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giovedì 24 Febbraio 2022, 21:48

La fiaba cinese dell’orso sulla montagna

(dal grande libro delle fiabe di Luo Gen)

Molto tempo fa, in una terra lontana lontana, un orso viveva nella sua foresta sulla montagna. Era il re incontrastato di tutto quello che c’era nel bosco: tutti gli altri animali erano molto più deboli e si inchinavano a lui. Certo, nella foresta non c’era molto, e mentre lui viveva in una grotta mangiando quello che trovava, poteva vedere in fondo alla valle gli esseri umani nella loro città, con le loro case di mattoni riscaldate, le loro macchine veloci, i loro computer. Lui manco sapeva fare il fuoco con le pietre e gli stecchini, ma quella era la sua foresta, e lui ci viveva bene.

Dopo un po’ di tempo, però, gli umani ebbero bisogno di spazio. Aspettarono il momento in cui l’orso era in letargo e cominciarono a tagliare la parte più bassa della foresta. Quando l’orso si risvegliò, vide che la sua foresta era più piccola, e che al posto del grande albero in fondo alla valle su cui andava spesso a cagare in santa pace c’erano ora delle villette. Gli animali che vivevano attorno a quell’albero erano ora gli animali di casa degli umani nelle villette, e sembravano più grassi e più contenti di prima. Quando si affacciavano, dicevano all’orso e agli animali rimasti nella foresta: qui si sta molto meglio eh! Per fortuna che non siamo più nella foresta.

Venne un altro inverno, un altro letargo: e la foresta dell’orso si ridusse ulteriormente. Ogni anno il progresso degli umani abbatteva un po’ di alberi e cancellava il mondo primordiale in cui l’orso aveva vissuto; ogni anno la foresta rimasta era più piccola e triste e l’orso aveva meno spazio per andare a cagare in santa pace. Non solo: gli animali rimasti in quel piccolo pezzo di foresta cominciarono a non rispettare più l’orso. I loro amici ora vivevano tutti in comode cucce, avevano da mangiare e un futuro felice davanti. Anche loro volevano andarsene dalla foresta.

Infine, arrivò l’ultimo inverno. Quando l’orso si risvegliò, praticamente la foresta non c’era più; la città degli umani era arrivata fin quasi davanti alla sua grotta. Era chiuso in un angolo: vedeva gli umani lì pronti con escavatori, motoseghe, ruspe, betoniere, a tagliare gli ultimi alberi, murarlo dentro alla sua grotta e trasformare anche il suo ultimo spazio vitale in una nuova periferia della loro città, piena di supermercati e concessionari di auto elettriche.

Come tutti gli animali chiusi in un angolo, l’orso si infuriò e si fece più grosso che poteva, anche più grosso di quello che era, minacciando di entrare nelle loro nuove villette e cagare in santa pace proprio al centro dei loro televisori 65 pollici. Cercò di spaventarli perché andassero via, e per cominciare prese a spaccare tutti i vetri delle villette tirando tutte le pietre che gli erano rimaste.

Gli umani si risentirono molto. Loro non avevano torto un capello a quell’orso; avevano semplicemente dato una casa agli altri animali della foresta, stufi di stare al freddo a mangiare bacche con lui. Loro erano i protettori dei diritti degli animali che quell’orso aveva maltrattato per secoli; avevano portato in quelle lande progresso e conoscenza. Perché adesso quell’orso li attaccava? Era veramente cattivo. Che ragionamento aveva mai fatto? Quali erano le sue vere intenzioni? Voleva davvero spaccargli tutte le villette?

Fu proprio allora, con una magia, che il dio degli animali benedì l’orso e gli diede il dono della parola, affinché l’orso potesse finalmente spiegare le sue azioni.

Così l’orso guardò negli occhi gli immobiliaristi davanti a lui e con la bava alla bocca gli disse: “Ma porco Zeus, sono un orso di duecento chili con l’uccello grosso e il cervello piccolo, per trent’anni mi avete demolito la foresta e mi avete chiuso in un angolo, che cazzo vi aspettavate che facessi?”

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sabato 22 Gennaio 2022, 12:20

Giovani illuminati

Credo di non ripostare mai abbastanza spesso questo brano e video degli Eugenio in Via Di Gioia, che dopo quasi cinque anni inopinatamente ha ancora meno di un milione di visualizzazioni. Una piccola odissea di tre minuti scritta e musicata benissimo, il miglior video sul vuoto di senso della società digitale, il miglior video su Torino, il miglior video sul viaggiare, il miglior video sul vuoto di senso del viaggiare a rotta di collo dappertutto, nel mondo reale e in quello virtuale, per non andare mai da nessuna parte.

