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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


martedì 6 Ottobre 2009, 16:25

Tema: I giudici italiani

(Vedasi quel che dicevamo qui.)

Tema: Processi per il nuovo reato di clandestinità: a proposito delle eccezioni di costituzionalità sollevate da molti magistrati, “secondo voi sono i magistrati e gli avvocati che fanno resistenza o la legge è inapplicabile?”

Svolgimento: A cura di decine di anonimi torinesi, sul forum de La Stampa.

Nota: I messaggi non sono stati selezionati apposta: qui sotto trovate 13 dei 16 messaggi attualmente contenuti nella prima pagina del forum. Degli altri tre, solo uno difende chiaramente i giudici.

“intellettuali:per Polanski vogliono”interpretare” la legge(universale)antirstupro!in Brasile per Battisti,quella sugli omicidi….ognuno per sua convenienza vorrebbe sbattersene delle leggi che ci sono e che devono essere osservate da tutti.Sarebbe ora di finirla !”

“i magistrati di perugia e garlasco sono un fulgido esempio di efficacia……e i giornalisti!?si salvano solo le famiglie coinvolte perchè non sono andate nemmeno una volta ad un talk-show e non hanno rilasciato interviste a gossipari vari. p.s. non parliamo poi delle inchieste super-tecnologiche..periti,superperiti..,super-super periti.!!!!”

“SONO SOLO BALLE DI MAGISTRATI SINISTROIDI

Nei paesi europei che applicano la legge nessuno trova da dire, ma appena l’Italia affronta il probelma ecco che arrivano certi Commissari assurdii che fanno la voce grossa contro il nostro Governo.
Sarebbe ora che l’Europa emanasse qualche regola che riguarda tutti i paesi (27) e lasci in pace l’Italia, Spagna e altri che non possono sopportare l’invasione di clandestini.
Finalmente c’è un governo che ha fatto un accordo che ci libera da questi “questi invasori islamici che vogliono comadare a casa nostra e non si adeguano alle nostre leggi”.
Se l’ONU è in apprensione per quei possibili rifugiati politici (etiopi, somali, eritrei che non vanno d’accodo) provi a fare dei centri in Libia e ci pensi a sfamarli ed a dare loro una sistemazione, ma non in Italia.
Siamo letteralmente stufi di questa massa indesiderata che poi bisogna mantenere, perchè difficilmente troveranno un lavoro o riusciranno a mantenersi.
L’esempio è a Torino con la ex Clinica San Paolo ridotta in condizioni indescrivili con odori che neanche nelle nostre stalle si può trovare. Nei loro paesi sono abituati a orinare ed a defecare in tutti i luoghi a portata di mano senza controllare se c’è acqua per un minimo di igiene.
La maggior parte degli italiani sono d’accordo con i respigimenti.”

“Cari magistrati, siete servi dei cittadini e della legge.
Applicate la legge contro la clandestinità e non fate le prime donne sui giornali!
Andé a travajé, per piasì!”

“magistrati “attori”.Dovrebbero “produrre” sentenze non interviste o commenti!”

“Vedo che qualcuno sta cercando con mostruose assurdità di dimostrare che la legge non può essere applicata. E perché ? A me pare chiarissima e senza alcun bisogno di stravaganti “interpretazioni”. Chi é clandestino é punibile. Punto. I magistrati devono solo applicare questa semplicissima legge e basta. Il resto sono solo incomprensibili tentativi di arrampicarsi sugli specchi.”

“chi non si è regolarizzato ha qualcosa da nascondere.Deve essere rimandato al paese di origine. Di sanatorie, proroghe, ecc…..basta!”

“Chi controlla i magistrati e il loro operato? Se lo controllano da soli e cioè sono controllori e controllati e si presume che sia una forma di autoreferenza e di copertura oltre che di difesa di privilegi medioevali e se si sanziona qualcuno è perchè non è allineato con i diktat dei parrucconi ideologizzati (per convenienza e non certo per credo politico dal momento che in nessun paese il burocrate piccolo o grande dello stato e non solo lavora e rende poco come in italia) grazie alla benevolenza democristiana o comunista ( due facce della stessa medaglia, uno teneva la scala e l’altro rubava e viceversa mentre blandivano le categorie a loro utiliUn idea sarebbe quella di UN ORGANO DI CONTROLLO ESTERNO ALLA MAGISTRATURA CHE SOVRINTENDA LO STATO DEI LAVORI E CONTROLLI CHI LAVORA E CHI NON lo fa, Forse non si avrebbero MILIONI DI PROCESSI DA FARE.Si potrebbe cominciare con un colpo di spugna visto lo stato falliemnetare della giustizia e cominciare da zero con leggi nuove ( poche, certe e credibili) e con gente nuova non ammanicata con politica o anche peggio.Sara ubn caso SE NEI PAESI OLTRE CONFINE UN PROCEDIMENTO CIVILE DURA 6 MESI MASSIMO UN ANNO E NELLA NOSTRA BOLGIA DECENNI CON DANNI economici e psicologici incalcolabili sia per il singolo che per questa specie di stato? Quelli evoluti sono ben altra cosa.”

“esiste ancora la giustizia? manco quella divina! figurarsi se ci sono giudici capaci e fidati,manco piu’ la razza si e’ estinta con l’ingiustizia e la cattiveria che ormai e’ sovrana! non va piu’ nessuno all’ergastolo,anche se ammazzi,stupri,fai del male e sarai premiato!lo dimostra gherlasco,che la povera chiara,verra’ fuori si era suicidata e cosi’ pure la ragazza a perugia! giudici corrotti al massimo,che fanno favori a chi paga ” in natura”e con cospicue somme si assicura l’impunita’,tanto ormai la vita non vale piu’ niente ,e’ sovrana la violenza,l’odio,la non tolleranza,che schifo di mondo!paga solo chi ha un lavoro ,chi non ha mai fatto niente in vita sua ,non paga multe,e’ impunito,chi e’ stato in carcere pure, insomma chi e’ onesto,pulito,chi lavora e’ il colmo,ma ce la sempre nei fondelli! E’ giusto? no,ma in italia e’ cosi,e a quando una ribellione dei ” fessi onesti”?”

