Se al medio turista italiano, portato in avanscoperta a Londra da Ryanair, chiedessero qual è il centro della città , qual è il punto in cui tutto converge e che tutto simboleggia, sono sicuro che direbbe Piccadilly Circus o al massimo Trafalgar Square. La risposta è però sbagliata: il centro di Londra, sin dall’epoca romana, si trova da tutt’altra parte; per la precisione, si trova in questo palazzo per uffici anni ’60, dai marmi verdi, che vedete sulla sinistra nella foto qui sotto.
Non vi pare? Bene, andiamo più vicino:
Quella che vedete, incastonata in una anonima nicchia in un muro qualsiasi, è la pietra di Londra: la London Stone che la leggenda vuole piantata da Bruto di Troia, mitico fondatore della città ; la pietra da cui partivano tutte le strade romane attraverso la Britannia, e da cui si misuravano le distanze. Fino al diciottesimo secolo stava nel mezzo della strada, ma poi disturbava il traffico e la inglobarono nell’adiacente chiesa di San Swithun, che poi fu distrutta dalla guerra e sostituita dal triste palazzo che vedete. Ora la pietra sta lì, nel piscio di un falso tombino, dimenticata dal mondo, al centoundici di Cannon Street.
Londra è una delle città il cui centro è migrato repentinamente negli ultimi secoli; quella che era la periferia ovest (West End) è diventato il centro, quello che era il centro è diventato un grigio quartiere di uffici, e quella che era la periferia est (East End) è diventata una roba che in compenso Quarto Oggiaro è un giardino d’infanzia. Il grigio quartiere di uffici, però, ha una particolarità : rispetta in maniera inquietante le proprie origini romano-medievali. Nemmeno il grande incendio del 1666, l’anno del diavolo, poté ridisegnare la Città di Londra: i re e gli architetti immaginarono grandiosi boulevard su cui ricostruire una città razionale sopra le ceneri di quella antica, ma prima che potessero batter ciglio tutti i proprietari di ogni fazzoletto di terreno edificabile avevano già ricostruito le loro case sulla pianta preesistente, visto che la speculazione immobiliare non aspettava nessuno nemmeno nel diciassettesimo secolo.
Questo è solo l’inizio del nostro percorso; da Cannon Street – uno dei due cardini romani sulla direzione est-ovest – si scende a quello che oggi è l’approccio di un anonimo ponte di cemento che usurpa il nome di London Bridge. Per secoli, leggermente più a valle del ponte attuale, stava il ponte di Londra l’unico vero e inimitabile, prima fatto di barche, poi infine di pietra; coperto di casupole e negozi come il Ponte Vecchio a Firenze, ma anche di comode latrine per cagare direttamente nel Tamigi. Se rinunciate al ponte moderno, potete scendere un attimo verso il Monumento, una colonna di dimensione abnorme sita vicino al forno da cui partì l’incendio che rase al suolo la città quasi completamente; e da lì verso il fiume, ripercorrendo quella che un tempo era la strada che portava al ponte.
Oggi finite invece in Lower Thames Street, una anonima strada trafficata; da lì potete però deviare sulla sponda del fiume e arrivare al mercato del pesce di Billingsgate. Qui, per secoli, hanno attraccato le barche dei pescatori che arrivavano dal mare, e da qui le pesciaie col cestino sulla testa si spargevano a vendere la merce. L’edificio attuale è ottocentesco e adornato con fantastici pesci di ferro battuto e pesci dorati sul tetto.
La passeggiata pedonale sul fiume è fredda e nuvolosa, piena di barche sullo sfondo arzigogolato del Tower Bridge e dell’immenso cantiere dello Shard, l’ennesimo grattacielo firmato Renzo Piano che si staglia contro il cielo bianco e grigio. Questo è davvero uno di quei posti salvati dall’acqua e che l’acqua potrebbe riprendersi in ogni momento; uno di quei posti pieni di fantasmi innamorati che un londinese (acquisito) del secolo scorso avrebbe descritto come “when she’s walking by the river and the railway line / she can still hear him whisper / let’s go down to the waterline”.