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venerdì 14 Gennaio 2022, 20:54

Problemi di seconda generazione

Dieci o venti anni fa, qualcuno deve aver pensato che – invece di affrontarli con fermezza tirando delle righe e facendole rispettare, che oddio è razzismo e colonialismo culturale – fosse possibile mettere sotto il tappeto i problemi dell’immigrazione, in primis il problema drammatico dell’integrazione di una cultura arcaica e patriarcale come quella di molte famiglie del Nord Africa, creando un bel ghetto circoscritto alla zona tra Porta Palazzo e il trincerone di via Gottardo e poi disinteressandosene il più possibile, contando che da lì i problemi non sarebbero mai usciti.

Come risultato, dal portone del Municipio fino al fondo della Barca adesso abbiamo una vera banlieue parigina, con “italiani” ventenni e trentenni di seconda generazione, tutti palestrati e vestiti firmati con chissà quali soldi, che passano il tempo (dicono gli inquirenti) a palpeggiare turiste in gruppo in piazza Duomo a Milano o a buttare giù dal balcone i figli altrui, quindi figliastri, delle donne che frequentano; giovani a cui della religione islamica, di cui spesso non potrebbe fregargli di meno, non sono nemmeno rimasti addosso più i principi e i vincoli, ma solo la mentalità del maschio padrone.

Ovviamente non tutti i giovani di seconda generazione e non tutti gli abitanti di quelle zone sono così, anzi quasi tutti non lo sono, come non lo sono nelle banlieue parigine. Ovviamente non è che gli italiani di millesima generazione siano tutti dei campioni di femminismo, anzi gli episodi non mancano. Ovviamente nemmeno i ghetti sono una cosa nuova, e quarant’anni fa, quando l’immigrazione era quella meridionale, magari si sarebbe parlato delle Vallette o di via Artom.

Eppure, già dopo i saccheggi di gruppo nei negozi di via Roma dello scorso marzo, un’altra scena che pensavamo possibile solo a Parigi o a Los Angeles, ci si era chiesti come evitare la prevedibile futura escalation di degrado privato e crimini di gruppo, con la trasformazione di molte parti di Torino nord in un gigantesco Molenbeek in cui la polizia non ha nemmeno più il coraggio di entrare, da cui nel fine settimana escono le bande e tanto per fare qualcosa vanno a picchiare i ragazzini di buona famiglia in centro per derubarli, cosa ormai data talmente per scontata che i giornali non ci fanno nemmeno più gli articoli.

La risposta non ce l’ha nessuno e non ce l’ho nemmeno io, anche se probabilmente passa per un faticoso mix di educazione, pugno duro e costruzione di alternative, ma la sensazione è che il tempo stia rapidamente scadendo.

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venerdì 31 Dicembre 2021, 14:03

La logica della follia

Ieri sera sono andato a fare la spesa – ad Aosta, non in una metropoli tentacolare – e ho avuto la netta percezione che il deterioramento della salute mentale media della popolazione abbia fatto un altro salto in avanti.

Non parlo tanto di no vax (ci arriveremo tra un attimo), ma proprio dell’italiano medio. Dentro il supermercato ho assistito a scene di gente che faceva a sportellate col carrello per arrivare prima a una scatoletta di tonno, con tanto di commentini passivo-aggressivi ad alta voce di chi era arrivato secondo, e addirittura a due signore che sono arrivate quasi a mettersi le mani addosso perché una sosteneva che l’altra, non si capisce perché, le avesse fregato il carrello già mezzo pieno per poi cominciare a metterci dentro anche la sua spesa. Fuori, in venti chilometri di statale ho visto altrettante sportellate e manovre assurde per guadagnare una posizione in una fila di auto tutte alla stessa velocità; uno ha anche inchiodato per poi cambiare corsia e mettersi dietro a un altro a fargli i fari per chissà quale torto, per poi rientrare di botto nella sua corsia e svoltare a destra.

Comunque, oggi su Repubblica c’è, per una volta, un articolo del genere letterario “era no vax ed è morto di covid”, attualmente molto in voga, che vale la pena di leggere. E’ l’intervista a un figlio di padre morto che racconta molto bene come funziona questo impazzimento collettivo, che per alcuni si conclude solo con le sportellate per strada, mentre per altri si conclude con la negazione della pandemia e/o della scienza.

La storia è sempre la stessa: il padre non si vaccina, quando si ammala dice che è solo un’influenza e non si cura, poi quando peggiora rifiuta di andare in ospedale perché vuole farsi da solo (“medico di se stesso”) le famose “cure domiciliari”, poi quando lo portano in ospedale a forza perché la famiglia chiama il 118 lui intima ai medici di non intubarlo e chiede il modulo da firmare per rifiutare le cure, e infine muore in poche ore. Questa è la spiegazione che dà il figlio che fino all’ultimo ha cercato di convincerlo a farsi curare: è la dimostrazione che spesso il rifiuto della pandemia è folle, ma non è privo di logica, ed è anzi la conseguenza diretta del modo in cui la persona ha subito l’impatto della pandemia.