“270 magistrati fanno”altri mestieri”politici o sindacali…..andate a lavorare.Altro che carenza di giudici.”

“Per Dorf: Sono pienamente daccordo con lei e’ ora di finirla con questo buonismo che rende solo a qualcuno non ci chiediamo mai xche’ non c’e’ nessuna nazione al mondo che abbia al suo interno tanti enti cosidetti caritatevoli? Provate ad averne bisogno se siete solo semplici cittadini italiani. Nel vaticano che predica tanto l’accoglienza come mai non ci sono accampamenti di zingari o centri di raccolta x immigrati? Io farei in modo che questi magistrati buonisti avessero l’obbligo di ospitare a casa loro e a spese loro ognuno una famiglia di extracomunitari.”

“a lettore qualunque: caro lettore penso che lei faccia parte della categoria extracomunitaria visto lo scritto meglio l’ignoranza nordica della sua xche’ purtroppo noi continuiamo a mantenere anche gente come lei se lei adora tanto queste persone ne ospiti un po’ a casa sua ma non coinvolga la gente onesta che e’ stufa di subire prepotenze e soprusi dai suoi amici e parenti”

[tags]italia, giustizia, magistratura, giudici, torino, la stampa, immigrazione, clandestinità[/tags]
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lunedì 5 Ottobre 2009, 14:30

Due Italie

La giornata di ieri è stata straordinaria: al mattino ci siamo trovati in una ventina a discutere di un piano operativo per le future elezioni regionali, insomma di come far saltare per aria la melassa interessata che soffoca l’Italia. E al pomeriggio ci siamo ritrovati in duemila in un teatro, a celebrare la nascita ufficiale del movimento; duemila persone e non una cravatta.

L’incontro al teatro Smeraldo era un evento mediatico, non un convegno di partito; le discussioni si tengono altrove. Ieri era una festa, un momento di autocoscienza, e il comizio di Grillo – come al solito divertente quanto vero – si è poi allungato sulla presentazione di tante idee concrete per cambiare l’Italia, alcune ovvie, altre davvero innovative (chi ha pazienza può dedicarci un’oretta e vederselo da qui). Sul palco poi non sono saliti i “politici” del movimento (in platea Sonia Alfano e De Magistris) e nemmeno i “padri spirituali” (Piero Ricca, Massimo Fini e la new entry di Adriano Celentano e Claudia Mori).

Oltre a Grillo, hanno parlato tre persone simboliche, per motivi diversi. In video, Rik Falkvinge, il fondatore del Partito Pirata svedese, che ha dato il benvenuto al nostro movimento nella rete dei partiti pirata europei e segnalato che anche da loro i giornali non gli avevano dedicato una riga, ma che loro sono il movimento più menzionato sui blog svedesi e tanto gli è bastato per prendere due parlamentari. Prima di lui, don Farinella, che si definisce “un prete dal cuore laico” e inneggia alla rivoluzione (ma dovrebbero insegnargli a “stringere”…). E prima ancora, Petra Reski, la giornalista tedesca che vive in Italia e che dopo anni di libri sulla mafia italiana ne ha scritto uno su quella tedesca, cioè sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in territorio tedesco. E’ salita sul palco e ha detto che in Germania è stata sbeffeggiata e portata in tribunale, proprio come succedeva da noi trent’anni fa ai primi giornalisti che osavano spezzare l’omertà, mentre “solo gli italiani mi hanno creduto”; ed è scoppiata a piangere, in un momento di grande emozione.

Detto che da ieri, dopo la firma dello scudo fiscale, il nostro Presidente della Repubblica non è più Morfeo Napolitano ma Ponzio Pelato, per noi il pomeriggio è stato pieno di successi: come forse avrete letto (anzi no: per esempio Repubblica.it non ha scritto nulla fino a stamattina, e quando in rete si è cominciato a farlo notare ha fatto apparire un articoletto in fondo in fondo) il movimento presenterà liste regionali in sole due regioni, Emilia e Piemonte (si vedrà per la Campania). Nonostante il Piemonte non sia tra le regioni dove il movimento è più diffuso a livello elettorale – abbiamo un solo consigliere comunale – siamo stati in grado di presentare un progetto convincente, ed è stato bello vedere riconosciuta la cosa.

Infine, la ciliegina è stata data dalla possibilità di incontrare per qualche minuto Grillo in camerino (e prima di lui tutto lo staff dei Casaleggio) dopo lo spettacolo. Abbiamo limitato la discussione al minimo necessario, ottenendo tutte le informazioni che ci servivano per il nostro lavoro – ben più di quanto avessimo sperato di ottenere. La cosa che mi ha colpito però, ancora più che la scorsa volta a Rivoli, è come Grillo sia assediato da chiunque e sia per questo incredibilmente stanco e sotto pressione. Dev’essere disumano trovarsi in quella situazione, con tantissime persone che alternativamente aspettano la sua imbeccata per fare qualsiasi cosa e poi quando arriva si lamentano di non essere stati consultati. Il messaggio di sempre è che il movimento siamo noi, tutti i cittadini; non dobbiamo dipendere da nessun tipo di leader per metterci a difendere i nostri diritti e i nostri interessi.

E’ buffo confrontare la giornata di ieri con quella di oggi, la prima dell’Internet Governance Forum Italia a Pisa: qui, al contrario, giacche e cravatte abbondano, e quasi l’intera mattinata è stata dedicata ai discorsi dei dignitari; siccome erano annunciati Brunetta e Gelmini, la città è militarizzata e paralizzata dalle manifestazioni di dipendenti pubblici e/o studenti (non ho capito quali dei due contro quale dei due). E’ dunque altrettanto impressionante ritrovarsi di botto nel solito clima da repubblica peronista, con le forze dell’ordine impegnate non a difendere i cittadini dai malviventi, ma a difendere i politici dai cittadini. Qui, comunque, ritrovi amici e colleghi di sempre; anche loro sono altrettanto impegnati a cercare di salvare il salvabile nel nostro Paese, chi nell’Università, chi nella ricerca, chi fiancheggiando il PDmenoL e chi fiancheggiando Sinistra e Libertà. Poi, in privato, mentre nessuno ascolta, ti dicono tutti: “ma tu che sei ancora giovane, cosa fai qui! Vattene, emigra appena puoi!”

