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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


venerdì 28 Settembre 2007, 22:55

Dal Campidoglio all’Hackmeeting

Pensavo di avere tempo di inviare oggi un resoconto della conferenza di Roma, e invece no; non sono riuscito ad alzarmi prima delle dieci e mezza, poi sono stato preso da incombenze e lavori di vario genere, e domani mattina ho di nuovo la sveglia alle cinque e un quarto, per andare a prendere il primo treno per Pisa, dove quest’anno si tiene l’Hackmeeting e dove, domani pomeriggio alle 16, terrò il mio tradizionale seminario su teoria e pratica della governance di Internet.

E’ sicuramente interessante passare in due giorni da una conferenza diplomatica internazionale nella sala aulica in cima al Campidoglio, con Veltroni, Nicolais, Gentiloni, Casini e Folena, a una riunione in un centro sociale occupato, con Armin Medosh, Andy Mueller-Maguhn ed Emmanuel Goldstein, più la crema dell’acarità italiana. Questo genere di mescolanze è ciò che, da buon hacker, apprezzo di più nella mia attività di perturbatore istituzionale a lungo raggio; e mi arricchisce enormemente.

Peraltro la conferenza di ieri – pur ben riuscita, importante, interessante – mi ha confermato una situazione che già conoscevo, presentando una contraddizione stridente tra gli interventi degli ospiti internazionali, sia governativi che non, sempre preparati, sul punto, consapevoli, e quelli degli italiani.

A parte quelli di uno sparuto manipolo di esperti del settore (e ormai tra noi ci conosciamo tutti, e saremmo anche un po’ stufi di discettare nel deserto), gli interventi degli italiani in occasioni come quelle di Roma si possono raggruppare in tre grandi categorie.

La prima è quella di quasi tutti i politici, che arrivano in sala, leggono un discorso pieno di grandi principi in cui magari credono sinceramente ma che non hanno idea di come far avverare, e un secondo dopo scappano via senza ascoltare nessuno, per “improrogabili impegni istituzionali”.

La seconda è quella di chi, in una conferenza dedicata alla questione di lungo termine dei diritti umani su Internet, prende la parola per criticare davanti ai politici questo o quel fatto di attualità, questa o quella proposta di legge, che certo può essere ricondotta al tema dei diritti umani, ma è comunque ben marginale rispetto al tema della conferenza; e questa è ancora la migliore, perché deriva da una frustrazione e da una persistente difficoltà a comunicare con le istituzioni su questioni concrete, anche se si dovrebbe capire che est modus in rebus.

La terza è di quelli che arraffano il microfono solo per parlare, esponendo una loro teoria completamente avulsa dalla realtà, un loro progetto mirabolante che in realtà non sta in piedi, o una loro meravigliosa scoperta concettuale che, per chi si occupa seriamente di queste cose, è scontata da anni, con tanto di tomi universitari. Perché purtroppo, in Italia, la selezione in base al merito e alla sensatezza dei propri discorsi non esiste; e così, non si nega un podio a nessuno.

E quindi, sono convinto che, parlando dei temi caldi di Internet, troverò a Pisa almeno altrettanto merito e altrettanta sensatezza che a Roma, e forse anche di più.

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mercoledì 26 Settembre 2007, 10:10

Aziende private, soldi pubblici

Stamattina, dovendo subentrare al precedente proprietario della mia casa nuova nel contratto di fornitura dell’elettricità, ho telefonato al numero verde di Iride Mercato (se vi chiedete cosa sia, è il nome che ha assunto AEM Torino da quando ha comprato quella di Genova e ha cominciato a porsi come corporation dell’energia, naturalmente usando come capitale di rischio quello dei contribuenti).

E’ stato tutto molto efficiente; ho atteso pochi minuti, poi una gentile signorina ha risposto, ha preso tutti i dati del contatore, la lettura, i miei dati personali, li ha inseriti nel suo calcolatore, e poi mi ha detto: “Tutto a posto: le arriverà via posta il contratto da firmare. Sulla prima bolletta le metteremo il costo del cambio di contratto, fanno 70 euro!”.

