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Archivio per la categoria 'SinchËstèile'


venerdì 3 Giugno 2016, 14:46

Dichiarazione di voto

In diversi mi hanno chiesto per chi voterò, e un consiglio su chi votare alle imminenti elezioni comunali torinesi. Io vi raccomando di conoscere meglio i candidati e scegliere chi più vi aggrada, ma, essendo ormai un semplice simpatizzante, non vedo problemi nel rispondere pubblicamente: voterò M5S e darò le mie preferenze a Monica Amore, che è grintosa, leale e abituata a combattere, e a Roberto Malanca, che è saggio, preparato, buon mediatore e non ha mai sgomitato per emergere. Mi spiace comunque non avere altre preferenze da dare, che darei a Viviana Ferrero e Alberto Unia, ma anche a Damiano Carretto, Antonio Fornari, Michele Albertini, Daniela Albano, Roberto Alice, Roberto Merotto e altri ancora (e a Tiziano Mele in circoscrizione 5); in generale, ritengo più adatte al ruolo persone un po’ più in là negli anni, più esperte di vita e meno estreme, piuttosto che i classici giovanotti rampanti a cinque stelle.

Aggiungo comunque che se proprio volete invece votare il PD almeno date la preferenza a Silvio Viale, che è un gran rompiscatole, talvolta maleducato, ma è il candidato più laico e libertario in un ambiente che ne ha un gran bisogno; e se invece votate Lega, voglio esprimere la mia stima per Roberto Carbonero, che è il secondo consigliere comunale per presenze nel mandato uscente (dopo di me).

In ogni caso, l’importante è fare una scelta consapevole e informata: buon voto (o non voto, per chi si astiene).

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mercoledì 1 Giugno 2016, 13:58

Un curioso sul divano

È passata più di una settimana da quando si è concluso il mio mandato in consiglio comunale ed abbiamo annunciato che, almeno per il momento, si conclude anche la mia esperienza in politica; qui sotto rimetto il video del mio messaggio di commiato in Sala Rossa, per chi non l’avesse ancora visto.

E’ stata una settimana ancora piuttosto piena, tra sbaraccare il mio ufficio in Municipio e rispondere a tanti messaggi di ringraziamento e solidarietà, nonché alle critiche incrociate dei pro Appendino (per cui sto disturbando la sua corsa verso il successo con la mia passività e le mie osservazioni) e degli anti Appendino (per cui non ho denunciato abbastanza duramente il modo in cui sono stato trattato dal M5S). Prendere posizioni ragionate in un mondo di tifosi e di pretoriani, come già vi raccontai, porta dritto alla solitudine, che però è limitata al mondo della politica; fuori da quello ho ricevuto davvero una valanga di affetto e ve ne ringrazio.

Nel ponte andrò fuori Torino e cercherò di staccare da tutto; tornerò domenica pomeriggio per andare a votare. Nonostante tutte le mie perplessità sulla direzione presa dal Movimento, sono convinto che Chiara possa davvero vincere, perché l’insoddisfazione generale e la voglia di “punire il sistema” sono palpabili ovunque, anche al di là dei reali demeriti di Fassino. Credo che oggi in un ballottaggio popolare con Fassino avrebbe delle chance persino il Gabibbo, figuriamoci una persona sveglia e mediatica come Chiara.

Comunque, sono curioso di vedere come andrà a finire, ma sul piano personale a me non cambia nulla. Io, difatti, dall’ultimo consiglio comunale non ho più sentito praticamente nessuno del M5S e ho cominciato a pensare al dopo: un brillante quarantenne sul divano di casa, con la sfida di reinventarsi per l’ennesima volta. E’ una situazione a cui non sono più abituato da diversi anni, e certamente è strano non avere ogni minuto impegnato, ma non è la prima volta in cui mi ci trovo. Sono piuttosto curioso di capire come andrà avanti la mia storia; perché nella vita si impara dalle vittorie ma anche dalle sconfitte, e l’unica cosa che non si deve fare è fermarsi, accontentandosi, senza più avere il coraggio di cambiare.

