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Archivio per il mese di Marzo 2007


domenica 4 Marzo 2007, 18:59

Domenica all’aria

Non ce l’ho fatta. Ero in casa da venerdì sera, intento a rilassarmi e a installare Ernesto, guardando ogni tanto un po’ di TV, giocando alla Playstation e leggendo. E però, oggi la giornata era talmente bella (e ci si sono messe anche le chiacchierate di kayak in chat) che, pur avendo già invitato gli amici alle 15 a casa mia per vedere la partita, alle 13:45 ho deciso che dovevo proprio uscire. Sono andato giù, e dopo una sessione di differenziata (mamma mia quanta plastica genero), ho inforcato la bici.

Visto il tempo limitato, l’idea era di fare semplicemente una puntata alla Pellerina, ma man mano che mi muovevo, sedotto dal sole, ho cambiato obiettivo, prima pensando al giro della Dora corto (attraversando a Collegno vecchia) e poi a quello lungo (attraversando ad Alpignano). La giornata era incredibile, non c’era una nuvola e, in maniche corte, l’aria freschetta e odorosa di ghiaccio mi faceva stare benissimo.

Già pedalando verso Collegno mi venivano in mente varie giornate del genere, di primavere luminose spese andando a trovare amici per giocare al computer, o a comprare giochi del computer, o leggendo riviste di computer, o… insomma ero un ragazzino un po’ monotematico, eh! Ma poi, in fondo in fondo, si vedeva il Rocciamelone pieno di neve; e così, invece di andare al ponte di Collegno, ho attraversato il parco dei matti (sulle panchine in viale Gandhi, potrebbe cantare Dalla), percorso in piega la rotonda di via Colombo a velocità da moto, salutato da lontano piazza Che Guevara (uno dei centri di gravità della mia infanzia) e poi, dopo largo Grande Torino, ammirato l’improvvisa apertura del panorama, con il Musinè che compare improvviso per tutta la sua larghezza.

E’ un peccato non potersi infilare nel Cotonificio di Bruere, un posto pieno di fantasmi e di magie; ma tutto, compresa persino l’ex provinciale Pianezza-Rivoli, è recintato da quando crollò il ponte di Pianezza… e così, si risale per i campi fino al cimitero di Alpignano, dove stavolta ho attraversato dalla pista ciclabile (un ponte sopratubo), invece che dallo scenografico ponte vecchio e dalla sua centrale idroelettrica in miniatura (o è un mulino? boh), che però prevede una salita secchissima subito dopo.

Il ritorno è per la vecchia statale ventiquattro, dove hanno eliminato il semaforo di Oltredora e ci hanno costruito una megarotonda con annessi PC City, UniEuro e Burger King. All’ingresso di Torino mancavano pochi minuti alla partita, e quindi ho arrischiato la salita di corso Marche, praticamente un pezzo di tangenziale… ma non c’era quasi nessuno a sfrecciare inscatolato a centodieci all’ora, e così mi sono concentrato sulla salita, leggermente meno secca di quella di via Pietro Cossa ma ancora più lunga.

Chiudo in un’ora precisa per una ventina scarsa di chilometri, e con una soddisfazione fantastica: era troppo tempo che non uscivo in bici senza una meta precisa e andando fuori città. Ora aspetto la tradizionale Torino-Robassomero-Torino di Pasquetta…

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domenica 4 Marzo 2007, 02:21

E’ finito Sanremo

Oh, io ricordo distintamente che, quando due anni fa dissi che Vorrei cantare come Biagio Antonacci era un capolavoro di musica popolare moderna e di sovversione del sistema dall’interno, varia gente mi prese per il culo; specialmente i fan di quella folta brigata di cantanti e musicisti italiani i quali, non possedendo il talento di comunicare in modo diretto e universale e nemmeno una goccia di genio, presumono di potersi costruire una immagine altamente artistica vendendo il meno possibile e tirandosela tantissimo (per Andrea: sì, sto parlando per esempio di Cristina Donà).