Sti cavoli: l’operazione di data entry più costosa del mondo. Ma non potremmo spostare il call center(*) in Romania?

(*) Ovviamente la signorina, per questa operazione, guadagnerà sì e no cinquanta centesimi; il resto va a pagare stipendi e gettoni di presenza di questo bel sottobosco politico-industriale (di centrosinistra, in questo caso, ma non fa differenza).

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lunedì 24 Settembre 2007, 09:57

L’altra faccia

Per onestà dopo la discussione su Grillo, credo giusto mandarvi a leggere anche il blog di Clemente Mastella, dove si difende dal linciaggio mediatico. Fa persino simpatia; eppure non dubito che se ci fossero già stati i blog anche Bettino Craxi, poco prima di prendersi la pioggia di cento lire in testa, avrebbe scritto una cosa così.

Perché l’incazzatura popolare, specie in un paese facilone come l’Italia, si manifesta per poco; ma quando lo fa, non fa distinguo; nè ha interesse per i dettagli delle cose.

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venerdì 21 Settembre 2007, 10:06

Folgorati sulla via di Bologna

Ieri sera, senza volerlo, mi sono ritrovato davanti alla nuova puntata di Annozero, che, ho scoperto, era interamente dedicata al V-Day; in pratica, mandati a letto i bambini, hanno mandato in onda quasi per intero il discorso di Beppe Grillo a Bologna, accompagnato dai commenti nello studio, dove buona parte degli ospiti – Travaglio e Sabina Guzzanti – erano figure ormai arruolate nel grillismo.

Sapete che di Grillo ho spesso pensato male: che – oltre a farsi un mucchio di soldi – mescoli temi ottimi a demagogia d’accatto, che critichi tutto e tutti indistintamente e con scarsa propensione alle proposte, e che ultimamente abbia anche avuto una svolta violenta, almeno a parole, che rischia di essere la scintilla in una polveriera molto più estesa di quel che ci immaginiamo.

Tutta questa impressione però è cambiata ieri, dopo che ho potuto sentire il discorso quasi per intero proprio grazie a Santoro (che per averlo trasmesso, credo, sarà presto fucilato). Vi raccomando di farlo anche voi: lo trovate a pezzetti su Youtube, ad esempio, qui, qui, qui e qui; basta una mezz’oretta. Mi sono reso conto di come l’immagine che di Grillo diano i media sia molto più distorta di quel che dovrebbe. Alla fine, le cose che ha detto Grillo a Bologna mi sembrano ampiamente condivisibili.

Persino il presunto “attacco a Marco Biagi” (o meglio, alla legge Biagi, una legge scritta da Maroni e Berlusconi su cui poi è stato appiccicato il santino per difenderla dalle critiche) si è rivelato essere una semplice osservazione sul fatto che la legge vada cambiata in modo da scoraggiare il precariato; e qui, anche i sostenitori di una sana (ma non sregolata) economia di mercato, come il sottoscritto, non possono che essere d’accordo.

Ma la cosa più importante è come Grillo inquadri la crisi nel modo giusto: come una crisi generazionale, un problema di vecchiaia. Fa gli stessi esempi, su Sgarbi che non sa cosa sia un indirizzo email e sui computer paleolitici dei palazzi romani, che potrei fare io, per la mia esperienza diretta. Ha capito che il problema, più ancora dell’atteggiamento da casta, è la vecchiaia intrinseca, l’obsolescenza della nostra classe dirigente. Più di tutti, ha capito che Internet è la risposta, non in quanto strumento tecnologico, ma in quanto piattaforma che permette alle persone di parlarsi e di organizzarsi autonomamente, senza passare da controlli centrali. In pratica, pensa le stesse cose che penso io.

Certo, resta il problema di dove porti tutto questo. In un certo senso, Grillo lancia il sasso ma nasconde la mano, non volendo diventare un soggetto politico. Grillo, però, non crea la crisi, ne è solo il messaggero; e la crisi c’è, è sempre più evidente, non si trova più un solo italiano, a parte Prodi e Napolitano, che pensino che l’Italia non sia in un momento di totale emergenza.

