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domenica 8 Agosto 2021, 14:18

Arrivederci all’anno prossimo

Oggi in montagna è una domenica di mezzo agosto: è quel giorno dell’anno in cui c’è l’invasione. Senza arrivare, come nella foto qui sotto, a chi rischia la vita spingendo una bicicletta sul ghiacciaio senza sapere cosa sta facendo, a quote più normali è il delirio.

E’ il giorno in cui dalla pianura arrivano SUV pieni di gente che ignorando qualsiasi cartello e qualsiasi divieto si inerpicano sulle piste forestali fino a parcheggiare spuzzettando proprio in mezzo al prato, lasciandoci in mezzo due bei solchi. E’ il giorno in cui i sentieri si intasano di famiglie in ciabatte con due cani rigorosamente senza guinzaglio, tre bambini urlanti e scatenati che fanno scappare qualsiasi forma di vita per chilometri, e il papà bestemmiante che spinge un passeggino sul sentiero in salita tra i sassi o in mezzo al fango. E’ il giorno in cui le rive dei torrenti e dei laghetti diventano discoteche a cielo aperto, con gente seminuda che piazza la musica a volume altissimo e non ci sono abbastanza assessori in giunta per bastonarli tutti. E’ il giorno in cui a salire per il bosco rischi di essere arrotato da un commendatore di Monza che ha appena comprato la mountain bike da Decathlon (però la più costosa) e si è fatto portar su dal taxi fuoristrada per fare solo la discesa a rotta di collo, però senza saper frenare.

Ma per carità, vi perdoniamo, sperando che almeno uno su cento di voi si accorga della meraviglia della montagna, del silenzio e della fatica, della vita nascosta e sfuggente agli umani, e provi il desiderio di tornarci in modo e in momento diverso. Quanto agli altri novantanove, arrivederci: per fortuna ci vedremo solo l’anno prossimo.

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mercoledì 21 Luglio 2021, 20:06

L’obbligo di green pass spiegato razionalmente

Spuntano dalle fottute pareti: non solo i no vax, ma quelli che “io non sono no vax ma” (di solito gli stessi che non sono razzisti perché hanno anche un amico marocchino). Alla fine conviene non perdere tempo a discutere con loro, tanto non vogliono ascoltare. Per gli altri, però, vorrei che fosse chiaro qual è il motivo razionale per cui è corretto riservare ristoranti o trasporti pubblici ai titolari del green pass, almeno in determinate condizioni.

Il pass, infatti, non garantisce affatto che la persona non sia infetta o non possa infettare; i vaccinati possono comunque infettarsi e persino ammalarsi. Nemmeno il pass ottenuto col test negativo lo garantisce, perché anche il test, specie quello rapido, ha una percentuale di errore non piccola.

Statisticamente, se in un ristorante ci sono cento persone tutte col green pass, ce ne sono probabilmente una decina che in realtà potrebbero essere infette, anche se ciò non significa che lo siano davvero. Se una di esse però lo è, possono avvenire dei contagi. Quanti, dipende anche dagli altri: se tutti gli altri sono vaccinati, quando l’infetto “prova” a contagiarli, la probabilità che possano infettarsi è dell’80-90% inferiore al caso in cui le altre persone nella stanza sono non vaccinati entrati con un test negativo, e quindi sono tutte soggette al contagio senza protezioni.

In altre parole, supponendo per farvi capire il meccanismo che sia il vaccino che il test negativo abbiano una efficacia del 90%, succede questo:

  • in una stanza in cui nessuno è vaccinato e nessuno ha il green pass, la probabilità che avvenga un contagio dipende dal tipo di interazione e da quanti infetti ci sono in giro, cioé da quanto sta circolando il virus nella società; supponiamo per esempio che valga 0,1;
  • nella stessa stanza in cui nessuno è vaccinato ma tutti hanno il green pass da test negativo, la probabilità che avvenga un contagio si riduce del 90%, diventando 0,01, ossia dieci volte inferiore;
  • nella stessa stanza ma in cui tutti sono vaccinati e hanno il green pass da vaccinazione, la probabilità che avvenga un contagio si riduce due volte del 90%, diventando 0,001, ossia cento volte inferiore.

Come vedete, né il green pass, né il test negativo, né il vaccino azzerano i contagi e sono una garanzia di “sicurezza totale”: chi lo dice non ha capito. Tuttavia, questi strumenti, statisticamente, riducono di molto il numero dei contagi; la riduzione non dipende solo dal pass ma anche da come lo si è ottenuto (quindi il test negativo, dal punto di vista epidemiologico, non è equivalente alla vaccinazione).

A questo punto, ecco perché è corretto, in un momento in cui il virus ha una circolazione media, limitare a chi è vaccinato l’accesso a situazioni pericolose, quelle in cui i contagi sono più probabili; ossia, a situazioni in cui si sta per un certo tempo insieme in un ambiente chiuso, peggio ancora se con distanze molto ridotte (come sui mezzi di trasporto) o senza mascherine (come nei ristoranti).