Peraltro, l’anno scorso Simone Cristicchi non mi aveva molto convinto, con una canzone che mi sembrava forzatamente alternativa; temevo si stesse avviando sulla strada della macchietta da buffone. Quest’anno, però, mai vittoria fu più meritata, tanto è vero che (mai accaduto prima) il premio principale, il premio della critica e il premio della stampa sono andati tutti alla stessa canzone.

Canzone che è oggettivamente molto bella, sia come musica che come testo, pieno di metafore che colpiscono in un lampo ma che si rifanno a sensazioni e situazioni profondamente vere; e non è nemmeno una astuta captatio benevolentiae, come forse si potrebbe sospettare di quella (dedicata a Borsellino e ai morti di mafia) che ha vinto tra i giovani, Il mio nome è mai più Mi fido di te Pensa. Cristicchi, invece, ha passato tra i matti gli ultimi due anni della propria vita, traendone un libro, uno spettacolo teatrale e un film in uscita in DVD; e sarebbe comunque difficile cantare una canzone del genere in modo credibile, trasmettendo emozioni, se non le si provasse sinceramente a propria volta. (Vedasi a riprova il miagolante Concato, un altro della categoria di cui parlavamo all’inizio, che su un tema potenzialmente altrettanto toccante era evidentemente fintissimo, e non è stato filato proprio da nessuno.)

Certo, per compensare tanta grazia ci hanno dovuto rifilare un pomposo Al Bano al secondo posto, e un bidello che passava di lì per caso al terzo. Silvestri, con una canzone piacevole ma leggerissima, ha mancato il podio di poco. Quinto, Mango – anzi, il Maestro Pino Mango, come pretende di essere chiamato nelle interviste – e qui siamo proprio nel pretenzioso-kitsch a manetta. In più, in un Festival musicamente migliore della media, sono affondati in tanti, dal sinatrico Johnny Dorelli al recitante Paolo Rossi, che portava un inedito di Rino Gaetano rispolverato dagli archivi (memorabile il giornalista che nell’intervista gli ha chiesto, “E Gaetano, che cosa dice della sua versione?”, provocando gelo in sala).

Del resto, non è un caso che, ancora una volta, basti un ospite straniero qualsiasi a ridicolizzare tutto il cast; stasera c’era Joss Stone, e se non sapete chi è, andate nell’angolino dietro la lavagna. A vent’anni non ancora compiuti, oltre ad esibire una voce straordinaria e parecchie altre parti del corpo piuttosto interessanti, ha preso in mano lo show ribaltando il teatro. Baudo era lì lì per lasciarle il microfono e la conduzione per il resto della serata…

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sabato 3 Marzo 2007, 18:36

Succede a Torino

La cronaca di Torino, quelle rare volte che riesco a leggere La Stampa, è sempre una delle sezioni più interessanti; è proprio negli episodi spiccioli che si trovano pezzi di vita meritevoli di essere osservati.

Oggi, buona parte delle pagine di cronaca erano occupate dagli ultimi sviluppi di Tossic Park, dove i residenti hanno ormai costituito ronde stabili contro lo spaccio, e non passa giorno senza che qualche tossico (più raramente, qualche spacciatore) finisca all’ospedale pieno di mazzate.

In particolare, si parlava della dura presa di posizione del procuratore Marcello Maddalena, che promette dura repressione contro gli abitanti del quartiere. Certo, in teoria ha pienamente ragione, ma in pratica, quando tutte le sere ti trovi i tossici sotto casa, quel genere di dichiarazione, da parte di uno che vive con l’auto blu e la scorta in un bell’appartamento in zona centrale, suona davvero come Maria Antonietta e le sue brioche.