Ecco, forse la differenza è questa: nell’Italia del teatro Smeraldo saremo anche giovani e ingenui, ma non abbiamo abbandonato la speranza.

[tags]grillo, 5 stelle, movimento, celentano, libertà, informazione, falkvinge, reski, partito pirata, piemonte, elezioni, napolitano, pisa, internet, igf italia[/tags]

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giovedì 1 Ottobre 2009, 18:59

Ne ho beccato uno

Mi ero sempre chiesto dove fossero. Voglio dire, io conosco persone dalle idee politiche più variegate, eppure non avevo ancora trovato nessuno che non trattasse i continui attacchi di Berlusconi alla magistratura perlomeno con un po’ di imbarazzo, se non con riprovazione. Oltre agli oppositori, conosco anche persone che lo votano, convinte che abbia ragione riguardo all’incapacità della sinistra di gestire l’Italia, ma che comunque dicono “sarebbe meglio se non ci mettesse continuamente di mezzo la difesa dei suoi interessi privati dalle sue pendenze penali”.

E invece, l’altro giorno in treno ne ho trovato uno: uno convinto che il problema dell’Italia sia la magistratura e che per fortuna ora Silvio la metterà a posto. Ha cominciato lamentandosi per dieci minuti buoni degli statali che non lavorano, e poi stringendo sui giudici; “alle due del pomeriggio in tribunale non c’è più nessuno” e “da nessuna parte c’è una casta che fa quel cazzo che gli pare come i magistrati” (parole sue). Dopo un po’ di ripetizioni ad altissima voce tra gli sguardi perplessi di molti viaggiatori, il signore che gli sedeva davanti è insorto e gli ha fatto notare che se i tribunali si svuotano è perché lo Stato ha tagliato i fondi per gli straordinari, dunque i cancellieri finito l’orario d’ufficio vanno a casa.

Ecco, non l’avesse mai fatto… Il fan di Silvio è esploso: “E se non gli pagano gli straordinari, che lavorino lo stesso! Nelle aziende private facciamo tutti così! E poi anche se non c’è il cancelliere, il giudice può mettersi lì e copiarsi le carte da solo sul computer!” E vabbe’, quella che i tribunali siano arretrati e operino in modi inefficienti, e che nel pubblico impiego ci siano anche assenteisti e fancazzisti, gliela si può anche passare; però da qui a dire che sono tutti così…

Ma il peggio doveva ancora venire, perché poi si è passati al pietismo: “Lei sa quanta gente è stata rovinata da giudici che hanno condannato ingiustamente, e poi dopo tanti anni si è scoperto che era sbagliato? Eppure se un giudice sbaglia nessuno gli fa niente, è l’unico paese al mondo dove il giudice se sbaglia non viene punito, e tanta gente va continuamente in galera per i giudici che lavorano male e fanno le cose col culo”.

Il tizio di fronte ha cercato di fargli notare che esistono tre gradi di giudizio e amplissime garanzie per tutti, che i casi di errori giudiziari conclamati dopo i tre gradi sono pochissimi e tipicamente sono dovuti a fatti che al momento del giudizio il giudice non poteva sapere; e anzi che normalmente si dice che il problema è che in Italia nessuno viene mai punito. E lì, il silviofilo ha rovesciato l’argomento: “Ecco è vero! Perché poi i giudici sono quelli che mandano liberi gli assassini! Lei si ricorda dello zingaro che ha ammazzato cinque ragazzi guidando ubriaco, e che poi era subito fuori, agli arresti domiciliari al mare! Ecco io quel giudice lo appenderei per le palle!!”.

L’altro, con ammirevole tenacia, ha glissato sull’evidente mancanza di logica del ragionamento, e ha cercato di reagire sottolineando che il giudice non fa le leggi ma le applica soltanto; e la risposta è stata “Eh no! E non è vero! Perché non ha visto l’altra settimana quel giudice di Torino che ha modificato la legge per non condannare i clandestini?” La tentata spiegazione della differenza tra modificare una legge e sollevare una eccezione di incostituzionalità non ha avuto alcun effetto, il signore non l’ha proprio afferrata; ha solo proseguito dicendo che “I giudici sono fuori controllo, fanno sempre quel cazzo che gli pare, sono una vera casta! Lavorano per se stessi, come quel criminale di Di Pietro, come quel De Magistris! Guardi quante inchieste ha fatto, ma sa come sono finite? Tutte in una bolla di sapone!”.

L’altro ha cercato di dirgli che forse quel che aveva letto su Il Giornale (che teneva sotto braccio) non era proprio completamente vero, e che le inchieste erano state interrotte dall’alto per non toccare politici e personaggi importanti, e anche qui, magico rovesciamento della logica: “E appunto, poi sono poche persone lì, vede Tronchetti Provera, vede Tanzi, hanno mandato in rovina migliaia di famiglie, ma quelli non li hanno mica condannati, sono intoccabili! Perché i giudici sono una casta al di sopra di tutto!!”

E poi ha concluso con un convinto quanto misterioso “Ma non esiste che i giudici sono un potere dello Stato!!”. Dubito che stesse commentando Montesquieu; dunque chissà cosa voleva dire. E’ chiaro che la logica non era il nocciolo della questione, e che il signore aveva in testa soprattutto un pastone di slogan mescolati a caso e adattati di volta in volta all’uso dialettico necessario. Eppure, temo che, grazie all’averle ripetute per vent’anni, di pastoni come questi siano pieni i cervelli di moltissimi italiani.

[tags]giustizia, magistratura, berlusconi, montesquieu, feltri, il giornale, di pietro, de magistris, lavaggio del cervello[/tags]

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martedì 29 Settembre 2009, 11:32

Fanculo al futuro

Un trentenne, commentatore fisso di questo blog, compra casa in un bel palazzo anni ’70, di quelli con i marmi nell’ingresso e il doppio ascensore. Solo dopo essersi trasferito scopre che lo aspettano migliaia di euro di lavori urgenti per il rifacimento di muri e facciate: infatti da decenni non è stato fatto alcun lavoro di manutenzione straordinaria, dato che nel palazzo i condomini sono quasi tutti vecchi che non hanno più interesse a fare investimenti di lungo termine.

