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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


lunedì 4 Luglio 2011, 12:19

Come al G8 di Genova

Le forze dell’ordine (le uniche con accesso al viadotto dell’autostrada chiusa) lanciano oggetti da venti metri d’altezza sulla testa dei manifestanti.

Un ragazzo di Bologna, ricoverato al CTO, racconta di essere stato catturato e torturato dalla polizia.

[tags]no tav, chiomonte, polizia, scontri, torture[/tags]

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lunedì 4 Luglio 2011, 10:48

Sull’orlo dell’abisso

Quelle andate in onda ieri in Valsusa sono tecnicamente prove di guerra civile. Una guerra civile, infatti, avviene quando due gruppi contrapposti si scontrano violentemente, pretendendo entrambi di essere il legittimo e vero rappresentante dello Stato in cui si trovano.

E non c’è dubbio che la gran parte delle 70.000 persone che hanno sfilato ieri a Chiomonte – mamme e bambini compresi – senta le istituzioni italiane non solo più come lontane, ma come nemiche; come entità vuote che teoricamente rappresentano la democrazia e la convivenza civile, ma che in realtà rappresentano interessi economici privati, l’arroganza violenta della polizia, l’ingiustizia di una società divisa tra una casta di privilegiati e milioni di italiani vessati e impoveriti, e una dittatura morbida in cui i cittadini non hanno più voce.

Questa sensazione non è solo loro, ma ormai di milioni di italiani; “non siete Stato voi”, ma noi. Questa sensazione è amplificata dalla vergogna di un sistema politico e mediatico corrotto e asservito al potere, da giornali che, invece di aprire un dialogo, di parlare della immensa manifestazione pacifica o delle ragioni per cui quest’opera è inutile, estrapolano sette secondi di Beppe Grillo fuori dal contesto per attaccare il Movimento 5 Stelle o sparano numeri improbabili sui feriti delle forze dell’ordine.

La politica ufficiale è piena di Rambo che urlano che il TAV si deve fare con la forza e senza bisogno di ulteriori discussioni, poiché loro, che sono “la maggioranza”, hanno deciso così. Ma esistono diritti fondamentali (alla salute, all’ambiente, all’autodeterminazione) che non sono nella disponibilità della maggioranza, e valori che prevalgono anche sulla legge; altrimenti pure le leggi razziali promulgate dal fascismo, andato al potere con il sostegno della maggioranza degli italiani, sarebbero da considerare giuste e sacrosante.

Il punto, però, non è più l’opera. Il vero oggetto del contendere in Valsusa è la democrazia; è l’arroganza di uno Stato cieco e sordo che vuole imporre il proprio potere per interessi privati, che vuole spendere i soldi di tutti per arricchire gli amici di chi lo governa, che taglia pensioni, assistenza e stipendi per mantenere i propri privilegi. Il TAV è il simbolo di tutto questo, ed è per questo che da tutta Italia, da tutta Europa, le persone affluiscono per manifestare.

Le interpretazioni giornalistiche sono patetiche; prima cercano di dipingerci tutti come violenti, poi correggono il tiro e cercano di dividerci, le brave persone tranquille da una parte, i pericolosi black bloc dall’altra. Ma non è così, e per provarlo ecco il video dove centinaia di “persone tranquille”, in mezzo al corteo principale del mattino, applaudono gli attacchi dei “pericolosi black bloc” contro la polizia.

Perché se tu protesti e non ti ascoltano, poi insisti e ti criminalizzano su giornali e televisioni, poi continui e allora ti riempiono di manganellate oppure ti gasano con lacrimogeni sparati ad altezza uomo e contenenti armi chimiche vietate, alla fine persino tu, che non faresti male a una mosca, sei solo contento se qualcuno gli spacca la faccia: perché se lo sono proprio meritato, perché finalmente qualcuno ti difende. Sono estremisti violenti? Non importa, meglio che niente, meglio che farsi pestare dalla polizia.

Ora, dunque, siamo sull’orlo dell’abisso. La violenza, in un contesto del genere, è inevitabile e non smetterà se non cambierà l’intero quadro politico della vicenda. I vari Berlusconi, Napolitano, Maroni, Cota, Fassino, Bersani e così via devono scegliere: continuando a non accettare discussioni sulla necessità dell’opera e in generale a non mettere mai in discussione il proprio potere, otterranno la guerra civile, e (temo) non solo in Valsusa. Spero che sia un calcolo da parte di qualcuno di loro per instaurare una dittatura, perché almeno avrebbe un senso logico; perché se fosse solo bullismo da parte di politici piccoli piccoli, incapaci di creare consenso attorno alle proprie idee e di schiodarsi dalle poltrone, farebbe pure tristezza.

