Ricordando il Cairo
Chi segue questo blog da lungo tempo ricorderà che sono stato due volte al Cairo, nel 2008; la seconda per uno dei ciclici meeting di ICANN, mentre la prima, più avventurosa, come unico italiano del gruppo e poi da solo, invitato dalla signora Mubarak a parlare di Internet e bambini. Ho girato mezzo mondo, ma di nessun altro posto ho portato via con me una così grande sensazione di inconoscibilità ; una sensazione contemporanea di attrazione e di respingimento, di grande ricchezza e di totale barbarie, di civiltà raffinata e di caos cattivo.
Nel giro di due giorni ero passato da un modernissimo villaggio tecnologico pieno di palazzi di vetro, aiuole, palme e connessioni in fibra (c’è ancora ma è ora presidiato dai carri armati) a una passeggiata a piedi per il centro città (comprese le parti non turistiche) che resta una delle esperienze più memorabili della mia vita, insieme spaventosa e meravigliosa. La volta dopo, mi ero goduto un tour notturno (traffico compreso), una festa con espatriati e il giro tra Museo Egizio e centro commerciale; e altre cose che non avevo raccontato, per esempio un party davanti alle piramidi in cui ci ammannirono lo “spettacolo di luci e suoni” (dei laser verdi che disegnano forme sulle pietre, accompagnati da un pessimo impianto audio sparato al massimo) e l’applauso maggiore venne quando saltò di botto la corrente e dovettero spegnerlo.
Le contraddizioni di un posto del genere sono un paio di ordini di grandezza superiori alle nostre, e per questo non mi stupisce quel che sta succedendo. Ora pare che sia in corso una controrivoluzione, che bande di soldati in borghese abbiano circondato i manifestanti in piazza Tahrir (tra l’altro “piazza” è un concetto che mal si adatta a quel posto, direi piuttosto “una spianata occupata da numerosi incroci e svincoli autostradali”) e che li stiano massacrando. Detto che le dinamiche internazionali della situazione ancora mi sfuggono, e che mi pare strano che una cosa del genere possa succedere senza un ok degli americani e degli israeliani (di cui Mubarak è un garante), il Cairo mi è sempre sembrato un posto sull’orlo dell’abisso, con una densità di persone di livello cinese ma con tutt’altra capacità di garantire l’ordine. In questi casi, Internet – che già allora tentavano invano di bloccare – non può che trasmettere la scintilla.
Spero che la situazione migliori, per loro e per gli italiani che stanno là e che avevamo conosciuto (ultimo contatto, per mail, ieri pomeriggio). Spero di poter tornare in un paese pacifico e meno inquietante e frustrante di come era prima, perché alcune delle cose che ci sono là – la moschea di Ibn-Tulun, per esempio – sono davvero speciali.
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