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sabato 27 Ottobre 2007, 19:13

Rivoluzioni

Volevo esprimere il mio massimo rispetto per il senatore Fosco Giannini di Rifondazione Comunista, che l’altro giorno ha avuto la forza e il coraggio di indignarsi in Parlamento per un servizio del TG2 di mercoledì sera, dedicato al novantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre.

Anche io avevo visto il servizio e ne ero rimasto allibito: descriveva la rivoluzione russa con una faziosità virulenta, chiaramente studiata a tavolino, ben lontana da qualsiasi possibile giudizio storico, e molto più simile a un bollettino della CIA degli anni ’50. La scelta e il racconto dei fatti, l’uso degli aggettivi e dei verbi erano studiati per denigrare il comunismo come nemmeno Emilio Fede avrebbe mai fatto. In pratica, la rivoluzione bolscevica veniva descritta come un colpo di stato minoritario, autoritario e sanguinario basato su idee “atee, materialiste e violente” (notare l’associazione tra ateismo e violenza). Secondo il servizio, poi, il comunismo russo sarebbe la causa diretta dell’avvento del nazismo in Germania, come a sottintendere che è colpa dei comunisti se c’è stato Hitler; le due ideologie vengono poi apertamente equiparate. Segue l’affermazione secondo cui “fascismo e nazismo crollarono con la guerra”, fattagli evidentemente dagli alieni e non anche dall’Unione Sovietica comunista: il ruolo del comunismo nella seconda guerra mondiale viene scientificamente ignorato, e anzi si dice che il comunismo alla guerra sopravvisse “abilmente”, come un criminale di strada. E così via.

Ora, voi sapete che io sono ben lontano dall’essere comunista, e anzi che mi diverto a denigrare quei vecchioni della sinistra conservatrice e i loro schemi ideologici, che sono certamente inefficaci, e molto spesso illiberali e autoritari. Eppure, un conto è instaurare un sistema sociale centralizzato ed autoritario – che però ha permesso la liberazione di mezzo mondo dal feudalesimo, dallo sfruttamento e dal colonialismo – e un conto è  spedire gli ebrei nei forni.

Le rivoluzioni comuniste nel mondo sono nate per ideali nobili, per richieste di giustizia sociale, di equità economica, di maggiore libertà da preesistenti regimi oppressivi o dittatoriali. Che esse siano poi degenerate in altrettante dittature è innegabile, nè io vorrei mai vivere in un paese comunista; ma sostenere che il loro scopo fosse esplicitamente e sin dal principio la dittatura e il vantaggio personale è non solo oggettivamente falso, ma vergognosamente irrispettoso di chi per quegli ideali ha dato il proprio sangue (e sì, c’è stata in passato gente che moriva per un ideale, non solo per troppo alcool o troppo sballo).

Il problema è che al giorno d’oggi parlare di rivoluzione, qualunque rivoluzione, è pericoloso; per vent’anni ci è stato fatto un lavaggio del cervello continuo per convincerci che l’ideologia è un male, che l’ideale è un male, che quello attuale è il migliore dei mondi possibili e che chi domanda cambiamenti che non siano meramente estetici è necessariamente un violento e un terrorista, o perlomeno uno stupido che vive di sogni.

Eppure, proprio l’Italia dimostra come sia necessaria una grande rivoluzione, nel senso proprio di un cambiamento radicale e improvviso di classe dirigente. Una rivoluzione molto diversa da quelle passate, innanzi tutto perché pacifica, non violenta, tranquilla. Una rivoluzione glocale come il nuovo sistema economico mondiale, con un occhio alle grandi questioni planetarie, e l’altro ai problemi spiccioli e concreti di tutti i giorni. Ma pur sempre una rivoluzione, perché il sistema sociale attuale è ingiusto e insostenibile per tanti, troppi motivi. E quando una gerarchia non sta più in piedi prima o poi, volente o nolente, cade.

Rivoluzioni così sono successe, in questi vent’anni, proprio nelle nazioni ex sovietiche, che avevano lo stesso nostro problema di gerarchia sclerotizzata. Però preparatevi, perché nessun grande cambiamento storico è mai avvenuto stando col culo sulla sedia a guardare i Simpson, o a farsi rincitrullire dal televisore su come l’importante sia stare zitti e delegare ad altri il potere politico ed economico, in nome della lotta contro un profluvio di paure artificiali e in cambio di svariati specchietti e perline. Prima o poi, ci sarà da sedersi in una piazza e non muoversi più.