Nel frattempo, poco lontano da lì, è stato scoperto l’interessante caso di una donna rom che da anni fa figli senza interruzione da dieci anni, per evitare l’espulsione; la nostra legge dice che non si può espellere un membro di un nucleo famigliare dove vi sia una donna in gravidanza o che ha partorito da meno di sei mesi. La signora ha quarant’anni ed è già a quattordici figli, più undici abortiti; e ha dichiarato al giornalista che degli ultimi quattro o cinque avrebbe fatto volentieri a meno, e li ha partoriti proprio solo per permettere alla famiglia di restare in Italia.

La questione di fondo, in questo caso, è cosa fare di queste famiglie di rom, che spesso vivono nei nostri campi nomadi da quarant’anni e sono composte in gran parte da persone nate qui, che hanno fatto le scuole qui, ma che non sono italiane e non hanno il permesso di soggiorno (vivendo di furti, non hanno un lavoro e quindi nemmeno il permesso).

A me però interessava di più il caso umano, ossia l’idea di mettere al mondo dei figli in modo strumentale, nel più totale disinteresse per il loro futuro e le condizioni in cui potranno crescere. Anche qui, a prima vista la reazione è orripilata, visto che l’amore non ricambiato dovrebbe essere la caratteristica fondante dell’essere genitori. Se però poi ci si guarda attorno, e si vede l’abbondanza – forse quasi la preponderanza – di bambini che, magari in modo meno esasperato, pagano l’incapacità o il disinteresse dei genitori con problemi psicologici o carenza di educazione, finendo poi a picchiare i professori a scuola o a fare gli eterni mammoni semidisoccupati, non si può che concludere che quello che ha fatto la signora, a ben vedere, fa ampiamente parte dei normali casi della vita umana.

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venerdì 2 Marzo 2007, 16:29

3msc

Entrare alla Fnac di via Roma. Fare un giro per la parte informatica, guardare i cellulari (devo cambiarlo da soli due anni), osservare un ragazzino che si pianta su Them Bones a livello facile, e poi decidere di passare a qualcosa di serio. La cultura. I libri.

E così, avvicinarsi alla scala che scende verso la sezione dei libri, e venire colpiti, d’improvviso, dalla vista della parete tutta tappezzata di innumerevoli, infinite copie di un libro solo: Federico Moccia, Scusa ma ti chiamo amore.

Vomitare. Voltarsi. Tornare indietro, e promettere a se stessi di leggere soltanto più fumetti giapponesi.

P.S. Oggi a pranzo, lì attorno, ho incontrato per caso Pippo Pancaro. Ma invece di raccontarlo a voi, l’ho raccontato su Toronews.

P.P.S. Mentre uscivo dalla Fnac, al banco dello sviluppo foto, ho pure dovuto osservare la scena di un trentenne fighettissimo, gellato e firmato, che litigava con l’addetto pretendendo che gli ristampasse le foto perchè “i colori mi sembrano un po’ sbiaditi, e poi questa qui c’ha un po’ di sfocatura, non è che l’avete ingrandita?” (invano l’addetto provava a spiegargli la differenza tra zoom ottico e zoom digitale nelle macchine fotografiche moderne, tra cui quella da cinquanta euro che lui aveva acquistato al Carrefour). Ora, caro trentenne fighettissimo, vorrei ricordarti un concetto basilare: tuo nonno, alle ore tredici di un venerdì feriale, stava certamente a farsi un mazzo come una casa in una miniera di sale. Che tu rompa il cazzo all’universo perchè le foto di te e di quella coatta della tua attuale fidanzata (almeno fin quando non vi metterete le corna a vicenda dichiarandovi insoddisfatti dalla mancata somiglianza fisica tra il vostro partner e l’ultimo calciatore/velina di successo) c’hanno il rosa shocking intenso del giubbottino firmato trendy 2007 che sembra il rosa shocking mediano del giubbottino firmato trendy 2006 e che oggi non è assolutamente più trendy, vuol soltanto dire che gli italiani hanno troppi soldi in tasca e troppo poca voglia di lavorare.