Proseguendo lungo il fiume arrivate alla Torre di Londra, il castello dei re; la folla di turisti sul Futile Galles (sì, c’è una via che si chiama così, del resto c’è anche una Futile Francia dopo il parco di Saint James) vi potrebbe impedire di notare la torretta circolare che dà accesso al condotto sotterraneo della London Hydraulic Power Company, 1868 – all’epoca un ritrovato della tecnica, oggi è chiusa e i piccioni beccano le briciole dei panini dei turisti che ci mangiano attorno.
Da qui comincia il Muro di Londra; il tracciato delle mura romane, rimaste in piedi fino a tre secoli fa, e ora visibili nel percorso arcuato delle vie. Gli edifici sono ex grandiosi e comunque relativamente moderni, ma le vie si chiamano Attraverso il Muro (ma va’) e Frati con le Grucce, a ricordare che un tempo a Londra c’erano più chiese che fognature.
Arrivate così alla porta di Aldgate, che non esiste più – ma esiste la strada, guardata giusto dalla chiesa di San Botulfo fuori Aldgate. Di lì si risale ancora per Bevis Marks, e per la sua parallela – Houndsditch, la Fossa dei Segugi, così chiamata perché un tempo era il fossato a protezione esterna delle mura, e però era già mezzo secco e ci buttavano dentro la monnezza e i cadaveri dei cani. Oggi la zona è dominata dal suppostone del grattacielo della Swiss RE, un razzo di vetro in attesa di decollo amichevolmente detto “il cetriolo”; da anni tutti sperano che infine decolli per levarselo dalle scatole.
Qui si supera Bishopsgate, la Porta del Vescovo – pochi metri più in là sta la stazione di Liverpool Street. Tutto questo quartiere è pieno di edifici moderni, al massimo di inizio Novecento, e però si vedono vicoli e vicoletti dalle dimensioni decisamente medievali, magari trasformati in passi carrai o in passaggi sul retro di nuovi bisonti di cemento. La via, poco più in là , si chiama direttamente London Wall; costruita negli anni ’50 sul tracciato delle antiche mura, dopo che esso era stato “liberato” dai bombardamenti.
Girando verso il centro, si punta su Via Filo & Ago (Threadneedle Street) – vediamo se indovinate quale corporazione aveva qui sede in epoca medievale. Tagliando sulla destra, si passa in uno dei pochi angoli della City ancora vagamente ottocenteschi, Throgmorton Street – una via storta e buia dove a un certo punto resiste l’insegna ben più che centenaria di uno dei ristoranti della catena Lyons, i più antichi McDonald’s della storia. Si spunta infine sul retro della sede dell’Impero del Male: la Banca d’Inghilterra, la prima banca centrale della storia. Gli ornati di marmo sanno di tronfia dominazione, di tre secoli di gente strozzata dal credito al guinzaglio.
Si arriva così infine alla Guildhall, il municipio o meglio la Sala delle Corporazioni; Londra è una città di mercanti e sin da poco dopo l’anno Mille è governata non dalle istituzioni inglesi, ma dalla Corporazione della Città di Londra, una struttura felicemente massonica in cui erano rappresentate le varie gilde e che aveva rivendicato con successo una discreta indipendenza dalla Corona, dato che il vero padrone di un Paese non è chi lo governa ma chi presta i soldi a chi lo governa.
Anche la Sala delle Corporazioni fu ricostruita varie volte, anche di recente, ma conserva un finto aspetto medievale, giusto per farti credere che almeno qualcosa si sia salvato dall’incessante ciclo di abbatti-e-ricostruisci-per-vendere-a-prezzo-più-alto che caratterizza da sempre la storia di Londra. Infatti, le rovine del passato non si conservano nelle ere di successo, ma nelle ere di decadenza; e Londra, superato l’incendio, fu per tre secoli la capitale del mondo, senza la voglia di conservar niente perché niente valeva i soldi della futura crescita economica.
