Raphael Rossi, il Comune e i cittadini
Sicuramente conoscete la vicenda di Raphael Rossi, consigliere di amministrazione dell’Amiat che ha bloccato una delibera di acquisto da quattro milioni di euro rendendosi conto che non serviva a nulla, e a cui i dirigenti Amiat dell’epoca avrebbero offerto una tangente per chiudere un occhio, tangente che lui ha rifiutato chiamando i carabinieri. In queste settimane si è svolta l’udienza preliminare e ieri è arrivata la prima decisione: tutti gli imputati sono stati rinviati a giudizio (uno ha direttamente patteggiato).
Lo scandalo nello scandalo è però avvenuto quando, subito prima di Natale, il Comune di Torino ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo. In un processo penale, la costituzione di parte civile serve a dichiararsi parte lesa: nel processo (a differenza del processo civile) è lo Stato ad essere controparte degli imputati, ma chi ha subito danno dal reato può diventare parte civile ed eventualmente ricevere poi un risarcimento. Un gran numero di costituzioni di parte civile, di fatto, dimostra anche l’interesse pubblico nel processo stesso.
Il Comune ha dichiarato che per loro era sufficiente la costituzione della stessa Amiat, ma la sostanza è ben diversa: non costituirsi parte civile è un modo per prendere politicamente le distanze dalla coraggiosa denuncia di Raphael. Non vi sembri strano: persone che partecipano attivamente ai circoli ecologisti della nostra città , ambienti progressisti e di sinistra, hanno riportato che quando si tocca l’argomento scattano gli imbarazzi, e anzi molti dicono esplicitamente che “così non si fa”, che va bene bloccare la delibera ma denunciare no, che non si portano in pubblico i panni sporchi dell’amministrazione cittadina, “che poi se no vincono la Lega e i qualunquisti”.
(Queste frasi mi hanno ricordato di quando noi andammo a contestare Schifani alla festa del PD e alla fine alcuni dirigenti PD si avvicinarono a noi in privato e ci dissero: “va bene contestare per richiamare le telecamere, ma così non si fa, dopo un po’ dovete smettere e lasciarci fare il comizio”. Loro non capivano che uno potesse contestare perché veramente indignato dal fatto e non per ottenere un passaggio televisivo; e si riferivano però a regole non scritte del teatrino politico che evidentemente noi non conosciamo.)
Comunque, dopo essermi indignato, io ho pensato un’altra cosa: ma il Comune mica è Chiamparino. Il Comune siamo noi, tutti i torinesi; e la corruzione nelle aziende di servizi danneggia tutti noi. Se l’Amiat butta via quattro milioni di euro in modo clientelare, poi la TARSU dovrà aumentare, oppure aumenterà il già enorme buco di bilancio del Comune. Ognuno di noi soffre dalla corruzione un danno economico diretto e ben preciso!
E così, ho tentato l’impossibile: ho tentato di costituirmi personalmente parte civile nel processo. Subito dopo le vacanze sono andato in tribunale, a cercare di parlare con il PM Pellicano: una scena surreale. Sono salito su negli uffici, ho percorso i corridoi fino a trovare la stanza giusta, numero 61401. Lui non c’era, c’era la segretaria; le ho spiegato brevemente cosa volevo fare. Lei mi ha guardato con gli occhi sbarrati e ha detto: “ma scusi, ma allora se è parte lesa lei lo è chiunque, lo sarei anch’io!”. Brava signora, vedo che ha capito.
Alla fine, comunque, non ci sono riuscito. Il PM ha avuto problemi personali, le udienze sono state rinviate – ma (con mia sorpresa, credevo che i processi fossero pubblici – si vede che non sono pratico di processi?) si sono svolte a porte chiuse. Ho chiesto ovviamente a Raphael, anche per assicurarmi che l’iniziativa fosse a lui gradita e non controproducente per l’accusa; lui è stato gentilissimo e ha gradito l’idea, ma mi ha detto che la vedeva difficile. Ho interpellato un’amica avvocato e competente in materia, che mi ha confermato che era praticamente impossibile che un giudice accogliesse la mia richiesta; è già difficile che vengano accettate le costituzioni di parte civile delle associazioni (so che ci stava provando Legambiente ma non so come sia finita), quella di un singolo cittadino è fantascienza.
Eppure non capisco perché: il Comune non è un sindaco-amministratore delegato, un assessore-manager che parla di “risultato economico” del “gruppo Città di Torino” (caro Passoni parlo di te) o un gruppetto di dirigenti che rispondono solo a se stessi. Il Comune siamo tutti noi, e non è assolutamente solo uno slogan.
P.S. In molti mi hanno chiesto perché non portiamo Raphael Rossi nel Movimento, perché non lo candidiamo. Con Raphael c’è collaborazione, solidarietà massima per la sua vicenda, grande stima; ma lui è tesserato di un partito (Rifondazione) e ha altre idee politiche (sul suo vecchio profilo Facebook c’era scritto “idee politiche: Cuban Communist Party”). Non c’è niente di male nell’essere comunisti, ma noi non vogliamo portare nelle istituzioni quell’ideologia – né alcuna ideologia; ciò non toglie che, sulle questioni in cui la pensiamo allo stesso modo, agiremo insieme senza problemi.
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