La stessa situazione si ripete anche nel mio palazzo; il motore dell’ascensore da circa un mese emette un ronzio preoccupante, udibile distintamente dal piano di sotto, che, oltre a disturbare, è probabilmente segno di una forte perdita di corrente, magari anche pericolosa. A tutte le segnalazioni, la risposta dell’amministratore è stata che sì, lo faremo vedere, ma solo quando tra un mesetto arriverà la visita di manutenzione programmata, perché altrimenti il condominio dovrebbe pagare al tecnico cinquanta euro di chiamata, e dato che quasi tutti nel palazzo sono anziani pensionati si oppongono a qualsiasi spesa.

Dopo questi aneddoti, capisco meglio perché Torino è piena di palazzi sporchi e cadenti, i cui abitanti non fanno alcuna manutenzione a meno che non arrivi una ordinanza comunale contro il degrado (possibilmente con qualche incentivo economico). Purtroppo, però, non si tratta solo della manutenzione delle case.

Alle ultime elezioni, ero rimasto colpito dallo scoprire che oltre il 70% degli elettori torinesi ha più di 40 anni, ossia è già nella metà conclusiva della propria esistenza; quasi il 40% ne ha più di 60, e ha dunque una aspettativa di vita media di una quindicina d’anni. Fuori Torino, nelle campagne e nelle colline, è anche peggio: i giovani sono una rarità. Non è quindi un caso che tutta la politica italiana si concentri su pensioni, badanti e sanità; soprattutto, non è un caso che l’Italia sia gestita con le stesse logiche dei suoi condomini, cioè con una programmazione del bilancio statale mirata a spendere ora cifre insostenibili per l’assistenza ai vecchi, scaricando i conseguenti debiti sulle future generazioni, e a risparmiare nel frattempo su qualsiasi investimento di medio-lungo termine.

E’ anche per questo che si moltiplicano i trattamenti speciali per gli anziani – riduzioni sull’autobus, sul cinema, sui costi sanitari, persino l’esenzione dai divieti di circolazione anti-inquinamento – anche se, nell’Italia di oggi, in genere gli anziani sono più ricchi dei loro figli, mentre i loro nipoti spesso non riescono nemmeno a concepire una propria indipendenza economica; eppure, per i ventenni di facilitazioni proprio non se ne parla. Infatti, quando si tratta di vincere le elezioni, il gruppo sociale decisivo sono proprio gli anziani; dunque è lì che si concentrano le lusinghe e le attenzioni della politica.

Per le nostre democrazie è un problema nuovo; fino a trent’anni fa, la struttura demografica della società era molto diversa, con una abbondanza di giovani e una scarsità di anziani. All’estero, qualcuno ha già avanzato proposte interessanti: per esempio quella di concedere il voto anche ai minorenni, neonati compresi, facendolo esercitare dai loro genitori, che almeno in teoria dovrebbero avere a cuore il loro futuro; o quella di rovesciare il tradizionale principio della “camera dei vecchi” – anche da noi, il Senato è riservato agli elettori oltre i venticinque anni – sostituendolo con una “camera dei giovani”, cioè facendo eleggere uno dei due rami del Parlamento solo dagli elettori ancora in età lavorativa. Naturalmente, c’è il problema che queste misure dovrebbero essere approvate da una politica in mano agli anziani: è proprio il caso di dire “campa cavallo”.

[tags]politica, giovani, anziani, demografia, condomini, investimenti, futuro[/tags]

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sabato 26 Settembre 2009, 09:11

Trasferiamoci a Crotone

Il Sole 24 Ore ha pubblicato questa settimana gli esiti di una interessante inchiesta sulla qualità della vita nelle province italiane, partendo dal presupposto ormai sempre più assodato che il PIL non è tutto e che bisogna dunque tenere conto di tanti altri fattori, dalla qualità dell’ambiente all’effettiva disponibilità di ricchezza spendibile per abitante, passando per l’istruzione e le attività sociali e culturali.

L’effetto è degno di nota: mentre le classifiche basate sul PIL vedono solitamente l’Italia ordinata rigorosamente da nord a sud, quelle sul benessere sono un po’ più mescolate, e mostrano più chiaramente come l’aumento della produttività media non corrisponda necessariamente a una vita migliore. Così, in testa ci sono la Romagna e le Marche, e poi tante piccole e medie province del centro-nord.

La cosa per noi più significativa è però che, in termini di qualità della vita, il nord-ovest arranca: Piemonte e Liguria sono nettamente indietro al resto del nord e di quasi tutto il centro Italia. In particolare, queste sono le posizioni e i punteggi delle province piemontesi:

34    Cuneo                   116,4
52    Biella                  104,3
54    Novara                  100,5
59    Vercelli                98,5
64    Asti                    95,9
71    Alessandria             91,8
72    Verbano-Cusio-Ossola         90,4
77    Torino                  86,8

Se Cuneo emerge, le altre province sono attorno alla media nazionale (valore 100) o decisamente sotto, fino al caso di Torino, che viene subito prima di Roma e Bari, ma subito dopo Crotone, Salerno, Nuoro e Oristano. E sentirsi dire che ormai si vive meglio a Crotone o a Salerno che a Torino non è certo una grande notizia, specie a fronte della favoletta che ci viene costantemente raccontata della città olimpica, attrazione turistica globale e capitale cultural-tecnologica nazionale.

Nonostante la serietà della fonte, si tratta ovviamente di un singolo giudizio; magari cambiando gli indicatori il risultato sarebbe stato diverso. Eppure, credo che il confronto con le altre regioni della pianura padana – leghiste o rosse che siano – debba davvero allarmarci. Una volta eravamo un territorio che non sapeva vendersi, ma con tanta solidità sotto. Ora passiamo il tempo a raccontarci fuffa, ma le fabbriche chiudono, l’ambiente si deteriora, le nostre città sono lasciate al degrado e le prospettive sono sempre più stagnanti.

