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giovedì 27 Settembre 2007, 08:36

Radiointernettoro

Va bene, la partita è andata male. Va bene, la configurazione era precaria, con me che facevo la radiocronaca nel microfono del mio iBook mentre avevo in cuffia Sky con sotto, in un auricolare infilato in mezzo all’orecchio, l’uscita audio della regia. Va bene, la mia battuta sull’arbitro della partita, tal Romeo di Verona – di cui ho annunciato con la massima serietà che sarebbe stato assistito dai guardalinee sigg.ri Mercuzio e Benvolio -, era un po’ troppo intellettuale e non l’ha capita nessuno.

Ma l’emozione di chiedere in diretta a fine partita (via conferenza Skype verso la regia di Brescia, rediretta su un cellulare via SkypeOut) al granatologo-granatofilo Roberto Cavallo se, accanto a Rosina e Recoba, in questa squadra non ci avrebbe visto bene anche Carlos Ariel Marinelli, ecco, quella non ha prezzo.

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mercoledì 26 Settembre 2007, 11:26

Prossimi eventi

Domani sarò a Roma per il Dialogue Forum on Internet Rights, la conferenza organizzata dal governo italiano per discutere il tema della Carta dei Diritti della Rete. L’evento sarà certamente interessante, e i posti in sala sono già esauriti; tuttavia, fate ancora in tempo ad inviare le vostre idee sull’argomento tramite il forum, se volete.

L’altro evento sarà invece in serata: tecnologia permettendo, le immagini del divano di casa mia saranno proiettate in diretta mondiale via Internet sulla home page di Forzatoro.net, mentre racconterò insieme ad altri forumisti la partita di stasera (Parma-Toro). Ovviamente non abbiamo pagato i diritti a nessuno, ma che provi qualcuno a dire a un giudice che io non posso raccontare via Internet quello che vedo sul mio televisore, oltretutto in assenza di radiocronache ufficiali. La partita di stasera non va nemmeno sul digitale terrestre, nonostante i 21 euro (ventuno) che parecchia gente ha appositamente sborsato a La7

E così, speriamo di far riflettere su come l’intero sistema radiotelevisivo, e in particolare lo spillamento di soldi basato sul calcio, sia già irrimediabilmente obsoleto.

				
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mercoledì 26 Settembre 2007, 10:10

Aziende private, soldi pubblici

Stamattina, dovendo subentrare al precedente proprietario della mia casa nuova nel contratto di fornitura dell’elettricità, ho telefonato al numero verde di Iride Mercato (se vi chiedete cosa sia, è il nome che ha assunto AEM Torino da quando ha comprato quella di Genova e ha cominciato a porsi come corporation dell’energia, naturalmente usando come capitale di rischio quello dei contribuenti).

E’ stato tutto molto efficiente; ho atteso pochi minuti, poi una gentile signorina ha risposto, ha preso tutti i dati del contatore, la lettura, i miei dati personali, li ha inseriti nel suo calcolatore, e poi mi ha detto: “Tutto a posto: le arriverà via posta il contratto da firmare. Sulla prima bolletta le metteremo il costo del cambio di contratto, fanno 70 euro!”.

Sti cavoli: l’operazione di data entry più costosa del mondo. Ma non potremmo spostare il call center(*) in Romania?

(*) Ovviamente la signorina, per questa operazione, guadagnerà sì e no cinquanta centesimi; il resto va a pagare stipendi e gettoni di presenza di questo bel sottobosco politico-industriale (di centrosinistra, in questo caso, ma non fa differenza).

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martedì 25 Settembre 2007, 16:11

Giornate

Non so se vi è mai capitato di svegliarvi la mattina all’ultimo momento, dopo essere andati a dormire tardi, ed essere già in ritardo per il primo appuntamento della giornata; e quindi, lavarvi in fretta, rinunciare a farvi la barba, infilarvi i primi vestiti che trovate, e uscire spettinati e un po’ in disordine.