Il Movimento 5 Stelle esiste per evitare la violenza; per dare rappresentanza democratica alla rabbia che monta nel Paese. Una riflessione va fatta anche da parte dei movimenti, perché la violenza è sbagliata e non ci porterà alla vittoria, perché non è sul piano militare che si può vincere questo scontro, e le 70.000 persone di ieri forse sarebbero meglio usate a sedersi pacificamente a gruppi di mille in tutte le stazioni e le strade d’Italia e bloccare il Paese fin che l’intera classe politica non se ne va. Ma sono i politici, se veramente vogliono essere Stato, a dover cambiare radicalmente rotta.

[tags]no tav, chiomonte, manifestazione, valsusa, scontri, polizia, stato, politica, movimento 5 stelle, grillo[/tags]

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mercoledì 29 Giugno 2011, 10:31

Guerra in montagna

È due giorni che penso a come raccontarvi per bene una giornata memorabile, allucinante, meravigliosa, terribile, che resterà a lungo nei miei ricordi, con l’orgoglio di essere stato lì per dovere istituzionale e insieme per le mie idee, una sensazione che vale tutto, vale qualsiasi sofferenza e qualsiasi dolore fisico, una sensazione che in una società dominata dal senso di vuoto vale davvero un’esistenza.

Lunedì mattina a Chiomonte è andata in scena la guerra, lo Stato italiano – o meglio, l’entità di potere che pretende di esserlo – ha scelto di usare la violenza contro l’opposizione politica, contro una manifestazione e un presidio di oltre mille persone, sostenute da gruppi, associazioni, comitati, intellettuali e da tre movimenti politici, una violenza che non può che ricordare il fascismo di qualsiasi dittatura.

Come vedrete nei filmati, è stata una giornata di guerra: sembrava di essere in Vietnam. Lo Stato ha rifiutato il dialogo, ha ignorato gli amministratori e i mediatori politici, ha pianificato e applicato la violenza. Lo Stato ha cercato di far male ai propri cittadini nel modo più sottile ma più spietato, braccandoci senza necessità e sparandoci addosso i lacrimogeni al gas CS, vietato in guerra dalle convenzioni internazionali sulle armi chimiche, ma usato senza ritegno dalla Repubblica Italiana contro i propri cittadini inermi; sapendo perfettamente che in una fuga sulle rocce molti si sarebbero fatti male, magari cadendo in un dirupo – e soltanto la preparazione e la (relativa) saldezza di nervi dei manifestanti ha evitato il peggio, con squadre di medici che soccorrevano i feriti, altre squadre che aiutavano a liberarsi dai gas, e in generale tutti che aiutavano tutti a risalire la montagna.

Il mio racconto è nei due filmati qui sotto, fatti col cellulare, sgranati, ma spero eloquenti, utili a capire cos’è stato veramente il lunedì in cui i politici che pretendono di essere Stato, da Maroni a Fassino, hanno portato la guerra in Piemonte. Domenica ci sarà una manifestazione oceanica, a Susa, pacifica e ferma, i dettagli seguiranno. Scegliete voi se esserci, o se chinare la testa.

Vista la vergognosa disinformazione dei giornalai di regime (e poi si lamentano se vengono insultati), aggiungo alcune cose.

1) Il bello di fare politica è trovare sulla propria strada grandi uomini, e ripeto: sulla strada, non nei palazzi. Ammiro all’infinito Turi Vaccaro, una persona capace di farsi volontariamente pestare a sangue dalla polizia per le proprie idee – io non ne sarei capace. Spero stia bene, spero che qualcuno ne abbia notizie.

2) Io non ho visto lanciare sassi o chiodi sui poliziotti. Non dico che non sia avvenuto, non posso saperlo, dico che dove c’ero io, compreso il fronte del primo sfondamento sull’autostrada, ho visto solo resistenza pacifica e passiva, ho visto autodifesa con quel che si poteva. L’unico lancio di sassi di cui ho avuto notizia è all’inizio del primo filmato ed è stato fatto da persone non identificate, non del nostro gruppo. Anche qui, non sto dicendo che siano per forza provocatori travestiti da manifestanti stile Genova, ma certo il dubbio viene. D’altra parte mi pare naturale che più tardi, nel momento caldo, vedendosi arrivare addosso centinaia di poliziotti in assetto da guerra, qualcuno abbia risposto tirandogli addosso tutto quel che aveva sottomano.

3) Caro Torino Cronaca, pubblicare un video intitolato “I No Tav lanciano pietre, la polizia spara lacrimogeni”, in cui si vede solo la polizia che spara i lacrimogeni, è davvero vergognoso. Se c’è un ordine dei giornalisti, che batta un colpo.

4) Il presidio della Maddalena era assolutamente legale. Si trovava su terreni privati usati col consenso dei proprietari, o su suolo pubblico per cui era stata ottenuta l’autorizzazione dal Comune di Chiomonte pagando la relativa tassa (834 euro). Chissà perché nessun giornale l’ha scritto.

