Altro cemento
Ieri, girando per il quartiere, sono ripassato dopo anni in via Pacchiotti, davanti a un vecchio campo da calcio – niente più che un prato con due porte in mezzo alle case – dove andavo ogni tanto a giocare il sabato negli anni dell’università . E così ho scoperto che il campo non esiste più: nel frattempo, ci è spuntato sopra un cantiere per la costruzione di un enorme edificio rivestito in tonalità di grigio, lungo un centinaio di metri e alto tre piani, che però sembra semiabbandonato tra le lamiere che delimitano i lavori.
Il cartello, con l’immancabile logo “Torino on the move”, spiega che si tratta di una costruzione iniziata nel 2006 e con fine lavori nel febbraio 2008 (e qui già qualcosa non torna), per un costo di due milioni trecentomila euro e rotti; lo scopo è la realizzazione di una “palestra per la ginnastica artistica”.
Ora, sono sicuro che a Torino ci sia estremo bisogno di palestre per la ginnastica artistica; evidentemente queste palestre devono avere qualcosa di specifico per cui quelle normali non vanno bene, visto che il nuovo edificio è esattamente di fronte a una scuola media che dispone già della sua brava palestra agibile tutti i pomeriggi. In compenso, quello era l’unico prato verde (sterrato davanti alle porte) di un quartiere urbano che, per carità , è vicino a numerosi parchi, ma è comunque interamente costruito.
Sono quindi un po’ dubbioso sul senso logico, per un Comune che dichiara di essere in bolletta e di dover tagliare le manifestazioni culturali e persino l’assistenza sociale, di spendere oltre due milioni di euro per costruire una nuova palestra, in una zona piena di scuole anni ’70 con le relative palestre, oltre a due complessi comunali con piscina coperta e campi sportivi e tutta una serie di altre infrastrutture; viste le tante altre storie di cui abbiamo già parlato, dagli stadi all’Arena Rock, il nostro Comune dimostra sempre un inspiegabile desiderio di spargere cemento, che spero non vada spiegato con le relazioni amicali e financo parentali intercorrenti tra i leader politici locali e alcuni grandi aziende edili.
Stavolta, però, non è tanto questione di indignarsi, che il limite di indignazione l’abbiamo superato da tempo; è più che altro la sorpresa nel rendersi conto di come pezzi interi di città che tu hai vissuto per anni, e che tendi quindi a dare per scontati, possano sparire nel nulla da un momento all’altro.
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