In assenza dei vaccini, raggiunto un certo livello di circolazione dei virus queste attività vanno chiuse, perché provocano statisticamente un certo numero di contagi. Il green pass, però, garantisce un “bonus”; a parità di condizioni, può ridurre di dieci volte (caso del test negativo) o di cento volte (caso della vaccinazione) il numero di contagi che si verificano, e quindi permettere di tenere aperte, solo per chi ha il pass, queste attività che altrimenti andrebbero chiuse per contenere l’epidemia. Il fatto che le si tenga aperte anche a chi ha un test negativo, e non solo a chi è vaccinato, dal punto di vista epidemiologico è già una grossa concessione ai non vaccinati.

Certo, se nonostante questo la circolazione del virus dovesse salire ancora – grazie ad esempio al fatto che la variante delta è almeno il triplo più contagiosa del virus originario, quindi a parità di condizioni genera il triplo di contagi – il bonus viene consumato, e diventa inevitabile chiudere di nuovo quelle attività a tutti, anche ai vaccinati.

Del resto, se il bonus da vaccinazione si compensa con la maggior contagiosità della variante di quest’anno, logica vorrebbe che ci ritrovassimo con gli stessi lockdown dell’anno scorso pur essendo tutti vaccinati; ma se non fossimo vaccinati, ci toccherebbe probabilmente un altro lockdown completo stile marzo 2020 o persino peggio. (Per questo, confrontare le restrizioni di oggi con quelle di un anno fa non ha senso; la contagiosità di base del virus, il famoso R0, è molto cambiata, purtroppo in peggio.)

Insomma, la vaccinazione non è perfetta, non è un lasciapassare, non rende invulnerabili, non permette da sola di tornare alla normalità, ma dà un aiuto che permette di ridurre un po’ le restrizioni a parità di condizioni generali. Per questo motivo, l’obbligo di green pass nelle attività che generano contatti al chiuso è non solo ragionevole ma doveroso; non è una punizione nei confronti di nessuno, ma un semplice calcolo scientifico.

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lunedì 21 Giugno 2021, 09:42

Una città in ginocchio

Questa è una storia di cui i giornali cittadini non parlano, perché è una storia brutta. Non è una di quelle storie che piacciono alla politica e ai maestri di pensiero, tipo che c’è il solito buzzurro che grida “abbonaaa” a una ragazza che passa e due giorni dopo la sindaca si inginocchia in piazza Castello chiedendo scusa a nome dell’Occidente. No, questa è una storia brutta di periferia in cui nessuno ha ragione e comunque non si sa che fare.

Tutto inizia quando il Comune sgombera il campo rom di via Germagnano: uno dei posti più degradati e strazianti che abbia mai avuto occasione di visitare. Lo sgombero fa bene al consenso, ma gli sgomberati non svaniscono nel nulla; e quindi alcune famiglie arrivano alle case popolari di corso Lecce, notano un paio di appartamenti vuoti, forzano le porte e ci si installano dentro.

Di lì iniziano i problemi: traffici improbabili e rumori molesti, rifiuti abbandonati ovunque, minacce e auto rigate agli abitanti regolari, bambini abbandonati a se stessi nel cortile, ulteriori parenti accampati in camper e progressiva occupazione di altri appartamenti. Peggio ancora, nel quartiere aumentano i furti: oppure no, perché questa è una vox populi, ma se frequentate uno dei gruppi social o se sentite le conversazioni per strada, è convinzione generale che in questi mesi siano aumentati i furti, sia negli appartamenti che nelle auto (la specialità è il taglio e asporto dei catalizzatori delle marmitte per rivendere il metallo), e che i responsabili siano loro; e quando si parla di rom, talvolta non ci sono motivi per assolvere, ma non c’è mai bisogno di prove per condannare.

Ora, l’occupazione abusiva è una piaga italiana, favorita da leggi assurde per cui da una casa non si può cacciare mai nessuno; e quindi, nonostante proteste, raccolte firme e visite in forze di Fratelli d’Italia, le istituzioni non fanno assolutamente niente. Il problema viene lasciato a marcire per mesi, finché l’altra notte qualcuno con le palle girate dà fuoco alla macchina dei rom.

Onestamente mi aspettavo persino che la sindaca e/o una delegazione di progressisti illuminati venissero a inginocchiarsi anche qui chiedendo scusa agli occupanti, ma evidentemente hanno tutti la coscienza talmente sporca, sapendo che chi protesta ha più di qualche ragione, che si guardano bene dal farsi vedere. Forse hanno già dato le periferie per perse; e dire che questa non è certo una periferia di quelle dure e pure, operaie e ora leghiste, ma è sempre stato un quartiere piccoloborghese e progressista in cui il centrosinistra pigliava tutto, e vederci la destra al 60% alle prossime comunali farà spavento.

Alla fine, lo sgombero sarebbe moralmente corretto ma legalmente impossibile; trovare un’altra sistemazione ai rom sarebbe possibile ma legalmente scorretto (una occupazione non può dare titolo ad ottenere una casa regolare). Lo Stato, quindi, getta la spugna e nemmeno con gran dignità. A noi, nel frattempo, non resta che sperare che la situazione non degeneri ulteriormente, anche perché dopo questo ci sono solo le coltellate in strada.