Io credo proprio che siamo vicini a un punto di svolta, se persino un’algida ventenne altoborghese come Beatrice Borromeo, di fronte al solito inguardabile giovane sinistrogiovanile che propone il Partito Democratico come fonte di democrazia e che sarà cugino chissà a chi, perde la pazienza e lo aggredisce ruggendo, dicendogli in pratica “ma chi cazzo sei e cosa stai a dire”. Il tutto chiosato da Vauro con la seguente vignetta:

Politico: “Non basta un Vaffanculo day!”
Cittadino: “Allora andate affanculo every day!”

Il clima questo è; un clima di rivolta che sta diventando aperta. Ora, è vero che il populismo di un Grillo può aprire la strada a svolte autoritarie? Forse. E’ vero che l’ultima volta che c’è stata una crisi del genere si è aperta la strada a vent’anni di P2 al potere? Vero. E’ vero che la penultima volta è arrivato Mussolini? Vero.

Tutto questo, però, significa soltanto che alle piazze di Grillo si debba dare una risposta credibile, la quale però non può arrivare dalla classe politica attuale, che – pur con tante ma marginali eccezioni – non è più in grado di uscire dal palazzo, nè di capire l’Italia e il mondo, nè di comprendere anche solo il concetto di etica pubblica. Sta a tutte quelle persone che sono ancora nel mezzo, che vedono il limite del populismo ma anche la marcescenza delle istituzioni italiane, spingere questa crisi verso un esito positivo; trasformarla da protesta violenta, a parole se non nei fatti, in proposta rinnovatrice.

Io però rimetto l’accento sul fattore nuovo: Internet. L’esclamazione di Grillo di voler distruggere i partiti è figlia della rete: perché in rete le forme di aggregazione sono nuove e tante e dirette, e anche l’intermediazione dei partiti – che peraltro hanno già da trent’anni perso la funzione di creatori del pensiero politico, trasformandosi in macchine di marketing e controllo – diventa in buona misura superflua. Solo uno che non ha capito la rete può pensare che l’eliminazione dei partiti sia necessariamente una proposta fascista; e difatti, proprio così l’hanno interpretata i commentatori perbene, da Scalfari in giù. Tutti da sessant’anni in su, tutti probabilmente incapaci di accendere un computer, figuriamoci capire cosa sia un meetup.

Invece, la politica in futuro sarà glocale e virtuale come tutto il resto; centrata in azioni locali su problemi concreti, e coordinata online; fatta di masse sotterranee che si manifestano improvvisamente attorno a un sito, a una campagna, a una raccolta di firme; una flash mob elettorale che colpisce duro quando meno te l’aspetti, ma che non è disposta a delegare niente a nessuno, tantomeno a un proprio dipendente come appunto dovrebbero essere i politici. Questo, credo, è lo scenario che ha in mente Grillo; ed è molto più moderno di qualsiasi altra cosa sia mai stata pensata per il futuro dell’Italia.

Resta però il problema di come riuscire a trasformare la crisi di rabbia collettiva di Bologna – per ora centrata su una serie di no, santissimi ma pur sempre distruttivi: no ai pregiudicati, no ai politici di professione, no alle liste bloccate – in una proposta costruttiva, facendola evolvere secondo le regole della democrazia, prima che si possa trasformare in una protesta di piazza incontrollabile, da cui chiunque, Grillo compreso, sarebbe disarcionato.

Bene, Beppe Grillo è un fenomeno creato dalla rete; è anche lui un nostro dipendente. Usiamolo. Perché alla fine il messaggio fondamentale di tutto questo – che Grillo peraltro ha capito, e ha lanciato esplicitamente – è che è ora che ognuno di noi si riprenda un pezzo importante della propria vita: quello pubblico. Ciascuno di noi fa politica tutti i giorni, nelle scelte economiche, nello stile di vita, nelle cose che dice agli amici o che scrive sul proprio blog. La fa ancora di più se sceglie di non farla.