Era davvero un No Vax così radicale?

“No, non lo è mai stato. La prova è che noi figli siamo tutti vaccinati. Mio padre era un agente di commercio, vendeva alimenti a bar, ristoranti, hotel. Lui ha patito pesantemente il periodo della pandemia. Prima gli hanno impedito di lavorare, poi hanno chiuso i locali, poi l’hanno risarcito tardi e male. Aveva perso la fiducia nelle istituzioni, si era convinto che stessero tutelando qualche interesse occulto”

“Mio padre non era un ignorante, o un egoista. È stato a lui ad insegnarci il valore del sacrificio sul lavoro, del rispetto per il prossimo, soprattutto per i più deboli. Ce l’hanno invidiato in tanti, il mio papà”.

Vi siete dati una spiegazione per questo suo atteggiamento nei confronti della pandemia?

“È difficile capire cosa passa per la testa di una persona. Lui è sempre stato così forte, non ha mai saltato il lavoro nemmeno un giorno, neanche quando stava male. Trovarsi fermo, senza guadagni, con le mani legate, credo l’abbia completamente destabilizzato”

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martedì 12 Ottobre 2021, 14:02

ITA, a sprezzo del pericolo

Oggi ho deciso di fare qualcosa di pericoloso. Più pericoloso che andare con le sciarpe del Toro fuori dalla curva dei gobbi in un derby (fatto, da ragazzo). Più pericoloso che volare per mezz’ora su un aereo quattro posti delle dimensioni di una vasca da bagno e atterrare su un prato (fatto, in Nuova Zelanda). Più pericoloso che sfidare un lancio di centinaia di lacrimogeni in un bosco (fatto, in Valsusa). Oggi voglio comprare un biglietto per un volo ITA, la nuova Alitalia.

Ma è quasi impossibile.

Cioè, trovare il sito Alitalia è facile, ma io non comprerei un biglietto aereo sul sito di una compagnia in liquidazione che tra tre giorni chiude, o da un intermediario che ha ancora i vecchi orari nel database: per evitare qualsiasi rischio che poi mi scrivano che ho contribuito a finanziare il dissesto della vecchia compagnia e forse tra un anno mi daranno un voucher, voglio comprarlo direttamente dalla nuova società sul suo sito.

Ma il sito ITA è introvabile. Provateci: se scrivete “ita”, “ita compagnia aerea”, “ita sito” su Google, non trovate niente. Trovate il sito di Alitalia, il sito di un ITA Group che non c’entra niente, il sito di Italiavola (rivista di settore), milioni di articoli che parlano di ITA, insistendo vengono fuori pure Vueling e Air France, ma ITA no.

Del resto, se sei una nuova compagnia aerea che tra tre giorni deve già far volare aerei possibilmente pieni in un mercato competitivo, perché preoccuparsi di avere un nome che faciliti le ricerche, un dominio sensato, un sito funzionante e immediatamente raggiungibile e tutta la SEO al suo posto?

Quindi ve lo linko io per pietà: il sito di ITA sta sul dominio itaspa.com. Già me li vedo gli americani a capire cosa c’entrino gli aerei di linea con i centri benessere… Che poi, di fatto è il sito Alitalia col logo cambiato. Non c’è che dire, sarà un successo.

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domenica 10 Ottobre 2021, 10:02

I no vax non esistono

Ieri, 9 ottobre 2021, ci sono stati 2748 nuovi casi di coronavirus. Un anno fa, 9 ottobre 2020, i casi furono 5372, praticamente il doppio. E’ un confronto che non ha alcun senso, ma dato che per tutta l’estate i no vax ce l’hanno menata che “l’anno scorso senza i vaccini c’erano molti meno casi”, sarebbe interessante sapere cosa direbbero oggi.

Sarebbe, perché di no vax, alla fine, non ce ne sono quasi più. Fanno molto rumore, vanno dietro ai fascisti e spaccano tutto, vogliono occupare il Parlamento come i seguaci di Trump, anche se poi non saprebbero cosa farsene; ma sono pochi. L’80% degli italiani sopra i 12 anni è vaccinato, e molti di quelli che mancano sono persone che non hanno voglia, che vivono fuori dal mondo, che non lavorano (o lavorano in nero) né vanno al ristorante (quindi il pass non gli serve) o che, furbescamente, preferiscono mandare avanti gli altri a vaccinarsi perché non si sa mai.