5) Pare che la polizia abbia distrutto anche il sito archeologico neolitico e il museo realizzato con tanta fatica alla Maddalena. E poi quest’opera porterebbe sviluppo e turisti. E poi i vandali sarebbero i No Tav. Persino la giunta Sì Tav di Chiomonte non ne può più.

6) La giustificazione per lo sgombero è stata un’ordinanza del prefetto (che non ho ancora avuto il piacere di veder pubblicata) che requisisce l’intera area per chilometri. Sottolineo “requisisce”: perché la Repubblica Italiana ha delle procedure di esproprio che permettono allo Stato di ottenere forzosamente terreni privati per costruirci opere pubbliche, procedure che ancora non sono state effettuate. Dopo lunedì, sappiate che potrebbe arrivare un’orda di carabinieri davanti alla porta di casa vostra, dirvi che casa vostra è requisita per decisione insindacabile del prefetto, e buttarvi fuori di casa coi lacrimogeni. Non sto scherzando e non sto esagerando.

Valutate dunque voi se non siamo tornati ai tempi del fascismo. Penso che la Resistenza fosse così, che i partigiani, con le loro povere dotazioni fabbricate in casa contro i blindati dei tedeschi, si trovassero su quei monti nella nostra stessa situazione, con i paesi occupati con le armi, con case e terreni requisiti in punta di fucile dall’invasore. Non stupitevi se decine di migliaia di persone, in Valsusa e altrove, non si sentono più italiane – o meglio, si sentono italianissime, tanto che lunedì la polizia è stata accolta anche con l’inno di Mameli, ma pensano che chi ci governa attualmente abbia usurpato la democrazia: invasi e sottomessi da una nuova repubblica sociale, con oggetto societario i grandi affari.

[tags]no tav, chiomonte, maddalena, scontri, sgombero, stato, politica, maroni, fassino, valsusa[/tags]

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lunedì 20 Giugno 2011, 18:04

I treni che non fermano mai

Ci sono molte cose che danno fastidio della vicenda Arenaways, un caso da manuale di protervia all’italiana: una finta privatizzazione fa in modo che la società monopolista di fatto nei servizi all’utente finale sia cugina di e continuamente favorita da quella che gestisce la rete e che dovrebbe fornire accesso imparziale a tutti.

Ma è anche una dimostrazione di come lo Stato, mettendo le mani nei servizi con buone intenzioni, finisca per fare danno. Infatti, il motivo per cui ad Arenaways non viene permesso di fare le fermate intermedie tra Torino e Milano è quello di non fare concorrenza ai regionali di Trenitalia, perché questi ultimi fanno parte del pacchetto sovvenzionato dalla Regione Piemonte, e dunque se perdono incassi la Regione deve compensare la perdita.

La cosa ridicola è che la Torino-Milano in realtà è una delle poche linee regionali dove non sono necessarie sovvenzioni, anzi i treni viaggiano sempre strapieni: una gallina dalle uova d’oro. L’accordo, però, prevede che i lucrosi utili di questa linea vengano usati per coprire i buchi delle linee secondarie del Piemonte. In pratica, i torinesi che vanno a Milano devono viaggiare pigiati su treni vecchi e sporchi per pagare un servizio migliore ai biellesi o ai cuneesi; e per garantire questo meccanismo lo Stato vieta ad Arenaways di fare concorrenza, costringendola a treni che vanno lenti come i regionali, ma non fermano mai.

Cercando una soluzione per non morire, ora Arenaways cambia linea: il sabato e la domenica fa un treno del mare Santhià-Torino-Genova-Livorno, grazie a un accordo con la Regione Liguria, stufa del peggioramento del servizio Trenitalia da Torino verso il suo mare dopo che praticamente tutto ciò che da Torino non era ad alta velocità è stato eliminato. Bene, direte voi, finalmente il mercato funziona: chi c’è non offre un buon servizio e allora arrivano i concorrenti.

E invece no, anche qui arriva la mentalità italica: ed è tutto un susseguirsi di piccoli sabotaggi, come racconta l’articolo della Stampa. In un paese civile, l’amministratore delegato Mauro Moretti, che ha dichiarato che effettuerà ritorsioni contro la Liguria per aver permesso le fermate di Arenaways, sarebbe indagato per turbativa di mercato. Invece, da noi si becca pure la solidarietà dei pendolari liguri, che non guardano più in là di un palmo dal proprio naso. Deprimente.

P.S. Anche se il Comune su questa materia può fare soltanto pressioni morali verso la Regione, presenterò senz’altro una interpellanza.

[tags]trasporti, ferrovie, torino, milano, arenaways, trenitalia, concorrenza, piemonte, liguria, moretti[/tags]

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lunedì 13 Giugno 2011, 19:56

La spallata? Sì, ma a tutti

Quella di oggi è una grande festa per un risultato che pareva impossibile: il raggiungimento di un quorum per un referendum abrogativo, cosa che non accadeva dal 1995.