E quindi, in prima persona, riprendiamoci l’Italia.

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martedì 18 Settembre 2007, 09:11

Gioventùs bruciata

Mi scuserete se insisto col calcio (il prossimo sarà un post serio, promesso) ma non posso non parlare di un nuovo idolo che da un paio di giorni è entrato nel pantheon del calcio italiano: questo.

gioventus.jpg

Si tratta del tifoso gobbo che domenica, seduto nei distinti all’Olimpico di Torino, ha tirato un petardone durante la partita, così per distinguersi. Ovviamente il resto della tifoseria non ha gradito, tanto da prenderlo a schiaffoni, prima che venisse portato via dagli steward (qui il filmato). Si è poi scoperto che si tratta di Nicola R., 27 anni, della provincia di Bergamo (piove sul bagnato; per i non calciofili, spiego che Bergamo è una splendida città, ma l’Atalanta è la rivale numero 2 del Toro, da sempre affrontata al grido di “contadino zappa la terra”).

Ordunque, codesto fulgido prodotto di Zappalaterra (BG), capello lungo e sguardo intenso, ha trascorso la notte in carcere, e non ha quindi ancora potuto prendere il posto che gli spetta, al Grande Fratello o similari; parla però il padre, che dichiara: “Nicola non è un ultrà. Sta pagando per tutti, ma non ritengo che abbia fatto qualcosa di esagerato. Non è un teppista, è un tifoso juventino, che va allo stadio ogni due o tre anni. Ha lanciato un petardo di qualche centimetro, che si vende regolarmente nei negozi. Nicola però l’ha lanciato in un punto in cui non c’era gente, non voleva ferire nessuno. Però rispetto all’ultima volta che era stato allo stadio le norme sono cambiate. Quello di mio figlio è un gesto da non fare, ma ho visto di peggio. E comunque più violento di lui è stato chi gli ha dato lo schiaffo. Quello è un tifoso violento.”

Da tutto questo si capisce che il nostro idolo è un vero tifoso juventino. Difatti:

1. Va allo stadio una volta ogni due o tre anni.
2. L’ultima partita che ha visto (dichiarazione degli amici) è il Trofeo Berlusconi.
3. E’ acconciato e vestito troppo trendy, veramente elegantissimo.
4. Esce con una ragazza pure piuttosto carina (a sinistra nelle immagini), e invece di offrirle una cena la porta allo stadio. Però in tribuna, che mica siamo pezzenti.
5. Non pago, davanti alla tipa esibisce una maglietta con scritto “A ME PIACCIONO LE RAGAZZE CHE CANTANO SI LA DO”: un vero gentleman.
6. Per fare ulteriormente colpo, fa lo sborone e tira un petardo in campo.
7. Ovviamente, riceve l’ennesimo due di picche.
8. Quando lo beccano (vedi filmato), fa “Chi? Io?”.
9. Si becca uno schiaffone e non reagisce (potesse, scapperebbe).
10. Dopo essere stato colto in flagrante, dà la colpa al fatto che esistano delle leggi.
11. E comunque, protesta a gran voce trovando sempre qualcun altro che avrebbero dovuto punire al posto suo.

Concludo con un altro pezzo di imperdibile televisione: i capi dei Drughi intervistati in inglese.

Ci sono almeno un paio di momenti fantastici in questo filmato, come quando “Mimmo” annuisce alle frasi in inglese del traduttore pur non capendone una parola, o quando fanno vedere il pullman della trasferta per Genova dell’anno scorso: è la partita clou della stagione, ma il pullman è mezzo vuoto, e il coro lo fanno in tre. E non riescono nemmeno ad andare a tempo tra di loro, e dopo un po’ due dei tre sbagliano le parole. Grandissimi.

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lunedì 10 Settembre 2007, 08:58

Vaffa-day

Sabato c’è stato l’evento. E’ successo qualcosa?