Invece, quelli che insistono a vaneggiare parlando a sproposito di dittatura sanitaria sono veramente pochi, e sono ogni giorno di meno. Vivono in una realtà parallela che esiste solo grazie ai social e ai loro cinici modelli di business, una realtà inesistente in cui ci sono popoli in rivolta contro Draghi e Bill Gates, autostrade bloccate da file di camionisti no vax, polizie assassine al soldo di Big Pharma, costituzioni scritte dal Corrado Guzzanti della “casa delle libertà di fare un po’ come cazzo ci pare”. E’, essenzialmente, una psicosi collettiva legata al rifiuto di una realtà frustrante, su cui si scriveranno a lungo nuovi trattati di psichiatria.

Nel frattempo, il resto degli italiani si è vaccinato mesi fa e ora pensa a ricominciare a vivere, mentre i cinema, gli stadi e le discoteche riaprono e i ristoranti sono sempre più pieni. Tutto questo grazie ai vaccini, che hanno permesso che l’ondata puntualmente ripartita in estate, a differenza dell’anno scorso, si esaurisse in poche settimane; altrimenti, adesso saremmo qui come nel 2020 a parlare di scuole chiuse, regioni rosse e prossimi lockdown.

Non è comunque ancora tempo di festeggiare e di abbassare la guardia, perché nuove ondate sono sempre possibili, man mano che arriva l’inverno e l’efficacia delle vaccinazioni cala. C’è sempre il rischio di nuove varianti, ci sarà una terza dose per molti o magari per tutti. Soprattutto, ci sarà probabilmente una crisi economica, nessuno sa quanto intensa, collegata alla ripresa della domanda e ai problemi del clima. Ci saranno ancora proteste di piazza, anche significative. Non si può abbassare la guardia.

Ma essere almeno un po’ contenti e un po’ ottimisti, in una bella domenica d’autunno, mi pare del tutto giustificato.

(P.S. Prima che lo dica qualcuno a sproposito: rispetto a un anno fa abbiamo meno casi, ma abbiamo ancora più morti; è normale, perché i morti seguono l’andamento dei casi con diverse settimane di ritardo, e noi adesso veniamo da una ondata che scende, mentre un anno fa l’ondata era in piena ascesa. Tra poco tempo anche i numeri dei morti del 2020 saranno ben superiori a quelli di quest’anno.)

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martedì 5 Ottobre 2021, 08:09

Elezioni Torino 2021: risultati e commenti

Per prima cosa le informazioni utili, cioè la composizione del nuovo consiglio comunale di Torino salvo errori, omissioni e probabili ricorsi.

Se vince Lo Russo: centrosinistra 25 seggi (Lo Russo, PD 17, Lista Lo Russo 2, Sinistra Ecologista 2, Moderati 2, Lista Tresso 1), centrodestra 13 seggi (Damilano, Lista Damilano 4, FdI 3, Lega 3, Forza Italia 2), M5S 3 seggi (Sganga, M5S 2).

Se vince Damilano: centrodestra 25 seggi (Damilano, Lista Damilano 7, FdI 7, Lega 7, Forza Italia 3), centrosinistra 14 seggi (Lo Russo, PD 10, Lista Lo Russo 1, Moderati 1, Sinistra Ecologista 1), M5S 2 seggi (Sganga, M5S 1).

Poi i commenti: a parte i bestemmioni per Viale che resta fuori per un centinaio di voti di lista e per otto preferenze, è la giornata in cui perdono tutti tranne Lo Russo, anche se c’è ancora da giocare il secondo tempo e sarà il ballottaggio a confermare o ribaltare il risultato.

Pessima (mi scusino loro, anche se apprezzo comunque il tentativo e la fiducia in se stessi) la performance della “alternativa interna”: dopo aver strascicato le balle per mesi che Salizzoni, Tresso e persino Topolino avrebbero fatto meglio di Lo Russo come candidato sindaco e che con lui la sconfitta era certa, Lo Russo al primo turno lascia indietro Damilano di quasi cinque punti (e di quindicimila voti) ma loro portano la miseria di ottomila voti scarsi, facendo peggio di qualsiasi altra lista del centrosinistra tranne i superstiti di Articolo Uno; persino i Moderati gli danno la pasta. Lo Russo sarebbe stato primo anche senza di loro, ma siccome è intelligente, eviterà di umiliarli perché al ballottaggio ogni voto conta e non è il momento delle ripicche.

Brutta anche la performance della Lega, che arriva addirittura terza nel centrodestra, dove a vincere a sorpresa è la lista Damilano – un bel segnale per Salvini e Meloni, tipo “meno vi fate vedere a Torino e meglio è”. Mi spiace per Mecu Beccaria che raccoglie 160 voti in tutto e resta lontanissimo dall’elezione; direi che il popolo granata non se l’è filato proprio.

Complimenti invece a Enzo Liardo, un democristiano tra gli (ex?) fascisti che fa il record di preferenze del centrodestra, oltre 1700, e sono tutte meritate. Certo immagino le teste di cavallo che gli faranno trovare i suoi nuovi amici.

