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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


giovedì 21 Maggio 2009, 19:00

Assimilati

C’è una storia che probabilmente non conoscete, e che completa il quadretto sugli inceneritori e sul trattamento dei rifiuti all’italiana: è la storia dei CIP6.

Il CIP6 – così chiamato dal numero della delibera del Comitato Interministeriale Prezzi che lo istituì – è un prelievo speciale aggiuntivo del 7% su ognuna delle nostre bollette dell’energia elettrica, che stiamo pagando sin dall’inizio degli anni ’90. Fu istituito dall’Unione Europea per finanziare la produzione di energia da fonti rinnovabili, pagando a chi la produceva un prezzo superiore a quello di mercato, e fin qui tutto bene.

Il problema è che, all’italiana, quando la direttiva fu recepita i nostri governanti aggiunsero a “fonti rinnovabili” la paroletta magica “e assimilate”. Sotto quella assimilazione è passato di tutto: in particolare, è passato il bruciare i rifiuti negli inceneritori ed è passato il bruciare gli scarti di produzione petroliferi delle raffinerie (più rinnovabile ed ecologico di così…). Anzi, ci si è presa la mano: così, dei circa 50 miliardi di euro estratti in questi vent’anni dalle tasche degli italiani circa il 90% va ai petrolieri e agli inceneritoristi, mentre solo il 10% va effettivamene a finanziare la produzione di energia eolica, idroelettrica, solare e così via.

E non è un dettaglio da poco: pensate che solo il famoso e tanto strombazzato inceneritore di Brescia ha ricevuto nell’ultimo esercizio disponibile qualcosa come 66 milioni di euro di contributo pubblico CIP6, e da quando esiste è già ben oltre i 400. Grazie a questi soldi, la relativa azienda si è già ripagata il costo di costruzione e ora è tutto guadagno; senza questi soldi, l’impresa sarebbe in perdita e totalmente insostenibile.

Direte voi, ma come è possibile? Se lo è chiesta anche l’Unione Europea, tanto che nel 2001, per porre fine a questa manfrina, emise una nuova direttiva in cui compariva un elenco chiaro di cosa poteva essere considerato fonte di energia rinnovabile: ovviamente il bruciare i rifiuti (a parte quelli organici) e il bruciare gli scarti del petrolio non comparivano nell’elenco. Naturalmente l’Italia se ne è fregata: e naturalmente ci hanno multato.

Tutti i tentativi di affrontare la questione in Parlamento sono naufragati quasi completamente… del resto, questa è una delle tabelline di ripartizione del contributo che ho trovato in rete, risalente al 2004:

EDISON (53,4%)
ERG-GARRONE (10,8%)
SARLUX-MORATTI (10.3%)
ROSIGNANO ENERGIA (6,3%)
FOSTER WEELER (5,1%)
ENIPOWER (3,8%)
API ENERGIA (5,3%)
ELETTRA GLT (3,2%)
IRENE (0,9%)
ITALIANA COKE (0,3%)
ALTRI (0,6%)

Considerato che il totale annuo è di circa 3,5 miliardi di euro, anche una frazione di punto percentuale vuol dire decine di milioni di euro l’anno. Adesso avete capito come funziona il business dell’energia e dei rifiuti in Italia?

P.S. Domani alle 13 sono di nuovo su Videogruppo; non vi ho ancora raccontato il dietro le quinte di lunedì sera, vorrà dire che farò un post unico…

[tags]rifiuti, energia, inceneritori, termovalorizzatori, cip6, contributi, petrolio[/tags]

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mercoledì 20 Maggio 2009, 14:38

Addio Fido

All’ora di pranzo ho acceso il televisore per vedere un po’ di telegiornale, e mi sono reso conto che i canali Rai non si vedevano più. Allora mi sono ricordato che oggi è il giorno in cui nel Piemonte occidentale spariscono RaiDue e Rete4 dall’analogico; il mio televisore è già digitale, ma probabilmente nel contempo hanno redistribuito le frequenze dei canali digitali, e così ho dovuto rifare la preselezione automatica dei canali.