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mercoledì 27 Aprile 2016, 22:11

Quel che non si capisce

Come raccontavo su Facebook, oggi pomeriggio in consiglio comunale a un certo punto mi son trovato a fare opposizione da solo, e con la maggioranza al minimo: nonostante l’urgenza e l’importanza delle delibere in discussione, erano ventuno precisi e bastava un errore per fermare il consiglio, come in effetti poi è stato. Uscito il centrodestra, che fa ostruzionismo perenne senza un vero perché, si aspettavano di approvare tutto in un attimo; e invece io sono stato lì a pretendere che tutte le votazioni venissero fatte per bene, a intervenire sulla sostanza degli argomenti in discussione e in breve, semplicemente facendo il mio lavoro di consigliere di opposizione, a costringerli a stare lì a lavorare fin che non si sono incasinati da soli facendo finire la seduta.

Alla fine di tutto questo mi si è avvicinato un consigliere del PD, uno dei più ragionevoli con cui parlare, e mi fa: “Ma scusa, perché hai fatto tutto questo casino? Non vedi che tutti i tuoi colleghi di opposizione se ne sono fregati e ti hanno lasciato lì da solo, sono andati a farsi i cazzi loro in campagna elettorale. Il tuo partito non ti ha nemmeno ricandidato, l’assessorato non te lo danno, ti hanno trattato tutti a pesci in faccia, e tu sei qui lo stesso a rompere le scatole, invece potevi darci una mano o almeno potevi andartene a casa prima anche tu, tanto ormai che te ne frega?”.

Già, in effetti, che me ne frega? A ben vedere nessuno è in grado di capire una ostinazione pervicace nel rimanere fedeli a se stessi in un mondo come quello della politica italiana, un mondo in cui le persone spesso sono meglio di quel che si crede, ma comunque il cinismo è d’obbligo per sopravvivere; in cui tutti hanno un motivo ideale a cui si aggrappano, anche solo per potersi guardare ogni mattina allo specchio, ma allo stesso tempo tutti sono coscienti di dover pensare innanzi tutto a sopravvivere, tutti sanno che il loro primo nemico è il loro compagno di partito (non importa quale, fa lo stesso) che vuol fargli le scarpe per far carriera al posto loro, e che di fronte a questo tutto il resto passa in secondo piano, perché da nessuno ci si aspetta che faccia scelte diverse da quelle che gli portano il massimo ritorno personale qui e ora, e se lo fa è generalmente visto con compassione, come uno un po’ fesso.

Peggio ancora se la fedeltà è fedeltà a un’idea, a un concetto e a un progetto politico che forse non esistono più, o forse non sono proprio mai esistiti sul serio, in questo doppio binario continuo dell’ipocrisia politica in cui una cosa si dice e un’altra si pensa, una ipocrisia pervasiva e generalizzata che dev’essere nella natura degli esseri umani, specie se italiani, e che alla lunga monta come la panna e ti sommerge, e diventa difficile da tollerare, fino a toglierti il respiro e a farti svegliare ancora, ogni mattina in aula, con quel gusto in bocca che spesso sa della banalità del male, o perlomeno della futilità dell’orchestra che suona su un Titanic dal disastro imminente, in un Paese in cui per dare speranza e crederci davvero ci vuole tanto, troppo coraggio.

Lo ammetto, la domanda è pertinente: perché continuare a suonare per la storia anche quando il destino appare segnato? Forse è senso del dovere, o forse è solo senso, quello che ognuno di noi cerca per missione nella propria vita e, non esistendone uno oggettivo, finisce per darsi da solo. Il mio, credo, è servire le istituzioni (la patria, si sarebbe detto un tempo) fin che ciò mi è concesso, perché, in fondo, così è giusto fare; e se in questo dovessi trovarmi da solo, tra gente che pare non capire, la solitudine non sarebbe meno fredda, ma sarebbe comunque accettata.

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martedì 12 Aprile 2016, 14:20

Di gatti e burocrazia

Questa è una piccola storia di cittadinanza attiva finita male. Riguarda gli animali, uno degli argomenti che più mobilitano l’energia e l’amore di tante persone, e riguarda la burocrazia comunale; un mix che spesso, come in questo caso, produce risultati kafkiani.