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domenica 2 Maggio 2021, 11:48

Una opinione diversa sul Primo Maggio 2021

Sì, ho visto il concertone. Sì, ho un’opinione su Fedez, ma prima parliamo un po’ della musica, dai.

Il pomeriggio (con un paio di eccezioni: gli Zen Circus in mezzo al mare, Toffolo e soci dalle montagne) è stato deprimente, una sfilata di giovanotti griffati in autotune che hanno fatto sembrare persino Bugo un sollievo.

La serata è andata meglio, nonostante Pelù fosse giù di voce, nonostante un Pippo Baudo ottantenne che imita Guzzanti che imita Venditti. Gli intrusi sfiatati sono stati pochissimi; certo, a tratti sembrava semplicemente una radio che manda le hit del momento, ma Gazzè/Silvestri e Bennato, per esempio, hanno fatto bella figura; Bennato è riuscito a suonare un rock di quarant’anni fa e creare più energia di chiunque altro. Gli ospiti internazionali, pur validi, erano chiaramente lì solo per il nome e per il cachet. Bene invece Peyote & friends, che continuano la loro ascesa. Spiace per gli Extraliscio sfumati dopo il primo pezzo, nonostante loro fossero il “complesso tipo Bregovic” di quest’anno, ma è il destino notorio di chi suona per ultimo.

Ora, veniamo all’impegno sociale. C’è stato ieri sera un discorso perfetto, è qui sotto: l’ha fatto Michele Bravi alle ore mezzanotte e zero sette, rispondendo con parole dolcissime a quelli che dicono che “ricchione” è una battuta divertente, e raccontando come sia stato difficile trovare le parole per esprimere il suo amore per un altro ragazzo.

Il discorso di Fedez, invece, meh. Intanto, per favore, non tirate in ballo Elio e le Storie Tese: loro fecero un discorso da completi sconosciuti a inizio carriera in cui denunciarono fatti, corruzioni, scandali, un sistema di potere onnipresente. Fedez è un miliardario sulla cresta dell’onda con il pubblico ai suoi piedi, ed è facile avere coraggio con tre Ferrari sotto il culo; certo, si potrebbe anche non averlo e quindi è apprezzabile lo stesso, ma non è certo un bracciante africano che contesta il suo padrone nei campi.

In più, Fedez non ha denunciato un bel niente, ha fatto un comizio su un argomento, a favore di una posizione e contro un partito. Elio menzionò Andreotti, Gaspari, Ciarrapico al massimo del loro potere; Fedez “rivela” che a Vergate sul Membro c’era un candidato della Lega (non so nemmeno se poi eletto) che ha detto che gli omosessuali sono figli del diavolo. Ma dai? Fedez documenta, datialla mano, che la Lega è contraria alla parità di diritti per gli omosessuali. Incredibile, che coraggio, non lo sapeva nessuno!

Ora, in Italia l’omofobia è un problema, sia nel Paese che nella politica. Che sia l’ennesima “nuova legge” a risolverlo ho dei dubbi (quante battaglie per una “nuova legge” sull’omofobia ha fatto la sinistra in vent’anni? tipo una ogni due anni), ma è meglio che niente. Che sia questo il modo di farlo, ho dubbi ancora più grandi. Dopo questa sparata il tema è diventato talmente importante che la Lega farà ancora più blocco, e non mi vedo Draghi sacrificare il governo per una legge, tanto più una legge su cui, a quanto ho capito, una maggioranza in Parlamento ancora non esiste, al di là della Lega.

Certo, Fedez ha fatto parlare di sé, si è fatto pubblicità, ha fatto bella figura con mezza Italia. Ma forse, come ha fatto Bravi, invece di attaccare un partito con la scusa dell’omofobia era più utile attaccare l’omofobia, ben rappresentata dai due “comici” che rivendicano il diritto di bullizzare un omosessuale chiamandolo “ricchione” e pretendendo pure che rida.

Nel frattempo, gli operai e i problemi del lavoro, su cui il concertone doveva richiamare l’attenzione, sono usciti rapidamente dalla scena. Magari sarebbe stato bello parlare di quello, parlare dello sfruttamento dei rider nel mondo delle consegne alimentari (pardon, del “food delivery”) o dei comportamenti ambientali dell’Eni che si pubblicizzava sui maxischermi, solo che avrebbe magari dato fastidio ad alcuni degli sponsor dei Ferragnez su Instagram.

Sparare su Salvini – anzi nemmeno su di lui: su semisconosciuti esponenti di terzo piano della Lega, molto più deboli di Fedez, che non hanno alcuna possibilità di rispondere – fa fine e non impegna; ed è anche un rischio ridotto, visto che non è certo la Rai a far passare Fedez sui media. Insomma, le battaglie sociali sulla propria pelle sono un’altra cosa; non vanno confuse con quel che è successo ieri.

