M5S e il paravento dal basso
Non ho ancora preso posizione sulle proposte di modifica allo statuto del M5S attualmente in votazione, perché non ho ancora avuto tempo e voglia di studiarmele nel dettaglio.
Oggi, però, Beppe Grillo spiega quali sono le vere ragioni di questo voto, con un post alquanto singolare in cui ammette che non si tratta affatto di condividere la gestione del movimento con gli attivisti, di sperimentare la democrazia online o di favorire la partecipazione dal basso. Il vero motivo per questa votazione è (parole sue) che “nessuno possa fare appello e io non riceva migliaia di denunce”, inserendo il regolamento dentro il “non-Statuto” e istituendo “tre probiviri che faranno da paravento anche a me, perché io ricevo una querela al giorno!”. In pratica, lo scopo di tutta l’operazione è “proteggere un po’ me” (sempre parole sue) dalle querele che sta ricevendo per le espulsioni illegittime che ha firmato negli scorsi anni.
Già , perché, per chi non lo sapesse, negli scorsi mesi alcune delle persone espulse dal M5S con una mail firmata “in nome e per conto di Beppe Grillo” si sono rivolte a un tribunale, che ha sancito che quelle espulsioni sono illegittime, in quanto il non-Statuto non prevedeva alcuna possibilità per lo staff o per il “capo politico” di espellere degli iscritti. Anche il cosiddetto “regolamento del M5S” promulgato sul blog un paio di anni fa, quello che istituiva il direttorio e la procedura di espulsione, è illegittimo e nullo, perché non è stato mai discusso, votato e approvato dagli iscritti del Movimento 5 Stelle.
Infatti, la legge italiana stabilisce che gli iscritti ad una associazione, persino una associazione non formalizzata, hanno dei diritti inalienabili. Gli iscritti possono essere cacciati da una associazione solo secondo quanto previsto dal suo Statuto, e lo Statuto può essere modificato solo da una votazione di tutti i soci in una assemblea fisica regolarmente convocata. Tutto questo fino ad oggi non è avvenuto, per cui tutte le espulsioni avvenute fino ad oggi possono essere riconosciute illegittime, come già sancito in un caso specifico dal suddetto provvedimento del Tribunale di Napoli.
Non solo: tutte le persone che sono state espulse hanno diritto a chiedere il risarcimento dei danni, da quelli di immagine a quelli esistenziali per le sofferenze patite e le ingiurie ricevute, e a questo punto hanno ottime possibilità di ottenerlo. E chi lo dovrà pagare? Chi ha firmato le espulsioni: Beppe Grillo di tasca sua. E siccome le quantificazioni variano da 10 a 150 mila euro a testa, e si dice che gli espulsi siano centinaia, stiamo parlando di milioni e milioni di euro.
Per questo ora Grillo corre ai ripari, cercando di modificare lo statuto della “non-associazione” M5S in modo che le future espulsioni siano regolari; e invita tutti a “votare votare votare”, perchè, secondo la legge (art. 21 codice civile), una delibera di modifica dello statuto associativo richiede il voto favorevole della maggioranza dei presenti in una assemblea a cui partecipino almeno tre quarti degli iscritti; e quindi, se non avranno votato almeno tre quarti degli iscritti al M5S, la votazione sarà senz’altro legalmente nulla (ma questo lui non lo dice). Questo probabilmente spiega anche perché, dopo anni di votazioni online annunciate a mezzogiorno con chiusura del voto a mezzogiorno e un quarto, stavolta ci abbiano dato per votare addirittura un mese (ma anche questo lui non lo dice).
Purtroppo per lui, la procedura che sta seguendo non è comunque valida, perché il codice civile non prevede la possibilità di tenere una assemblea in forma virtuale, né di tenere la votazione aperta per un mese; i tre quarti suddetti devono essere presenti tutti nello stesso luogo e nello stesso momento. Inoltre, anche se la deliberazione fosse valida, non si potrebbe comunque applicare alle espulsioni già fatte in passato. E poi ci sarebbero anche altre questioni: per esempio, sarebbe necessario rendere pubblico almeno ai soci l’elenco e il numero degli iscritti, per poter verificare il raggiungimento dei quorum. E sarebbe necessario far scegliere all’assemblea alcuni segretari per la votazione, che possano testimoniare il corretto conteggio dei voti. E così via.
Su tutto questo, le opinioni possono legittimamente variare: uno può comunque pensare che le espulsioni fossero giuste, che l’appellarsi alla legge da parte degli espulsi sia un attacco malevolo al Movimento e che Grillo vada dunque aiutato in questo tentativo di crearsi un “paravento dal basso”. L’importante è essere coscienti di tutto lo scenario.
La questione di fondo, infatti, è che non si può creare un movimento, partito, associazione o quel che sia (il nome, come stabilito dal tribunale, non fa differenza) senza rispettare i minimi principi di democrazia interna previsti dalla legge. Questo nel M5S non è mai avvenuto, e ora Beppe rischia di farne le spese.
Sinceramente mi spiace per lui, perché non era lui la mente dietro a questi meccanismi. La sua unica via d’uscita, ridicola ma sostenibile, era affermare di non aver mai davvero sottoscritto quelle espulsioni, insomma di avere cacciato la gente a sua insaputa; e in almeno qualche caso che conosco personalmente credo che sia proprio successo così. Qualcuno deve averlo mal consigliato, invece, e così ora cerca una via d’uscita molto difficile; il che è umano, se non fosse che non ha niente a che vedere con la partecipazione e con la democrazia dal basso.