La domanda è perché questo capiti sempre nelle giornate in cui, per qualche motivo, finite per incontrare mezzo mondo, in modo più o meno previsto: per cui un numero spropositato di persone, dal vostro gestore della banca agli amici commentatori del blog fino alle tre nuove stagiste del vostro ufficio, vi vedranno sfatto e trasandato…

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lunedì 24 Settembre 2007, 09:57

L’altra faccia

Per onestà dopo la discussione su Grillo, credo giusto mandarvi a leggere anche il blog di Clemente Mastella, dove si difende dal linciaggio mediatico. Fa persino simpatia; eppure non dubito che se ci fossero già stati i blog anche Bettino Craxi, poco prima di prendersi la pioggia di cento lire in testa, avrebbe scritto una cosa così.

Perché l’incazzatura popolare, specie in un paese facilone come l’Italia, si manifesta per poco; ma quando lo fa, non fa distinguo; nè ha interesse per i dettagli delle cose.

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domenica 23 Settembre 2007, 11:39

Slow food, fast money

Ieri sono andato a Bra, per Cheese: la fiera del formaggio organizzata da Slow Food. Bra è poco più che un paesello di campagna, sull’orlo del vallone del Tanaro; ieri era completamente invasa di gente, con il traffico ordinatamente bloccato a chilometri dal centro, navette e tutto il resto.

La fiera consiste di centinaia di bancarelle che vendono formaggi, provenienti da tutto il mondo, raggruppate in una piazza; in più, c’è una zona per assaggi di cibo tipico da varie regioni e stand di birra artigianale; e poi altre degustazioni e stand per tutta la città. Ieri era il giorno di punta, e la fiera era piena zeppa di gente: un successo insomma (finisce stasera).

Siamo tornati indietro con pile di ottimi formaggi mai visti e che non si trovano facilmente in giro; l’idea di mangiarli tutti subito è abortita quando ci siamo resi conto che ciò avrebbe distrutto il nostro fegato, ma ne abbiamo assaggiati vari e gli altri li faremo andare prossimamente in una apposita cena, cercando di farla sufficientemente presto da evitare che il mio frigo prenda vita.

Io però volevo fare qualche considerazione su questa fiera e in generale su tutto il movimento dello slow food, che ormai da vent’anni anima il Piemonte in particolare; ha iniziato con i presidi sul territorio, poi ha promosso le osterie d’Italia con apposita guida, poi sono nati il Salone del Gusto e Cheese, Terra Madre – il convegno dei campesinos mondiali – e ultimamente Eataly, iniziativa commerciale che non è proprietà di Petrini – il fondatore del tutto – ma di un suo buon amico, e si richiama esplicitamente all’idea.

Sono sicuramente iniziative encomiabili, che permettono di conservare produzioni di nicchia e di presentarle al grande pubblico, portando sulle nostre tavole prodotti di qualità, e insomma facendoci mangiare bene. Tuttavia, già da un po’ ho parecchie perplessità su tutto questo movimento, sia etiche che filosofiche, che derivano dall’osservazione di come l’idea, focalizzata inizialmente sul difendere una parte crescentemente povera della società come quella delle nostre campagne, si sia poi evoluta in una macchina da soldi per Petrini e compagni.

Delle Osterie d’Italia si sa: certo non costano come i locali della guida Michelin, ma l’idea iniziale di segnalare “vecchie osterie da trentamila lire a pasto” è stata man mano sfregiata dall’aggiunta di “osterie di nuova fondazione” – aka ristoranti appena aperti, apposta per finire sulla guida – e dall’abolizione di fatto del limite di prezzo, per cui ormai in quasi tutti i posti, indipendentemente dal prezzo dichiarato sulla guida, è difficile spendere meno di 30-35 euro, spesso 40-45.