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venerdì 24 Agosto 2007, 16:21

Carabinieeriiii…

Oggi dovevo fare una denuncia: quindici mesi fa ho perso un paio di chiavi della macchina (la denuncia serve perché siamo in Italia, e la ditta di noleggio e il meccanico vogliono pararsi il sedere in caso di successivi casini). Così, ho deciso di vedere se c’erano un commissariato o una stazione dei Carabinieri comodi per il giro di commissioni che dovevo fare.

Sul sito della Polizia, è facile: c’è un bel link Dove siamo proprio nella testata, che porta a un modulo di ricerca, che presenta una mappa interattiva (non è quella di Google ma funziona decentemente).

Sul sito dei Carabinieri, invece… niente. Ci sono, in bella evidenza, i comunicati stampa, le gare d’appalto, persino Giochi e Download, per non parlare della leggendaria rivista Il Carabiniere, ben nota a tutti i conoscitori dell’arma. C’è un link a una misteriosa “Stazione CC Web”, che poi sarebbe una animazione 3D con una carabinieressa virtuale che sembra un incrocio tra Lara Croft e Mary Poppins. Ma la posizione delle caserme – che, a naso, mi sembra la cosa più frequente che uno vorrebbe sapere dai Carabinieri – non c’è. O meglio, c’è, se schiacciate su Informazioni, poi scrollate di un paio di paginate, e trovate Dove siamo. Ben nascosto. Si sa mai, magari così la gente va dalla concorrenza e noi abbiamo meno lavoro da smaltire.

Devo comunque aggiungere la mia solidarietà al poliziotto che ha infine raccolto la mia denuncia al commissariato di Polizia di Madonna di Campagna (proprio sotto la sopraelevata). Certo, l’inizio è stato un po’ kafkiano, con una freccia sul portone principale che dice “l’ufficio amministrativo è nel palazzo successivo”, e poi un cartello sul portone dell’ufficio amministrativo che dice “però le denunce si raccolgono in corso Grosseto 283” – e poi sta all’utente capire che corso Grosseto 283 è il portone principale da cui si è partiti. Certo, io sono entrato alle 14,15 e fino alle 15 non si è presentato nessuno, nonostante il cartello dicesse che le denunce si raccolgono dalle 8 alle 20,30 con orario continuato. Certo, il poliziotto ha allargato le braccia e mi ha detto che avrebbe dovuto mandarmi via, che non c’era bisogno di fare una denuncia per una sciocchezza simile (e concordo con lui).

Ma intanto, oltre a passare dieci minuti ad annotare i dati della mia auto a noleggio, si è dovuto subire il tizio prima di me, che voleva “denunciare” che la firma obbligatoria in corso Giulio Cesare per lui era scomoda, e voleva spostarla lì; e quelli dopo, che – oltre a conoscere quello prima e a salutarlo con grandi pacche sulle spalle – volevano denunciare il vicino cinquantenne che guardava troppo intensamente il culo di lei quando si incrociavano sulle scale. Del resto, l’ultima volta che avevo fatto una denuncia (di smarrimento del foglio complementare della vecchia Punto da rottamare: ah, la burocrazia delle auto), prima di me si era presentato un tizio per denunciare che, al suo paese in Sicilia, il vicino aveva un sacco di galline, e quindi era un sicuro untore di aviaria: non poteva la polizia andare là ed ammazzargliele tutte?

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mercoledì 22 Agosto 2007, 10:17

Valentino Rossi

Volevo evitare la questione, perché so che su questo finirò per litigare con la maggior parte dei miei lettori, ma l’abbondanza di commenti a questo post – seppure a scoppio ritardato – mi spinge a chiarire meglio il mio punto di vista sulla questione di Valentino Rossi e della sua presunta evasione fiscale.

Che è una questione interessante, perché l’Italia si è abbastanza spaccata: una maggioranza a condannarlo in modo addirittura violento, mettendolo alla gogna su tutti i giornali; e una minoranza a farne una vittima e un eroe. Io credo che nessuno di noi abbia i dati per giudicare, ma tendo a stare dalla sua parte; per l’istintiva repulsione alle cacce alle streghe, e anche per altri ragionamenti.