Alla fine, sono ritornati i canali Rai, ma mi sono reso conto di un’altra cosa: la preselezione automatica mi ha riempito le prime posizioni con tutti i vari canali Rai, relegando quelli Mediaset molto più avanti. Sto per mettere mano al menu e riportare Rete4 sul 4, e proprio allora ho una illuminazione: ma che bisogno ho io di Emilio Fido? Già la televisione generalista è tutta inguardabile, ma Rete4 poi…

Del resto, sappiamo tutti benissimo il perché di questa forzata transizione al digitale terrestre (oltre al noto fenomeno per cui negli scorsi anni Berlusconi Silvio introduceva incentivi pubblici per comprare decoder digitali e Berlusconi Paolo li importava dalla Cina e li vendeva sotto il marchio Amstrad). Ormai da un decennio, Rete4 trasmette indebitamente; le sue frequenze analogiche sono state assegnate per legge a Europa7, che però non le ha mai ottenute, perché in questo paese nessuno può toccare le televisioni di Berlusconi. L’Unione Europea ovviamente ci ha multati, e noi contribuenti dal 2006 paghiamo 130 milioni di euro l’anno per mantenere Emilio Fido sull’etere analogico.

E siccome la situazione, persino per Berlusconi, era chiaramente insostenibile, qual è la soluzione? Passare tutti al digitale terrestre, dove le frequenze sono ottime e abbondanti e dove è possibile promuovere la nascita di milioni di canali che non guarda nessuno, in modo da giustificare la sopravvivenza di Rete4. E così, invece di spegnere Rete4 e accendere Europa7, si spengono sia Rete4 che RaiDue, con tanto di campagna pubblicitaria (sempre pagata con i nostri soldi) fatta in amicizia dalle due reti, che tanto ormai sono sotto lo stesso padrone.

E così, io sul pulsante 4 ci ho lasciato Rai4, il nuovo canale parapubblico di repliche e boiate che esiste solo sul digitale. Sì, alla fine è la stessa roba, la stessa manipolazione: ma almeno mi son tolto la soddisfazione di veder sparire Emilio Fido e il suo canale dal mio zapping dopo venticinque anni. Clic.
[tags]televisione, digitale terrestre, berlusconi, fede, rai, mediaset, unione europea, multe, disinformazione[/tags]

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sabato 16 Maggio 2009, 13:02

Dietro le quinte

Ieri sera è stata la mia prima esperienza da ospite in una tribuna politica televisiva, ed è stata molto interessante.

Ero già stato in studi televisivi prima d’ora, quindi la sensazione di finzione totale non è una novità; in questo caso, nell’intero studio (piuttosto grande) non c’era traccia di pubblico, a parte una manciata di accompagnatori dei candidati; ma con le inquadrature strette si fanno miracoli.

Così, ancora pochi minuti prima dell’andata in onda lo studio era occupato solo da un capannello di candidati, impegnati a presentarsi l’un l’altro; così ho conosciuto quasi tutti i miei concorrenti. Ieri sera, in buona sostanza, mancava solo Saitta, la cui strategia pare essere quella di rifiutare i confronti diretti con i concorrenti, sapendo che inanellerebbe figure barbine una dietro l’altra.

Comunque, era evidente una certa suddivisione in gruppi, se non altro per motivi anagrafici: io, Brescia e i tre candidati comunisti siamo simili di età e di atteggiamento informale, mentre Vietti e Porchietto, con molta più esperienza di potere, “si danno un tono”. Vietti è arrivato tardi e ha subito sparato che lui è un ex sottosegretario e questo e quello, mentre la Porchietto era l’unica con uno staff, tre o quattro persone che le scodinzolavano dietro portandole le carte e gestendo telefonate. C’erano poi i due rappresentanti di due partiti inconoscibili, uno era una roba tipo “socialisti liberali” (?) e l’altro era di un movimento talmente di centro che la conduttrice ha dovuto interromperlo disperata più volte perché sparava frasi in politichese prive di qualsiasi contenuto.

