Già vi ho parlato di come La Stampa stia facendo una campagna tremenda contro la vita notturna in città : a forza di articoli scandalistici è riuscita a far passare la privatizzazione notturna di piazza Vittorio, dove da qualche tempo l’intera piazza e tutto il quartiere circostante, per tutte le notti del weekend, è adibita a parcheggio gratuito e riservato per il sindaco (che lì abita) e i suoi vicini di casa. Gli indiscutibili eccessi e la pronta cafonaggine di molti ventenni sono stati sfruttati per creare un ulteriore privilegio per chi già , abitando in quella parte della città , non ha di certo problemi ad affittarsi un garage; il tutto grazie a vigili e telecamere pagati con i soldi di chi, abitando in periferia, magari ha gli stessi problemi di rumore o affollamento notturno, ma evidentemente non è un pupillo dell’amministrazione.
A scanso di equivoci, la campagna continua: per esempio, questa era l’apertura della pagina di cronaca cittadina ieri pomeriggio sul Web:
Da notare come molti degli investimenti da guida ubriaca non siano certo causati da ragazzini in uscita dal disco-pub, ma da quarantenni alcolizzati con la vita distrutta o da immigrati senza nemmeno la patente; eppure il titolo sugli investitori ubriachi viene subdolamente associato alla foto di un locale notturno, in modo da scolpire tale associazione nella mente. E subito sotto, naturalmente, un altro articolo contro i locali notturni di piazza Vittorio…
Ieri, però, mi sono veramente scandalizzato per un’altra cosa: in questo furore anti vita notturna il giornale ha pubblicato su Specchio dei Tempi una lettera (la seconda in pochi giorni), a firma della signora Clara Manfredi, che si lamentava del locale notturno installato nel Parco Michelotti; e passi (ribadisco che anche a me piace dormire, e che sia le violazioni degli orari di chiusura che l’abbandono di sporcizia in giro vanno combattuti a suon di multe). Ma il passaggio centrale della lettera è il seguente:
“Qua e là , in una atmosfera e un rumore assordante da discoteca, (in un parco!!!!!) coppie di travestiti o omosessuali festeggiava spensierata e incurante di famiglie con bambini e anziani che nell’area limitrofa hanno da anni la loro pista da ballo.”
In altre parole, il problema della signora Clara è che ci sono “coppie di travestiti o omosessuali” all’aperto, in un parco, vicino ai bambini e agli anziani.
Io trovo sinceramente vergognoso che un giornale di un paese che pretende di essere civile pubblichi una cosa del genere – una lettera apertamente razzista, che invoca la chiusura degli omosessuali in “locali più adatti” a mo’ di galera, come dei reietti – con la massima tranquillità , senza almeno dissociarsene in qualche modo. L’ho subito scritto nei commenti, e per fortuna sono poi arrivate tante persone ad associarsi. Eppure, c’è stato anche uno che mi ha invitato a “tornare in Africa” (non ho ben capito, ha scritto solo quello) e un altro che ha tirato fuori un argomento vecchissimo: non dovrebbe essere permesso a tutti di esprimere sul giornale le proprie idee, anche quelle apertamente razziste?
Chiunque si occupi un minimo di diritti umani, di leggi e convenzioni internazionali, sa che la risposta è no: nei paesi occidentali non esiste la libertà di professare idee razziste e anzi gli Stati si impegnano a vietarne la circolazione. Persino negli Stati Uniti, il paese tradizionalmente più liberale in questo senso, esprimere in pubblico idee discriminatorie può costare il posto di lavoro e la credibilità personale. Naturalmente varia da Paese a Paese la sensibilità , per cui negli Stati Uniti è soprattutto il razzismo verso i neri ad essere represso, mentre da noi c’è più attenzione a fermare la circolazione del nazismo e del razzismo verso gli immigrati. Ma nessun giornale di nessun paese civile avrebbe mai pubblicato con tanta nonchalance una lettera del genere.
Noi, purtroppo, ci stiamo sempre più distinguendo: abbiamo politici che invocano apertamente il divieto di professare la religione islamica o che intonano cori contro i napoletani. Non stupisce quindi che La Stampa del nuovo direttore Calabresi abbracci il perbenismo ipocrita e baciapile di ispirazione vaticana; del resto si sa che La Stampa è in odore di cessione dagli Elkann a Caltagirone, dunque a Casini, il prototipo dei vizi privati e pubbliche virtù. E’ però terribile notare come il nostro sia sempre più un Paese alla deriva, destinato a chiudersi, a ritornare agli anni ’50, alla caccia agli omosessuali e agli immigrati, alla repressione (in pubblico, poi i ricchi continueranno a farlo in privato) dell’aborto, dell’eutanasia e della fecondazione artificiale: un Iran cattolico, sempre più marginale e sempre più arretrato rispetto al resto del mondo. Naturalmente l’isolamento culturale porta anche la povertà materiale: poveri, razzisti e bacchettoni. Che bella prospettiva.
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