Un abbraccio di cuore al mio amico Davide Ricca, la cui operazione Progresso Torino è stata un discreto disastro (0,75%), ma non poteva essere altrimenti, e comunque lui non si merita tutto questo. Conta anche il fatto che il peso elettorale delle madamine Sì Tav, come ampiamente prevedibile, richiede un microscopio per essere trovato. Unica consolazione, Giachino ha fatto pure peggio.

Tra i minori, mi spiace per D’Orsi; come al solito, se i comunisti si presentassero uniti invece che divisi in cinquanta liste eleggerebbero almeno un consigliere, e invece così tutti fuori. La stessa cosa, ma stavolta per fortuna, si può dire dei no vax; ammetto che Mattei non è andato male, il due per cento non è pochissimo, ma comunque è rimasto lontano dalla soglia dell’elezione.

E poi… c’è il M5S. Voi penserete che io stia aspettando questo momento da cinque anni, e invece no, sono solo senza parole: già il 10% sarebbe stato un disastro, ma Sganga si ferma al 9 pulito e la lista addirittura arriva a stento all’8, rispetto al 30 per cento di cinque anni fa. Non voglio dire, ma se io nel 2011, da sconosciuto con seimila euro di budget, portai a casa 22.500 voti da sindaco e 21.000 voti di lista, e Sganga, da erede della sindaca uscente e primo partito in parlamento con visibilità su tutti i media, si ferma a 28.500 e 24.000, forse qualche problemino c’è.

Alle elezioni si raccoglie ciò che si è seminato e se evidentemente io e Chiara per cinque anni avevamo seminato bene, Chiara e il suo stormo di 24 consiglieri in questi cinque anni hanno solo seminato delusione. Come giudicare gente che per cinque anni è stata presidente di commissione, vicepresidente di consiglio, coinvolta in maggioranza in questa e quella vicenda in cui avrebbe avuto opportunità per servire i cittadini, risolvere problemi e raccogliere poi la gratitudine alle urne, e invece si ripresenta e prende 80, 50, 40 preferenze? Se neanche i tuoi parenti ti hanno rivotato vuol dire che hai fatto davvero disastri.

Complimenti però a Tea Castiglione, che a sorpresa straccia tutti tranne il capolista e fa vedere agli altri come si fa bene il consigliere, persino in una circoscrizione; se vince Lo Russo entrerà in consiglio comunale. E complimenti anche a Albano e Iaria che pur non entrando sono gli unici che si salvano un po’. Per il resto, spero di vedere un po’ di autocritica e magari le scuse alla città per una figura di emme epocale, e per una grossa opportunità storica gettata alle ortiche.

Per il resto, vedremo: l’unico modo in cui Lo Russo può perdere è che si scateni una ondata popolare di “chiunque ma non il PD” che riporti alle urne chi stavolta è stato a casa. Però non è più il 2016; in politica i pendoli ritornano, e dopo aver provato sulla propria pelle l’alternativa, secondo me a questo giro tanta gente penserà “alla fin fine a Torino il centrosinistra, turandosi il naso, è il meno peggio di tutti”, che poi è quel che penso io da un po’. Lo Russo invece deve addormentare la partita e conservare l’1-0 che ha adesso, e spero che ce la farà. Ma che non faccia apparentamenti, eh!

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mercoledì 29 Settembre 2021, 20:32

Il cambiamento climatico è grave, ma non è serio

Il riscaldamento globale è un fenomeno epocale, per cui epocali sono anche le buffonate che lo accompagnano.

E’ una buffonata il mega incontro e manifestazione di giovani che discutono – capeggiati da una ragazzina autistica a cui però adesso hanno affiancato un’africana, perché donna e disabile sì ma se non sei nera non sei comunque abbastanza politicamente corretta – e dopo giorni di ponderazioni partoriscono come unico risultato “fate subito qualcosa, è colpa vostra”. Ed è ovviamente una buffonata anche maggiore la gara dei politici a farsi fotografare colorandosi di verde, ben sapendo che tanto poi la cosa finirà lì.

Infatti, il riscaldamento globale è un problema che l’umanità non può né affrontare né risolvere. Intanto, tre quarti dell’umanità – Cina in testa – ha altre priorità ben più urgenti, principalmente legate al mettere insieme il pranzo con la cena; le riduzioni che potremmo fare noi “ricchi” sarebbero contemporaneamente troppo limitate per cambiare il trend e troppo impattanti sulla nostra economia.