Proseguendo, ieri a Cheese i prezzi erano più o meno il doppio di quelli di mercato: con poche eccezioni, gli stand vendevano a 25 euro al chilo i formaggi freschi, a 30, 35, 40 quelli stagionati. Anche la parte di cibo veloce, gestita direttamente da Slow Food, era vergognosa: con tre euro ti davano due panini costituiti ciascuno da uno gnocco di pane grande come mezzo dito, una spalmata di burro e una (1) acciuga. Con cinque euro ti davano un wurstel. Ottimo, eh, eccezionale; ma pur sempre un wurstel.

Finiamo con Eataly: anche lì, il cibo è spesso eccellente; i prezzi sono da gioielleria. Con l’aggravante che, oltre al cibo eccellente, si trovano anche prodotti da supermercato prezzati al doppio – come le patate Selenella che compravo regolarmente all’Ipercoop – e persino esposizione di roba che non c’entra niente, che viene gabellata per eticamente buona (come i televisori piatti: “Eataly ha scelto Sharp perchè sposa la filosofia del mangiare lento”??), ma che è lì solo perchè, pur di esserci, ha coperto Eataly di soldi; come peraltro molti degli stessi produttori agricoli che in teoria dovrebbero beneficiare del movimento. Insomma, Eataly è un contro-discount: se al discount compri (oltre a prodotti inferiori) le stesse cose ma le paghi la metà perchè non c’è il marketing, da Eataly compri (oltre a prodotti superiori) le stesse cose ma le paghi il doppio perchè c’è un marketing super raffinato.

Le perplessità etiche derivano da questo: alla fine, qualcuno si sta facendo i miliardi sotto la bandiera di Slow Food? Non c’è nulla di male nel far soldi nel campo alimentare, se non che tutti i sondaggi indicano che la gente non può più permettersi la carne e taglia gli acquisti di cibo, perchè – si dice – gli intermediari alimentari ci marciano, a danno sia dei contadini che dei consumatori. Allora, questi costi stratosferici sono poi così giustificati?

Perché io ho invece l’impressione che prendano gli stessi peperoni di Carmagnola che vent’anni fa ti tiravano dietro al mercato, li rinominino “peperone quadrato giallo del Presidio Slow Food” e te li vendano a quattro volte tanto; e non credo che questo sia nè etico nè eco-compatibile nè “un altro mondo possibile”, nè, perdipiù, meriti il flusso di soldi pubblici e collettivi (ieri c’erano enormi stand della Regione Piemonte e del Sanpaolo) che i politici destinano a queste operazioni.

Comunque, supponiamo pure che le acciughe di Slow Food, per essere così buone (come oggettivamente sono), abbiano costi di produzione tali da dover raddoppiare o quadruplicare il prezzo rispetto a quelle da supermercato. Il risultato è una produzione che è alla portata di una fascia limitata della società, insomma dei ricchi o perlomeno dei single in carriera con tanti soldi da spendere, come me. Certo non della famiglia con i figli da far crescere, e difatti ieri si vedeva tanta gente che si avvicinava agli stand, assaggiava, chiedeva il prezzo e scappava.

Filosoficamente, Slow Food è diventata una operazione aristocratica, che secondo gli schemi classici si definirebbe “di destra”; concentrata sul produrre cibo di gran pregio per chi può permetterselo, cioè una parte molto ridotta della società, quella dominante. L’operaio di Mirafiori o il nuovo schiavo dei call center certo non va a mangiare regolarmente nelle Osterie d’Italia e non compra i formaggi da trenta euro al chilo, nè i cioccolatini di Gobino da quindici euro a scatolina sugli scaffali di Eataly.

Confrontate questo modello con la bevanda più democratica del mondo, la Coca Cola: sarà americana e insalubre e tutto il resto, ma costa poco ed è uguale per tutti; anche se sei ricco, non puoi avere una Coca Cola migliore di quella del barbone sdraiato sul marciapiede. Sarà che ciò si può fare solo abbassando il livello, insomma producendo schifezze; eppure, dal punto di vista sociale, se fatto con cibo di qualità, sarebbe uno scenario molto più meritorio.