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martedì 13 Aprile 2021, 09:14

La bella estate del 2020

Stamattina mi sono preso il tempo di scrivere un post lungo, ragionato e basato sui numeri a proposito delle riaperture estive. Qualsiasi cosa ne pensiate, vi prego di leggerlo fino in fondo prima di commentare.

Mi sono messo a scriverlo perché a proposito dell’estate vedo troppa faciloneria. Leggo: d’estate il virus non circola, l’anno scorso fino a settembre non ce n’era. Oppure: ma se l’anno scorso abbiamo fatto praticamente tutto quello che volevamo, vuoi che quest’anno coi vaccini non facciamo almeno lo stesso? Si dice: ma cosa aspetta il governo ad annunciare la riapertura di tutto da giugno? Nessuno concepisce l’idea di potersi trovare in zona rossa o anche solo gialla, coi ristoranti e le spiagge chiuse, fino ad agosto. Eppure, dal punto di vista strettamente sanitario sarebbe uno scenario realistico, e vediamo perché.

Cominciamo con lo sfatare alcuni miti sull’estate scorsa, grazie al grafico qui sotto. L’anno scorso, quando a inizio giugno si è riaperta la mobilità tra regioni, avevamo circa 300 nuovi casi al giorno, circa 2000 a settimana. In termini del parametro usato oggi per i colori, avevamo 3 (tre) casi settimanali per 100.000 abitanti.

Per confronto, la soglia dell’attuale zona bianca, che dovrebbe dare il via libera a tutto, è 50 casi per 100.000. Anche supponendo che l’estate scorsa ci sfuggissero molti più casi di oggi, parliamo di almeno un ordine di grandezza di differenza. Peraltro, l’unico esperimento di zona bianca coi parametri attuali è stato un disastro: la Sardegna ha retto due settimane. Insomma, l’agognata zona bianca di oggi non ha “pochi casi”; sono comunque tanti.

In termini di andamento, l’anno scorso a giugno l’epidemia ha continuato a ritirarsi, ma non a grande velocità. All’ultima settimana di giugno, quando la gente ha finito di avere paura e ha ricominciato a girare davvero, la discesa si è fermata e il trend si è stabilizzato per un paio di settimane. Abbiamo segnato il minimo di sempre il 14 luglio, con 114 casi. Di lì in poi, però, è subito partita la risalita esponenziale; a fine luglio avevamo 380 casi, a Ferragosto 629, il 23 agosto 1210. Lì abbiamo almeno chiuso le discoteche, e la risalita è rallentata un po’, ma non si è più fermata: 1733 casi il 4 settembre, 1907 il 18 settembre. Poi hanno riaperto le scuole e altra botta verticale: 2844 il 3 ottobre, 5724 il 10 ottobre. Il resto è storia.

Morale: non è affatto vero che d’estate il virus non circola, che il caldo lo uccide, che stando tutti all’aperto non c’è pericolo. Probabilmente l’estate rallenta un po’ il contagio, ma una volta che riapri quasi tutto (comunque l’estate scorsa erano chiusi gli stadi, i concerti, le sagre) l’esponenziale riparte anche in piena estate. Qui stiamo già parlando di riaprire gli stadi l’11 giugno: fate un po’ voi.

E’ indubbio che quest’anno ci sia una grande novità: i vaccini. Ma qual è l’effetto dei vaccini sul contagio? Indubbiamente è forte, come mostrano Israele e Regno Unito – ma solo se sono vaccinati quasi tutti. Peraltro, gli USA e il Cile dimostrano invece che anche a campagna vaccinale ben più avanzata della nostra è possibile una nuova ondata, se si eliminano troppe restrizioni. Nessuno sa ancora bene come funzioni questo effetto in termini quantitativi, ma proviamo a fare un modello.

Supponiamo che il vaccino sia efficace all’80% a prevenire il contagio in ogni forma, anche asintomatica, considerando anche che molti quest’estate avranno avuto una sola dose e quindi che l’efficacia sarà ridotta. Attualmente abbiamo dato almeno una dose a nove milioni di persone; realisticamente, a inizio giugno questo numero potrebbe essere arrivato attorno a venti milioni, forse venticinque se siamo molto bravi. In pratica, circa il 40% degli italiani avrà una probabilità di contagiarsi ridotta dell’80%, il che – supponendo, cosa peraltro non vera, che questi italiani siano mediamente quelli che poi vanno in giro durante l’estate – vuol dire una riduzione della probabilità media di contagio di circa un terzo (0,8*0,4).

Questa è una buona notizia se, come succede in questo periodo di restrizioni colorate, l’Rt è poco superiore a 1; in questo caso, una riduzione di un terzo lo fa scendere sotto 1 e fa spegnere l’epidemia. Se però siamo in condizioni di liberi tutti e tutto aperto, con un Rt di 1,5, 2, 2,5, l’effetto è al massimo quello di rallentare leggermente la crescita esponenziale. In altre parole, anche con la campagna vaccinale attuale, riaprendo tutto a inizio giugno è molto probabile che l’epidemia ripartirebbe rapidamente, come successe l’anno scorso da metà luglio in poi.

