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Archivio per il giorno 25 Ottobre 2010


lunedì 25 Ottobre 2010, 10:34

La cresta

La vita può essere tragica; tutti noi speriamo di non trovarci mai di fronte a drammi che però accadono tutti i giorni. Tra questi drammi c’è sicuramente la morte improvvisa e imprevista di persone giovani; esaminando i dati che il nostro Istituto Nazionale di Statistica mette a disposizione dentro uno ZIP contenente un foglio Microsoft Excel (evviva l’accessibilità) si scopre che nel 2007 in Italia sono morte 9375 persone tra i 20 e i 40 anni. La prima causa di morte sono, come noto, gli incidenti stradali (22,7%); meno noto è che la seconda, che presto potrebbe diventare la prima anche in questa fascia di età, è il cancro (21,7%). La terza causa di morte, a debita distanza ma comunque con più di 800 vittime, è il suicidio (8,8%). Queste cause sono tutte e tre, in modi diversi, sintomi di disfunzioni della nostra società, e sono talmente diffuse che se ne parla il meno possibile; si parla molto di più di cause di morte numericamente ben meno rilevanti, come l’omicidio (2,7%) e l’AIDS (1,9%).

Nell’elenco non compare la causa che ultimamente va più di moda sui giornali: la “malasanità”. Soltanto due giorni fa, sulla cronaca cittadina, l’ennesimo caso: una ragazza di 33 anni morta in sala operatoria durante la sostituzione di una valvola cardiaca, una operazione teoricamente di routine. Quasi sempre, il sottotitolo è lo stesso: i parenti che gridano “ce l’hanno ammazzata”, “vogliamo giustizia” e “qualcuno deve pagare”.

E’ comprensibile ed umano che una persona che sta vivendo una tragedia del genere parli così e senta il bisogno di trovare un colpevole (meno giustificabile che ciò venga rilanciato dai giornali e dalle televisioni). Se ci pensate, però, queste affermazioni tradiscono la concezione piuttosto distorta della vita e della morte che permea la nostra società: una concezione basata sull’aspirazione all’immortalità, e persino su una certa fiducia nel fatto che l’uomo possa dominare qualsiasi condizione avversa impostagli dalla natura.

Nel caso specifico, l’operazione di routine consiste nell’addormentare qualcuno in maniera innaturalmente profonda, aprirgli il cuore, togliergli un vecchio pezzo di plastica che sostituisce la sua valvola cardiaca difettosa e metterne uno nuovo. A guardarla bene, non si capisce come si possa essere arrivati a considerare una cosa del genere “di routine”. Come umanità, possiamo senz’altro esserne orgogliosi, ma non credo che abbia senso pensare il successo di queste terapie come un diritto, e dunque il fallimento di una operazione chirurgica come un omicidio; non solo perché la fallibilità è umana – se fosse richiesto il 100% tondo di successo in tutto ciò che facciamo, nessun umano potrebbe guidare un veicolo: ci risparmieremmo quasi ventimila morti l’anno solo in Italia, ma la nostra società non funzionerebbe più – ma perché il rischio di morte è intrinseco ed ineliminabile in una operazione di quel tipo, e nella maggior parte dei casi avviene senza alcun errore da parte dei medici.

Con tutta la nostra scienza, non sappiamo perché ogni anno decine di neonati muoiano di “sindrome della morte improvvisa nell’infanzia”; muoiono in culla, e basta. Quando si vivono drammi del genere, dal punto di vista del singolo è difficile, forse impossibile, farsene una ragione; dal punto di vista collettivo, però, è un chiaro invito ad abbassare la cresta, e a spiegare agli individui che non tutto è sotto il nostro controllo.

[tags]malasanità, morte, omicidio, medicina, scienza[/tags]

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