[tags]il sole 24 ore, pil, benessere, italia, confronto, province, piemonte, torino[/tags]

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mercoledì 23 Settembre 2009, 20:23

Perché la ferrovia in Italia non funziona

Parlando ancora di ferrovie, in questi giorni ho potuto finalmente sperimentare il passante ferroviario di Milano; una infrastruttura costata tonnellate di soldi e trent’anni di lavoro, che costituisce tuttora per molti milanesi un oggetto misterioso di cui si è vagamente sentito parlare – figuriamoci per chi viene da fuori.

In effetti, il tracciato lascia da sempre i tecnici un po’ perplessi, dato che sono riusciti a non farlo passare né per la stazione principale né per il centro città. Comunque, per tutta una serie di destinazioni (Porta Garibaldi, Porta Venezia e tutta la zona est della città, quella meno servita dalle metropolitane) il passante è decisamente comodo; arrivando da Torino, si può scendere dal regionale a Rho Fiera e di lì prendere il primo treno S in arrivo in direzione centro (uno ogni 15 minuti), che lo percorre tutto; si può arrivare in mezzo alla città con il solo biglietto FS del regionale Torino-Milano – che è valido qualsiasi sia la stazione di Milano a cui si scende, comprese le fermate del passante – o giunti in città si può usare il passante come metropolitana, con il normale biglietto urbano ATM, almeno tra Certosa e Rogoredo.

Se leggete l’ottimo sito di Stagni – un vero riferimento per tutti gli interessati alle ferrovie, gestito da una delle persone che pianificano il sistema ferroviario per la Regione Lombardia – troverete tutta la teoria, importata dalla Germania, della divisione dei servizi ferroviari locali tra suburbani, regionali ed espressi, nonché dell’organizzazione perfetta delle coincidenze grazie al concetto di orario cadenzato simmetrico. Ad esempio, il nodo di Novara è stato definito come “nodo 00”, il che significa che tutti i treni o quasi arrivano a Novara poco prima dello scattare dell’ora e ripartono poco dopo, se possibile in maniera simmetrica rispetto all’ora esatta. Così, il regionale da Torino arriva ai :59 e quello da Milano ai :00, ripartendo subito dopo; essi offrono una pronta coincidenza al treno arrivato da Milano Cadorna (via SaronnoBusto Arsizio) ai :53, in entrambe le direzioni; questo treno fa capolinea a Novara e riparte ai :07, caricando a sua volta senza attese i passeggeri scesi dai regionali e diretti alle fermate locali tra Novara e Saronno.

Se fossimo in Germania, tutto ciò sarebbe perfetto; peccato che siamo in Italia, dunque il risultato è che il regionale arriva un po’ in ritardo; poi il treno per Saronno è gestito dalle Ferrovie Nord dunque parte non al binario accanto, ma in un’altra stazione a vari minuti di distanza a piedi; e poi, visto che sono due aziende diverse, non è possibile fare un biglietto unico da Torino per le destinazioni sulla linea delle Nord, ma bisogna farne due, di cui uno necessariamente a Novara in quei teorici sette minuti. Il risultato? Beh, ovviamente la coincidenza è imprendibile, e se chiedete al sito Trenitalia un percorso da Torino per Galliate o Castellanza vi suggerirà lui stesso che dovete aspettare il treno dopo, ossia un’ora e sette minuti invece dei sette minuti previsti da chi ha progettato l’orario pensando di essere in Germania.

Il passante di Milano non sfugge a questa logica, però qui l’Italia aiuta: infatti il regionale arriva a Rho Fiera ai :29, mentre il treno S passa ai :28 (il successivo è ai :42, cioè un quarto d’ora dopo). In Germania ci si incacchierebbe (in realtà la coincidenza è pensata nell’altro senso, per permettere ai pendolari locali che arrivano da Vittuone, Corbetta e Rho di salire sul regionale per andare in Centrale); essendo in Italia, però, si può dare per scontato che il treno S sarà in ritardo, e infatti stamattina, sceso dal regionale, il tabellone lo dava come ancora da passare, con cinque minuti di ritardo. Corsa al binario, attesa, e al momento debito… sul binario in questione arriva un lunghissimo merci. Il tabellone impazzisce, il treno viene tolto dagli orari e sostituito da quello dei :42, che arriva in perfetto orario. Immagino che il treno dei :28 sia sparito nel triangolo delle Bermuda, oppure sarà ancora lì a quest’ora, chissà. Comunque, con il treno delle 9:42 sono arrivato via passante a Milano Dateo alle 10:02 e di lì alla mia destinazione, a pochi minuti di bus, evitando la maggior parte del traffico cittadino.

Stavo pensando di provare la combinazione opposta: per tornare a Torino, invece di andare in Centrale, andare a Dateo (un quarto d’ora a piedi), prendere la S5 o S6 fino a Rho e poi il regionale da lì. Peccato che anche questo sia un piacere riservato all’universo parallelo che vede Milano sita in Germania: infatti, per prima cosa a Dateo non ci sono biglietterie né macchinette che facciano biglietti per Torino. Anche se ci fossero, però, c’è un altro problema: non saprei dove scendere, dato che prima i regionali fermavano a Rho, ora sono stati spostati a Rho Fiera (cosa perfettamente logica, dato che ci arriva la metro rossa e ogni tanto fermerà pure l’alta velocità); poi, dopo le proteste dei pendolari di Rho che non vogliono cambiare le loro abitudini secolari, alcuni treni a caso sono stati riportati a fermare a Rho invece di Rho Fiera.

In altre parole, chi arriva dal passante non ha modo di sapere se scendere per aspettare il regionale a Rho o a Rho Fiera: la tipica disorganizzazione italica, derivante dall’arrangiarsi in modo da accontentare sempre un po’ tutti per non perdere popolarità, rende l’intero servizio inutilizzabile. Ma c’è di più: per qualche imperscrutabile motivo, i due regionali per Torino del mattino – proprio quelli che sarebbero più utili ai pendolari – non fermano né a Rho né a Rho Fiera, e tirano dritto fino a Novara: anche qui, addio all’uso del passante, a meno di non partire molto prima e con la sola S6 (la S5 dopo Rho gira per Varese). E poi, c’è sempre il rischio che la S sia in ritardo e che tu ti veda il regionale sfrecciare davanti senza poterlo prendere…

Credo che questo semplice quadretto vi spieghi bene perché le ferrovie in Italia sono in cotal declino. Non è affatto questione di spendere migliaia di miliardi per nuove ferrovie, anche se è ciò che la lobby dei magnatori di appalti vuol farci credere. Sarebbe semplicemente questione di organizzazione, informazione, regole chiare e pianificazione accurata dei servizi mettendosi dal punto di vista degli utenti. Peccato che per noi sembri un’utopia.