Indubbiamente – e immagino che la cosa fosse calcolata – il tutto ha fatto fare bella figura alla Porchietto, di cui la conduttrice continuava a sottolineare che è l’unica donna tra i candidati (e si candida col partito delle veline… mah). Casualmente, si aprono le telefonate del pubblico e pronti via, prima domanda: “Signora Porchietto, come mai Saitta rifiuta il confronto con lei?”.

Io credo di aver detto le mie cose e di aver fatto una buona figura, compatibilmente con la mia inesperienza di televisione e con il mio parlare concitato. Certo le domande non aiutavano: la prima, la terza e la quarta erano relative all’abolizione delle province (abbiamo capito eh, siamo favorevolissimi, ma le cose che fa la Provincia le dovrà pur fare qualcuno e sarà anche meglio che le faccia bene e nell’interesse dei cittadini) mentre la seconda era relativa al problema dell’immigrazione (importante, ma con la Provincia c’entra poco o nulla). Finalmente verso la fine si è parlato di rifiuti, e lì ovviamente ho steso tutti: prima che parlassi io erano tutti (partendo dalla Porchietto) a lamentarsi dei “ritardi nella costruzione del termovalorizzatore”, dopodiché io ho spiegato gli altarini della questione in lingua “parla come mangi” (resteranno le immagini di me che grido “rifiuti zero, rifiuti zero!”) e di lì in poi è stato tutto un coro di “come ha detto il candidato dei grillini…”.

L’altro momento in cui ho steso la platea è stato quando ci hanno imposto di caratterizzarci come “sinistra, centro o destra” e io ho risposto “siamo solo disgustati”.

Il momento migliore però me l’ha dato Rabellino, il candidato di No Euro Lista del Grillo (non c’entra con Beppe Grillo), nonché di Democrazia Cristiana (non c’entra con l’UDC), Verdi Verdi (non c’entra con i Verdi), Lega Padana (non c’entra con la Lega), Lista granata per il Filadelfia (non c’entra con nessuno dei movimenti di tifosi per il Filadelfia) e Pensionati: sulla serietà di questa candidatura giudicate voi… Lui è entrato in ritardo e si è presentato esibendo lo spillone con la scritta “lista” (minuscolo) “GRILLO” (gigantesco) “parlante” (microscopico) “no euro” (minuscolo). Al che, quando è toccato a me, dopo aver fatto il mio intervento sui rifiuti ho chiuso chiedendo apertamente a Rabellino di confermare che, come ha detto l’ufficio elettorale, il suo grillo è quello di Pinocchio e non ha nulla a che fare con Beppe.

Proprio allora si va in pubblicità, mi giro, e mi accorgo che in cinque secondi Rabellino ha sostituito lo spillone con scritto “GRILLO” con un altro recante “LEGA PADANA”! Si torna in onda, e lui comincia come se niente fosse un fantastico discorso sull’indipendenza del Canavese, Canavese provincia, Torino ladrona, da perfetto legapadanista… il tutto detto con una serietà e una credibilità da vero professionista del trasformismo che mi hanno portato ad ammirarlo profondamente. Chi è Mastella rispetto a Rabellino? Nessuno: chapeau.

Chiudo con una nota: alla fine mi sono fermato a parlare un attimo con Ciro Argentino, il candidato dei Comunisti Italiani nonché operaio Thyssen-Krupp di quelli veri, quelli che non hanno preso soldi né accettato compromessi e sono lì impegnati nel processo contro l’azienda. Mi ha raccontato con amarezza, fuori telecamere, di come tutti li abbiano abbandonati, per prime le istituzioni e il sindacato, che invece hanno premiato quelli che hanno accettato i compromessi. Lui mi ha fatto un’ottima impressione e la loro vicenda è non solo drammatica ma vergognosa: al di là dell’ideologia, quando persone che lavorano per poche lire al mese rischiano la pelle e vengono discriminate solo per avere alzato la testa c’è sempre da essere solidali nei fatti, e penso che anche quella per la sicurezza e per la giustizia sul lavoro sia una battaglia che porteremo avanti tutti insieme.