[tags]tg2, rivoluzione d’ottobre, giannini, rivoluzione, casta[/tags]

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22 commenti a “Rivoluzioni”

  1. sciasbat:

    Ora, voi sapete che io sono ben lontano dall’essere comunista, e anzi che mi diverto a denigrare quei vecchioni della sinistra conservatrice e i loro schemi ideologici, che sono certamente inefficaci, e molto spesso illiberali e autoritari. Eppure, un conto è instaurare un sistema sociale centralizzato ed autoritario – che però ha permesso la liberazione di mezzo mondo dal feudalesimo, dallo sfruttamento e dal colonialismo – e un conto è spedire gli ebrei nei forni.

    Visto che la metti sui numeri, forse in questo confronto ti sei dimenticato di qualcosa…

  2. elena:

    Ho visto anche io quel servizio e sono rimasta allibita per la malafede nella ricostruzione storica.
    Non solo attribuiva al comunismo l’ascesa del nazismo (eh già, Weimar e il crollo del marco, per esempio dove li mettiamo? il vittimismo teutonico dopo la Pace di Versailles dimeticato pure quello? l’incendio del Reichstag mai avvenuto.), non solo la narrazione stessa della cronologia dell’ascesa del comunismo in Russia era farcita di errori, ma era proprio fastidiosa l’assoluta assenza di obiettività (figurarsi l’onestà intellettuale) nella ricostruzione degli avvenimenti. Per non parlare del tono enfatico della voce narrante. Mah.

  3. BlindWolf:

    il ruolo del comunismo nella seconda guerra mondiale viene scientificamente ignorato.
    Infatti (sentito da varie fonti; il numero varia molto ma l’ordine di grandezza è quello):
    * stima del numero di militari americani morti: 170’000-350’000
    * stima del numero di militari sovietici morti: 13’000’000-24’000’000
    ma si sente sempre solo dire che “sono stati gli Americani a liberarci dal nazifascismo”.

    Ora, sia ben chiaro che neanch’io sono filosovietico. Il comunismo non era una cattiva idea per uscire da uno stato medievale (come era la Russia 90 anni fa); purtroppo lo stato di dittatura (preventivato anche da Marx) doveva essere temporaneo per proteggere la rivoluzione ma è diventato definitivo, inoltre ai dittatori idealisti sono subentrati quelli con ambizioni strettamente personali.

    (e comunque i Simpson sono quanto di più avverso alla società occidentale odierna abbia mai visto. Penso che guardare il Grande Fratello sia molto peggio.)

  4. vb:

    E’ proprio per quello che parlavo dei Simpson: ti convincono che sei contro il sistema perché ti chiudi in camera a guardare una trasmissione che lo prende per il culo… ma intanto stai a casa invece di darti da fare per cambiare le cose.

  5. Sciasbat:

    @BlindWolf: oh mamma mia… il conto dei morti è una cosa che mi fa star male, ma questo uso disinvolto non mi può far stare zitto. Morti russi, sovietici per caso, poveracci ignari mandati allo sbaraglio da una ideologia altrettanto folle di quelle che dovevano combattere, con la scelta di farsi ammazzare in faccia dal nemico o alle spalle dai presunti amici. E adesso la loro tragedia si vede ridotta a numero che andrebbe a merito di chi ha ingigantito il massacro…

  6. Thomas Jefferson:

    Io credo che il comunismo fosse una *pessima* idea to begin with, anche per la grave confusione tra uguaglianza ed egualitarismo (non riporto di nuovo le differenze tra le due :-)).

    Il conto dei morti è una cosa ingiusta in primis per i morti stessi. Però è importante ricordare che alcuni vengono sistematicamente dimenticati, ad esempio i seguenti (sì non erano in guerra, ma erano pur sempre vittime della stessa ideologia):
    http://www.liberalfondazione.it/ucraina.htm

    Quanto al ruolo dei liberatori, beh, credo che a 60 anni di distanza sia come sparare sulla croce rossa confrontare i paesi liberati dai liberatori sovietici e quelli liberati dagli oppressori cattivi sanguinari e guerrafondai americani.

