Ridere e piangere
Premetto che non voglio certo criticare i componenti del Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore del Ministero dei Beni Culturali e delle sue sottocommissioni, organismi di cui fanno parte un certo numero di persone che conosco direttamente, e che hanno consegnato lo scorso 18 dicembre al Ministro Rutelli due proposte di riforma che rappresentano una possibile base per un significativo avanzamento della nostra legislazione in materia.
Mi chiedo soltanto come sia possibile partecipare a un simile tavolo di lavoro senza scoppiare né a ridere né a piangere, quando due (2) giorni dopo tale magnificata consegna il Parlamento, di propria unilaterale iniziativa e alla faccia di qualsiasi principio di concertazione, pubblico scrutinio o multi-stakeholder governance che dir si voglia, approva una norma probabilmente composta lì, estemporaneamente, da un paio di parlamentari che evidentemente pensano di sapere tutto di qualsiasi materia; o peggio ancora premeditata in privato, ossia suggerita loro nell’orecchio da qualche parte interessata e dotata di buoni agganci. Si tratta di una norma che, per i pochi che non lo sanno, sostituisce solo per Internet il diritto di citazione di parte dell’opera a fine di studio o di commento con un diritto di riproduzione dell’intera opera e però “degradata”.
Anche io faccio parte di una Commissione Consultiva, presso un altro ministero; e conosco sia i limiti dello strumento, che i vincoli che hanno le controparti governative, che la sensazione di avere molto da dire eppure concludere poco, in un ambiente come quello della politica italiana. Devo però dire che una sconfessione così plateale non mi è ancora capitata.
Ora l’onorevole Folena – che pure è onestamente ricettivo rispetto all’utilità del software libero e ai nuovi paradigmi della rete – minimizza l’accaduto e spiega che le intenzioni erano positive. Non ne dubito, ma sta di fatto che tutti i giuristi con cui ho avuto occasione di chiacchierare di quella norma sono unanimi nel ritenerla incostituzionale (perché discrimina Internet rispetto agli altri mezzi di comunicazione) e peggiorativa dei diritti storicamente acquisiti dai cittadini che fruiscono delle opere.
Come minimo, quindi, il Parlamento ha dimostrato al tempo stesso incompetenza in materia, grande supponenza, e grave mancanza di rispetto per gli “stakeholder” della rete e dell’informazione, che poi sono soprattutto i cittadini elettori; abbracciando una concezione della politica – quella per cui i politici imperano su tutto senza dover rispondere a nessuno se non, anni dopo, alle elezioni – vecchia, superata e dannosa, che porta il nostro paese contemporaneamente sull’orlo del disastro economico e del disfacimento sociale.
Questa norma fa il paio con altre belle pensate dei nostri politici relative al diritto d’autore, come l’idea di pretendere il pagamento di royalty per la raffigurazione anche senza scopo di lucro delle nostre opere d’arte, o persino dei nostri paesaggi, invece di metterli nel pubblico dominio. Il risultato? E’ evidente: le bellezze dell’Italia stanno sparendo da Wikipedia e da molti siti web. Certamente questo gioverà all’afflusso di turisti dall’estero, uno dei nostri principali motori economici, che già è in crisi da anni: una mossa geniale!
Basta sintonizzarsi sulla CNN in questi mesi per trovare a ciclo continuo spot che raffigurano le bellezze artistiche e paesaggistiche dei vari paesi del Mediterraneo: Grecia, Spagna, Portogallo, Croazia, Tunisia, Egitto, persino Cipro e Montenegro bombardano gli ascoltatori internazionali di pubblicità sulle proprie bellezze. L’Italia non c’è: non uno spot, non una immagine di Michelangelo o dei Faraglioni. Non solo non si fa pubblicità , ma fa di tutto per nascondere le proprie bellezze (quelle che ancora emergono dai cumuli di rifiuti). E poi scopre, dall’alto della mostruosa incompetenza di chi la dirige, che i turisti stranieri vanno altrove, e che anche il turismo va in crisi come tutto il resto.
Ah già , ma dimenticavo: in realtà , il problema di come attirare i turisti è sistemato. Rutelli ci ha già pensato: c’è il portale Italia.it…
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