Dovete sapere che, secondo la legge, gli animali randagi sono di proprietà del Comune, che se ne deve occupare. Nelle città ci sono principalmente due specie di animali randagi: cani e gatti.

I cani sono in numero minore, ma, specialmente a Torino nord, stanno proliferando; si muovono in branchi e possono essere pericolosi anche per le persone, oltre che per gli altri animali, per cui vanno catturati, sterilizzati e, se impossibili da affidare, tenuti in canile (in realtà ci vorrebbe un recinto apposito che però la Città non ha mai costruito).

I gatti, invece, sono migliaia; sono innocui e vivono generalmente in colonie sparse negli angoli meno visibili della città. Il Comune dovrebbe comunque catturarli, sterilizzarli e poi rimetterli nella loro colonia, evitandone la proliferazione; in pratica, ogni colonia è affidata a una persona o associazione di volontari (le cosiddette “gattare”) che la mantiene a spese proprie.

Ci sono tuttavia delle situazioni particolari; per esempio, quando una colonia viene interessata da lavori edilizi – trattandosi spesso di luoghi semiabbandonati, succede di frequente – chi realizza i lavori è tenuto anche a garantirle un angolo in cui stare, sia durante che dopo il cantiere, o lì o in un’area adiacente. Per esempio, questo accade per il nuovo stadio Filadelfia, e accadrà per esempio al supermercato dell’ex Fiamca di cui abbiamo visto il progetto la scorsa settimana.

Alle volte, però, il Comune si dimentica di far applicare questa regola. E’ successo per esempio con un cantiere a caso, quello della Continassa II, ovvero l’enorme area agricola tra lo stadio e il mattatoio su cui la Juventus sta costruendo sede sociale, impianti sportivi, palazzi e negozi. Lì, accanto all’ex campo rom incendiato e poi sgomberato in tutta fretta, c’era anche una colonia felina; ma in quel caso anche i gatti furono fatti sgomberare, e furono portati dall’ENPA in un angolo appartato del parco Colletta, a cui si accede da una stradina sterrata che sarebbe il prolungamento di via Pindemonte, all’angolo più remoto del cimitero oltre via Zanella.

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L’ENPA, per chi non lo sapesse, è una grande ONLUS privata fondata nientepopodimenoche da Garibaldi nel 1871. A Torino, la locale sezione ENPA ha vinto la gara d’appalto per gestire i canili e gattili municipali, compresa la cattura dei randagi, per un importo di circa 1.400.000 Euro che il Comune le paga ogni anno; in più, il Comune le ha attribuito alcune decine di migliaia di euro per coprire i costi delle sterilizzazioni feline; e poi l’ENPA si finanzia anche con donazioni, lotterie e partnership commerciali. Solo che, stando a sentire le gattare, gli interventi dell’ENPA sui gatti sono molto limitati; in particolare, le gattare devono sterilizzare i gatti a proprie spese (cento euro ad animale) perché l’ENPA risponde di aver già speso tutti i soldi stanziati.

Lo stesso vale per le catture; quando la Città riceve una segnalazione di gatti randagi non gestiti o di gatti abbandonati che si lamentano o sono in pericolo, spesso non è l’ENPA, pur vincitrice dell’appalto comunale, a intervenire. Al contrario, i dirigenti comunali chiamano direttamente qualche altra associazione animalista, che, a titolo completamente volontario, va a recuperare un gatto su un tetto a proprio rischio e pericolo, magari all’una di notte sotto la pioggia. Queste associazioni, insomma, si fanno carico di attività che sarebbero di competenza del Comune e/o del suo appaltatore, ma che questi non fanno.

A questo scopo, questi volontari devono però dotarsi anche di strutture adeguate, in particolare per i gatti ex domestici poi abbandonati, che spesso non sono in grado di vivere da soli in una colonia o per strada (non di rado finiscono sbranati dai cani randagi di cui sopra). E così, sempre in quell’angolo di prato oltre il cimitero, nascono strutture private, a spese degli animalisti.