  7. BlindWolf:

    Flammone in arrivo, come previsto.

    BTW: chi ha firmato a mio nome il post #5? Penso che sia stato semplicemente un errore…

    Spiego meglio il mio post #3:
    Nella seconda guerra mondiale sovietici ed americani erano alleati contro il nazifascismo; al termine della guerra si sono spartiti l’Europa. Non metto sullo stesso piano le due nazioni (solo una delle due ha invaso militarmente Cecoslovacchia ed Ungheria), ma quando qualcuno a 60 anni di distanza (nel frattempo le cose sono molto cambiate) chiede di appoggiare gli USA solitamente ricorda gli americani come “i liberatori”, mentre sia gli statunitensi che i sovietici sono intervenuti in primis per salvarsi le chiappe da un nemico, quindi per prendersi la propria fetta di mondo.
    La “liberazione”, quindi, è stato solo un effetto collaterale per entrambi. (Per carità, sono molto felice di questo effetto collaterale… ma certe cose ci tengo a precisarle).
    Ci tenevo a mettere delle cifre perchè sono note a pochi (per correttezza segnalo che le condizioni erano diverse: i russi avevano il nemico dentro i propri confini, gli americani no; i sovietici inoltre erano molto impegnati sul fronte asiatico).

    @vb: sospettavo che tu avessi fatto tale esempio con le finalità spiegate nel post #4, ma volevo un conferma. Personalmente preferisco un prodotto culturale che critichi lo status quo che non uno che lo assecondi, in quanto il primo ha più probabilità di scatenare delle reazioni del secondo anche se la maggior parte degli spettatori sono dei rivoluzionari in pantofole. Poi ci si può chiedere “alla Luttazzi” se i Simpson siano satira (che porta ad un’antipatia verso il bersaglio) o sfottò (che rendono il bersaglio più simpatico).

  8. sciasbat:

    Errore mio la firma, volevo scrivere @BlindWolf e l’ho fatto in due posti per sbaglio.

  9. vb:

    Comunque, il punto del post non era quanto rivalutare il comunismo, ma l’atteggiamento malevolo verso qualsiasi forma di ideologia e di conseguente cambiamento sociale…

  10. sciasbat:

    Vb, a costo di essere scambiato per qualunquista dico la mia sulle ideologie: sono male a prescindere, perché portano la soluzione avanti al problema e prima poi sfociano dove sono sfociate tutte: dittature e morti.

  11. Alberto:

    L’ideologia altro non è che un complesso di idee e principi. Ognuno di noi muove le sue azioni sulla base di idee e principi circa ciò che è opportuno fare e quello che non è opportuno fare, indipendentemente dal fatto che queste idee siano prodotte da un’analisi razionale, da convinzioni dogmatiche o dal proprio istinto. Volendo, anche commentare un blog è una scelta ideologica.
    Il problema è che per andare dove ognuno di noi vuole andare ci sono ostacoli legati alle stutture sociali ed alle preferenze di chi abbia idee e principi diversi dai miei. La scelta è se affrontare questi ostacoli in modo violento o in modo negoziale.
    Se io cerco di imporre con la violenza la mia ideologia ciò sfocia, come dice sciasbat, in dittatura e morte, ma questo non per colpa dell’ideologia (qualunque essa sia) ma del fatto che io la voglia imporre con la violenza e non sia disposto a negoziarla con l’ideologia altrui.
    Una volta che ho fatto la scelta di imporre la mia ideologia con la forza, di lì in poi la violenza è violenza, indipendentemente dagli scopi che persegue, e la misura delle violenza è indipendente dalle motivazioni, per questo sono indifferente al paragone tra comunismo e nazismo, Stalin ed Hitler o simili. Se un gruppo di persone domani dovesse compiere un colpo di stato vegetariano, incarcerando e giustiziando sommariamente tutti i macellai, sarebbe ridicolo imputare questo all’ideologia vegetariana, sarebbe semplicemente una scelta delle persone.
    Se io accetto invece di negoziare con gli altri la mia ideologia (con le modalità più varie previste) faccio una scelta che mi porta verso un sistema democratico. Il problema è che in un sistema democratico ci sono delle regole comuni del gioco e quelle regole vanno seguite da chi decide che i Simpson non gli bastano più. Ma siccome le regole comuni ci danno sempre un certo fastidio preferiamo andare in piazza e sbraitare anziché impegnarsi in politica, e, per inteso, lo dice autocriticamente uno che è andato parecchie volte in piazza a sbraitare e non ha mai fatto politica.