[tags]ferrovie, treni, pendolari, passante, milano, novara, torino, rho, fiera milano[/tags]

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sabato 19 Settembre 2009, 13:43

Commercianti

Oggi su Specchio dei Tempi c’è una lettera sul mercato del pesce di Porta Palazzo che mi ha fatto venire in mente la mia esperienza.

Qualche tempo fa siamo andati come al solito a mangiare kebab da Demir in piazza Adriano; al momento di pagare, sapendo già quanto faceva, ho lasciato lì i soldi giusti e non ho pensato di aspettare lo scontrino. La signora ha preso i soldi, ha fatto lo stesso lo scontrino, poi mi ha inseguito ed è uscita fuori pur di darmelo.

In compenso, un sabato pomeriggio siamo andati anche noi a comprare il pesce a Porta Palazzo, in uno dei tanti banchi del mercato coperto. Individuata la merce, ci è stato fatto un prezzo a occhio, senza assolutamente pesarla; e vabbe’, non è vietato fare prezzi al pezzo, anche se quando si espone un prezzo al chilo sarebbe obbligatorio pesare la merce e calcolare il prezzo di conseguenza. Nel frattempo, uno dei clienti ha pagato lanciando i soldi verso la signora del banco; i soldi sono atterrati in mezzo al pesce, al che la signora si è sporta e li ha recuperati, e poi, senza pulire né il pesce né le mani, ha preso il pesce per noi, il quale è stato strascinato su una parte chiaramente sporca del piano inclinato su cui era esposto, poi impacchettato e lanciato nel sacchetto verso di noi. Abbiamo pagato, stavolta senza lanciare i soldi, e naturalmente di scontrini e registratori di cassa non c’era nemmeno l’ombra.

Pensando che questi sono i commercianti italiani che passano il tempo a piangere miseria, accusando ciclicamente le tasse, i giornali che spargono pessimismo, le piste ciclabili e le isole pedonali che tolgono parcheggi e via dicendo, mi è venuto in mente che forse sarebbe bene se molti di loro fossero sostituiti il più presto possibile da quelli turchi…

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venerdì 4 Settembre 2009, 20:44

Per molti, ma non per tutti

Nei paesi autoritari, i governi intervengono per far sparire i dissidenti: non solo fisicamente, ma anche dall’immaginario collettivo, impedendo di inneggiare ai loro nomi e di mostrare i loro volti nei cortei e nelle manifestazioni di piazza.

In Italia, invece, è vietato mostrare in pubblico il volto di Gabriele Sandri; o almeno questo è ciò che è successo domenica scorsa a Verona, dove la polizia ha impedito ai tifosi della Lazio di affiggere questo striscione. Mentre uno striscione più piccolo con il volto di Sandri è stato fatto entrare, quello più grosso è stato bloccato in quanto non sarebbe stata richiesta la necessaria autorizzazione via fax entro le ore 18 del settimo giorno antecedente la partita, come previsto dall’apposito regolamento.

Per esporre striscioni oltre una dimensione minima, infatti, è necessario far esaminare con una settimana d’anticipo il loro contenuto alla locale Questura, che deciderà se ammetterli o meno. Esattamente come in Cina le manifestazioni per i diritti civili finiscono con il sequestro dei cartelloni, in Italia gli striscioni con la scritta “Giustizia per Gabriele” sono stati censurati da varie questure, già ben prima della sentenza-farsa del processo, in quanto chiedere giustizia equivarrebbe ad incitare alla violenza.

Ogni esposizione di striscioni non autorizzata viene naturalmente punita con il famoso Daspo, il divieto di entrare allo stadio per un certo numero di anni. Ma ovviamente non finisce qui; sebbene non ci sia alcuna regola che definisce quali magliette siano ammesse allo stadio o come ci si debba disporre sulle gradinate, anche le soluzioni creative portano alla diffida immediata. In realtà, la diffida viene ammannita un po’ per tutto: l’anno scorso da noi sono stati diffidati due ragazzini che si erano sporti dalle barriere verso il campo per prendere al volo le magliette lanciate dai giocatori. Ci sono più telecamere di sorveglianza negli stadi che nel caveau di una banca; alle volte hai paura anche a scaccolarti, temendo che ciò possa comportare la diffida.

In questi mesi, però, il governo ha deciso di alzare lo scontro introducendo la famosa “tessera del tifoso”. Per chi non ha seguito, spiego cos’è: dovrebbe essere una forma di schedatura di tutti i tifosi di calcio d’Italia, riportante i dati personali e la fotografia. Tale tessera diventerà da gennaio obbligatoria per l’acquisto dei biglietti per le trasferte, e dall’anno prossimo anche per quelli casalinghi: in pratica, sarà impossibile acquistare un biglietto per una partita di calcio senza avere la tessera.

Tralasciando il fatto che così si va esattamente nella direzione opposta a quella che si dice di voler perseguire, rendendo sempre più difficile l’accesso allo stadio a famiglie e spettatori saltuari (per non parlare dei turisti) e riservandolo invece ai tifosi più accaniti, vi è nel decreto istitutivo una clausola che ha lasciato tutti a bocca aperta: l’articolo 9 dice sostanzialmente che è vietato il rilascio della tessera o l’emissione di biglietti a persone che in passato siano state diffidate o condannate per reati da stadio.

L’Italia, il paese dove tutti i reati vanno in prescrizione prima che possano essere puniti e dove un ex assassino uscito di prigione riceve (anche giustamente) assistenza e ricollocamento a spese della collettività, decide dunque che se tu a quattordici anni ti sei sporto dalle barriere per afferrare la maglietta di Gasbarroni (no dico Gasbarroni, avessi detto Kakà…) e ti hanno diffidato, non potrai mai più entrare in uno stadio per tutta la vita.