A inizio luglio, forse, potremmo essere arrivati a 30-35 milioni di vaccinati con almeno una dose, con una riduzione dell’Rt del 40%; a inizio agosto la riduzione potrebbe essere del 50%. Ma per un virus il cui R allo stato libero è stimato attorno a 3, continuerà a essere ancora troppo poco per eliminare tutte le restrizioni – anche se, da agosto, potrebbe bastare l’effetto delle mascherine, possibilmente FFP2, se solo tutti le portassero davvero.

C’è però ancora un’altra obiezione: visto che l’anno scorso anche con epidemia in espansione abbiamo vissuto tranquilli fino a fine settembre, non potremmo fare lo stesso? Restiamo chiusi fino a inizio giugno, abbattiamo i casi, e poi gestiamo l’estate cercando di non farli risalire troppo e di arrivare a settembre-ottobre, contando che per allora si arrivi alla famosa immunità di gregge; nel momento in cui il fattore di riduzione dovuto ai vaccini superasse i due terzi, si dovrebbe avere Rt minore di 1 anche senza restrizioni e l’epidemia morirebbe.

Bene, allora quanti casi pensiamo di avere a inizio giugno? La settimana scorsa è stata la prima in cui si è visto un calo netto: 20% di nuovi casi in meno rispetto alla settimana precedente, per un totale di “soli” centomila nuovi infetti. Supponiamo di andare avanti così per le sette settimane che ci separano da giugno; vuol dire una moltiplicazione per 0,8^7 = 0,21. In pratica, arriveremmo ad avere circa 21.000 casi settimanali, ossia circa 35 casi per 100.000 abitanti, sufficienti per la zona bianca ma dieci volte superiori a quelli con cui abbiamo riaperto tutto un anno fa.

Attenzione, però; perché noi, invece di tenere duro, dopo una settimana abbiamo già riaperto le scuole, con contestuale candida ammissione del ministro Speranza di come questo avrà un effetto sui contagi. Entro un paio di settimane cominceremo a riaprire a furor di popolo i ristoranti e i teatri. Con questa prospettiva, è difficile pensare che il calo continui a questo ritmo. Se supponiamo che il calo medio nelle prossime settimane sia del 10%, che comunque non è poco, arriveremo a inizio giugno con oltre 50.000 casi a settimana, con l’Italia ancora prevalentemente gialla ma la gente già con il canotto sul portapacchi della macchina.

Ma persino nel caso migliore, riaprire tutto a inizio giugno con 20.000 casi settimanali vuol dire comunque trovarsene magari nuovamente 100.000 a fine luglio. E poi che fai? Certo, i morti non dovrebbero essere molti e gli ospedali dovrebbero essere piuttosto liberi, avendo vaccinato gli anziani, ma bisogna essere pronti a cambiare completamente il nostro approccio.

Già, perché alla fine di questa lunga disamina il messaggio dovrebbe essere chiaro. Non sappiamo niente di certo, e magari quanto sopra si rivelerà completamente sbagliato, e succederà qualche miracolo per cui davvero l’estate farà sparire la malattia. Ma mettendo insieme un po’ di banale matematica e l’umore degli italiani, lo scenario più probabile è che a giugno – o al massimo a luglio, se Speranza tiene duro – si apra comunque tutto, e ci si appresti però a una estate ben diversa dalla scorsa, con il covid in circolazione ovunque e centinaia di migliaia di italiani contagiati, molti asintomatici e in giro. In questo scenario, bisogna essere preparati ad abbandonare il sistema dei colori e a non chiudere niente in nessun caso, nemmeno con numeri che anche solo oggi provocherebbero la zona rossa scura con macchie scarlatte e bubboni neri, e nemmeno con, comunque, decine di morti al giorno, forse anche di più.

Probabilmente è questo lo scenario che ha in mente il governo. Cioé no, un pezzo di governo secondo me pensa davvero di tenere chiuso fin che non arriviamo a cento casi al giorno, ma sono dei pazzi e finiranno politicamente linciati entro breve. Ma per il resto, questa mi sembra la strada più probabile; capite però perché il governo esiti ad annunciarla apertamente, visto che comunque c’è anche una grossa parte di Paese che si chiude in casa, invoca il manganello sui ristoratori e chiama i vigili se il vicino riceve due amici.

P.S. Come corollario, se avete più di sessant’anni io vi consiglio comunque di pianificare vacanze solo in luoghi ben isolati. Se non sarete vaccinati rischierete grosso, e se lo sarete, davvero volete rischiare di essere in quello sfortunato 5% su cui il vaccino ha poco effetto? Vedete voi.

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domenica 11 Aprile 2021, 10:03

Quella sedia me la tiro in testa

La pessima, dilettantistica reazione dell’Italia al sofagate di Ankara, ormai diventato un Draghigate, sta degenerando di ora in ora. Io spero ancora che l’Italia avesse un piano, che le parole di Draghi siano state ispirate dal ministro degli Esteri Di Maio nell’ambito di una strategia logica e ragionata, ma la logica non si vede apparire e dunque sembra sempre più credibile che siano venute fuori così, come chiacchiere da bar tra anziani, magari seguite a uno scambio di battute tra nonno Mario e nipote Gigi in una cena tra parenti davanti al telegiornale.