Il primo fattore è proprio questo: negli anni ci eravamo rassegnati all’apatia degli italiani e alle tattiche furbette dei sostenitori del no, che puntavano direttamente sull’astensione. Il referendum, ma anche i risultati delle amministrative, mostrano un ritorno al clima della prima metà degli anni ’90: una grande voglia di partecipazione e di cambiamento.

I partiti l’hanno capito e hanno minimizzato i danni, ma non ne escono bene. PDL e Lega, ancora sotto shock per la mazzata di Milano, hanno dimostrato uno stato confusionale in cui ogni singolo ha fatto quel che voleva, a parte schierarsi apertamente per il no; i più pronti a cavalcare l’onda (per non farsene travolgere) hanno persino invitato ad andare a votare. Resta il fatto che hanno preso un’altra mazzata.

Il PD, invece, si porta indietro la sua storica invidia del pene per i miliardi della destra, che lo porta a pensare che la modernità siano le svendite ai privati e le centrali di quarta generazione; per anni ha spinto il nucleare e le privatizzazioni dei servizi pubblici acqua compresa (a proposito, tié, Chiamparino), e solo nelle ultime settimane prima del voto ha cercato di schierarsi per il sì, ma anche per il no.

Ora Bersani cerca di appropriarsi della vittoria e di dire che è stata una spallata a Berlusconi, invocandone le dimissioni. E’ troppo comodo; un’affluenza così alta non sarebbe stata possibile senza una forte partecipazione anche dell’elettorato di centrodestra, e senza che molti elettori di centrosinistra andassero ben oltre le posizioni tiepide o addirittura contrarie dei loro leader politici. Gli italiani sono andati a votare innanzi tutto per difendere il proprio territorio e i propri beni comuni dalla depredazione dei politici tutti; tanto è vero che il referendum sul legittimo impedimento è stato quello che, a giudicare dai discorsi per strada, interessava di meno.

La verità è che gli italiani hanno dato un’altra spallata a tutto il sistema politico, che, con la sola e parziale eccezione dei partiti di sinistra, per questi referendum non ha fatto un bel niente. I quesiti su giustizia e nucleare venivano dall’IDV, ma a raccogliere le firme sui due dell’acqua c’erano i volontari di centinaia di associazioni, movimenti e gruppi di cittadinanza attiva, non certo i partiti. Sono proprio i referendum sull’acqua ad aver trainato l’onda di attivismo, le manifestazioni, i banchetti per le città, e infine il quorum, segnando l’apoteosi di un nuovo modo di fare politica: dal basso, tutti insieme, senza bandiere, fuori dai partiti, usando Internet per aggirare la disinformazione di televisioni e giornali di regime.

Dunque non è solo Berlusconi che se ne deve andare; se avessero un po’ di dignità, se ne dovrebbero andare quasi tutti.

[tags]referendum, quorum, politica, acqua pubblica, nucleare, partiti, berlusconi, bersani[/tags]

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giovedì 9 Giugno 2011, 10:52

La ndrangheta, Fassino e le primarie del PD

Abbiamo tutti sempre saputo che la politica e lo Stato, anche al Nord, sono pesantemente infiltrati dalle mafie. E però, leggere nero su bianco le conversazioni dei politici con i capi della ndrangheta torinese è terribile, fa male al cuore; a maggior ragione perché ad essere coinvolti sono nomi eccellenti di tutti gli schieramenti, Fassino compreso.

Da una parte, nel PDL, li hanno proprio in casa: come Nevio Coral, il potente ex sindaco e padre dell’attuale sindaco di Leinì, un mese fa candidato a sindaco di Volpiano, arrestato perché pare andasse a cena con l’intero clan organizzando di piazzare uomini delle cosche nelle istituzioni; e come il consigliere comunale di Orbassano Luca Catalano, nipote del boss Giuseppe Catalano considerato il capo dei capi in città, che porta la Porchietto, allora candidata presidente della Provincia, a incontrare lo zio nel suo bar.

Dall’altra, nel PD e nell’IDV, li chiamano continuamente per chiedergli voti: e qui al centro della storia c’è la ndrangheta rivolese. Tutti sanno che Rivoli è in mano alla ndrangheta, io ne parlo nel mio blog da anni; eppure questi cascano dal pero. Il protagonisti sono il consigliere regionale Nino Boeti, ex sindaco di Rivoli, e l’onorevole Mimmo Lucà, da vent’anni deputato DS/PD di Rivoli, che stando alle carte dell’indagine hanno contatti con Salvatore “Giorgio” De Masi, capo della ndrangheta rivolese e di altre zone della cintura.

Lucà, in particolare, meno di sei mesi fa incontra De Masi al bar Massaua, per parlare delle primarie per il sindaco di Torino; e gli chiede direttamente i voti per Fassino. Il giorno del voto, De Masi gli racconta che ha fatto il suo lavoro, ma che la cosa è stata difficile perché anche Gariglio ha chiesto i voti dei “calabresi”, per tramite di Mangone.