A questo punto ci vorrebbe coerenza: se vieni pescato oltre i limiti di velocità ti ritiriamo la patente per tutta la vita, e se una domenica ti dimentichi di andare a Messa dovrai leggere l’Osservatore Romano per l’eternità. Mi pare giusto, no? Cosa volete che siano i diritti delle persone, o l’articolo 27 della Costituzione (“le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”)?

Domani a Roma si terrà una grande manifestazione di protesta; una più piccola si terrà anche da noi a Torino, martedì alle 16 sotto il municipio. Si chiede il ritiro di questa schedatura di massa, ma più in generale la fine di questo regno del terrore, completamente anticostituzionale, imposto da qualche anno alle tifoserie di calcio; un regno del terrore che moltiplica la rabbia e la violenza anziché calmarle, tanto che nella storia del calcio italiano non c’erano mai stati così tanti morti come negli ultimi due anni.

E la rabbia spicciola si sente ovunque: lunedì sera per Toro-Empoli hanno provato ad applicare controlli ancora più stretti agli spettatori in attesa di entrare, e in più molti dei mitici tornelli non funzionavano. A cinque minuti dall’inizio della partita, fuori dai vari ingressi c’erano ancora migliaia di persone in coda; davanti alla Primavera erano talmente tante da occupare interamente via Filadelfia. Erano persone normalissime, famiglie con bambini, tanti che non vengono regolarmente allo stadio e approfittavano di una serata ancora estiva. Alla fine, davanti alla prospettiva di perdere buona parte del primo tempo dopo aver pagato il biglietto, la gente ha cominciato a spingere ed è scattata la baraonda; fortunatamente i tornelli sono stati aperti, ma si è rischiata la strage da schiacciamento, dovendo tutti infilarsi in poche aperture larghe mezzo metro. Avendo aperto i tornelli, è entrato chiunque, con o senza biglietto, senza alcun controllo. Questo è il geniale sistema con cui le questure italiane portano pace negli stadi.

Ma naturalmente, ci sarà sempre in giro un intelligentone pronto a sostenere che l’essere tifosi di calcio implica automaticamente la perdita dei diritti civili…

P.S. Naturalmente, non crederete mica che la tessera del tifoso sia stata pensata e imposta per via della sicurezza! Chi vide la puntata di Report in cui la Gabanelli indagava sul perché agli anziani avessero mandato la “social card” invece di aumentargli semplicemente la pensione avrà già capito: perché la tessera del tifoso è in realtà una carta di credito revolving che lo Stato impone a milioni di tifosi italiani (anzi, finché non si metteranno d’accordo chi va in trasferta dovrà collezionarle tutte… l’han già scoperto persino i gobbi!). Quella delle serie minori è gestita da Telecom Italia (un nome a caso) mentre le società di serie A e B si possono scegliere la banca che desiderano, tanto son tutte la stessa cosa.

[tags]calcio, tifosi, ultras, tessera del tifoso, gabriele sandri, violenza, carte di credito, costituzione[/tags]

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giovedì 3 Settembre 2009, 17:27

Non solo lettere

Stamattina mi sono recato nel centro ricreativo per anziani di via Foglizzo, quello con le insegne gialle con scritto Poste Italiane. Dovevo mandare una raccomandata; prima ho provato con il centro di via Stradella, ma ho scoperto che l’hanno chiuso, anche se ho riconosciuto agevolmente le vetrine in cui stava perché erano affollate di anziani che ci giravano attorno maledicendo la novità e non capacitandosi della chiusura, anzi alcuni continuavano a sbattere a ripetizione contro la porta di vetro inopinatamente chiusa, sperando che prima o poi si aprisse.

Anche in via Foglizzo, comunque, entrare non è uno scherzo; ci sono due bussolotti di vetro in parallelo come quelli delle banche, su ognuno dei quali campeggia una lucetta verde e un pulsante. Tuttavia, quello di sinistra è rotto e dunque ne resta in funzione uno solo. Tutti quelli che arrivano, trovandosi di fronte la porta chiusa, premono il pulsante per aprire; e invece no, il pulsante serve per chiedere assistenza ad una impiegata all’interno (comunque non risponde mai nessuno). Sui bussolotti campeggiano dunque due o tre cartelli fotocopiati con scritto “ENTRARE MAX DUE PER VOLTA SENZA PREMERE ALCUN PULSANTE”: bisogna avvicinarsi e attendere qualche secondo perchè una telecamerina noti la tua presenza e ti apra la prima porta, poi entrare, attendere la chiusura e poi l’apertura dell’altra porta, per poi venire travolti da quelli che devono uscire. L’unico bussolotto funzionante serve infatti a doppio senso, e il tutto è talmente lento e macchinoso che si formano code anche di una decina di persone sia all’interno che all’esterno: ottima progettazione, come ha espresso un tizio – grosso, tamarro e sfoggiante portachiavi della Juve – che non solo ha premuto ripetute volte il pulsante senza mai capire, non solo si è infilato nel bussolotto con due vecchietti spiaccicandoli tutti che poi han dovuto pulire, ma giunto all’interno ha fatto partire una sfilza di “minc**a zio fa’” che ha fatto rivoltare tutti i santi.

Ad ogni modo, ho preso il mio bigliettino alle 11:49 e mi sono accomodato davanti all’unico sportello dedicato alla spedizione di missive… in realtà erano due, ma in quello a fianco un’impiegata stava magnificando i pregi di un libro per bambini ad una incantata potenziale cliente; ormai potrebbero tranquillamente cambiare l’insegna in “Non solo lettere”. L’unico sportello era occupato da un tizio alto in polo elegante, che parlottava con l’impiegata sventolando dei fogli. A un certo punto l’impiegata è sparita per un periodo lunghissimo, e poi è tornata con un’altra; ero già lì da un quarto d’ora e così, con la solidarietà tipica dei dannati persi nelle code degli uffici privatopubblici italiani (pubblici come copertura dei costi, privati come distribuzione dei ricavi), mi sono messo a sentire la storia.