Già nel 2012, infatti, la Lega Italiana per la Difesa del Gatto aveva chiesto di poter usare quel pezzo di prato per ospitare gatti; il Comune rispose che il prato era disponibile solo fino al 2014, perché poi lì sarebbero partiti i cantieri per la costruzione della linea 2 della metropolitana (la barzelletta del secolo). Arrivato il 2014 senza alcun cantiere in vista, il Comune capitolò e concesse il prato all’associazione Gattagorà, in cambio di un canone agevolato di 420 Euro l’anno, pagato dalle gattare per poter fare il lavoro che toccherebbe al Comune.

In teoria, l’associazione doveva usare quello spazio per ospitare una precedente colonia felina già sgomberata, una dozzina di gatti che la signora dell’associazione teneva a sue spese in casa propria. In pratica, però, il Comune disse: noi dobbiamo sgomberare lo Scalo Vanchiglia per far partire i lavori della Variante 200, non sappiamo dove mettere i gatti, non è che ve li prendete voi? Idem per i gatti della Continassa, che, messi nelle adiacenti cuccette dell’ENPA senza alcuna protezione e presto abbandonati a se stessi, erano via via preda dei cani randagi; e per i gatti sgomberati dal campo rom abusivo di lungo Stura Lazio, in cui uno zingaro li teneva chiusi e ammassati in una gabbia in condizioni orrende, ricattando le associazioni animaliste e pretendendo soldi per sé per permettere a loro di alimentare i gatti.

E così, la signora, dopo aver affittato a proprie spese il terreno e aver costruito a proprie spese le casette, invece di metterci i gatti che aveva in casa se ne prese degli altri; e quelli che non ci stavano lì, li mise a pensione in altre strutture private, sempre a proprie spese; mentre gli operatori edilizi che dovevano in teoria, secondo le regole, farsi carico del mantenimento dei gatti durante il cantiere se ne sono potuti tranquillamente lavare le mani. In questo modo la signora, pensionata, ha accumulato circa ventimila euro di debiti che non sa più come pagare.

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Pensate che sia finita qui? Ma neanche per idea: perché dopo aver costruito a proprie spese le casupole per ospitare i gatti e la relativa recinzione, necessaria per proteggerli dagli assalti dei cani, nel prato di via Pindemonte si presentano i vigili. “Signora, lei ha tutte le concessioni edilizie a posto per costruire le casette sul prato?” “Ma guardi – risponde la signora – io ho solo messo una base di autobloccanti per non sprofondare nel fango, le casette sono prefabbricate e rimovibili, sono solo appoggiate.” “Eh no, signora, vede? Lei ha fatto la recinzione, e per far tenere la recinzione nella terra ha fatto per ogni palo una piccola base di cemento di 3×3 cm piantata nel prato, quindi questa è un’opera fissa, quindi lei non ha il permesso e ha compiuto un abuso edilizio! Quindi multa, ordinanza di demolizione, si vergogni!”

“Non solo, ma lei, signora, aveva chiesto il prato per ospitare una colonia felina, e invece lei ha fatto un gattile, perché c’è la recinzione!” “Ma scusi, ma qui è pieno di cani randagi che attaccano i gatti, se non metto la recinzione li trovo tutti morti, e poi questi sono domestici, non possono sopravvivere liberi, li troverei tutti spiaccicati su corso Regio Parco!” “Non importa, le norme dicono che se c’è un passaggio sempre aperto per far uscire i gatti è una colonia felina, altrimenti è un gattile e dovrebbe avere l’autorizzazione dell’ASL, lei ce l’ha l’autorizzazione dell’ASL?”