  12. Attila:

    Ideologia è mettere l’idea sopra all’essere umano, per cui far diventare l’essere umano come mezzo per pervenire all’idea: per ciò stesso sacrificabile… fate 2 conti e vedete a cosa porta…

  13. BlindWolf:

    …anche il “libero mercato” se è per questo.

  14. Alberto:

    Un uomo che si sacrifica per un’idea (tipo la salvezza dell’umanità) magari su una croce… Mi ricorda qualcosa… A voi no?

  15. Attila:

    Se uno vuole imporre la sua idea, sacrificando la vita degli altri mi ricorda moltissime cose…

  16. tangueiro:

    Per fortuna di quelli che vogliono salvare l’umanità ce ne basta all’incirca uno ogni millennio. Di solito la vogliono distruggere.

  17. for those...:

    @Alberto: Il nazismo non è che avesse un “bell’ideale applicato male”. Era proprio l’ideale che era violento! Cioé il complesso di idee e pricipi che lo fondavano prevedeva in sé l’esistenza di una razza eletta e superiore e di altre razze inferiori da annientare.
    Il comunismo non conteneva in sé idee simili ma non direi che sia stato imposto un ideale con la forza. Direi invece che sia stato proprio “adattato” (stravolgendolo) l’ideale ai comodi della dittatura – da qui egualitarismo scambiato con uguaglianza. Su quest’ultimo punto però sono pronto a smentite perché non sono molto ferrato in storia. :-(

  18. Thomas Jefferson:

    for those (about to rock, we salute you?): il comunismo era un’idea sbagliata all’origine. Non aveva bisogno di essere stravolta, aveva già in sé elementi autoritari e prepotenti.

  19. for those...:

    @Thomas Jefferson:
    a. NO, citazione sbagliata :-) Però è sempre in campo musicale.
    b. boh? IMPREPARATO, torno a settembre! (adesso sono costretto a studiarmi la storia del comunismo… alla mia età!) :-)

  20. Alberto:

    Come già detto un’ideologia è un insieme di idee e principi. Ognuno ha le sue idee e i suoi principi, anche chi sostiene che le ideologie sono il peggiore dei mali. Per cui anche aborrire un’ideologia o tutte le ideologie è a sua volta una posizione ideologica.
    Ricordato questo, la mia ideologia mi porta ovviamente ad apprezzare alcune ideologie ed ad aborrirne altre, ad esempio quelle basate sulla discrimazione dei cittadini su base razziale, religiosa o altro. Ritengo però che anche i sostenitori della più apprezzabile delle ideologie, se non accettano il negoziato e cercano di imporsi con la violenza possono mietere vittime, guerre e morte, ma non necessariamente è un vizio dell’ideologia, più probabilmente è un vizio delle persone che la sostengono.

  21. vb:

    Mi sembra che tu sottovaluti il fatto che la “giustizia” (che per definizione è qualcosa di ideologico, dipendente dal tuo sistema di valori etici) può dover essere imposta con la forza… come fa, per dire, la polizia tutti i giorni, o come fanno le missioni internazionali di pace.

    In altre parole, la precondizione che non si usi mai la forza per imporre ciò che è “giusto” implica che si possa dover preferire la continuazione di una ingiustizia all’uso della forza.

    Ma in fondo non sarebbe anche questa una scelta ideologica?

  22. Alberto:

    Qualunque genere di negoziato richiede una terza parte che garantisca che l’accordo raggiunto sia rispettato dalle parti. Per questo il negoziato che porta alla formazione delle regole democratiche deve aveve una terza parte che garantisca, anche con la forza, il rispetto di quanto concordato con le parti. Anche per questo è fondamentale massimizzare la separazione tra questa terza parte (polizia o magistratura) e chi negozia le regole (ma su questo stenderei un velo pietoso visti gli eventi di questi giorni).
    Per quanto riguarda le missioni di pace, il motivo principale, credo, per cui spesso falliscono è che è molto difficile por fine ad un conflitto senza l’uso delle forza e che è molto arduo imporre un approccio non-violento con la forza.

 
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