Alla fine, nessuno sa esattamente se e quando una eventuale catastrofe climatica spazzerà via gran parte dell’umanità, ma se così è, tale catastrofe è inevitabile perché l’umanità per definizione non è in grado di prendere decisioni coordinate, specialmente decisioni che siano molto penalizzanti ora per avere effetti nel lungo termine. E infatti, i mega summit mondiali si concludono per forza con dichiarazioni cosmetiche e qualche vago impegno a vent’anni, che tanto sarà disatteso fin che la tecnologia non lo renderà possibile senza sforzo, perché nessun politico vuole perdere consenso imponendo sacrifici.

Inoltre non sapremmo nemmeno che decisioni prendere: stiamo tutti chiusi in casa per non generare emissioni? Mangiamo solo erba? Dormiamo al freddo? In gran parte, le tecnologie alternative per mantenere uno stile di vita più o meno simile all’attuale costano di più e non sono ancora disponibili su una scala di massa; e comunque, a parte una minoranza di stoici votati al sacrificio, la maggior parte dell’umanità non è interessata a cambiare il proprio stile di vita, e al massimo può accettare la sostituzione di una tecnologia con un’altra più ecologica, purché non costi troppo.

L’unica vera speranza sta dunque nel naturale progresso tecnologico. Se esso sarà insufficiente e se dunque gli stili di vita cambieranno, sarà perché la popolazione vi sarà costretta con la forza – quella delle armi, quella dei soldi o quella della natura. In attesa di quel momento, e dell’inevitabile scontro violento che genererà, possiamo al massimo chiacchierare sui social.

(P.S. per chiarezza: io differenzio religiosamente l’immondizia da vent’anni, vado a piedi o in bici quando posso, ho migliorato energeticamente il mio appartamento eccetera; dovrebbero farlo tutti. Il problema è che queste ormai sono piccole cose che non fanno alcuna vera differenza sul trend climatico.)

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venerdì 3 Settembre 2021, 13:38

Se Cacciari non sa leggere e far di conto

Caro direttore de La Stampa,

diversi contatti no vax hanno fatto apparire sotto i miei occhi il testo di un nuovo editoriale sul covid del filosofo Massimo Cacciari che lei pubblica oggi. Naturalmente ogni opinione è legittima e benvenuta, ma trovo diverse affermazioni del suddetto editoriale talmente assurde da meritare una dettagliata risposta.

Intanto, Cacciari inizia lamentandosi che lui e l’amico Agamben, oltre alle ovvie “centinaia e centinaia di lettere di stima e comprensione anche da parte di medici e giuristi” (ça va sans dire), hanno ricevuto in questi giorni “scriteriati attacchi”. Dopo un generale appello alla discussione democratica, Cacciari li sostanzia: “insulti e vaneggiamenti di chi mi ha trattato come un no-vax trumpiano anti-scientifico”. L’intero editoriale trasuda in effetti un senso di lesa maestà che Cacciari prova nei confronti di chi gli ha fatto notare un fatto molto semplice, cioé che, ammantati di paroloni e di nobili richiami ai diritti umani, egli nelle ultime settimane non ha fatto che ripetere gli argomenti pretestuosi e complottisti degli antivaccinisti.

Vede, caro direttore, il problema è che Cacciari – tra un richiamo ai padri costituzionali e un lamento perché “nessuno pone mano alle necessarie riforme”, che fa sempre fine – toglie immediatamente ogni dubbio semplicemente riproponendo “socraticamente” le sue domande. Che sono, una per una, precise precise, le domande retoriche sparate a ripetizione da tutta la propaganda no vax sui social del Paese, talmente precise che sembra che Cacciari si abbeveri alla fonte del gruppo “BASTA DITTATURA” su Telegram. Sono anche domande a cui è stata data risposta fino alla noia, e non si capisce come Cacciari non abbia le risposte. Fortunatamente, il mio senso di empatia mi impone di essere gentile con gli anziani filosofi e di ripetere dunque puntualmente le cose.

1) “non è in contraddizione col regolamento UE 2021/953, che vietava ogni discriminazione, l’istituzione del Green Pass?”

No, non lo è, perché i non vaccinati possono semplicemente farsi un tampone, possibilmente pagandoselo, visto che è una loro scelta quella di rifiutare la vaccinazione offerta gratuitamente dallo Stato; e lo ha recentemente ribadito persino una decisione del TAR Lazio.

2) “non sembra che la possibilità di obbligare a trattamenti sanitari dipenda dal pieno «rispetto della persona umana»? Non pensano che conditio sine qua non perché di rispetto per qualcuno si possa parlare è che costui venga correttamente informato? Risulta loro di essere stati precisamente informati su andamento dell’epidemia, vaccino, vaccini, loro possibili conseguenze, ecc.? E da chi avrebbero potuto? Dai bugiardini dei Big Pharma in continua evoluzione? Navigando in rete tra diecimila notizie in contrasto?”