Rossi deve pagare le tasse, su questo non ci piove; su questo le critiche hanno ragione. Le suddette critiche, però, partono quasi sempre dando per scontato il fatto che Rossi abbia veramente evaso le tasse, senza dargli alcun beneficio del dubbio: come mai? Io ho notato in moltissime delle invettive contro Rossi una componente aggiuntiva che svaria tra la frustrazione, l’invidia e il desiderio di vendetta; come se gli si dovesse far pagare il fatto di essere ricco e famoso, e in qualche caso anche quello di avere un commercialista più creativo del proprio.

Anche nei commenti che ho ricevuto, ho notato una preoccupante tendenza a strutturare la questione come “a lui 100 milioni di euro non servono davvero, per cui lo Stato è giusto che ne prenda 60”. Con lo stesso principio, però, si potrebbe dire che a lui per vivere bastano centomila euro l’anno, per cui lo Stato potrebbe tassarlo al 99.9%, no? Questo è il principio base delle società comuniste: tutto è dello Stato e ognuno riceve “ciò che gli serve” a giudizio del governo. La nostra società non dovrebbe funzionare così, e noto appunto alcune preoccupanti lacune collettive sulle basi filosofiche di una economia di mercato, sperando di non dover riaprire (nel 2007…) la discussione sul perchè l’economia comunista e la società moderna siano incompatibili.

Comunque, la questione di Rossi è legalmente complessa, perché esistono un accordo bilaterale per cui i cittadini italiani residenti in Inghilterra pagano solo le tasse inglesi, e una legge inglese che permette agli immigranti in Inghilterra di pagare le tasse solo sui redditi generati là e non sul resto. Vuol dire che Rossi deve pagare ad altri paesi le tasse sul resto del reddito? Non si sa, è una questione da avvocati; ovviamente Rossi sceglie l’interpretazione favorevole a se stesso, lo Stato italiano anche, e si vedrà in tribunale. Ma ciò non mi sembra poter giustificare la conclusione che Rossi ha volontariamente e consapevolmente evaso le tasse, tale da sbatterlo su tutti i giornali come un mostro; se mai, si è trasferito in una nazione che (oltre ad essere un paese molto più civile del nostro) gli praticava condizioni migliori: è un reato? Capirei fosse andato ad abitare alle isole Cayman, ma a Londra

(In qualche caso ho letto qualcuno sostenere che sì, bisogna vietare ai ricchi italiani di trasferirsi altrove, per non privare il Paese del loro apporto fiscale. Era la stessa persona che sosteneva con fuoco e fiamme che non si potesse limitare la mobilità degli immigranti extracomunitari e il loro diritto a stabilirsi in Italia: evviva la coerenza.)

A me poi inquieta molto l’interpretazione fornita dal fisco italiano, secondo cui, anche se Rossi da anni abita a Londra, il fatto che abbia “affetti” e “interessi” in Italia autorizza l’Italia a prelevare la maggior parte dei suoi redditi. E’ una mentalità un po’ mafiosa, del tipo “puoi scappare, ma di noi non ti libererai mai”. Soprattutto a fronte dell’incapacità dello Stato italiano a gestire bene i soldi che gli affidiamo (altro che Svezia), per cui il piano strategico del fisco è centrato sull’aumento della pressione fiscale sulla parte produttiva del paese, invece che sull’eliminazione degli sprechi e delle spese inutili. Se poi l’esito di tutto questo è che la suddetta parte produttiva o emigra o evade o chiude l’attività, non vedo un grande futuro per l’Italia.