In pratica, il tizio era un avvocato che l’8 aprile aveva fatto spedire un qualche documento minatorio alla controparte di un suo cliente; la controparte ora sosteneva di non averlo mai ricevuto, e a lui mancava la prova della ricezione o del mancato recapito. Insomma, alla fine era alla ricerca di una cartolina di ricevuta postale di quattro mesi fa; a nessuna persona normale sarebbe mai venuto in mente che le Poste fossero in grado di collaborare, ma lui no, insisteva che qualcuno doveva avercela e che qualcosa doveva essere successo e che qualcuno doveva pur rispondere di quanto accaduto. Le ora due signorine lo gestivano in coppia (forse una pensava e l’altra parlava), ma rispondevano di aver perquisito l’archivio cartaceo dell’ufficio e di non aver trovato nulla.

Dopo circa venti minuti dall’inizio la coda era ancora bloccata, anche perché l’impiegata al secondo sportello teoricamente riservato alle operazioni postali stava ora magnificando ad un’altra cliente il libro-diario “Io sono nato!”, su cui ogni genitore dall’autostima concentrata sul proprio cucciolo potrà annotare dati imperdibili come l’altezza e il peso giorno per giorno, e incollare le foto del pargolo nonché quelle della mamma e del papà in posizioni buffe, impegnate o anche devastate dalla stanchezza. Il marketing pitch verteva sull’ampia disponibilità di spazio del diario, che conteneva pagine per arrivare fino a sei anni (anche se, per gli standard attuali, dovrebbe arrivare almeno fino a trentasei); comunque, alla fine sono finite a discutere dell’organizzazione dei matrimoni delle rispettive figlie.

A questo punto dunque al mio sportello è arrivato il direttore, che con piglio marziale ha esclamato “Consultiamo ‘o regolamento!”, estraendo da un armadio metallico un grosso faldone contrassegnato dalla scritta “DIRETTIVE POSTALI”. In tre, ignorando completamente la coda di almeno una decina di numeri accumulatasi nel frattempo, hanno cominciato a scartabellare, fino a trovare una procedura grazie alla quale “‘o terminalo” ha scoperto che la notifica in questione era stata respinta al mittente e regolarmente riconsegnata allo studio dell’avvocato in data 12 maggio, con tanto di firma sulla ricevuta in mano alle Poste.

E così, alle 12:15, dopo aver tenuto occupato lo sportello per oltre mezz’ora e dopo vari altri minuti di suo arrampicamento sugli specchi, l’avvocato è stato rispedito indietro a cercarsi le carte sue a casuccia sua, e sono stati chiamati i numeri successivi; e dato che tutti quelli prima di me avevano già desistito, io sono stato il primo.

Poteva finire così? Può forse finire così? Certo che no! Infatti io ho consegnato la busta e i miei moduli debitamente compilati; l’impiegata reduce dall’avvocato la pesa e mi fa “Farebbe 5,35 euro, ma guardi che se vuole con 5 euro può fare la nuova raccomandata uno!”. A questo punto mi sono reso conto di essere caduto nell’orribile trappola, e che anche io sarei stato vittima di un marketing pitch; anzi ho pensato che tutti gli impiegati dell’ufficio si sarebbero fermati e poi all’unisono, allargando le braccia in posa divertente, avrebbero gridato “RACCOMANDATA – UNO!”. Invece no, l’impiegata si è limitata a spiegarmi che Raccomandata Uno è il nuovo prodotto di Poste Italiane grazie al quale le lettere arrivano in tutta sicurezza; in altre parole, la raccomandata normale viene persa o inserita in un girone infernale di avvisi di ritiro presso l’ufficio postale di Timbuctù, mentre questa la consegnano anche. L’unica differenza però è che non c’è la ricevuta di ritorno (che a me stavolta non serviva), a meno di non pagare altri 4 euro “però in offerta 3 euro fino al 31 dicembre”; in compenso c’è la ricevuta fiscale “che può anche scaricare” (occhiolino).

E cosa dobbiamo fare? Facciamo la raccomandata uno: al che la signorina, rallentando ulteriormente l’operazione, si mette a ricopiare i dati di mittente e destinatario dal modulo raccomandata normale al modulo raccomandata uno (mica vorrai digitarli su un computer…). Poi infila un foglio nella stampante per preparare la ricevuta, e lì ovviamente la stampante si inceppa; al che l’impiegata sospira ed estrae un librone di fogli staccabili, con il quale si mette a compilare da perfetta amanuense (cioè con calligrafia illeggibile) una intera fattura ricamata a mano; ce l’ho qui con me e a chi vuole la faccio anche vedere. Per cinque euro, la produttività è assicurata; ma io, dopo soli 38 minuti, sono riuscito a spedire la mia raccomandata.

[tags]poste, pubblici dipendenti nell’animo, avvocati, organizzazione[/tags]

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mercoledì 2 Settembre 2009, 22:30

Non ritorno (2)

Oggi ho passato la giornata a vagliare possibilità di lavoro all’estero, pur se con grande incertezza: ci sono opportunità molto interessanti, ma non è comunque facile ottenerle da straniero, e poi non è facile nemmeno trasferirsi in un’altra parte del mondo.

Stasera però tornavo a casa in auto, dopo una cena in pizzeria, e mentre percorrevo sulla corsia di destra corso Vittorio per immettermi nella rotonda di piazza Rivoli sono stato affiancato a sinistra da un’auto dei carabinieri, senza sirene nè lampeggianti. Ci siamo fermati fianco a fianco per dare la precedenza alla rotonda, poi appena la rotonda si è liberata siamo partiti insieme, io nella corsia esterna e i carabinieri nella corsia interna della rotonda. Eravamo perfettamente paralleli quando l’auto dei carabinieri ha sgasato e mi ha tranquillamente tagliato la strada, attraversando tutta la rotonda senza né frecce né altre segnalazioni, per uscire e immettersi nella corsia riservata ai bus di corso Lecce.

Io ho inchiodato e ho evitato di un pelo l’incidente, ma molti dei miei dubbi sul cercare un lavoro all’estero sono spariti.

[tags]italia, carabinieri[/tags]

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