La situazione, insomma, sembra indicativa di quello che sembra essere un grosso problema di fondo, cioè la disconnessione della classe politica italiana dalla realtà del mondo, sia sul piano interno che sul piano esterno. Perché anche sul piano interno, permettetemi, le scene di donne PD che piazzano sedie vuote qua e là nelle sedi istituzionali sono pietose, primo perché non hanno capito che il problema non è turco ma interno all’Unione Europea, e secondo perché a un paese sull’orlo della povertà e di una crisi di nervi generale sai che gliene frega della sedia della Von der Leyen.

Ma è sul piano esterno che questa vicenda, come quella con l’India per i marò, come quella con l’Egitto per Regeni e Zaky, dimostra una arroganza non pari alle effettive possibilità. L’Italia si comporta come se alzare la voce servisse a mettere a posto quei Paesi, tipo “oddio s’è incazzata l’Italia, sdraiamoci subito a porgere le nostre scuse o saranno casini”. La realtà è esattamente opposta.

Infatti, in termini geopolitici, l’Italia è la ruota di scorta sgonfia dell’Europa, a sua volta junior partner della NATO; se a qualcuno di quei Paesi frega qualcosa di non far incazzare qualcuno, o se ha un problema con l’Occidente e lo vuole risolvere, va a parlare con Washington, Londra, Berlino e Parigi; oppure va a parlare con Mosca e Pechino e chi se ne frega più dell’Occidente. L’Italia, invece, è il perfetto Paese scendiletto: non conta un cazzo, ma è un Paese altamente simbolico da prendere a schiaffi per dimostrare forza e indipendenza (per i paesi islamici, c’è persino il bonus Papa).

E così, più noi apriamo bocca e più finiamo per pagare risarcimenti all’India, per far tenere Zaky in carcere proprio per il gusto di farlo, e adesso per prendercela nel posteriore con le commesse militari alla Turchia, che i nostri amici europei saranno ben lieti di prendere al nostro posto. Però noi gliene abbiamo dette quattro eh! Wow, siamo il Paese dei diritti!

Dunque è facile prevedere che noi, con le nostre pezze al culo, di riffa o di raffa finiremo per indietreggiare, giusto in modi e tempi che ci permettano di salvare un po’ la faccia. Del resto, non si capisce nemmeno come chiamare Erdogan un dittatore dovrebbe facilitare una eventuale transizione turca a un nuovo assetto di potere. A dire il vero, non si capisce proprio cosa diavolo stessimo cercando di fare.

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giovedì 8 Aprile 2021, 09:37

Il gioco della sedia

Tutti si sono scandalizzati per la provocazione di Erdogan nell’incontro diplomatico tra lui e le istituzioni europee, e per la mancata risposta da parte del presidente del Consiglio Europeo Michel. “Erdogan è arrogante, maleducato e sessista e l’Europa avrebbe dovuto reagire”, è il commento generale.

In diplomazia, però, le cose non sono mai così semplici, e così dirette nel significato. Naturalmente Erdogan non ha fatto questo perché è maschilista e voleva umiliare una donna, ma perché ha visto una opportunità: quella di spaccare e indebolire l’Europa, sottolineando che nel rapporto è lui il più forte.

Intanto, in Europa vivono almeno dieci milioni di turchi, sette solo in Germania: una cifra enorme. Una parte di loro è scappata dalla Turchia anche per motivi politici, ma una parte significativa, probabilmente preponderante, è qui per lavorare ma è orgogliosissima di essere turca, e in genere anche molto contenta di Erdogan. Già solo per questo, l’Europa non può permettersi di rompere i rapporti con lui, o rischia seri problemi interni e persino il terrorismo. Per Erdogan, rispondere in questo modo a una missione in cui l’Europa si presenta da lui col ditino alzato proprio per contestargli i diritti umani è un modo per ribadire che nel rapporto tra Europa e Turchia è la Turchia che comanda.

Simmetricamente, proprio perché eravamo stati noi a chiedere l’incontro, era diplomaticamente impossibile per i due leader europei contestare apertamente la situazione. Questo avrebbe creato un incidente diplomatico che avrebbe vanificato l’intero viaggio, e che gli avrebbe pure fatto fare la figura dei polli col resto del mondo. Si sono messi in una situazione in cui potevano solo subire.

Ma quel che Erdogan sapeva – e che sanno tutti – è che l’Europa non è affatto unita. Se notate, mentre la scontentezza di Von der Leyen è emersa subito (e lei si è subito fatta supportare dal suo partito, l’EPP), Michel ha impiegato 36 ore a rispondere. L’ha fatto solo perché stava venendo preso a pesci in faccia da tutta la pubblica opinione, ma la sua posizione iniziale, ribadita per tutte le 36 ore dal suo staff, era che l’incidente era deplorevole ma alla fine era giusto così, perché lui non è alla pari di Von der Leyen, ma più alto in grado; cosa che, se notate, ai media è stata detta e fatta dire sin da subito.

