ICT a Torino
Stamattina sono andato a parlare a questo convegno, non come guru della rete (ammesso che io lo possa essere…) ma come responsabile di uno dei progetti. La prima metà della mattinata è stata durissima, essendo andato a dormire tardi; dopo il coffee break però mi sono ripreso, e anche il mio intervento è andato bene.
Ho ascoltato con piacere la presentazione del direttore del CSP, Claudio Inguaggiato, non solo per l’insistenza sui modelli di condivisione libera del software prodotto dalle piccole aziende ICT torinesi, ma per la nota sull’importanza di costruire reti non solo di condivisione ma anche di competizione: in un ambiente dove girano proposte di legge che prevedono di dare soldi pubblici alle università e alle associazioni no profit per scrivere software, non fa mai male ricordare che è almeno da quindici anni che le industrie di servizi nazionalizzate sono (per fortuna) un ricordo del passato.
E’ stato più preoccupante, invece, vedere la slide con le povere aziende in mezzo e una pletora infinita di organismi pubblici e parapubblici che in teoria dovrebbero aiutarle a crescere, ma di cui in pratica, a naso, la gran parte si limita ad autoperpetuarsi (considerato anche che i pagamenti dei finanziamenti per i nostri progetti sono in ritardo di un anno, a differenza di quelli dei dirigenti dei vari enti…). Così come è stato preoccupante sentire aziende di ICT selezionate tra le eccellenze cittadine dichiarare che il progetto è stato bello perchè ha permesso loro di scoprire questo coso di cui avevano sentito parlare ma che non avevano mai usato, “Linux”. E per finire, per l’intero corso del convegno (nonostante avessi già fatto notare la cosa in passato) si è usato il termine “open source” per indicare il software libero, con allegra incoscienza della differenza.
Ad ogni modo, è stata una esperienza piacevole, e vorrei che a Torino si facessero più progetti così; magari meno focalizzati sullo sviluppo di tecnologia – che ormai si reperisce facilmente in rete – e più sullo sviluppo di reti di aziende, e di canali commerciali collettivi per tutti quei servizi informatici che Torino produce, ma che non è attrezzata per vendere in modo sistematico e di massa.