Della democrazia liquida e di altri pensieri
Oggi è il primo giorno dell’Internet Governance Forum 2010, a Vilnius. Io sono arrivato ieri pomeriggio, e ieri ho avuto appena il tempo di andare al cocktail di benvenuto organizzato dalla Internet Society (la sede centrale americana) all’ultimo piano del Crowne Plaza. Vista magnifica, vini e cibi raffinati, e io e altri “vecchi” commentavamo che dieci anni fa ISOC non avrebbe mai avuto i soldi nemmeno per prenotare la sala, e non sappiamo se questo sia poi un bene.
Stamattina, come faccio spesso in questi casi, sono venuto alla conferenza con i mezzi pubblici, e precisamente con il filobus. Mi son studiato online i percorsi e ho trovato quello giusto; ho comprato i biglietti dalla giornalaia senza problemi, sono salito su un mezzo d’anteguerra e… ecco, l’unico problema è stato che io avevo in mano il biglietto da obliterare, ma all’ingresso c’era solo un blocchetto di ferro arrugginito delle dimensioni di un pacchetto di sigarette. Io ho provato a metterci dentro il biglietto in varie posizioni, ma non succedeva niente; non timbrava. L’autista cominciava a essere un po’ scocciato, ma alla fine ho avuto il lampo di genio: l’obliteratrice non era elettrica, ma funzionava ad energia muscolare umana. In pratica, bisogna prendere il lato di dietro e spingerlo con forza contro il biglietto, che peraltro non viene timbrato, ma sforacchiato in sei punti come se trafitto da una scarica di pallini; metodo un po’ brutale ma assolutamente economico, in perfetto stile sovietico.
Superata la lunga coda della registrazione, mi sono infilato nel primo meeting, dove si discuteva dell’uso di Internet per promuovere l’attivismo giovanile – dove per “giovani”, so che sembra incredibile, si intendono le persone da 15 a 24 anni, non i quarantenni. Dopo un po’ ho preso la parola e, a parte raccontare un pochino della nostra esperienza del Movimento 5 Stelle, ho chiesto se negli altri paesi non trovassero difficoltà a mobilitare i “giovani”, e se anche da loro ci fosse il problema di larghe fasce giovanili dedite soltanto a guardare la televisione o a uscire la sera a strafarsi. Mi hanno guardato perplessi, poi da varie parti del mondo un paio di 15-20enni mi han risposto: “No, i giovani hanno molto tempo e la voglia naturale di cambiare il mondo, non conosciamo nessuno dei nostri amici che non sia impegnato in qualcosa.”
Comunque, dopo la riunione ho cominciato a chiacchierare con Eddan Katz di EFF, che mi ha chiesto lumi sul caso Vividown (qualcuno ha una traduzione o commento alla sentenza in inglese?), e con Amelia Andersdotter. Amelia, 23 anni, svedese, diventerà a pieno titolo europarlamentare entro pochi mesi, quando i decreti attuativi del trattato di Lisbona entreranno completamente in vigore e con essi la Svezia riceverà un seggio aggiuntivo a Strasburgo, che andrà al Partito Pirata.
Siamo andati a prenderci un caffé e siamo rimasti lì per oltre due ore a raccontarci di un po’ di tutto, a scambiare opinioni sulla situazione politica europea, sulle conferenze internazionali e sui temi della proprietà intellettuale, che ovviamente sono al centro della loro azione (ma hanno cominciato a capire anche loro che il problema vero è più in là , è nella struttura dell’economia… e lì io ho attaccato con la decrescita). Io le ho passato il puntatore al paper di Van Schewick che prova che le violazioni della neutralità della rete diminuiscono l’innovazione su Internet, e lei mi ha raccontato dell’esperimento di democrazia liquida del Partito Pirata tedesco.
E così mi ha presentato Leon Bayer, 15 anni, il più giovane partecipante alla conferenza, che mi ha spiegato i dettagli del loro modello partecipativo. In pratica, il Partito Pirata tedesco si è messo a scrivere il proprio statuto; come ben sappiamo anche noi, queste sono le situazioni in cui di solito i movimenti politici si avvitano in faide procedurali e finiscono in pezzi. Loro invece hanno scelto il modello chiamato appunto “liquid democracy”; in pratica, grazie a una piattaforma informatica di supporto, qualsiasi simpatizzante può iscriversi al partito e scegliere se votare direttamente sulle questioni in discussione oppure se delegare qualcuno. La delega può essere data per argomento; per esempio, uno può delegare Tizio sulle questioni relative alla sanità , Caio su quelle relative al lavoro, e tenersi per sé la possibilità di voto su altre questioni. La delega inoltre può essere revocata o cambiata in tempo reale in qualsiasi momento.
E’ un sistema interessante, perché rappresenta un giusto mezzo tra la democrazia diretta e quella rappresentativa, permettendo a ogni partecipante di scegliere il livello di coinvolgimento desiderato e allo stesso tempo evitando deleghe incontrollate, dato che anche chi accumula moltissime deleghe può perderle in un attimo se le usa male. A me piacerebbe moltissimo sperimentarlo nel Movimento 5 Stelle; a Berlino ha funzionato benissimo (tra l’altro anche loro, alle politiche di qualche mese fa, hanno preso tra il 3 e il 4 per cento a Berlino) e ha evitato tutte quelle antipatiche discussioni sulle regole interne… e le lotte per scegliere chi fa il capo l’anno prossimo.
Ora sono in mezzo alla cerimonia di apertura, che si è aperta in modo un po’ kitsch quando l’onorevole presidente della Commissione parlamentare lituana sulle comunicazioni ha imbracciato tromba e microfono e ha cantato e suonato What a Wonderful World, su una base di tastiera preregistrata. Era bravo, ma l’ho trovato fuori luogo… Poi ho scoperto che Janis Karklins, ex presidente del comitato governativo di ICANN e mio collega nel Board, è diventato vicedirettore generale dell’UNESCO. Poco fa ha parlato Andrew McLaughlin, la persona che dieci anni fa organizzò le elezioni At Large di ICANN in cui ero uno dei candidati; adesso è vice-CTO della Casa Bianca e parla di democrazia digitale “on behalf of President Obama”. Ve lo vedete il governo italiano fare una scelta così?
[tags]igf, igf 2010, nazioni unite, internet governance, lituania, partito pirata, democrazia digitale, amelia andersdotter, internet society, vilnius[/tags]
14 Settembre 2010, 16:41
Per iniziare, in inglese, sul caso Google Vividown c’è un commento su SSRN del Prof. Sartor
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1604411
14 Settembre 2010, 22:48
ma questa ‘piattaforma informatica di supporto’ è da qualche parte ? di che software stiamo parlando esattamente ?
16 Settembre 2010, 22:31
Scusa la battuta Vittorio, ma queste persone con cui hai condiviso 10 anni fa l’avvio della società dell’informazione, più o meno, adesso sono “ben piazzate”… e tu? Ancora a lottare per cambiare una società di giovani che si sbracano davanti alla PS… :)))
L’occhiello del tuo blog, è sempre più vero… :))
Senza offesa, neh? :)
Mandi