[tags]politica, elezioni, provinciali, torino, televisione, primantenna, beppe grillo, torino a 5 stelle, bertola, porchietto, vietti, rabellino, argentino[/tags]

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venerdì 15 Maggio 2009, 18:56

Giornalismo (2)

Parlando ancora di giornalismo, oggi mi ha colpito questa notizia: non il fatto che in Spagna i tifosi del Barcellona e dell’Atletico Bilbao – squadre simbolo di regioni da sempre separatiste – abbiano fischiato l’inno nazionale all’inizio della finale della Coppa nazionale, né il fatto che tali fischi siano stati censurati dalla televisione di Stato spagnola, ma il fatto che il giornalista che ha ordinato la censura sia stato immediatamente cacciato.

Da noi, manipolazioni del genere sono all’ordine del giorno; in qualsiasi convegno con un politico le inquadrature sono sempre sapientemente scelte per far sembrare piena la sala, quando non si montano in mezzo alle immagini del palco le immagini di repertorio del numeroso pubblico di eventi completamente diversi. L’ultima moda nel pastone politico – non so se l’avete notato – è quella di fingere che il politico di turno parli davanti a degli intervistatori, anche se in realtà si vede benissimo che lo sfondo è finto e che lo sono anche le mani, caratterizzate da microfoni completamente anonimi tenuti perfettamente fermi da braccia ignote di cui si vedono solo le maniche del vestito: una tristezza orwelliana che fa accapponare la pelle.

E così, da noi succede regolarmente che eventuali contestazioni vengano ridimensionate abbassando il volume degli effetti o azzerandolo del tutto; solo che da noi il giornalista che si comporta in questo modo, invece di essere licenziato, fa velocemente carriera. Quali telegiornali hanno mandato in onda queste immagini? Ma non succede solo con Berlusconi; succede anche a livello più piccolo, nelle regioni, nelle città, con politici di destra e di sinistra; spesso con un coro zelante di adoratori che tacciano chi contesta di “disfattismo” o “populismo”.

P.S. Siccome la fortuna aiuta gli audaci, ieri al sorteggio siamo usciti per primi e così occuperemo sulla scheda la prima posizione in alto a sinistra: almeno non dovrete faticare per trovarci. Inoltre, stasera esordisco in televisione su Primantenna alle 20,50, in un dibattito con una dozzina di altri candidati; sono molto curioso di sentire le posizioni altrui.

[tags]giornalismo, censura, spagna, italia, berlusconi, contestazione, calcio, elezioni[/tags]

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giovedì 14 Maggio 2009, 17:47

Giornalismo

Oggi mi limito a una postilla sul discorso di ieri relativo allo strano concetto di giornalismo che ormai abbiamo in Italia, linkandovi questa lettera che sembrerebbe uno scherzo o parte di una pièce di teatro dell’assurdo, e che invece è verissima: il Giappone ha dovuto inoltrare una protesta ufficiale al direttore de il Giornale, dato che un articolo di tale pubblicazione l’altro giorno esordiva dicendo che “Lambertow fa incetta di consensi tra i musi gialli giapponesi”.

Ci attendiamo naturalmente che il quotidiano milanese risponda con un sobrio messaggio di scuse a base di “ambasciatore ricchione” e “ce l’avete piccolo”.