Ora, se Cacciari a 77 anni non ha imparato a distinguere una fonte scientifica da una pagina sgrammaticata su Facebook non è colpa nostra; dopo un anno e mezzo, le persone dotate di media intelligenza e di un minimo di discernimento sanno distinguere da sole la prima dalla seconda, e anche fare la tara ai titoli, purtroppo raramente precisi e spesso sensazionalistici, degli articoli di giornale. Se ci si affida alle fonti scientifiche, non ci sono “notizie in contrasto” se non la naturale evoluzione della conoscenza su un fenomeno nuovo, soggetto di ampia e febbrile ricerca.

Certo però che se Cacciari – che pure, per mestiere, dovrebbe sapere come funziona il metodo scientifico – non riesce a scegliere a cosa credere tra quanto scritto in un articolo su Nature e quanto affermato da noncielodicono.com, è un problema personale suo e al massimo di chi lo sta a sentire. Per il resto, tutte le fonti informative sono piene di dati e indicazioni da un anno e mezzo, con tanto di grafici in tempo reale e analisi stile previsioni del tempo, per cui sostenere che non ci sia abbastanza informazione sul covid è francamente ridicolo, specialmente scrivendo su un giornale.

Ma il peggio deve ancora venire con le domande successive, che dimostrano l’incapacità di Cacciari di comprendere scientificamente il problema di cui parla:

3) “vero o falso che in Israele, dove il tasso di vaccinazione è stato tra i più alti, il 60% dei nuovi ospedalizzati (quasi il 90% ultra sessantenne) ha avuto il vaccino, e che dati analoghi o quasi sembrano emergere un po’ dappertutto?”

E’ ovvio, come già spiegato infinite volte, che se quasi tutti gli anziani sono vaccinati anche quasi tutti gli anziani che si ammalano sono vaccinati. L’efficacia dei vaccini per il covid non è totale, ed è indubbiamente più bassa di quello che vorremmo, ma in linea con l’efficacia dei vaccini per altre malattie già sviluppati in passato. La questione se mai è se i vaccinati abbiano, a parità di età, condizioni di salute e quant’altro, meno probabilità di ammalarsi dei non vaccinati, e tutti i dati a nostra disposizione lo confermano. Il fatto che Cacciari non capisca una cosa così semplice fa pensare che abbia, come purtroppo gran parte della popolazione italiana, grossi problemi con la matematica e la statistica.

4) “nell’agosto di quest’anno rispetto a quello del 2020 sono aumentati contagiati, ricoverati, terapie intensive e decessi, malgrado la campagna di vaccinazione abbia già superato il 60%. Quanti di costoro sono stati vaccinati?”

Il fatto che quest’anno i numeri di casi siano superiori a quelli dell’anno scorso dipende – oltre che dall’infettività molto maggiore dell’attuale variante – dall’avere riaperto tutte le attività quando il numero di casi era il quadruplo di quello dell’anno scorso, e dopo lockdown ben meno rigidi. Questo peraltro è avvenuto anche per la pressione sociale di quelli che negano l’esistenza dell’epidemia o che ritengono che l’economia venga prima della salute, che tipicamente sono proprio quelli che adesso lamentano di avere così tanti casi… Per il resto, sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità si trova un comodo rapporto che dettaglia i casi dividendoli anche per stato di vaccinazione: basta usare Google.

5) “nessunissima ragione di allarme se anche a coloro che esibiscono il proprio Green Pass in numerosissimi casi (sulla base di quali criteri?) si richiede lo stesso il tampone?”

Si richiede lo stesso il tampone anche ai vaccinati perché la vaccinazione non ha una efficacia del 100%, e non si capisce la logica prima di lamentarsi che i vaccini non sono completamente efficaci, e poi di lamentarsi che si prendono precauzioni aggiuntive per gestire il fatto che non sono completamente efficaci.

6) “per gli scienziati al governo [la vaccinazione] è sempre, comunque e dovunque benefica, anche in caso di gravissime allergie o rischi di trombosi?”

No, infatti se uno è allergico ai medicinali non viene vaccinato o viene vaccinato sotto stretto controllo. Invece, i mitici “rischi di trombosi” tanto sbandierati da Cacciari e dai no vax esistono, ma – a meno che, come i no vax, non si creda che chiunque muoia improvvisamente sia stato certamente ucciso dal vaccino – sono molto minori del rischio da covid, il che rende la vaccinazione preferibile. Anche questo è stato detto in tutte le salse da mesi.

7) “In questa situazione non sarebbe prudente attendere prima di imporre la vaccinazione a milioni di adolescenti e bambini, che presentano un caso grave ogni qualche milione di contagiati? Come la mettiamo col diritto?”