(Rant antisociale in stile Sciasbat)

[tags]moccia, scusa se ti chiamo amore, fnac, pancaro, toro, giovani d’oggi, antisociale[/tags]

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venerdì 2 Marzo 2007, 11:03

Virtual flash mob

Ieri pomeriggio, Kataweb ospitava una “videochat” con il presidente del CONI Petrucci; uno di quegli eventi in cui i lettori possono mandare domande da casa, e l’intervistato risponde online. Di solito si fanno per sembrare moderni, ma la partecipazione è piuttosto ridotta, tanto che la redazione prepara finte domande per riempire il tempo.

Naturalmente, quelli di Kataweb non avevano fatto i conti con la potenza della rete: pronti via, thread su Toronews, e Petrucci finisce letteralmente sommerso di domande sul regalo del Delle Alpi alla gobba. “Sommerso” vuol dire che ieri, nel forum su cui si postavano le domande, circa il 97% erano sul Delle Alpi. Al che Petrucci, con la faccia scocciata (pensa te ‘sto popolo, che si permette di far domande scomode invece che limitarsi ad applaudire), ha dovuto dichiarare che “Non ci sarà nessun finanziamento del Credito Sportivo, che io sappia non ci sarà nessun uso privato dei soldi dei contribuenti.” (non che qualcuno ci creda, eh).

D’accordo, talvolta questo potere è usato a fini meno nobili, come ad esempio portare in un giorno solo Angiolino Ogbonna da fuori classifica a primo in uno dei più prestigiosi premi italiani per giovani calciatori, dopo averlo fatto vincere l’anno scorso a Ricky Vailatti. Insomma, ogni volta che leggete un sondaggio sportivo della Gazzetta (talvolta anche di Repubblica), sappiate che dietro ai risultati potremmo esserci noi :-P

Però, è bello sapere che Internet non porta con sè soltanto occasioni per farci sorvegliare, ma anche occasioni per riprendere in mano il controllo della nostra società, far sapere ciò che i potenti non vogliono far circolare, organizzare manifestazioni anche significative (ultimamente Chiamparino si ritrova domande sul Delle Alpi persino all’inaugurazione delle biblioteche di quartiere, e par proprio nervosetto). Basta organizzarsi e mettere in piedi gli spazi opportuni, autogestiti, per incontrarsi.

Forse è proprio per questo che Internet – specie quella dei forum, dei newsgroup, dei blog – dà spesso tanto fastidio a chi comanda.

[tags]calcio, toro, delle alpi, petrucci, coni, internet, forum[/tags]

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giovedì 1 Marzo 2007, 19:44

Consumatori telematicamente organizzati

Editoriale appena arrivatomi da Rutto direttamente per SMS: “13€ per l’aperitivo: è record?”

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giovedì 1 Marzo 2007, 12:03

Imbarazzante

È il solo commento che riesco a fare per il Festival di Sanremo versione Pippo Baudo 2007, dopo averne visto un po’ tra ieri e l’altro ieri, sorretto dal commento della Gialappa’s Band su Radiodue (che se no ci sarebbe davvero da spararsi).

Ok, la musica a Sanremo ha sempre fatto abbastanza schifo almeno da vent’anni in qua, ma quest’anno siamo veramente sotto il livello della decenza. L’altra sera erano ospiti gli Scissor Sisters a cantare in playback I Don’t Feel Like Dancing – canzonetta carina, ma nulla di che – e sembrava fossero arrivati gli U2 dei tempi migliori sul palco della Festa di Sant’Alfio a Lentini (SR). Con la folla sotto che li snobba e urla imbestialita di ridargli subito Riccardo Gennaro.

E pensare che, per tutto questo, hanno fatto giocare il campionato di calcio mercoledì alle 15, prima assoluta di una giornata di serie A in pieno orario lavorativo, con gli abbonati imbestialiti di fronte alla scelta tra prendersi ferie o non vedere la partita. D’altra parte, anche il collegamento serale con trentamila persone, vecchietti e signore comprese, che urlano in coro e in delirio “La mamma di Farina è una puttana”, non avrebbe fatto una bella figura. Anche se Farina se lo meritava proprio.

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