P.S. No, dico, sono uno dei soli sei candidati riportati come votabili nel sondaggio di Termometro Politico linkato attualmente da La Stampa nella home page della cronaca di Torino. Son soddisfazioni…

[tags]giornalismo, giappone, il giornale, la stampa, torino, sondaggi[/tags]

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mercoledì 13 Maggio 2009, 16:20

Piccione e comunista

La maggior notizia di oggi è la seguente: il piccione che abita nell’intercapedine del mio balcone ha deposto le uova e ora è lì che le vigila senza tregua. Noi facciamo il tifo per il miracolo della vita e aspettiamo la buona notizia:

DSC02112s.JPG

Nel frattempo, ieri sono andato all’incontro con Travaglio e De Lucia. Marco Travaglio un paio di settimane fa ha ricevuto a Berlino il premio annuale dei giornalisti tedeschi per il collega che a livello mondiale più si è distinto per la difesa della libertà di stampa; certamente l’avete letto sui giornali italiani, quelli che riportano i fatti in maniera indipendente e oggettiva, un po’ come questo articolo di ieri del Giornale che ho trovato per caso cercando un link per la notizia di cui sopra; un articolo in cui il giornalista commenta in maniera imparziale alcune fondamentali notizie di pubblico interesse sulla famiglia Travaglio.

Conosco Franco Travaglio da dieci anni e posso testimoniare che metteva in piedi i suoi musical (con me alle tastiere) ben prima che suo fratello andasse da Luttazzi e diventasse famoso; invece ieri era la prima volta che vedevo Marco, e mi sono limitato a domandargli se i politici che ci hanno portato in questa bagna erano le persone sbagliate, o se è un problema di sistema; e lui ha commentato che il dubbio da me posto sul fatto che Veltroni da giovane fosse intelligente e idealista e poi sia finito così lo ha trovato interessante.

Peccato però che l’intero incontro fosse in realtà un comizio del partito radicale. De Lucia racconta fatti più o meno noti: come il PCI di metà anni ’80 (responsabile politico delle comunicazioni tal Veltroni Walter) abbia barattato i decreti craxiani pro-Berlusconi con il controllo totale su Rai 3, giungendo al punto da far avere a Berlusconi il primo contratto pubblicitario nell’Unione Sovietica della perestrojka (questo manifesto non è affatto un fotomontaggio), e come Il Moderno, giornale di partito della corrente migliorista del PCI guidata dal nostro attuale Presidente della Repubblica Napolitano, fosse pieno di inserti pubblicitari di quindici pagine sulle trasferte del Milan, riempiendo le proprie casse con i soldi di Berlusconi.

Purtroppo, però, parlando De Lucia cade nella sindrome tutta radicale del fatto che loro sono meglio di tutti; che le cose che dice Grillo loro le dicevano già trent’anni fa, che Pannella e la Bonino non passano mai in TV, che loro sono gli unici ad opporsi a questo sistema di dominanza berlusconiana – il che, detto da gente che nel 2001 si presentò alle elezioni insieme a Berlusconi, è quantomeno bizzarro. In più, far smettere un radicale di parlare è impossibile: ma li selezionano geneticamente?

Comunque, mi ha fatto piacere constatare che anche un amico appena tornato da un viaggio di tre settimane all’estero ha provato il mio stesso stupore: ha acceso la BBC, la CNN, Al Jazeera, e ha scoperto che il giornalismo e l’informazione sono cose completamente diverse da quello che crediamo noi in Italia. Berlusconi ci ha rubato le parole; oltre a “comunista” (che poi i comunisti in Italia hanno svenduto la democrazia per un piatto di lenticchie, come dicevamo sopra) anche “giornalista” è un termine dal significato ormai completamente stravolto.

Chiudo con un video: volevate vedere un comizio, no? E comizio sia. Ci sono anche quelli dei miei colleghi, in questa pagina.

[tags]torino, elezioni, politica, 5 stelle, grillo, travaglio, de lucia, radicali, pci, comunisti, berlusconi, veltroni, informazione, giornalismo, piccioni[/tags]

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lunedì 11 Maggio 2009, 19:19

Comunista!

Per chi ancora non l’avesse visto, uno spaccato degli italiani di oggi: un grandissimo Fabio Volo, presosi del “comunista” da un elettore berlusconiano, gli chiede di spiegare cosa vuol dire.

