Questa mattina è infine cominciato lo sgombero della Clinica San Paolo, occupata da mesi da centinaia di immigrati profughi del Corno d’Africa; sono passato verso le 11 a vedere com’era la situazione e a fare qualche fotografia.
Prima, dunque, i fatti: la situazione era assolutamente tranquilla. I vigili hanno chiuso il controviale di corso Peschiera; un ampio spiegamento di mezzi “pacifici” (vigili, pompieri, Protezione Civile, GTT e addirittura la società Autostrade; presumo che i rappresentanti dei profughi, come già per via Asti, abbiano chiesto che non ci fosse alcun genere di polizia, nemmeno quella stradale) permette di gestire la situazione. Gli immigrati stanno in vari capannelli per strada, poi a gruppi si mettono in coda presso un tendone della Protezione Civile dove vengono controllati, schedati e indirizzati sui pullman, che sono normali bus GTT su cui per l’occasione hanno messo un cartello con scritto “VIA ASTI – TORINO” (giusto se a qualche profugo venisse il dubbio su dove lo portano… se ci fosse invece scritto “CORSO BRUNELLESCHI – TORINO” non salirebbero). C’è anche un camion del Gabrio, presidiato da due centrosocialisti di numero, con uno striscione “DIRITTI PER LE/I MIGRANTI” e un impianto sonoro da centanta watt che spara musica orrenda.
Tutto bene, dunque, anche se allo sguardo non abituato colpisce un contrasto: da una parte i balconi e quel poco che si riesce a sbirciare dell’interno sembrano rovinati, mezzi spaccati, pieni di masserizie e rifiuti di ogni genere; dall’altra gli immigrati sembrano quasi tutti dei piccoli lord. Sono vestiti bene, talvolta anche eleganti, con vestiti apparentemente nuovi o nuovissimi; non si muovono con borse sdrucite e valigie di cartone, ma con i trolley da aereo; non spostano povere cose, ma anzi ho visto due di loro uscire con in braccio un grosso televisore, come se stessero facendo un normalissimo trasloco, e alcuni ingannavano l’attesa ascoltando musica dal loro iPod. Insomma, non sembrano miliardari ma nemmeno poveracci, sembrano persone con un livello di vita comparabile al nostro.
Prevedibile la reazione degli abitanti delle case circostanti, che sono spaccati in due: le vecchiette piangono di gioia come se gli fosse nato un nuovo nipotino; i vecchietti osservano in silenzio, ma se gli vai vicino commentano a mezza voce “Migranti di merda” e “Finalmente fuori dalle balle”.
A questo punto è giunta l’ora delle foto, che nell’ordine rappresentano: 1) veduta d’insieme; 2) alcuni balconi pieni di masserizie abbandonate, alcuni con le tapparelle piegate o sradicate; 3) un altro po’ del parco mezzi dispiegato per l’occasione; 4) gli immigrati in coda al tendone della Protezione Civile; 5) il bus su cui vengono fatti salire gli immigrati; 6) un altro po’ del dispiegamento di mezzi; 7) la via laterale piena di capannelli di gente, da un lato gli immigrati e dall’altro gli abitanti del quartiere; 8) i bagagli degli immigrati, in attesa di essere caricati; 9) un immigrato in attesa con il suo iPod; 10) un altro po’ di mezzi e il furgone del Gabrio.
Ora, se mi permettete, un piccolo commento. In Italia è difficile avere una discussione razionale sull’immigrazione; se parli con una persona di sinistra ti dirà che agli immigrati tutto deve essere concesso e pagato da noi, se parli con una di destra tirerà fuori il razzismo più bieco e augurerà la morte ai bambini sui barconi. La via normale e adottata ovunque nel mondo, cioè quella di stabilire la quota massima di immigrati che una società può accogliere senza dar luogo alla guerra civile e farla poi rispettare, pretendendo e imponendo nel contempo un rispetto ferreo delle leggi del posto da parte di chi vi si stabilisce, in Italia sembra fantascienza; è “razzismo” per quelli di sinistra e “lassismo” per quelli di destra. Eppure, un principio base dello stato di diritto è che le persone non si giudicano in massa, per il gruppo sociale a cui appartengono, ma individualmente per i loro comportamenti.
In questo caso, purtroppo, i comportamenti – aizzati da quell’altra banda di brava gente dei centri sociali – sono davvero censurabili. Occupare una struttura privata è già deplorevole, anche se è deplorevole pure lasciare abbandonato un palazzo in piena città invece di sfruttarlo per qualcosa di utile. Ma devastarla in ogni modo, pisciare per strada, girare ubriachi, impedire alle persone di aspettare il pullman, passare metà delle notti ad organizzare festoni con musica ad alto volume e l’altra metà ad accoltellarsi con successivo accorrere di volanti e ambulanze – come può testimoniare qualsiasi abitante della zona – non è accettabile da parte di nessuno, immigrato o italiano che sia.
E’ vero che questi sono in buona misura profughi – persone verso cui noi abbiamo un obbligo internazionale di assistenza, a cui loro hanno diritto. Ciò non vuol dire, tuttavia, che l’obbligo debba andare oltre il ragionevole. Non vuol dire che noi torinesi dobbiamo risolvere il problema per tutti, attirando qui tutti i profughi d’Italia. Non vuol dire che il mancato e immediato rispetto dei loro diritti li autorizzi a tenere in ostaggio un quartiere per un anno. Non vuol dire che possano fare gli schizzinosi e lamentarsi perché nella sistemazione che gli viene gratuitamente fornita a nostre spese le camerate sono troppo grandi e vige il divieto di cucinare in camera.
Certo non ci si può lamentare solo dei profughi: tanti italiani ci hanno fatto una pessima figura, dagli abitanti di via Asti con le loro argomentazioni contro lo spostamento – riassumibili in gran parte come “noi siamo troppo ricchi, affibbiateli a qualcuno di più povero” – agli intellettuali che si sono schierati per l’accoglienza a ogni costo tanto non la pagano loro, per giungere a chi – sindaco e prefetto in testa – ha prima ignorato il problema nonostante i diritti dei profughi non si scoprano ora, e poi permesso che una situazione del genere potesse nascere e marcire.
La cosa che non è accettabile, però, è che questo gioco di scaricabarile finisca sulle spalle di pochi: quelli che hanno la sfortuna di abitare vicino al luogo designato e che hanno visto le loro notti diventare insopportabili, le loro case svalutarsi e i loro negozi chiudere, mentre tutti gli altri erano impegnati nelle discussioni di principio. Oltre che dei diritti degli immigrati, qualcuno dovrebbe anche occuparsi dei diritti dei cittadini italiani.
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