Io credo insomma che tutto questo movimento andrebbe sostenuto, anche dal pubblico, se lo scopo fosse quello di migliorare la qualità del cibo che le persone normali mangiano ogni giorno; se invece, come è ora, lo scopo è quello di produrre cibo molto ricercato per i ricchi, credo che dovrebbero farlo pagare interamente ai ricchi, senza chiedere appoggi pubblici, senza presentarcelo come il futuro progressista e alternativo, e senza utilizzare presunti principi etici come slogan pubblicitari.

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sabato 22 Settembre 2007, 13:00

Mors tua

Stamattina mi sono reso conto di quanto entrare nel gorgo del ristrutturare casa deformi i principi etici e morali che regolano normalmente le nostre vite; e di come l’ambiente urbano spinga a una lotta per la sopravvivenza continua, che non guarda in faccia a nessuno.

Infatti, sono andato per un momento nella casa nuova, per prendere alcune misure, e sono stato sorpreso di trovare il portone sommerso da corone di fiori e drappi viola, con tanto di tavolino e libro delle firme sul marciapiede accanto all’aiuola. Pare che una delle vecchiette del palazzo sia mancata improvvisamente. Non la conoscevo, ma mi è dispiaciuto.

Tuttavia, quando dopo pochi minuti sono ridisceso e uscito dal portone, il marciapiede era pieno dei parenti della defunta, vestiti di scuro, con mazzi di fiori in mano, davanti al carro funebre.

E allora non è bello che io abbia anche solo pensato di fermarne qualcuno, e di chiedere: “Scusi, la signora aveva un box, e in tal caso lo vendete?”

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venerdì 21 Settembre 2007, 10:06

Folgorati sulla via di Bologna

Ieri sera, senza volerlo, mi sono ritrovato davanti alla nuova puntata di Annozero, che, ho scoperto, era interamente dedicata al V-Day; in pratica, mandati a letto i bambini, hanno mandato in onda quasi per intero il discorso di Beppe Grillo a Bologna, accompagnato dai commenti nello studio, dove buona parte degli ospiti – Travaglio e Sabina Guzzanti – erano figure ormai arruolate nel grillismo.

Sapete che di Grillo ho spesso pensato male: che – oltre a farsi un mucchio di soldi – mescoli temi ottimi a demagogia d’accatto, che critichi tutto e tutti indistintamente e con scarsa propensione alle proposte, e che ultimamente abbia anche avuto una svolta violenta, almeno a parole, che rischia di essere la scintilla in una polveriera molto più estesa di quel che ci immaginiamo.

Tutta questa impressione però è cambiata ieri, dopo che ho potuto sentire il discorso quasi per intero proprio grazie a Santoro (che per averlo trasmesso, credo, sarà presto fucilato). Vi raccomando di farlo anche voi: lo trovate a pezzetti su Youtube, ad esempio, qui, qui, qui e qui; basta una mezz’oretta. Mi sono reso conto di come l’immagine che di Grillo diano i media sia molto più distorta di quel che dovrebbe. Alla fine, le cose che ha detto Grillo a Bologna mi sembrano ampiamente condivisibili.

Persino il presunto “attacco a Marco Biagi” (o meglio, alla legge Biagi, una legge scritta da Maroni e Berlusconi su cui poi è stato appiccicato il santino per difenderla dalle critiche) si è rivelato essere una semplice osservazione sul fatto che la legge vada cambiata in modo da scoraggiare il precariato; e qui, anche i sostenitori di una sana (ma non sregolata) economia di mercato, come il sottoscritto, non possono che essere d’accordo.

Ma la cosa più importante è come Grillo inquadri la crisi nel modo giusto: come una crisi generazionale, un problema di vecchiaia. Fa gli stessi esempi, su Sgarbi che non sa cosa sia un indirizzo email e sui computer paleolitici dei palazzi romani, che potrei fare io, per la mia esperienza diretta. Ha capito che il problema, più ancora dell’atteggiamento da casta, è la vecchiaia intrinseca, l’obsolescenza della nostra classe dirigente. Più di tutti, ha capito che Internet è la risposta, non in quanto strumento tecnologico, ma in quanto piattaforma che permette alle persone di parlarsi e di organizzarsi autonomamente, senza passare da controlli centrali. In pratica, pensa le stesse cose che penso io.