Appurato che “comunista è un insulto, un po’ come interista”, potete proseguire con la discussione su coppie di fatto e matrimoni tra omosessuali:

Forse, a forza di parlarci tra noi su Internet, non abbiamo ancora ben capito i danni culturali che gli ultimi vent’anni hanno fatto all’Italia…

[tags]comunismo, berlusconismo, radio, fabio volo, vuoto pneumatico nel cervello[/tags]

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domenica 10 Maggio 2009, 20:49

Cinque minuti di mafia

Stasera non ho molto da dire, ma dopo avere ascoltato l’altra sera Sonia Alfano raccontare di come la mafia sia ormai nazionale ed europea, di come si infiltri negli appalti delle grandi opere e nelle lobby del cemento, volevo sfruttare l’occasione dell’anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato per ricordare alcune vittime di mafia e delle mafie; perché tutti sanno di Falcone e Borsellino, ma ci sono altri di cui nessuno sa (e chissà quanti sono quelli di cui non so io).

E se di Giuseppe Gatì già vi ho parlato, mi viene il dubbio che non conosciate affatto la vicenda di Pino Maniaci di Telejato, aggredito fisicamente e legalmente per le denunce fatte nel suo telegiornale, e condannato per esercizio abusivo della professione di giornalista (che nessuno ci si permetta di fare informazione senza sfoggiare l’imparzialità dei giornalisti professionisti italiani…)

Oppure di quella di Pino Masciari, imprenditore da lungo tempo “adottato” dal meetup di Torino, che dopo aver cominciato a denunciare chi gli chiedeva il pizzo si vide far fallire l’azienda da un giudice più tardi indagato per corruzione, e ha dovuto lasciare la sua terra e vivere altrove senza protezione sperando di non essere ammazzato.

Oppure, tornando indietro nel tempo, la storia di Rita Atria, morta suicida a diciott’anni dopo l’uccisione di Borsellino. Rita aveva otto giorni più di me, e ha avuto solo la sfortuna di nascere in un ambiente diverso.

Ecco, forse ogni tanto, tra una velina e un divorzio, i nostri mezzi di comunicazione dovrebbero avere il tempo di ricordare anche queste persone; una volta ogni tanto, almeno lo può fare un blog.

[tags]mafia, vittime, sonia alfano, peppino impastato, pino maniaci, pino masciari, rita atria[/tags]

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domenica 26 Aprile 2009, 18:26

La stazione di Bologna

In questi giorni ho davvero poco tempo per bloggare… questo è il mio post per il 25 aprile, e scusatemi se lo riesco a pubblicare solo ora; un supplemento di liberazione comunque non fa male.

La stazione di Bologna è il ventricolo dell’Italia: i treni dal Sud e dall’Adriatico, dal Veneto e dal Piemonte, dal Brennero e da Roma si incrociano tutti lì, sfoderando spesso (come nel mio caso) dei clamorosi 105 minuti di ritardo, causa maltempo a Termoli, battito di farfalla in Cina o altre scuse del genere. Vite e parlate di ogni genere si mescolano nel grande atrio sempre intasato, nella tigelleria tradizionale (qualunque cosa sia) e nel bar che, essendo i baristi talmente presi dal servire in fretta i clienti da non aver nemmeno tempo di pensare un nome, è stato direttamente chiamato “Bar Su” (mi sembra di ricordare che esistesse anche un “Bar Là”, ma non sono sicuro).

La stazione di Bologna quindi è enorme: oltre a una distesa infinita di binari sul davanti, ci sono cinque binari nel lato ovest, mentre nel lato est, dopo una bella scarpinata, c’è il McDonald’s con annessa McPizzeria. Poi praticamente tutti i treni fermano sul binario 1, ma questo è un dettaglio: volendo, i binari ce li hanno.

La stazione di Bologna è tenuta nel classico stile delle Ferrovie dello Stato: sporchina, incasinata, piena di foglietti appiccicati l’uno sull’altro e di clienti persi dietro a indicazioni incomprensibili. Già non si capisce perché debbano per forza avere due binari 1, due binari 2, due binari 3 e così via, invece di numerare i binari tronchi con numeri propri e inconfondibili. Poi non si capisce perché sull’intero piazzale ovest ci sia una sola obliteratrice e sia fuori servizio, e ci siano solo due macchinette di cui una è stata spostata in un punto infame per permettere l’installazione di un banchetto pubblicitario di 3. Ma potete andare sul binario 1, schivando i treni che fermano uno dopo l’altro, per scoprire che l’obliteratrice è rotta anche lì.