Posso anche capire che Fassino non ne sapesse niente, lui ha chiesto a tutti i capicorrente di trovare voti e poi ognuno ha seguito i suoi canali, e questi della ndrangheta non sono certo gli unici che ha preso, anzi. Però Boeti, Lucà e De Masi sono tutti paesani, tutti calabresi della Locride e dintorni. Ovviamente non tutti i calabresi sono affiliati alle ndrine – tra l’altro pure uno dei nostri eletti è di quelle parti – ma è credibile che persone che fanno politica a Rivoli da trent’anni e che vengono da quello stesso ambiente, dunque lo conoscono bene, per trent’anni non abbiano mai un dubbio, non sappiano chi è De Masi? Una persona che già un anno fa, ben prima dell’episodio citato, era sui giornali per gli stessi motivi? In un Comune in cui già da anni le inchieste sulle infiltrazioni della ndrangheta si susseguono?

E non ci dicano che in campagna elettorale si stringono migliaia di mani, si chiede il voto a chiunque, non si può sapere con chi ci si incontra. E’ vero, ma il beneficio del dubbio può valere al massimo per la Porchietto, alla sua prima campagna elettorale, se veramente si è limitata a farsi scarrozzare per dieci minuti in quel bar; ma per Lucà e Boeti, che chiamano attivamente queste persone, che dicono tranquillamente di frequentarle da anni, non c’è niente da giustificare: se anche non si fossero mai accorti di niente, sarebbero perlomeno troppo stupidi per sedere nelle istituzioni.

Stessa cosa per Gaetano Porcino, uno dei capi dell’IDV torinese, anche lui di Reggio Calabria, ex consigliere comunale di Torino ora onorevole, che ha appena piazzato in Comune il figlio; le sue intercettazioni non sono ancora uscite, ma è scritto che anche lui parlava con De Masi. E poi c’è ancora gente che vota IDV per difendere la legalità…

Forse questi comportamenti non sono reato in sé, non lo so, valuterà la magistratura; sul piano politico, però, è necessario che i tre partiti coinvolti prendano provvedimenti, dimostrino che le collusioni con la ndrangheta non sono tollerate al loro interno. Fassino, Bersani, Di Pietro, Ghigo e così via, sostengono di non averci niente a che fare? Allora facciano piazza pulita subito, e chiedano a queste persone di dimettersi immediatamente da ogni carica pubblica.

Altrimenti avremo la prova che ci prendono in giro, la conferma che la ndrangheta influenza le istituzioni, e – dato che la ndrangheta vive di cemento, edilizia e grandi opere – anche i dubbi sull’incredibile insistenza del PD torinese nel far partire gli appalti del Tav, sulla vera storia dei proiettili che girano, non potranno che aumentare; perché sappiamo quel che non vogliamo vedere, cioé che delle coalizioni che amministrano Torino e il Piemonte, di destra o di sinistra che siano, fa spesso parte anche il partito della ndrangheta.

[tags]ndrangheta, mafie, criminalità, politica, voto di scambio, fassino, lucà, boeti, coral, porchietto, rivoli, torino, tav[/tags]

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lunedì 6 Giugno 2011, 18:17

La politica abbassi i toni sul Tav

Questa mattina ho mandato anch’io un comunicato stampa, che vi riporto sotto, per dire una cosa molto semplice: che i politici non dovrebbero invocare manganelli ed eserciti, non dovrebbero minacciare fisicamente chi la pensa diversamente, non dovrebbero usare toni squadristi, e dunque è ora che tutte le persone di buona volontà e di ogni credo politico dicano al Partito “Democratico” che ciò che dice e auspica non ha nulla di democratico ma molto di fascista, e che serve che tutta la politica smetta di giocare sulla testa e sull’incolumità delle persone e lavori per il suo obiettivo istituzionale, ovvero il dialogo, il consenso, la pace.

Oggi pomeriggio, salito a Chiomonte, mi son trovato sulla testa un elicottero della polizia:

chiomontelicottero_544.jpg

Se il buon giorno si vede dal mattino… chissà se stanotte sarà la notte buona, se lo Stato italiano vorrà perdere la faccia definitivamente e portare un’intera valle a non sentirsene più parte, a non credere più nella democrazia.

Il Movimento 5 Stelle di Torino è allibito di fronte al comportamento e alle dichiarazioni dell’onorevole Esposito e di tutto il PD torinese in materia di Tav.

Riteniamo che un politico responsabile, di fronte a presunte minacce di origine tuttora ignota, avrebbe mantenuto la calma e la riservatezza attendendo i riscontri delle indagini, invece di spararle su tutti i giornali per alzare la tensione. Temiamo dunque che si tratti di una precisa strategia della tensione del Partito Democratico per arrivare allo scontro violento in Valsusa.

