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giovedì 26 Luglio 2007, 23:08

Ah, la poesia

Ah, la poesia di quegli antichi empori di paese, dove i villeggianti si recano d’estate per gli acquisti più diversi, e per soddisfare le proprie necessità d’ogni genere!

L’emporio del paese ha per definizione tutto. E’ la tua ancora di salvezza per non dover prendere la macchina e farti venti minuti di curve per andare nel paese più grosso, quello dove c’è un vero supermercato; e così, grandi e piccini, villici e stranieri si ritrovano regolarmente al suo interno, in un momento di fraternità e di allegria.

L’emporio del paese sta tipicamente in una casa anni ’60 sulla strada principale, al margine del villaggio vecchio – questo perché quasi sempre è figlio del boom economico degli anni ’60, quando la villeggiatura divenne di massa e quando il concetto stesso di supermercato fu introdotto anche in Italia. Spesso non ha nome, ma può accadere che, nei luoghi di villeggiatura più conosciuti, esso abbia un nome che richiama il futuro rispetto agli anni ’60, come il mitico Al 2000 di Loano.

All’emporio del paese, prima di arrivare al cibo e alla sezione pulizia per la casa, ci sono sempre due elementi fondamentali: le riviste di enigmistica per gli anziani, e i giocattoli per i bambini. I giocattoli per i bambini non possono non includere le biglie, le pistole ad acqua, i palloni Super Tele e un insieme misto di babacio per i più piccini.

Superata la sezione giocattoli, si prendono i cestini, o, negli empori più grandi, i carrelli, che sono un po’ arrugginiti e confrontati con quelli dell’Ipercoop sembrano tazzine, ma rappresentano pur sempre la modernità. E poi, ci si può aggirare liberi per le tre corsie dell’emporio vero e proprio, in cui su scaffali semivuoti di stile sovietico troneggia uno di tutto, rigorosamente di marca: una confezione di Macine, una di Galletti, una di Tarallucci e una di Campagnole, sicché, se oggi vieni a far la spesa tardi, è già passata la signora Rina a fregarti le Macine e tocca accontentarsi dei Tarallucci.

In parallelo, in un angolo, c’è la sezione pulizia per la casa: quella dove esistono ancora prodotti che pensavi scomparsi e che invece sono vitali per la sopravvivenza delle vecchiette del paese, come l’Ariel bucato a mano in polvere, o la candeggina Ace, mito degli spot della nostra infanzia, che se capita oggi in mano a un giovane rischia di esser bevuta pensando che sia un succo di frutta. Le vecchiette non potrebbero sopravvivere senza il bucato a mano e senza la candeggina; quando dall’emporio del paese spariranno questi prodotti, le vecchiette, come Gandalf, capiranno che il loro tempo è passato e si lasceranno morire, visto che prendere una nave per non si sa dove è scomodo e comunque non ci sta nel magro budget fondato sulla pensione di reversibilità del defunto signor Luigi.

E poi, al fondo dell’emporio del paese c’è sempre il titolare, che vive in simbiosi con il suo negozio da quando la moglie è fuggita con un ragioniere di Gallarate venuto in vacanza ad agosto, e ti attende sornione alla cassa o dietro il banco frigo; un banco frigo in cui c’è sempre uno di tutto – una fetta di emmental, una mozzarella, un salame, e persino del lievito di birra risalente alla guerra del ’15-’18 – e, se sei baciato dalla buona sorte, può capitarti di ricevere un pezzo di formaggio dalla stessa forma dell’estate precedente.

Sono stato fortunato a venire in vacanza qui sull’altopiano di Asiago, in uno dei paesini più piccoli, dove ho potuto ancora avvalermi della gioia e della simpatia di un vero emporio di paese.

Certo che poi arrivi alla cassa, ti chiedono 46 euro per tre minchiate, e allora concludi che la poesia può anche andare a farsi fottere, e che è ora che arrivi la grande distribuzione anche quaggiù, vacca d’un mona!

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3 commenti a “Ah, la poesia”

  1. Bruno:

    Ah, quanta verità e quanta poesia nelle parole di VB! Per me, l’emporio di paese sarà sempre quello di Armio, in Val veddasca. Ci andavamo ai tempi del liceo, quando bigiavamo, a comprare patatine, panini, birre per sopravvivere alla mattinata lontano da scuola.
    Ci sono tornato di recente: ora i gestori sono cinesi, ma le fieste e l’ariel ci sono ancora.

  2. Bruno:

    bello, però, l’altopiano di Asiago. Anche da un punto di vista letterario: non sono forse le zone di Rigoni Stern e di Lussu?

  3. simonecaldana:

    Confermo Rigoni Stern.
    Son anche le zone d’origine del ramo paterno della mia famiglia (probabilmente sono anche parente dell’emporiante…)

 
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