Certo, resta il problema di dove porti tutto questo. In un certo senso, Grillo lancia il sasso ma nasconde la mano, non volendo diventare un soggetto politico. Grillo, però, non crea la crisi, ne è solo il messaggero; e la crisi c’è, è sempre più evidente, non si trova più un solo italiano, a parte Prodi e Napolitano, che pensino che l’Italia non sia in un momento di totale emergenza.

Io credo proprio che siamo vicini a un punto di svolta, se persino un’algida ventenne altoborghese come Beatrice Borromeo, di fronte al solito inguardabile giovane sinistrogiovanile che propone il Partito Democratico come fonte di democrazia e che sarà cugino chissà a chi, perde la pazienza e lo aggredisce ruggendo, dicendogli in pratica “ma chi cazzo sei e cosa stai a dire”. Il tutto chiosato da Vauro con la seguente vignetta:

Politico: “Non basta un Vaffanculo day!”
Cittadino: “Allora andate affanculo every day!”

Il clima questo è; un clima di rivolta che sta diventando aperta. Ora, è vero che il populismo di un Grillo può aprire la strada a svolte autoritarie? Forse. E’ vero che l’ultima volta che c’è stata una crisi del genere si è aperta la strada a vent’anni di P2 al potere? Vero. E’ vero che la penultima volta è arrivato Mussolini? Vero.

Tutto questo, però, significa soltanto che alle piazze di Grillo si debba dare una risposta credibile, la quale però non può arrivare dalla classe politica attuale, che – pur con tante ma marginali eccezioni – non è più in grado di uscire dal palazzo, nè di capire l’Italia e il mondo, nè di comprendere anche solo il concetto di etica pubblica. Sta a tutte quelle persone che sono ancora nel mezzo, che vedono il limite del populismo ma anche la marcescenza delle istituzioni italiane, spingere questa crisi verso un esito positivo; trasformarla da protesta violenta, a parole se non nei fatti, in proposta rinnovatrice.

Io però rimetto l’accento sul fattore nuovo: Internet. L’esclamazione di Grillo di voler distruggere i partiti è figlia della rete: perché in rete le forme di aggregazione sono nuove e tante e dirette, e anche l’intermediazione dei partiti – che peraltro hanno già da trent’anni perso la funzione di creatori del pensiero politico, trasformandosi in macchine di marketing e controllo – diventa in buona misura superflua. Solo uno che non ha capito la rete può pensare che l’eliminazione dei partiti sia necessariamente una proposta fascista; e difatti, proprio così l’hanno interpretata i commentatori perbene, da Scalfari in giù. Tutti da sessant’anni in su, tutti probabilmente incapaci di accendere un computer, figuriamoci capire cosa sia un meetup.

Invece, la politica in futuro sarà glocale e virtuale come tutto il resto; centrata in azioni locali su problemi concreti, e coordinata online; fatta di masse sotterranee che si manifestano improvvisamente attorno a un sito, a una campagna, a una raccolta di firme; una flash mob elettorale che colpisce duro quando meno te l’aspetti, ma che non è disposta a delegare niente a nessuno, tantomeno a un proprio dipendente come appunto dovrebbero essere i politici. Questo, credo, è lo scenario che ha in mente Grillo; ed è molto più moderno di qualsiasi altra cosa sia mai stata pensata per il futuro dell’Italia.

Resta però il problema di come riuscire a trasformare la crisi di rabbia collettiva di Bologna – per ora centrata su una serie di no, santissimi ma pur sempre distruttivi: no ai pregiudicati, no ai politici di professione, no alle liste bloccate – in una proposta costruttiva, facendola evolvere secondo le regole della democrazia, prima che si possa trasformare in una protesta di piazza incontrollabile, da cui chiunque, Grillo compreso, sarebbe disarcionato.

