Dove finisce la veritÃ
Si discute giustamente, nei commenti al post dell’altro giorno, di come la stampa distorca spietatamente la realtà ; i giornalisti non solo sono esseri umani, non solo sono sempre più spremuti e pagati per la quantità invece che per la qualità , ma per definizione devono parlare di cose che non conoscono; è ovvio che il risultato lasci spesso a desiderare.
Eppure, che dire di un altro fattore, ossia di come la realtà stessa sia difficile da definire? Oggi nella cronaca di Torino si trova un esempio perfetto: la stessa storia vista da tre punti diversi. Leggete prima il racconto principale, quello di un ragazzo di 19 anni che perde un occhio in un diverbio con un vecchietto, che, con precisione da ninja, gli pianta l’ombrello nell’occhio attraverso uno spiraglio nel finestrino dell’auto; quindi, a causa della sopravvenuta disabilità , il ragazzo viene prontamente licenziato. Poi leggete il racconto del datore di lavoro, che spiega come le cose stiano diversamente, e che un ragazzo cieco da un occhio, a guidare muletti in una officina meccanica, non possa far altro che danni a sé e agli altri operai. Infine potete leggere il racconto del vecchietto, un ottantenne che nemmeno ha ancora ben capito cosa sia successo, o come il classico rancore verso i giovinastri alla guida abbia potuto trasformarlo in un pregiudicato.
Quale di questi racconti è vero? Lo sono tutti e tre; montati insieme, costituiscono indubbiamente la verità , ma non aiutano affatto a chiarirla. Nessuno dei tre vorrebbe aver fatto quello che ha fatto, eppure nessuno dei tre ha veramente voluto fare del male, e nessuno dei tre può dirsi il vero responsabile dell’accaduto. Potremmo quindi concludere che si tratta in fin dei conti di una manifestazione del caos; o, se preferite, di una combinazione diabolica.
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