Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Dom 22 - 6:31
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione

Archivio per il giorno 25 Novembre 2010


giovedì 25 Novembre 2010, 16:44

Lo sviluppo di carta

Che uno dei problemi dell’Italia sia il suo modello di sviluppo lo diciamo da anni: con la testa l’Italia è in vari strati sociali ancora un paese fermo agli anni ’60, con l’idea della grande fabbrica o della grande azienda (magari parastatale) che ti dà il posto fisso per tutta la vita, con avanzamenti legati solo all’anzianità e quasi indipendenti dalla situazione economica generale.

L’illusione che si possa creare lavoro per decreto legge riaffiora continuamente in moltissime lotte sindacali, che, invece di guardare a uno sviluppo vero e sostenibile e di chiedere che lo Stato assista la riconversione dei lavoratori verso qualcosa di utile, si limitano spesso a chiedere l’aprioristico “mantenimento dei posti di lavoro”, anche se sono posti di lavoro dove ormai si scavano buche di giorno per riempirle di notte, magari nel contempo inquinando pure l’ambiente circostante.

E’ proprio da questa mentalità, però, che si è evoluta una moda tutta italiana: quella di creare effettivamente dei posti di lavoro per decreto legge. Come inquadrare altrimenti la vicenda del decreto legislativo approvato lunedì dal Consiglio dei Ministri, che dice che la complicata operazione di attaccare alla vostra presa del telefono la spina di una qualsiasi vostra apparecchiatura dati (ad esempio un router ADSL) deve per forza essere fatta da un operatore autorizzato iscritto all’apposito albo, pena una multa di minimo 15.000 euro?

Stefano Quintarelli spiega bene tutta la vicenda, insieme a quella altrettanto penosa del registro obbligatorio per le web TV, con relativa tassa di iscrizione, che pure appare essersi un po’ depotenziata dopo le proteste delle scorse settimane (sarà riservata solo a chi ne fa un vero business).

Quella degli attaccatori di spina del router è solo l’evoluzione della già esistente casta degli attaccatori di spina del telefono, prevista da un decreto del 1992, che però almeno conteneva una esenzione per i normali telefoni casalinghi. Viene introdotta dal governo con il pretesto di ricevere la direttiva europea 2008/63/CE, che però – basta leggere le premesse in essa elencate – aveva esattamente lo scopo opposto, cioé quello di eliminare questo genere di vincoli alla concorrenza; con un capolavoro di cavillazione, l’Italia è riuscita a usarla a rovescio.

Le conseguenze di questo approccio – naturalmente presentato come una forma di “difesa del consumatore” dai pericolosi attaccatori di spina del telefono non qualificati e abusivi – sono sempre le stesse: la nascita di una categoria di persone che talvolta non sanno nemmeno bene cosa fanno, ma che hanno “il patentino”, alle volte ottenuto tramite un corso di formazione pesantemente sovvenzionato con soldi pubblici e realizzato alla bell’e meglio da qualche cooperativa bianca o rossa, e che solo per questo ti possono chiedere 100 euro per attaccare una spina del telefono – tanto non puoi fartelo da solo, né chiamare qualcuno che non faccia parte del cartello.

Queste idee non sono nuove – ricordo molti anni fa un tentativo di imporre per decreto l’obbligo, in caso di guasto, di far aprire il cofano della macchina solo da meccanici qualificati; mentre risale all’anno scorso l’istituzione dell’albo dei buttafuori da discoteca – e spesso finiscono per essere disattese per forza di cose, salvo poi venire usate per appioppare multe quando fa comodo o quando serve far cassa.

Quello che spesso non si realizza è quanto tutto ciò costi alla collettività, in termini di spese inutili per le famiglie e per le aziende, in termini di mancate opportunità di innovazione, e in termini di mancata risoluzione dei problemi. Per fare un altro esempio, come si è affrontato in Italia il problema della sicurezza sul lavoro? Si è istituito l’obbligo di nominare un responsabile della sicurezza “col patentino”, il quale è l’unico autorizzato a firmare un tomo di cento pagine che stabilisce come ci si dovrebbe comportare in azienda per essere sicuri; in pratica, c’è gente che di mestiere fa copia e incolla di questi tomi, cerca e sostituisce il nome dell’azienda, firma e te lo dà a caro prezzo, perché da solo non potresti fartelo.

La sicurezza nei fatti non è aumentata di un millimetro, ma l’azienda ha speso qualche centinaio di euro per produrre un pezzo di carta: è l’aumento del PIL all’italiana.

[tags]italia, economia, lavoro, sicurezza, router, telefoni, albi professionali, oligopolio[/tags]

divider
 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike