Nomi nuovi
Il mio entusiasmo per il Partito Democratico si è molto raffreddato in questi ultimi due giorni, dopo che Veltroni ha cominciato a presentare i nomi dei capilista, i candidati simbolo. E’ positivo che non si mettano in cima alle liste i soliti vecchioni, ma chi viene proposto in vece loro?
Il primo, quello che dovrei votare io in Piemonte, è Antonio Boccuzzo, operaio sopravvissuto all’incidente della Thyssen-Krupp. E io resto molto perplesso: quali sono le qualifiche e le competenze di questa persona, a parte l’essere diventato famoso per essere scampato a una tragedia? Dal poco che si sa, è un sindacalista ed è vicino ai DS; e tradizionalmente i DS candidano in Piemonte un sindacalista-operaio, come in passato, per esempio, Salvatore Buglio. Questi candidati vengono usati per ramazzare il voto operaio in concorrenza con la sinistra radicale, e poi vengono bellamente scaricati quando al partito non servono più.
Non conosco Boccuzzi, ma in assenza di qualsiasi indicazione sul suo pensiero o sul suo curriculum vitae, questo pare un caso di bieco sciacallaggio su una tragedia tremenda; sia da parte del partito, che punta a conquistare la simpatia degli operai, che da parte della persona stessa, che punta a fare carriera politica grazie alla morte dei suoi colleghi. E’ una candidatura che mi ricorda da vicino quelle dei calciatori alla Massimo Mauro o delle soubrette alla Gabriella Carlucci. Sarò curioso di andare a vedere, a fine legislatura, questa persona quante proposte credibili avrà fatto, e quanto avrà capito di ciò che le ordineranno di volta in volta di fare.
La seconda candidatura è quella in Lombardia: e qui, dichiara Veltroni, metteremo capolista un giovane, come segno di innovazione. E chi è il giovane? Tal Matteo Colaninno, figlio di Roberto Colaninno, finanziere padrone della Piaggio ed ex padrone di Telecom Italia, che poté conquistare a fine anni ’90 con il solito metodo dei debiti accollati all’azienda comprata – quindi iniziando ad affossare la Telecom stessa – e solo grazie al pesante appoggio politico e finanziario di Massimo D’Alema.
Anche qui, non conosco la persona, e magari è capacissima; il fatto che sia un manager potrebbe anche far pensare che abbia qualche idea in più su come si gestisce un Paese. Tuttavia, presentare come il simbolo massimo del rinnovamento proposto la candidatura di un “figlio di” mi pare obbrobrioso: onestamente, mi sento preso per il culo. Se poi veramente, come suggerisce il Corriere, i prossimi saranno Rossella Sensi e Alessandro Benetton, finirò anch’io per annullare la scheda con rabbia.
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