Dopo un dialogo di questo genere, la signora, coi suoi ventimila euro di debiti contratti per fare il lavoro del Comune e dell’ENPA, si è un po’ alterata e un po’ disperata. Alla fine ha contattato altre associazioni, che hanno contattato i consiglieri, e così siamo andati in sopralluogo, assistendo a un surreale confronto tra due gentili funzionarie del Comune, che citavano norme e regolamenti contestando questo e quello, e questa signora in tuta sporca di fango che vuole solo un gran bene ai suoi gatti; con contorno di qualche consigliere comunale notoriamente provocatore che diceva alla signora “se lei vuol fare del volontariato sono affari suoi, nessuno l’ha obbligata a farsi carico dei gatti, se non ce la fa li abbandoni al loro destino”. E ovviamente se ci sono delle norme si devono rispettare, ma che una recinzione in un prato a trecento metri da qualsiasi strada o forma di vita sia il primo abuso edilizio da contestare a Torino fa veramente dubitare delle priorità dell’amministrazione comunale.

Ora, forse, siamo riusciti a far calare un po’ di buon senso su questa storia; l’associazione animalista presenterà una relazione su quanto costruito e si impegnerà a sottoporre preventivamente ulteriori progetti, e l’amministrazione farà in modo di regolarizzare quanto c’è, anche se non si sa come farà la signora a pagare i suoi debiti.

Resta la sensazione, rimettendo insieme tutti i pezzi, di aver toccato con mano come funziona spesso lo Stato italiano: forte coi deboli, e debole coi forti; pronto a sfruttare la buona volontà dei cittadini, salvo poi scaricargli addosso i problemi che dovrebbe risolvere lui.

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mercoledì 23 Marzo 2016, 19:32

Alla faccia del populismo

Di commissioni surreali ne ho viste tante, ma quella che ho presieduto stamattina resterà nella leggenda.

La commissione era convocata alle ore 9 per discutere una mozione del consigliere Marrone, che chiede di permettere agli utenti del Palanuoto di via Filadelfia di parcheggiare nello spiazzo antistante, riservandolo a loro. Solo che Marrone non si trova, e ci manda a dire che è impegnato in contemporanea nella commissione emergenza abitativa, dove si discute se assegnare una casa popolare a due casi di suo interesse. Dunque restiamo tutti lì per quarantacinque minuti a girarci i pollici e guardare il soffitto, fin che infine Marrone verso le 9:45 arriva, si scusa, introduce la mozione e chiede di dare la parola all’esperto di Fratelli d’Italia seduto vicino a lui.

Da regolamento, gli esperti di partito in commissione possono parlare solo in assenza del loro consigliere, ma per cortesia chiedo se qualcuno ha qualcosa in contrario, nessuno obietta, e do la parola all’esperto.

A quel punto l’esperto, che si scopre essere in realtà la persona che vuole parcheggiare lì sopra, invece di spiegare la questione attacca con una inarrestabile arringa che, “da cittadino”, accusa i consiglieri in sala di essere troppo pochi e troppo poco interessati a un tema così importante.

Restiamo tutti basiti: ma come, presentate una mozione al consiglio comunale per avere un parcheggio privato per la vostra macchina, ci avete fatto aspettare i comodi vostri per tre quarti d’ora, poi prendete la parola e ci accusate di maleducazione e disattenzione per il pubblico interesse? Alla faccia del populismo…

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martedì 15 Marzo 2016, 07:57

Guerriglia da social

Vorrei condividere con voi una piccola storia di guerriglia-propaganda su Facebook, giusto per capire come va il mondo dei social.

Ieri sera sul mio profilo Facebook è apparsa una certa Ileana, che ha postato un articolo tratto da un blog di WordPress denominato Il Torinese che riprendeva il chiacchiericcio sul ritiro di Patrizia Bedori e poi aggiungeva che anche a Torino c’erano attivisti M5S che insultavano i dissidenti con appellativi omofobi; pertanto Ileana insultava me e il M5S dicendo che facevamo tutti schifo.

Ora, che nel M5S ci siano sostenitori tifosi che insultano qualsiasi persona esprima una qualsiasi critica è vero, ne sono stato vittima anch’io e l’ho detto io per primo da mesi, ma che nel M5S Torino sia tollerata l’omofobia direi proprio di no; io prendo sempre seriamente le segnalazioni che ricevo, per cui ho commentato chiedendo di dettagliare coi fatti chi, come, quando avrebbe usato questi insulti, altrimenti si trattava di una calunnia gratuita. Nel frattempo sono anche andato sul blog da cui era preso l’articolo, cercando un contatto, ma è stato inutile: non c’erano contatti e la registrazione del dominio era anonima.