La stazione di Bologna è piena di ricordi per ogni italiano, perché non c’è nessuno che, durante qualche epico viaggio in treno, non sia passato di lì; il mio ricordo è della tarda primavera del 2001, quando dopo una riunione esecutiva della fu Naming Authority conclusasi nel pomeriggio spesi la serata prima in un cinema vicino a piazza Maggiore (guardando Le follie dell’imperatore) e poi alla stazione di Bologna, salendo poi verso le due di notte su un treno per Siracusa che stava vicino a un treno per Lecce, e giù un’ora di gente che dai finestrini dei due treni chiacchierava o litigava su tutto, e poi quando il mio treno finalmente partì era talmente pieno di siculi accampati che feci in piedi fino alla stazione di Orvieto, tra le tre e le sei e qualcosa, per poi andare a visitare la città e crollare finalmente svenuto dal sonno, dopo aver messo la sveglia, sui banchi del duomo di Orvieto.

La stazione di Bologna però ha un angolo che è talmente sul davanti che non ci passa nessuno, perché la gente preferisce entrare dentro oppure tagliare attraverso la piazza, tra le maledizioni dei taxisti. Guardando la stazione sta sulla facciata a sinistra, e sulle prime sembra un angolo qualsiasi, con un paio d’auto abbandonate davanti, un cestino della spazzatura, delle finestre con le serrande abbassate, e delle grandi macchie sul marciapiede, di olio o di piscio.

E’ lì che si trova la grande lapide che ricorda la fine di 85 persone – una bimba di tre anni, turisti tedeschi, persone di tutte le provenienze e tutte le mancate destinazioni, e una targa separata per i lavoratori del buffet, che non erano nemmeno lì in vacanza – e in cima alla lapide c’è scritta una sola cosa, “Vittime del terrorismo fascista”.

Era meno di trent’anni fa, e – pur con tutto il rispetto per le cause sbagliate e le morti in guerra, pur con tutta la volontà di perdonare e riconciliare – l’idea che sottilmente, da qualche lustro a questa parte, si sia fatto passare il concetto che avere fascisti al governo sia una cosa normale, anzi un segno positivo di progresso culturale, mi provoca una sensazione che non so bene come definire: se sia più rabbia, angoscia o voltastomaco.

[tags]25 aprile, liberazione, fascismo, bologna, strage, terrorismo[/tags]

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mercoledì 22 Aprile 2009, 16:13

Cinque firme, cinque stelle, un sacco di carta

E’ incominciata in questi giorni la raccolta delle firme per la presentazione della nostra lista civica provinciale Torino a 5 Stelle. Dobbiamo raccogliere mille firme; ne abbiamo raccolte duecento solo nel sabato di prova, ma il tempo scarseggia, dato che abbiamo tempo solo fino al 4 maggio e che c’è di mezzo pure un ponte che probabilmente desertificherà la città. Insomma, attorno a noi c’è tanta simpatia, ma la simpatia non basta: o le persone si danno da fare, ci trovano altri firmatari, li portano ai banchetti, o non riusciremo a presentarci.

La pagina con l’elenco sempre aggiornato delle opportunità per firmare è qui; questo è l’appello che spiega perché firmare; questi sono i banchetti di raccolta:

Mercoledì 22 aprile – ore 21-23 – corso Ferrucci 65/A, Torino (primo piano)
Giovedì 23 aprile – ore 16,30-18 – piazza Castello angolo via Garibaldi, Torino
Venerdì 24 aprile – ore 20-22,30 – Rivoli, Hotel Davide, via Legnano 21
Sabato 25 aprile – ore 15-19 – piazza Castello angolo via Garibaldi, Torino
Lunedì 27 aprile – ore 16,30-18 – piazza Castello angolo via Garibaldi, Torino

ma si può firmare anche in qualche Comune (tra cui l’ufficio elettorale di Torino al Rondò della Forca, che è aperto anche questo sabato e domenica).

