Un film tristissimo
Tutti noi nati negli anni ’70 abbiamo presente il concetto di “cartone animato giapponese strappalacrime”: puntate e puntate di Dolce Remì (se maschi) e di Candy Candy (se femmine) in cui al protagonista di turno non ne andava mai bene una, tra morti improvvise, coincidenze sfortunate, matrigne cattive e così via. In genere, col senno di poi, ci si rimane anche un po’ incavolati: d’accordo che i lieto fine alla Disney hanno stufato, ma ogni tanto non potevano fargliene andare una giusta? Tutta questa sfortuna sembra sempre un po’ gratuita.
C’è, però, un cartone animato giapponese strappalacrime che, pur riprendendo lo stesso schema, non c’entra con tutto questo; se mai lo spiega. Si chiama Una tomba per le lucciole ed è considerato il capolavoro di Isao Takahata, cineasta gemello del più famoso Hayao Miyazaki e regista nientepopodimenoche di Heidi (ma anche di vari episodi di Lupin III e di un paio di puntate di Conan); racconta la storia di due bambini giapponesi rimasti soli a Kobe sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Questo è comunemente ritenuto “il film più triste della storia del cinema”, un’aura che ovviamente ne ha frenato molto la diffusione. Ho provato a vederlo per quindici anni, sin da quando riuscii ad averne una versione in giapponese su una vecchia VHS, copia di copia di copia (forse non vi ricordate più, ma prima di Internet funzionava così). Non ero mai riuscito ad andare oltre i primi cinque minuti, che sarebbero sufficienti a stendere emotivamente persino il perfido Rockerduck.
Ieri sera, però, mi è capitato di fronte per caso su Sky, forse per via della vicinanza del giorno della memoria. Sono riuscito a vederlo fino alla fine e quasi per intero, cavandomela grazie al fatto che su un altro canale davano Jay & Silent Bob, fermate Hollywood!, il che permetteva di distogliere lo sguardo e ricaricare le pile nei momenti più pesanti (cioè più o meno tutti).
Una tomba per le lucciole è, in conclusione, un film bellissimo (attualmente numero 130 nella classifica dei migliori film di tutti i tempi su IMDB) e lo raccomando a ogni adulto, anche perché vederlo rende assolutamente impossibile praticare o sostenere qualsiasi forma di violenza militare. E’ una esperienza emotivamente devastante e potrebbe non riuscirvi al primo colpo, ma merita; e spiega molto della cultura popolare giapponese del dopoguerra che noi abbiamo ereditato.
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31 Gennaio 2011, 00:10
Condivido appieno l’esperienza: sono riuscito a vederlo ma con qualche salto… il cuore non reggeva allo strazio.
La cosa che mi ha fatto più soffrire è proprio l’assenza di deliberato pietismo nel racconto e la consapevolezza della realtà dietro i disegni.