Denunciamo in questo quadro anche le minacce fisiche ai nostri militanti da parte dell’onorevole Esposito su Facebook, con frasi come “mai stato pacifista, quindi adesso che lo sai regolati” e “peccato che Boeti non ti abbia dato due schiaffoni”, che esprimono uno squadrismo di scuola fascista che non dovrebbe trovare spazio nel Parlamento italiano, e tantomeno in un partito a parole “democratico”.

Un attacco violento delle forze dell’ordine ai manifestanti in Valsusa sarebbe una sconfitta dello Stato e della democrazia e lascerebbe strascichi per decenni. Rinnoviamo il nostro invito a tutti i politici, purtroppo sinora caduto nel vuoto, a visitare pacificamente il presidio della Maddalena e a lavorare per abbassare i toni anziché alzarli. Auspichiamo che il governo e le altre forze politiche, in particolare quelle come IDV e SEL che ospitano anche esponenti contrari al Tav, vorranno dissociarsi dal PD e ristabilire un clima di confronto civile e pacifico.

[tags]tav, chiomonte, esposito, pd, pace, violenza, valsusa[/tags]

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sabato 4 Giugno 2011, 12:57

Gioca indigner? No grazie

L’invito del prefetto ai sindaci della Valsusa – fate spostare i manifestanti No Tav nelle piazze dei paesi, toglieteli dalla Maddalena in modo che il cantiere possa cominciare – non è nuovo: me l’aveva già fatto Stefano Esposito in televisione. E’ un invito ingannevole, perché cerca di dividere la protesta in due categorie, quella “democratica” e quella “non democratica”; dove la protesta sarebbe democratica solo se non disturba, se non sortisce effetto, se si limita a una testimonianza inefficace di dissenso.

Questa è una manipolazione che bisogna respingere subito: la protesta, per definizione, deve avere degli effetti concreti, se no tanto vale non farla. Non si vuole ovviamente giustificare l’estremo opposto, tipo i continui scioperi degli autobus ad ogni stormir di fronde il venerdì pomeriggio; ma è una ben strana idea di democrazia quella in cui si può protestare solo se non si disturba.

Fa il paio con l’altra strana idea di democrazia propagandata a Torino in queste settimane, quella per cui una maggioranza può imporre alla minoranza qualsiasi cosa, solo perché è maggioranza. A parte che le quantità dei due fronti non sono così certe, tutta la civiltà dell’ultimo secolo si basa sul concetto di diritti umani, ovvero di prerogative inalienabili del singolo di cui la maggioranza non può disporre: anche se la maggioranza vota per discriminare gli ebrei, ciò non rende tale azione né legittima né democratica.

La nostra Costituzione non prevede alcun diritto al trasporto veloce, ma prevede il diritto alla salute (art. 32) e la tutela del paesaggio (art. 9), nonché (art. 17) il diritto di riunirsi “pacificamente e senz’armi” che può essere limitato solo per “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” (sicurezza e incolumità; non certo “c’è da montare un cantiere”). Migliaia di persone che si radunano pacificamente in un luogo per bloccare un cantiere sono un problema politico, non di ordine pubblico; e la pesante devastazione dell’ambiente in cui vivono queste migliaia di persone è una grave lesione del loro diritto alla salute, dunque è incostituzionale.

Io vorrei però ritornare alla questione delle manifestazioni che non disturbano; perché è una questione più importante di quel che sembra. L’Italia, infatti, è stata riempita negli ultimi mesi da molte manifestazioni che non disturbano; bellissime passeggiate in centro del sabato pomeriggio, una volta con bandiere viola, l’altra volta con bandiere rosa, una volta coi gomitoli di lana, l’altra in bicicletta, oppure con pupazzi, casseruole, stendendosi in mezzo alla strada, quel che volete. Tante belle manifestazioni per gioco organizzate dalla “opposizione”, che permettono agli italiani di sfogarsi in modo innocuo, senza disturbare; ci si diverte, ci si complimenta perché “siamo tantissimi”, ci si sente più buoni e il giorno dopo tutto torna come prima, a parte gli organizzatori che subito tentano la carriera politica in uno dei partiti di centrosinistra.

L’unica manifestazione che abbia veramente ottenuto qualcosa nelle ultime settimane è stata quella degli operai della Fincantieri: sono entrati in prefettura, hanno mollato quattro ceffoni (non metaforici) ai rappresentanti dello Stato, e magicamente il piano industriale, fino a un momento prima necessario e imprescindibile, è stato ritirato. No, non è una bella cosa, ma è così: lo Stato è sordo e in mano agli interessi di pochi, la democrazia italiana è un simulacro vuoto, e se vuoi farti sentire devi alzare la voce; devi concentrare la tua rabbia sul risultato, e non sugli sfoghi innocui che ti offre il sistema.