Del resto, l’idea che in un incontro diplomatico si facciano “sorprese”, e la parte ospite non abbia idea di come funzionerà l’incontro, è ridicola: generalmente tutto, compresa la disposizione delle sedie, viene discusso e concordato prima nel dettaglio. Può darsi che Erdogan abbia fatto un agguato, ma può anche darsi che il suo staff e quello di Michel abbiano concordato questa sistemazione, e che lui ci abbia visto una opportunità per ribadire che lui, nonostante a livello mediatico nessuno lo caghi e la maggior parte degli europei manco sappia che esiste, conta più di Von der Leyen, non pensando che la cosa sarebbe finita sui giornali in questo modo.

E infatti, ancora nel suo messaggio Michel non dice che i turchi hanno sbagliato, ma che hanno interpretato il protocollo in maniera troppo stretta (sottinteso: lui invece avrebbe graziosamente concesso alla sua sottoposta di sedergli vicino). Al contrario, lo staff di Von der Leyen dice che lei è esattamente pari grado di Michel e che il protocollo è stato sbagliato: una cosa molto diversa. I due staff, come racconta Politico, sono andati avanti per tutto il giorno a ripetere con fermezza in pubblico cose opposte.

E’ questa la genialità diplomatica di Erdogan: ha messo il dito nella piaga vera, cioè nel fatto che “in Europa non si sa chi comanda”. Ed è vero, perché le tre istituzioni fondamentali – Commissione, Parlamento e Consiglio – finiscono spesso a litigare sulle reciproche competenze invece che a lavorare insieme per l’Europa. E’ vero perché le procedure per arrivare a una decisione senza scontentare nessuno sono talmente lunghe e complesse che quasi tutto richiede anni, e non di rado non arriva mai in porto (qualcuno ha visto la nuova legge sui cookies in discussione dal 2016?).

Noi europei siamo talmente rincoglioniti che questo lo facciamo passare come un valore: siamo tutti fratelli e decidiamo solo se siamo tutti d’accordo e se qualcuno non è d’accordo passiamo tanto tempo a parlare per non rompere la nostra amicizia. La realtà è che questo è il meno peggio che possiamo fare, in un continente in cui la maggior parte delle persone si sente ancora orgogliosamente irlandese, olandese, italiana, polacca o portoghese invece che europea, e nessuna capitale europea vuole più cedere un briciolo di potere a Bruxelles, anzi. Ma quello che tendiamo a dimenticare è che la nostra elevata democrazia e la complicazione burocratica delle nostre procedure hanno un costo crescente, come dimostra anche l’impietoso confronto con il resto del mondo occidentale sulle vaccinazioni.

Sarebbe eccessivo biasimare Michel e von der Leyen for questa situazione, che loro hanno soltanto ereditato. Ma forse, tra tanti orizzonti 2027 e piani strategici, sarebbe opportuno porsi davvero il problema di come ripensare la struttura dell’Unione Europea in modo che sia chiaro a tutti chi comanda.

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domenica 7 Marzo 2021, 10:10

In sostanza, i Lordi erano meglio

Il mattino dopo Sanremo 2021, posso dire che l’old grey whistle test l’hanno vinto i due tizi con la pattinatrice a rotelle. Il festival invece l’hanno vinto i Maneschi, Naziskin, insomma quei lì, gente che piacerebbe di sicuro molto ad Axl Rose, però non l’Axl Rose dell’epoca, ma quello grasso e bolso di adesso.

Noi torinesi, granata e No Tav portiamo comunque a casa il premio della critica ed è un bel risultato, anche se pure al quarto ascolto non sono ancora riuscito a capire completamente tutto quello che dice (vai un po’ più piano per noi vecchi, e che diamine!).

Si potrebbe aggiungere che il secondo posto di Fedez è un insulto al bel canto e anche al brutto canto, ma lui non ha nemmeno cantato e quindi avrebbe dovuto fare la fine della Osella-Stievani-Rosadeimobili di Formula 1: fuori alle qualifiche del venerdì.

Ma alla fine la cosa più triste di tutto il Sanremo 2021 è che gli unici che sapevano davvero cantare, sia in gara che tra gli ospiti, avevano almeno settant’anni; con l’aggravante che Mauro Ferrara degli Extraliscio, a parte la serata delle cover, era confinato alle seconde voci, anche se loro restano l’unica proposta interessante del festival e gli unici che vorrei vedere in un concerto dal vivo (in teoria vedrei volentieri anche Gazzè, ma ormai ripete sempre lo stesso pezzo arrangiato sempre nello stesso modo, quindi mi sa che è meglio rimettere su i suoi primi dischi).

Riassumendo, un Sanremo sempre più stanco gioca la carta Lordi con 15 anni di ritardo sull’Eurofestival; chissà se gli salverà la vita. I Lordi, comunque, erano meglio.