Da qui, verso il Tamigi si trovano Via del Latte – altro pezzo di mercato – e Via dello Scolo, nota per il canaletto non proprio profumato che portava giù verso il fiume una parte dei liquami del centro. Verso l’interno invece si trova Love Lane, il Vicolo dell’Amore, che ora è una larga, anonima, corta via che potrebbe indurvi in errore, facendovi pensare di esser stata costruita insieme ai palazzi che la circondano, nel Novecento, e intitolata alla pace degli hippy. Nulla di più sbagliato; semplicemente, nel Medioevo questo era il vicolo dei troioni, comodamente sito dietro il municipio.
Poco più in là c’è Noble Street, che come dice il nome è tutt’altra roba, per quanto fosse anch’essa a comoda e breve distanza da Love Lane; è qui che si può vedere uno dei pochissimi pezzetti di muro romano ancora sopravvissuti. Le mura qui facevano una curva ad angolo retto, inglobando un forte romano di forma quadrata; la zona martoriata dai bombardamenti porta ancora qualche segno dell’antichità , come il giardinetto con annesso pret-a-manger che sostituisce l’antica chiesa di Sant’Olaf. Dietro si trova quel mostro anni ’60 che è il Museo di Londra, e poco più in là c’era l’antica porta di Aldersgate.
Da qui potete infilarvi nella via che si chiama Little Britain, il cui percorso tortuoso rappresenta un altro pezzetto di Londra non dico medievale ma ottocentesca senz’altro, e poi attraversa l’Ospedale di San Bartolomeo, che nel tempo ha invaso tutto il quartiere, e sfocia davanti al mercato vittoriano di Smithfield.
Questo era, da sempre, il mercato generale di Londra; prima del mercato vittoriano c’era una piazza e prima ancora un prato, subito fuori le mura, dove sin dalla notte dei tempi si vendeva il bestiame, tranne nelle due settimane della Fiera di San Bartolomeo, un baccanale post-pagano in cui tutto poteva succedere, dalle impiccagioni all’ubriachezza molesta fino all’esibizione di donne barbute e nani da circo. A metà Ottocento decisero di spostare il bestiame molto più fuori dalla città e di costruire questo mercato di ferro battuto, una meraviglia anche perché sotto ci misero la prima metropolitana del mondo, attualmente la Circle/District/Metropolitan Line, che dopo essere passata sotto Farringdon Street (seguendo il fiume Fleet intubato) svolta tra le case e sotto il mercato si dirige verso l’est.
Siamo ormai fuori dalle mura, e attraversata la valle del Fleet si risale verso Holborn, un tempo borgo fuori dalla cinta muraria. Su un lato sbocca l’anonima Fetter Lane, che era in origine una delle prime strade periferiche dall’altro lato del Fleet, piena di casette seicentesche e poi di casermoni popolari abitati dalla feccia. Il grande incendio del 1666 finì, miracolosamente, proprio all’angolo di Fetter Lane; è dunque qui, all’angolo con Gray’s Inn Road, che sopravvive quello che è praticamente l’unico edificio antico di Londra, una casa di legno di epoca Tudor piuttosto malmessa.
Per trovarla abbiamo dovuto girare tutta la città , camminare per tre ore e allontanarci un po’ dalle antiche mura, perché ancora oggi la City non ha tempo per altro che per mangiarsi viva giorno dopo giorno, lei e i suoi abitanti, nel ciclo incessante dell’iniziativa economica privata, portata avanti dallo stress di milioni di vite impiegatizie private di ogni vero significato. Eppure, Londra è ostinatamente legata ai fantasmi del passato; il suo fascino deriva proprio dal fatto che – a differenza delle città italiane – della sua storia bimillenaria non resta sostanzialmente nulla, e nonostante questo, a parte qualche cambiamento nella foggia dei vestiti e negli strumenti, funziona da sempre allo stesso modo.
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