Sarebbe compito di chi ci governa far sì che le istanze sociali possano essere accolte dallo Stato col dialogo, e invece, anche da politici che si autodefiniscono di “sinistra”, arrivano solo inviti a schierare l’esercito; destra e sinistra, per anni, hanno manipolato i tavoli istituzionali escludendo le voci dissenzienti e convocando solo quelle ben disposte a dargli sempre ragione. Il PD con la Valsusa si comporta come Marchionne con la FIOM: “non me ne frega niente se rappresenti migliaia di persone, o mi dai ragione o ti butto fuori dai negoziati”. E’ così che quelle migliaia di persone perdono ogni fiducia nello Stato e ne diventano antagoniste, e una parte poi passa alle pietre, e qualche esaltato può andare anche oltre.

La responsabilità di questa deriva non è dei cittadini, è dei politici, e della loro esplicita e calcolata strategia della tensione. La Valsusa potrebbe segnare un punto di non ritorno: se lo Stato userà violenza, si delegittimerà da solo e darà un segnale tremendo, quello che con lo Stato ci si può relazionare solo con la violenza; creerà nuovi martiri, nuove faide e altra violenza.

Il mestiere del politico non è invocare i manganelli, è costruire il consenso attorno a una soluzione; è anche accettare il fatto che, se il consenso non c’è, la soluzione non è proponibile. Hanno avuto vent’anni per convincerci della bontà di quest’opera, e non solo non ci sono riusciti, ma l’opposizione cresce giorno dopo giorno. Se nel resto d’Italia la gente ancora (ma per quanto?) si accontenta delle innocue passeggiate del sabato pomeriggio, in Valsusa ciò non accade. Ne prendano atto.

P.S. Ribadiamo l’invito a tutti i consiglieri comunali di Torino a venire a vedere di persona il presidio della Maddalena, a chiacchierare tranquillamente con le persone della valle, lunedì pomeriggio alle 16. Finora abbiamo ricevuto solo gentili dinieghi per improrogabili impegni istituzionali; vedremo se veramente qualcuno è interessato al dialogo.

[tags]no tav, valsusa, violenza, nonviolenza, manifestazioni, scioperi, fincantieri, costituzione[/tags]

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giovedì 2 Giugno 2011, 11:23

Noi fuori

E a lor signori che grazie a noi stanno dentro al caldo, un po’ blindati e un po’ gramellini, buona festa della loro Repubblica.

Noi fuori dalle grandi speranze e dai loro ingranaggi
noi fuori dalle radio dalle spiagge dalle vacche grasse
fuori dai cortei dalla burocrazia
fuori dalle fabbriche e dai musei
è dall’alto che ci dividono
è là in alto che inventano il pericolo

Noi fuori dai campi dell’orgoglio e dall’ansia di medaglie
noi fuori siamo l’acqua sprecata ai confini dei deserti
fuori dai cortei dalla burocrazia
fuori dalle fabbriche e dai musei
è dall’alto che ci sparpagliano
è là in alto che inventano il pericolo

Noi fuori dalle radio dai minuti di silenzio
dai conteggi dal consenso dai sondaggi dalle scuole
di nostro signore dalle aiuole dai cantieri
noi fuori non sappiamo cosa fare

Fuori dai cortei contro la geografia
fuori dalle chiese dentro ai formicai
è dall’alto che ci dividono
è là in alto che inventano il pericolo

Noi fuori dalle liste dai concorsi
dalle carte dalle curve dai discorsi
dalle rotte dalle risse dalle caste
dalle eclissi dai teatri
dalle aste dai contagi dalla peste
dallo sfarzo e dalla miseria
dalle feste con le droghe serie
dai concerti con le sedie
dai solarium dai cortili coi pavoni
dalle danze dai condoni
da Manzoni e da Mameli
dalle condizioni dei finanziamenti
dai cimeli della brava gente
dai congressi dalle marce
dai sondaggi di opinione
dagli asili e dalle pensioni
noi fuori non sappiamo cosa fare

[tags]repubblica, 2 giugno, gramellini, ministri, fuori[/tags]

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martedì 31 Maggio 2011, 17:47

Sballottaggi

Partiamo da una piccola analisi del voto dopo i ballottaggi: è facile, è evidente; vince l’opposizione, perde il PD.

Vince l’opposizione perché Berlusconi ha preso una scoppola mortale, ha trasformato il voto amministrativo in un referendum su di sé e l’ha perso alla grande. Non siamo alla liberazione, ma poco ci manca; cercherà di sopravvivere fino al 2013 ma, anche ci riuscisse, non avrà un futuro (a meno che l’opposizione, che già l’ha salvato varie volte, lo salvi di nuovo).

Perde il PD perché quasi ovunque ci sia stata possibilità di scelta per gli elettori dell’opposizione, quelli tradizionali e quelli nuovi, questi hanno premiato i candidati degli altri partiti rispetto a quelli del PD, da Napoli a Alpignano (a Milano l’avevano già fatto alle primarie). Certo, dove l’opposizione si presenta unita dietro a un sindaco del PD, il sindaco PD comunque vince, anche in modo inatteso (vedi Novara). Come a dire: il PDL è il peggio, il PD – pur restando di gran lunga il primo partito dell’opposizione – è il meno peggio, ma potendo preferiamo le persone di SEL e IDV, o meglio ancora persone non completamente integrate nei partiti, come appunto appaiono (appaiono…) De Magistris e Pisapia.