Non è solo questo ciò che volevo dirvi, comunque; l’esperienza di organizzare in prima persona (in un gruppo piccolo ma agguerrito) una roba del genere è stata davvero istruttiva.

Si scopre infatti che tutto il nostro sistema elettorale, su cui è basata la nostra democrazia, è in realtà costruito per essere complesso ed arbitrario. Per presentare una lista esiste un comodo libretto del Ministero dell’Interno di alcune decine di pagine, che però vale fino a un certo punto, visto che ciò che conta è la legge. Voi penserete che ci siano dei moduli; invece no. I moduli devi farteli tu, seguendo una traccia che però varia a seconda dell’edizione del libretto e della fonte che trovi, e che è comunque pensata per gruppi senza problemi di soldi e di braccia: per esempio, le firme vanno raccolte su moduli che devono assolutamente essere dei fogli A3 fronte/retro a colori, e ancora grazie che esistono le copisterie (in realtà si puà fare anche su fogli A4 separati, ma serve poi una procedura magica presso un ufficio sconosciuto, sito in fondo a una grotta nelle miniere di Moria, per poterli riattaccare: “meglio di no”). Oppure, devi essere tu a certificare che i tuoi mille firmatari siano effettivamente elettori, e a questo scopo devi recarti negli uffici elettorali di ciascuno dei 315 comuni della provincia di Torino, uno per uno, e chiedere i certificati elettorali dei firmatari di quel comune, da allegare alla pratica: immaginate un po’.

Non esiste assolutamente nessuno autorizzato a dirti come fare; non solo, ma più sono gli uffici a cui chiedi e più sono le versioni diverse che ricevi. C’è l’ufficio che ti mette un timbro per autorizzare una cosa e quello che assolutamente si rifiuta di mettere un timbro, di solito con commenti tipo “siamo mica qui a timbrar fogli per lei”; c’è quello che accetta le cose scritte a penna e quello che le rifiuta; e poi c’è l’ufficio elettorale centrale, dove una persona (peraltro gentile e disponibile) non può far altro che dirti che non è autorizzata a rilasciare pareri ufficiali sul fatto che una data cosa sia accettabile o meno; tu devi raccogliere tutti i documenti, presentarli, e poi qualcuno deciderà se vanno bene o meno, ma solo quando sarà troppo tardi per rimediare.

Infine, c’è la questione delle firme: perché non penserete mica che basti la volontà del cittadino, e che quindi si possano raccogliere semplicemente le firme in giro. Le firme devono essere autenticate, e attenzione, dice la legge, ci sono due opzioni. Se sei un partito, che già dispone di eletti, i tuoi consiglieri comunali e provinciali possono autenticare le firme; ti basta riempire i moduli con i dati dei tuoi simpatizzanti, farli firmare e metterci il timbro. Se sei una lista civica, dato che ovviamente nessun partito ti vorrà aiutare, la legge ti permette di usare un dipendente comunale, un notaio o un giudice di pace, che però devono venire autorizzati con una procedura che richiede una settimana e la collaborazione di tre uffici (anche qui per fortuna ho trovato sempre persone gentili), e che poi possono ricevere firme solo nel territorio comunale. E soprattutto, devono aver voglia di venire gratis a star lì per intere giornate e weekend: voi lo fareste?

Noi non demordiamo, e insistiamo; se poi non raccoglieremo abbastanza firme, o se l’ufficio preposto deciderà che la congiunzione astrale ci è sfavorevole e la cacca di formica in alto a destra invalida i moduli, pace; è tutta esperienza per le prossime elezioni comunali.

[tags]elezioni, democrazia, torino, torino a 5 stelle, lista civica, burocrazia, moduli[/tags]

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