Liberazione
Vi avverto, questo è un post serio e sconsigliato ai deboli di cuore. Difficile. Doloroso, anche.
E’ che oggi (o dopodomani, a seconda di quel che si crede, e di come si conta) è il secondo anniversario di un evento che ha cambiato tante vite. Un suicidio, per la precisione. Una liberazione, forse.
Alla fine, nessuno è veramente in grado di sapere cosa spinge un’altra persona a togliersi la vita; nel caso specifico, la mia conoscenza era alquanto superficiale, e anche le notizie indirette che ho avuto dopo non sono molto indicative. Eppure, uccidersi è sempre una liberazione, dai propri fantasmi, dalle proprie paure, dalle proprie insicurezze, da un corpo che si odia o da una vita che non si accetta, e soprattutto da una immagine di sè troppo misera rispetto a un modello troppo perfetto. E io resto sicuro che una persona intelligente ed autoironica non possa non aver colto l’ultima, beffarda ironia racchiusa nella data; nella scelta di una definitiva, dolce festa della Liberazione.
La mia esperienza in merito – ed è bello ora, dopo due anni, poterne parlare con serenità – avvenne subito dopo, e ne fu in un certo senso, ma solo superficialmente, una conseguenza diretta. E’ in base a quello – una specie di giro all’inferno e ritorno, o se preferite una divina commedia – che mi rendo conto di quanto alterata possa essere la percezione della realtà in certi momenti della propria vita; per motivi neurologici, ma anche per via di tutte quelle ipotesi che sviluppiamo per anni nel nostro mondo interiore, e che diventano talmente scontate da non essere nemmeno più visibili coscientemente, tanto da stringere il cervello e il cuore in una morsa invisibile da cui non si può scappare.
Io sono stato fortunato; per me, quella terribile primavera di due anni fa è stata l’inizio di un lungo e lento percorso di crescita, che credo mi abbia cambiato molto, arrivando piano piano ad attaccare alla base le ipotesi che mi impedivano di essere in pace con me stesso. E se la strada è ancora lunga, da qualche tempo il mio animo mi dice che finirà bene.
Allo stesso tempo, guardandosi dietro, è impressionante vedere come quegli avvenimenti abbiano cambiato tante vite, e lasciato tracce indelebili. Per me, tutto ciò ha significato perdere persone a cui tenevo molto o anche più che a me stesso, rovinare amicizie, lasciare di botto circoli sociali che avevo frequentato per anni, insomma cambiare radicalmente la mia vita; ha significato due anni veramente pesanti e difficili. Altre delle persone coinvolte sono state colpite altrettanto se non di più; alcune serbano ancora oggi rimpianti o rancori incrollabili, verso i vivi e verso i morti; e credo li serberanno per tutta la vita.
In un certo senso, è come nel biliardo, quando una sola palla colpisce con violenza inaudita un gruppo ordinato ed intonso di altre bocce, e le scaglia in direzioni casuali, allontanandole l’una dall’altra; alcune finiscono in buca, altre in un angolo, altre restano lì, rimanendo sole; e alla fine, l’intero tavolo nel suo insieme appare completamente sconvolto.
Chi mi conosce ricorda che, in quel periodo, di suicidio e di etica del suicidio parlavo spesso, e in abbondanza. Quel che posso dire, a posteriori, è che pur non condividendola mi risulta molto più facile capire quella condanna totale del suicidio, morale e sociale, che fa la Chiesa cattolica così come molte nazioni del mondo, in virtù del fatto che la distruzione della propria persona non è soltanto, nell’ambito dell’armonia dell’universo mondo, uno spreco in sè, ma è anche la radice di ulteriore dolore. Questo però nulla toglie all’immensa sofferenza che prepara, giustifica e porta a un atto del genere, di fronte alla quale la morte è davvero una liberazione.
E perciò, tutto sommato, credo che non si possa fare altro che accettare l’infinito Mistero della vita e della morte, e sperare che il dolore dei vivi e dei morti possa un giorno infine placarsi.
così vanno le cose, così devono andare
26 Aprile 2006, 02:00
Il suicidio nasce da una condizione di disagio fisico o spirituale/sentimentale che si prolunga nel tempo fino a diventare non più sopportabile. Come dici tu, il suicidio diventa, in questo caso, una liberazione da questo disagio. E’ una via di fuga. Si scappa dalla vita scegliendo la morte.
Il suicidio può essere condannato, compreso, giustificato, tollerato, biasimato, a seconda dei vari punti di vista e a seconda della sensibilità e misericordia di ognuno di noi.
Il suicidio di una persona non fa altro che denunciare il fallimento di tutto il contesto sociale in cui quella persona ha vissuto. Significa che c’è qualcosa che non funziona in quell’ambiente, in quella società in cui il suicida è cresciuto e ha vissuto.
Il disagio o la sofferenza che può portare qualcuno a suicidrsi è spesso conseguenza di false promesse, di false verità che l’ambiente in cui è cresciuto lo ha abituato, ingannandolo.
Tutto sta nello smascherare e riconoscere quelle false verità , illusioni di questo mondo, per rifiutarle e accogliere la Verità che sta dentro di noi e che troviamo già scritta da 2000 anni nel Vangelo e che possiammo sintetizzare in una semplice e umile parola: Amore, inteso come carità : dono gratuito e incondizionato della propia vita al prossimo, per amore di Gesù.
26 Aprile 2006, 18:36
Devo dire che, dopo questa esperienza e dopo il percorso che ne è seguito, ho finalmente capito il concetto di “amore universale”, che prima mi sembrava solo una vuota ed ipocrita espressione. Quant’è diverso dall'”amore” che viene sbandierato dalla nostra società , e che invece è spesso solo gelosia, possessività , ossessione… Ora mi è davvero possibile comprendere veramente il messaggio più profondo, del cristianesimo e di tante altre religioni e filosofie; da qui a metterlo in atto, naturalmente, ci vuole ancora un altro po’ di miglioramento spirituale.
16 Giugno 2006, 12:37
il suicidio è figlio dei fallimenti della vita, intesa come percorso non obligato, e a lungo andare, col passare del tempo riconoscere di non essere riuscito a “svoltare” nei momenti giusti può portare a questo gesto estremo quello che frena me personalmente e la paura ed il rimorso delle persone che mi stanno vicino anche se non sono mai riusciti a cogliere in me queste debolezze.
26 Giugno 2006, 12:31
si, forse la censura che la Chiesa Cattolica effettua può essere giusta se non altro per evitare la superficialità con cui questa estrema liberazione potrebbe essere attuata, di contro però vi sono situazioni in cui essa è l’ unica uscita e non giustificarla, non dare una sorta di alibi morale per questa azione può portare alla conclusione peggiore, vivere una vita autodistruttiva perchè non si ha coraggio di farla finita e non credo nemmeno sia giusto, vorrei chiedere di pubblicare l’ etica del suicidio, ne ho riflettuto molto anch’ io certo, non sono un tecnico dell’ argomento, ma conosco la sofferenza più vera e forse so che la prigione del vivere può essere peggiore di qualunque soluzione moralmente estrema per la propria autodistruttività .
è tutto qui, forse la verità stà nel mezzo, senza esagerare, forse serve solo non giudicare, non condannare, forse basta capire anche per risolvere il problema alla radice.
grazie per parlare di ciò.
6 Agosto 2006, 17:36
considero il suicidio l’espressione massima di libertà dell’individuo…
29 Settembre 2006, 18:20
pienamente d’accordo con il commento di rossella