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giovedì 18 Febbraio 2021, 13:27

Un veloce riassunto di presente e futuro del M5S

Riassumendo:

Prossimi passaggi:

  • Crimi espelle i 15 senatori
  • i 15 senatori contestano l’espulsione perché Crimi è stato abolito
  • la Raggi annuncia la sua ricandidatura a sindaca di Roma (non c’entra, ma l’ha già annunciata almeno cinque volte senza che nessuno nel M5S la degnasse di attenzione)
  • Casaleggio espelle Crimi
  • Grillo espelle Casaleggio
  • Di Battista espelle Grillo
  • Di Maio espelle Di Battista
  • la Raggi annuncia di nuovo la sua ricandidatura a sindaca di Roma
  • Di Maio si candida a sindaco di Roma per il PD
  • Conte espelle Di Maio
  • una intelligenza artificiale segretamente lasciata da Casaleggio su Rousseau prima di essere espulso espelle Conte
  • un tribunale riammette i 15 senatori nel gruppo M5S, allora se ne vanno tutti gli altri
  • su Rousseau viene eletto un nuovo direttivo composto da Scanzi, Travaglio, Gabanelli, Fusaro e il Gabibbo
  • il Gabibbo espelle Travaglio
  • Scanzi espelle il Gabibbo
  • parte una battaglia legale tutti contro tutti per il simbolo, fin che un tribunale non stabilisce che è di proprietà di Mastella
  • Draghi espelle tutto il Parlamento e tra due ali di folla diventa presidente di tutto a vita.
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martedì 9 Febbraio 2021, 18:24

I giornali, l’antisemitismo e il disprezzo per gli ultimi

Premetto, giusto per chiarezza, che a me regolarmente danno del sionista antipalestinese e amico di Israele, quindi credo di poter parlare dello scandaloso post di Monica Amore senza poter essere accusato di antisemitismo più o meno coperto.

Naturalmente quella vignetta (che non ho visto: mi baso sui racconti) è una schifezza, e qualsiasi altra persona se ne sarebbe resa conto prima di condividerla. Ma Monica no, perché è fatta così, perché (e in questo non potremmo essere più diversi) la sua storia, la sua cultura, il suo approccio alla vita la portano a credere possibili cose che io definirei immediatamente complotti, bufale e propaganda, e perché anche dei tragici riferimenti culturali ovvi a chiunque altro possono volare alto sopra la sua testa.

Ma allora, vi chiederete, perché una persona così sta nel consiglio comunale di Torino? (E non per sbaglio: alle elezioni prese 565 preferenze, che per dire furono quasi il triplo di quelle di un attuale assessore.) Beh, è semplice: perché è una persona che si sbatte davvero e con impegno per gli altri, per quelli come lei. Per gente, ed è tanta, che non ha avuto la fortuna che ho avuto io, quella di partire da condizioni sociali che garantivano un minimo di solidità economica e un facile accesso all’istruzione superiore e alla conoscenza, e che fatica a capire le complessità del mondo, ma ha uguale bisogno, e soprattutto uguale diritto, di essere ascoltata dalle istituzioni. Per gente che proprio per il suo livello culturale finisce sempre presa in giro da tutti, e poi turlupinata, e poi fregata ancora, nel lavoro, nei contratti, nella burocrazia, nelle cose di tutti i giorni, da quelle élite che poi la guardano anche dall’alto in basso perché è “ignorante”.

Se avessi visto per tempo il post in questione, avrei fatto l’unica cosa che aveva un senso fare: spiegare a Monica cosa volevano dire davvero quelle figure, e magari farla parlare con qualche amico ebreo che potesse efficacemente farle capire cos’è davvero l’antisemitismo e cosa concretamente abbia voluto dire nelle vite di milioni di persone.

Di sicuro non mi sarei affrettato a scaricarla come hanno fatto i vertici del M5S: capisco che davanti alla pressione della stampa sia difficile fare altrimenti, ma i voti di Monica e delle persone che rappresenta hanno fatto tanto comodo per vincere le elezioni, e i voti ricevuti vanno sempre rispettati e onorati. Di sicuro non mi sarei precipitato a prendere in giro la sua cultura e il suo curriculum vuoto come hanno fatto oggi diversi esponenti del PD, dimostrando di non avere più alcuna idea di quale dovrebbe essere in teoria la fascia sociale rappresentata dal centrosinistra.

Men che meno, però, avrei reagito come hanno reagito i giornali in oggetto: perché è evidente a me, e credo pure a Monica, che il direttore de La Stampa che pubblica una reazione video intitolata “Il post di Monica Amore con le vignette antisemite è un gesto infame: cosa ne pensano i vertici di M5S?” non ha come obiettivo prioritario quello di combattere l’antisemitismo; sta più che altro montando il caso il più possibile per mettere in difficoltà il M5S ai massimi livelli.

Mi sembra pure questo un uso strumentale, e dannoso, della questione; di sicuro una reazione del genere non aiuta le persone che fanno girare quel tipo di vignetta a capire e superare i propri pregiudizi e tutti i tristi luoghi comuni sugli ebrei ricchi che controllano i media. Ma soprattutto, ironicamente, questa reazione prova a posteriori che, se si eliminano le caricature antisemite e ci si limita alla partigianeria dell’informazione italiana, il post di Monica aveva davvero molto senso.

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