In questo senso, è appena normale che per la suddetta parte produttiva Valentino Rossi sia diventato un eroe: non è mica perché avrebbe evaso, se mai è perché questo caso, che da chi vede evasori e sfruttatori in ogni ricco è visto come il prototipo dell’arroganza del singolo, da chi invece si sbatte e crea ricchezza (per sè e per gli altri) è visto come il prototipo dell’arroganza dello Stato. In pratica, per questa fetta del Paese il signor Rossi è diventato il simbolo dell’italiano intraprendente che ha unito il talento ad anni di sacrifici, ha avuto successo, e invece di venire ringraziato ed apprezzato si trova fuori dalla porta la polizia, che a nome di raccomandati, assenteisti e politici gli porta via la maggior parte di ciò che ha guadagnato. Qualsiasi piccolo imprenditore del Veneto, qualsiasi manager milanese si è identificato con lui; ma anche gli istituti di insigni economisti come Sergio Ricossa.

Non so se sia più immorale il ceto che ci governa, o quello stuolo di gente che con la scusa degli evidenti sprechi, inefficienze e privilegi della politica evade (questa volta senza ombra di dubbio) le tasse. So però che l’immoralità dei secondi, unita alla pressione fiscale più alta d’Europa per molti versi, fa molto per aumentare l’evasione e solleticare l’immoralità dei primi.

In questo circolo vizioso, più le tasse aumentano e più cresce il numero di chi trova giusto evaderle, e più aumenta l’evasione e più aumentano le tasse per chi le paga. Non credo che sia possibile spezzarlo solo con la forza: gli unici dati che ho trovato sono del 1998 (ma ne avevo letti di simili per anni più recenti), in cui, per recuperare 2498 miliardi di evasione fiscale, lo Stato ha speso 2402 miliardi di lire in personale e strutture; quanti ne abbia spesi il resto d’Italia duranti gli accertamenti, compresi quelli a sproposito, non è dato sapere.

Insomma, l’unica strada è probabilmente un patto con gli italiani, basato su tasse decisamente più basse e su uno Stato che sia un esempio di moralità.

[tags]valentino rossi, tasse, evasione fiscale[/tags]

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mercoledì 15 Agosto 2007, 21:29

L’Italia si schiera

Il tassista che mi ha riportato a casa poco fa aveva sul cruscotto un adesivo di Valentino Rossi, e stava ascoltando un CD di Zucchero. L’Italia popolare si è schierata!

(Comunque, stavolta hanno ragione loro: sia Rossi che Zucchero…)

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mercoledì 8 Agosto 2007, 09:14

AliPantalone

Dovendo recarmi a metà settembre a Strasburgo per un convegno, mi son messo a cercare di prenotarmi il biglietto.

La soluzione offerta dalla mia compagnia preferita, Lufthansa, non è ideale: difatti Strasburgo è servita da Francoforte tramite un bus, invece che un volo, e le tre ore in autostrada non mi attirano granchè. Il costo da Torino è di circa 360 euro tutto compreso, per circa sei ore di viaggio a botta.

L’alternativa è Air France, via CDG, con un ottimo servizio all’andata (in meno di quattro ore sarei là) ma con un ritorno che prevede una coincidenza lunghissima al ritorno, facendomi perdere buona parte del pianificato sabato turistico. Costo, poco più di 300 euro.

Bene, mi son detto: che sia giunta l’ora di utilizzare la compagnia di bandiera, ammesso che a settembre voli ancora? Da Malpensa, infatti, c’è un bel collegamento diretto Alitalia due volte al giorno; pazienza per lo spostamento a Milano, ma almeno risparmio un volo. Così provo a fare il preventivo… e la compagnia di bandiera, pur facendo a meno della coincidenza e quindi dimezzando il numero di tratte da farmi percorrere rispetto agli altri, mi chiede soli 765 euro.

Certo, quei costi saranno giustificati, sapendo che l’equipaggio sta a Fiumicino e lo devono portare a Malpensa apposta… secondo me, poi, avranno pensato che a Strasburgo ci vanno i parlamentari, che certo non guardano al costo, e quindi tanto valeva spennarli per bene. O meglio, spennare noi contribuenti che gli paghiamo le spese.

Ma forse forse che se nessuno vola Alitalia c’è un motivo?

E forse forse che sarebbe ora che fallisse sul serio?

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