Veramente nessuna vaccinazione è stata imposta ad alcuno al di fuori del personale sanitario, e tantomeno ai bambini. Il diritto dice peraltro che si può imporre un trattamento sanitario per legge, in caso di esigenze di salute pubblica; e il fatto che il rischio individuale del covid per i giovani sia basso è solo un elemento di valutazione, da commisurare con il fatto che possono comunque alimentare l’epidemia e trasmettere il virus a persone molto più a rischio.

In sostanza, la discussione sui diritti individuali e sugli strumenti giuridici è doverosa e benvenuta, ma nel caso di Cacciari lui stesso rivela come essa sia una semplice copertura per domande davvero da “no vax anti-scientifico”, domande a cui le risposte sono disponibili da tempo, e non vengono ascoltate solo da chi non le vuole ascoltare oppure non è in grado di comprenderle. Credendo pienamente nella buona fede di Cacciari, immagino che qui ci si trovi nella seconda situazione: una persona indubbiamente colta e intelligente ma che ha grossa difficoltà a leggere e comprendere le fonti informative di oggi, e ancora maggior difficoltà con le materie scientifiche.

E questo, mi permetta, dà spazio a un’ultima considerazione: che l’Italia in questa pandemia paga a duro prezzo la sufficienza con cui nei nostri circoli intellettuali – specie in quelli un po’ agé – le materie scientifiche sono tuttora considerata robetta pratica, subordinata alla grande dominazione del pensiero umanistico (che però, sfortunatamente, non è in grado di risolvere una emergenza sanitaria). Mi lasci dire però che, dopo tante lamentele sull’eccessivo spazio mediatico concesso a virologi e immunologi che almeno un po’ sanno di ciò di cui parlano, affidarsi a vecchi filosofi che chiaramente non sanno di ciò di cui parlano non è un passo avanti; per il bene loro e della loro immagine pubblica, li rassicurerei semplicemente sull’opportunità di affidarsi con fiducia alle prescrizioni di un buon medico curante, purché laureato in medicina non alternativa, e non all’università di Facebook.

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giovedì 12 Agosto 2021, 13:46

Molte stelle fa

Oggi vi racconto un aneddoto.

Era il 2009 ed era la prima volta che in Piemonte si presentavano alle elezioni le liste “grilline”: una a Rivoli, con candidato sindaco Ivan Della Valle, e una per la provincia di Torino, con candidato presidente il sottoscritto. Era un periodo di grandi ideali e grandi discussioni ideologiche, ma uno dei pilastri era indiscusso: dovevamo candidarci come “portavoce dei cittadini”, non per noi stessi e per il nostro ego. Anche la comunicazione doveva quindi centrarsi sul programma e non sul candidato, e assolutamente mai sulla sua immagine personale.

La cosa era interpretata rigidamente: ancora nel 2010 alle regionali, e poi nel 2011 quando mi candidai sindaco, non ci fu mai da nessuna parte un manifesto con la foto del candidato, nonostante tutti i manuali di marketing politico intimassero il contrario. Già ci fu grande controversia prima di ammettere che si potessero fare dei “santini” per raccogliere i voti degli amici dei singoli candidati, anche questi però uguali per tutti, centrati sul programma e al massimo con una fototessera del soggetto.

Bene, in quel 2009, qualche settimana prima del voto, ero a Bologna per un mio impegno di lavoro e camminavo per tornare a prendere il treno quando mi squillò il telefono. Era un giornalista della Stampa, non ricordo più chi, ma il primo che decise di menzionare questa listarella sconosciuta in un articoletto di taglio basso. Mi fece le domande, io risposi, e poi mi disse: mi puoi mandare una tua foto? Io rabbrividii, e dissi: assolutamente no, noi vogliamo solo far vedere il simbolo. Lui insistette, disse che ero un perfetto sconosciuto e che la gente voleva vedere la mia faccia, che senza foto l’articolo non aveva senso, e alla fine ci accordammo: gli mandai una foto piccolissima che fu pubblicata in un quadratino non più grande di due centimetri per due.

Apriti cielo! Per una settimana partì un processo ideologico (uno dei tanti che ho subito negli anni, a dire il vero) accusandomi di avere tradito il gruppo e gli ideali per vanità personale. Alla fine, facendo notare che comunque il giornale non lo facevamo noi e non è nemmeno bello che la politica ordini ai giornalisti come fare gli articoli, finì con un “per questa volta passi”.

Stamattina immaginavo come avrebbero reagito i militanti pentastellati del 2009 – praticamente tutti ormai fuori dal Movimento, persino quelli che hanno poi fatto un po’ di carriera politica, tranne forse un paio che evidentemente dal principio puntavano a metter radici – nel vedere un manifesto come quello della foto, con la candidata in posa studiata con un sorriso accecante, la Mole strategicamente piazzata sullo sfondo, la collezione di simboli sotto, e multipli strati di Photoshop.

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