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Archivio per il giorno 1 Ottobre 2010


venerdì 1 Ottobre 2010, 15:31

Simpaticamente Milano

Milano è una città che sa come farsi odiare.

Lo pensavo proprio ieri, a mezzanotte e mezza, nella Stazione Centrale completamente deserta, con un unico treno ancora da partire – la S11 delle 0:38 per Chiasso (nel dubbio i monitor la riportavano una decina di volte, per far sembrare che il traffico fosse molto di più). Ero appena sceso dal bus da Malpensa ed ero passato per la stazione per fare il biglietto del treno per Torino di oggi, dato che prendendolo dal passante non ci sono biglietterie né macchinette automatiche e dunque bisogna assolutamente farlo prima.

Nel corridoio sotterraneo davanti alle macchinette, oltre a me, c’erano due tizi: una era chiaramente una barbona o drogata, sui trent’anni (ne dimostrava cinquanta), e l’altro aveva l’aria straniera ed era pieno di valigie. Mi fermo davanti a una macchinetta; il tizio straniero, vedendomi in giacca e cravatta, viene da me con aria disperata e mi chiede “do you speak English?”. Alla fine mi racconta che è americano, è arrivato da Malpensa pure lui e che sta cercando di capire come andare al suo albergo, lì in zona, ma trova soltanto barboni e gente poco raccomandabile (una esperienza aliena per lui, dato che negli Stati Uniti se vedono un barbone per strada, che non stia accucciato nel suo angolino e che approcci la gente, spesso lo prendono e lo sbattono in galera).

Mi fa vedere l’indirizzo, io tiro fuori il cellulare col navigatore e controllo: è a una decina di minuti a piedi. Lui mi ringrazia, mi dice “I’ve been here for one hour and a half and you’re the first Italian that I like”, e mi chiede se secondo me è sicuro andarci a piedi, che non si fida. Io spiego che non sono di Milano ma di Torino, dunque non saprei: di giorno il quartiere è tranquillo ma comunque non è dei migliori, essendo vicino alla stazione, e non so come sia di notte. Lui mi dice “I should have come to Turin rather than to Milan, people here are horrible”, e conclude che nel dubbio prenderà un taxi.

A quel punto ci salutiamo, gli auguro buon giro, ed esco dall’ingresso principale per dirigermi verso la fermata del 5, per andare a casa. Sono stanco morto e ho solo voglia di andare a dormire, e che succede? Me lo vedo arrivare lì, dal lato della piazza, che scorre sui binari e si ferma al primo semaforo. Comincio a correre per il piazzale, penso che non ho voglia di aspettare altri venti minuti, che già mi sono dovuto puppare (oltre a tutto il viaggio da Londra) un’ora su un bus Autostradale ammuffito e strapieno, che doveva partire alle 23:15 e invece è partito alle 23:29 perché quello della concorrenza partiva alle 23:30 e facendo così gli ha portato via un bel po’ di passeggeri (ah, il mercato regolamentato all’italiana); e che domani devo comunque alzarmi alle 7 per andare presto da un cliente che poi a metà mattinata deve andare via.

Il tram riparte, si avvicina alla fermata, io accelero, corro ancora più veloce… finché d’improvviso mi ritrovo per terra di faccia, con la mia borsa di libri che volano per aria e lo zaino pesantissimo (con dentro portatile, macchina fotografica, lettore MP3…) che dalle spalle mi capitombola addosso alla testa.

E’ successo che qualche genio del male, nel ristrutturare per l’ennesima volta piazza Duca d’Aosta per farla sembrare più figa in cartolina (cioé senza gli spacciatori e le gang di etnia varia), ha messo nella parte centrale delle leggerissime rampe in discesa che improvvisamente e senza alcuna segnalazione visibile si separano dal piano della piazza creando un gradino sempre più alto. In pratica, o uno corre guardando per terra o il gradino è totalmente invisibile; io ci ho messo il piede per storto e la caviglia si è girata in qualche modo.

Ero lì per terra con un male cane, e ovviamente l’unico che è venuto ad aiutarmi è stato un ragazzo di colore (c’erano due tizie italiane poco pi in là che hanno cambiato rotta per far finta di niente). Io ho ringraziato, mi sono alzato, ho verificato che la caviglia comunque funzionava ancora, ho ringraziato la solidità del vestito grigio cinese e ho zoppicato fino alla fermata, vedendo il tram andarsene in lontananza. Ho deciso che qualunque cosa fosse successa alla mia caviglia io avevo sonno, ero stanco e volevo solo andare a casa; e allora ho aspettato il successivo 5, mi ci sono issato sopra a braccia e mi sono subito tutti gli scossoni delle meravigliose “vetture storiche del 1927”, una roba che se girasse per le strade di Abidjan gli ivoriani protesterebbero subito che sono vecchie, ma che ATM furbescamente ti vende come “recupero del patrimonio storico di Milano”.

Sono sceso in via Aselli e ho zoppicato fino all’adiacente fermata della 93, sperando di trovarne ancora una; infatti da lì a casa c’è una piacevole passeggiata di dieci minuti, che però con una gamba sola è meno piacevole, per non parlare del fatto che poi avrei dovuto anche inerpicarmi su per tre piani di scale. E invece no, ormai era l’una e l’ultima 93 passava a mezzanotte e quarantotto, e allora mi sono dovuto rassegnare e cominciare a zoppicare verso casa bestemmiando in undici lingue.

E’ stato in quel momento che ha cominciato a piovere.

[tags]milano, turisti, stranieri, stazione centrale, tram, atm, infortuni[/tags]

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