In quest’ottica, Torino ha espresso un voto di retroguardia, mostrandosi una città conservatrice, spaventata e invecchiata; anche qui, comunque, Fassino ha preso il 10% in meno di Chiamparino.

Lo scenario, in sostanza, conferma quel che noi abbiamo detto spesso: è l’intero sistema dei partiti ad essere in crisi, e la maggior parte degli elettori vorrebbero un ricambio generale, andando a cercare ciò che sembra loro più nuovo e meno compromesso con la casta.

Uno scenario del genere, per il Movimento 5 Stelle, è favorevole; e però richiede una riflessione. Noi siamo indubbiamente uno degli elementi trainanti di questo ricambio, sia direttamente – raccogliendo i voti di chi già si è chiamato fuori, e altrimenti si asterrebbe – sia indirettamente – spingendo i partiti a rinnovarsi un po’ per paura della nostra crescita. Temi come il taglio dei costi della politica o come l’acqua pubblica sarebbero emersi con altrettanta forza senza di noi? Io credo di no.

Questa situazione, però, ci pone davanti a un dilemma. Da una parte, la nostra forza sta proprio nell’essere nuovi, nelle idee molto prima che nelle facce, e nel non essere compromessi né accettare compromessi col vecchio sistema. Dall’altra, questo ci pone in una situazione di isolamento in cui diventa più difficile far pesare i nostri voti e realizzare le nostre proposte.

Dovremo essere bravi a uscirne, anche in maniera un po’ spregiudicata. Dovremo promuovere una aggregazione di quel che di buono c’è anche in molti partiti, cercando di attirarlo fuori, di provocare terremoti interni al sistema e di farne uscire quelli che, per ingenuità, cercano di cambiarlo dall’interno e sono sinceri. Non dobbiamo confondere il non comprometterci con il rifiuto del dialogo, perché noi non chiediamo i voti per essere più puri degli altri, ma perché vogliamo ottenere risultati concreti per chi ci ha votato – e questo passa, inevitabilmente, per alleanze sulle questioni concrete anche con i partiti.

Non mi piace se parlo con un amico No Tav e poi arriva uno del Movimento e mi fa “ma con chi parli, quello è del PD”, non mi piace se do una mano a Raphael Rossi e miei compagni mi dicono “ma lui è comunista, vedrai che vota Rifondazione”: non importa, è una persona onesta. Piantiamola con le bandierine, la lotta è tra gli onesti e i disonesti, tra chi ha in testa il bene comune e chi fa gli interessi del potere privato. Dobbiamo far capire agli onesti che devono scaricare i disonesti che stanno nei loro stessi partiti, o meglio ancora scaricare i loro stessi partiti; e non dobbiamo avere paura di riconoscere che c’è un po’ di buono anche fuori dal nostro orticello. Se mai, dobbiamo incoraggiarlo, coltivarlo, farlo crescere e portarlo dalla nostra parte.

Dopodiché, son contento per lo schiaffo a Berlusconi ma non vi aspettate niente da Pisapia, scommetto che sarà ostaggio del PD e che farà Expo, inceneritori e porcate varie. E però De Magistris, con tutte le critiche che gli abbiamo fatto e che non rinnego, sarà il primo sindaco di una grande città italiana che governerà mettendo all’opposizione sia il PDL che il PDmenoL: e questo è un bel risultato, nell’ottica di sbriciolare il vecchio sistema politico. Vedremo cosa farà, cosa ci dimostrerà; ovvio che qualche dubbio a posteriori viene.

Forse avremmo dovuto osare, sbagliare magari, ma provare a fare un passo oltre, rispetto alla purezza dell’eterna verginità; non per “le poltrone”, ma perché per cambiare davvero le cose dobbiamo arrivare a contare nelle amministrazioni, evitando le sirene dell’accordo con i professionisti della politica, restando rigidi sui requisiti minimi di onorabilità e decenza, ma perseguendo ogni occasione in cui sia possibile farlo insieme a persone oneste e libere da servitù, senza troppo guardare le etichette.

Opinione personale, naturalmente. E ovviamente, aspetto i vostri commenti.

P.S. Per i giornalisti che leggono, visto che non vorrei che capiste male, sottoscrivo anche l’ultimo post di Grillo. Io l’avrei messa giù in modo più gentile, perché non è bello dire a gente euforica e convinta di aver appena cambiato il mondo che nella sostanza è cambiato poco o nulla, ma io sono troppo buono.

[tags]elezioni, ballottaggi, milano, napoli, movimento 5 stelle, grillo, pisapia, de magistris[/tags]

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