Bene, Beppe Grillo è un fenomeno creato dalla rete; è anche lui un nostro dipendente. Usiamolo. Perché alla fine il messaggio fondamentale di tutto questo – che Grillo peraltro ha capito, e ha lanciato esplicitamente – è che è ora che ognuno di noi si riprenda un pezzo importante della propria vita: quello pubblico. Ciascuno di noi fa politica tutti i giorni, nelle scelte economiche, nello stile di vita, nelle cose che dice agli amici o che scrive sul proprio blog. La fa ancora di più se sceglie di non farla.

E quindi, in prima persona, riprendiamoci l’Italia.

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giovedì 20 Settembre 2007, 15:04

Beep! Domanda sbagliata

Nel caso ve le siate perse, ecco le domande da non fare al senatore Kerry, ex candidato democratico alla Casa Bianca nel 2004, sconfitto da Bush:

“Vari libri dicono che lei avrebbe effettivamente vinto le elezioni del 2004. Il giorno delle elezioni, ci furono molte segnalazioni di elettori neri mandati via dai seggi. Ci fuorno anche segnalazioni di risultati che diminuivano invece di aumentare. Davanti a tutte queste segnalazioni di brogli, come mai lei ha immediatamente concesso l’elezione quella sera stessa? Voleva veramente diventare Presidente?” [Ndr – In America è uso che il candidato perdente “conceda” l’elezione ritirandosi formalmente prima della fine del conteggio ufficiale, quando i risultati sono sicuri.]

“Lei è contro l’invasione dell’Iran, dunque perchè non cacciamo Bush prima che possa invadere l’Iran? Clinton fu cacciato per cosa: un pompino! quindi perchè non chiede di cacciare Bush?”

“Infine, lei è stato un membro di Skull and Bones? E’ stato un membro della stessa società segreta di Bush?” [Ndr – Si tratta di una loggia massonica dell’università di Yale di cui Bush è notoriamente stato membro]

Dunque, se per caso farete in pubblico queste domande, turbati dalla possibilità che i democratici e i repubblicani siano sotto sotto ben contenti di spartirsi allegramente il potere sullo stato più ricco ed armato al mondo, questo è ciò che vi succederà:

Auguri.

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mercoledì 19 Settembre 2007, 23:59

Vita milanese

Oggi, durante un giro a Milano per riunioni, ho scoperto un paio di altre perle su quanto sia piacevole vivere in codesta città.

Ad esempio, avendo dieci minuti liberi in pieno centro, ho fatto un giro dentro al Duomo; molto bello, ma si viene subito colpiti dall’abbondanza di cartelli che con tono perentorio intimano “Silenzio!”, “Di qua!”, “Vietato entrare!”… insomma, non si ha esattamente la sensazione di essere benvenuti.

Ma la cosa più interessante è stato entrare nella stazione della metro e fermarmi davanti a un distributore di cibarie (sì, ogni tanto lo faccio): davanti a me un ragazzino stava armeggiando con le mani dentro la cassetta dove si ritira il prodotto acquistato. Ho pensato che stesse cercando di rubare qualcosa, oppure che fosse semplicemente molto impedito. Alla fine, dopo un minuto buono di sforzi erculei, il ragazzino ha estratto la sua bibita e se ne è andato; al che io ho comprato la mia, ho infilato le mani nella cassetta per prenderla, e… ho scoperto che, presumibilmente per paura dei furti, questa macchinetta era stata modificata in modo che l’apertura della cassetta facesse scendere una paratia di ferro proprio sulle mani del cliente, bloccandole contro la parete. Effettivamente l’unico modo per prendere il prodotto acquistato era dimenarsi in ogni modo, con le mani schiacciate in una fessura di un centimetro, cercando di afferrare l’acquisto con la punta delle dita e poi di deformarlo in modo da farlo passare nella fessura.

O era una candid camera, o l’utente milanese è molto benvoluto dai suoi fornitori.

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