L’uovo oggi
Ebbene sì, ci sono cascato anch’io: ieri pomeriggio, partendo per la montagna (perché un weekend lungo di sonno dopo la campagna elettorale era assolutamente necessario…), ho ricaricato lo storico telefonino TIM che uso solo per la connessione in remoto via cellulare, pensando “poi attivo l’offerta con l’SMS al 4916 subito prima di cominciare a usarlo”. E invece, mentre io dormivo Elena si è collegata pensando che l’offerta fosse già attiva: morale, oltre 12 euro di spesa per mandare due mail, e credito insufficiente per attivare l’offerta.
Stamattina quindi siamo scesi in paese, abbiamo ricaricato ulteriormente il cellulare e attivato l’offerta, e ora è tutto a posto e posso anche bloggare. Però quanto sopra non è successo solo a me; so di tanti altri a cui, pur scafati, è successo di dimenticarsi che l’offerta di turno era scaduta o non era ancora cominciata e di venire quindi prontamente ripuliti di tutto il credito disponibile o quasi, anche solo per scaricare due pagine. Sicuramente è calcolato: gli operatori sanno che prima o poi tutti si dimenticano o sbagliano, e lì fanno festa. Ma certo c’è da chiedersi quanto questo contribuisca alla mancata crescita di Internet in Italia: ricordiamo che siamo l’unico Paese europeo dove la penetrazione della rete ha smesso di aumentare.
Purtroppo questa è l’attitudine di tutte le grandi imprese italiane: invece di badare ad offrire sempre un prodotto concorrenziale al prezzo migliore possibile, la strategia è quella di cercare di gabbare il cliente ad ogni occasione, cercando nel contempo di garantirsi posizioni di monopolio o oligopolio (spesso grazie ad agganci politici ben oliati da propri contributi e sponsorizzazioni) in modo che tanto il cliente abbia poco da scegliere. Peccato che questa attitudine possa funzionare solo fino a che si vive in un mercato chiuso, controllato e maneggiabile: e infatti, appena vanno all’estero, le nostre aziende o cambiano strategia (arrivando a casi incredibili di prodotti italiani offerti agli stranieri a condizioni molto più vantaggiose di quelle riservate agli italiani, nonostante i costi di esportazione) o affondano senza ritegno. Sono pochi gli imprenditori italiani che riescono ancora a competere sul mercato globale, e in genere lo fanno nonostante il loro essere italiani, e pagando il pegno di venire marginalizzati sul mercato nazionale a favore di loro concorrenti meno bravi ma più ammanicati.
A penalizzarci, a spingerci senza ritorno nella crisi, è anche e soprattutto l’idea italiana che, in un modo o nell’altro, ci si possa sempre “arrangiare”; che l’organizzazione, la formazione, la competenza, la strategia, l’investimento a lungo termine, la cura per il cliente siano aspetti secondari del fare affari. Forse hanno ragione, visto che in un modo o nell’altro io continuo ad essere cliente di tante di queste aziende, anzi non sono nemmeno andato a lamentarmi (ho sbagliato io). Eppure, siamo ridotti a sperare che ci comprino gli stranieri: ci colonizzeranno, ma poi almeno sapranno come si tratta un cliente per costruire con lui un rapporto di lungo termine, invece che per pelarlo nell’immediato e poi si vedrà .
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