sessione plenaria sul workshop della Carta dei Diritti, per poi seguire la sessione cruciale sui piani per il prossimo IGF, che finiva alle 13, ora in cui sono entrato nel meeting preparatorio per la plenaria del pomeriggio, nella quale ero sul palco – con, tra gli altri, Vint Cerf e Bob Kahn, nonché il tizio che ha scritto The Cult of The Amateur e che per esso è stato preso a pesci in faccia da chiunque da Lessig in giù – e in cui ho dovuto esprimermi più o meno su qualsiasi campo dello scibile internettiano; come intervento di partenza, ho segnalato il coinvolgimento di Cisco nel campo dell’intercettazione dei contenuti in rete, più nolente che volente ed essenzialmente per la mancanza di principi globalmente condivisi su come debbano comportarsi le aziende occidentali in presenza di richieste di intercettazione per motivi politici, e vista la reazione incacchiata dei megamanager Cisco presenti sul palco credo che sia meglio che non compri più alcun oggetto Cisco per le mie reti. Nel frattempo abbiamo dovuto premere per riuscire a fare un intervento a nome dell’Italia e per far sì che la Carta dei Diritti venisse menzionata nelle conclusioni del panel (missione compiuta); e poi, dopo la cerimonia di chiusura, abbiamo ancora dovuto fare un’oretta di meeting della coalizione, cercando di controllare i vari entusiasmi e accordarci su alcune mosse pratiche. Insomma, capite perché è un paio di giorni che non bloggo…

A margine di tutto ciò, qui sembra novembre – cioè, so che è novembre, ma da questa parte del mondo dovrebbe essere maggio, e invece è novembre: piove a dirotto da quattro giorni, con la sola eccezione del pomeriggio di ieri, in cui però ero talmente stanco che sono tornato in albergo in anticipo (attraverso soli 50 minuti di ingorgo) e sono crollato con la faccia sul letto per due ore prima di cena.

Ah, e non venite a Rio in vacanza, stare qui è uno stress unico… ne parleremo meglio in futuro.

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martedì 13 Novembre 2007, 17:52

Mistero

In questi due giorni ho avuto modo di conoscere ancora un altro sottosegretario del presente governo – e non di un ministero qualsiasi, ma del ministero delle Comunicazioni – e anche di chiacchierarci un po’. E ancora una volta ne ho ricavato una impressione decisamente positiva, di persona capace e ben disposta.

Non resta quindi che dedicarsi ad analizzare il mistero di come sia possibile che, nel ceto politico italiano, un insieme di persone singolarmente di valore combini così tanti casini.

[tags]governo, politica, mistero[/tags]

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