Mentre facevo tutto ciò, la misteriosa Ileana ha cancellato il suo post, mettendone un altro in cui mi accusava di aver censurato il suo post precedente; contemporaneamente l’articolo su Il Torinese è stato modificato rimuovendo tutti gli attacchi al M5S di Torino.

Sotto il nuovo post, ho pazientemente spiegato che non avevo cancellato io il post precedente, e che ero a disposizione per spiegazioni; la risposta è stata che facciamo tutti schifo, stavolta perché abbiamo dato della “cicciona” alla Bedori. Io allora ho fatto notare che non mi stupirei che sostenitori del M5S insultassero esponenti di altri partiti, ma trovavo difficile che insultassero la nostra stessa candidata; tanto che lei ha accusato pubblicamente due fuoriusciti dal M5S, e non esponenti del M5S stesso.

Poi ieri sera mi sono messo a fare altro, e quando ho riaperto Facebook stamattina ho trovato quaranta commenti in cui Ileana insultava più o meno tutti i miei commentatori regolari che osavano ribattere ai suoi attacchi.

A questo punto, scusate se una volta tanto (lo faccio molto raramente) ho deciso di bannare questa signora; mi spiace solo che sia sparito anche il post, non pensavo che bannare una persona eliminasse anche i post che lei ha fatto sulla tua pagina, pensavo valesse solo per il futuro. Io accetto volentieri tutte le discussioni civili, anche con persone con pregiudizi negativi su di me e sul M5S, ma non tollero chi sparge falsità in rete (neanche se fossero a favore del M5S) e chi sa soltanto insultare.

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sabato 12 Marzo 2016, 13:04

La città delle libertà

E’ iniziata così, senza un vero perché, l’ennesima discussione cittadina sulla movida e sul M5S che si ripete ciclica almeno dal 2012, quando raccolsi per la prima volta il grido di dolore degli abitanti delle zone centrali. All’epoca era facile per l’amministrazione cittadina far passare il problema come le lamentele di quattro anziani ricchi che disprezzavano la plebe e volevano spegnere il divertimento; eppure, al giorno d’oggi, con tutti gli episodi che sono successi e i video (questo lo linko spesso) che fanno capire di cosa si parla davvero, è difficile ignorare il problema.

Comunque, ribadiamolo ancora una volta: non si chiede né di chiudere ristoranti e locali notturni, né di deportare la movida per forza in zone periferiche, ma si chiede di intervenire in alcune zone specifiche in cui per quasi tutte le sere della settimana e ormai per quasi tutto l’anno si verificano assembramenti fuori controllo di centinaia di persone che urlano, pisciano, vomitano, si sfondano di alcool e si picchiano per strada fino alle quattro di mattina, nel totale disinteresse delle istituzioni, impedendo agli abitanti – che per la maggior parte sono lì da ben prima della movida, che magari sono malati, hanno figli piccoli, si alzano alle sei per andare a lavorare – di dormire, e costringendoli a scappare da casa propria.

Questi problemi non coinvolgono tutti quelli che escono la sera, che per la maggior parte sono persone civili che stanno insieme rispettando gli altri, ma una parte soltanto del fenomeno della movida, per il quale non si chiedono spiegamenti di eserciti e nuove regole draconiane, ma si chiede semplicemente di non girarsi dall’altra parte, di far rispettare le norme che già esistono, e magari di lavorare per evitare di avere quartieri con un impianto audio da mille watt ogni due vetrine e altri ridotti a un deserto dalle nove di sera in poi.

Onestamente, a me pare buon senso; eppure PD e SEL reagiscono ringhiando a qualsiasi tentativo di sollevare il problema. Perché? In primis perché l’idea di Torino come città del divertimento è alla base del loro modello di sviluppo e della loro propaganda; essendosi in questi anni lasciati sfuggire verso Milano o verso l’estero, piegati a novanta, testa e corpo di un po’ tutte le attività economiche vere della città, dalla Fiat al Sanpaolo, usano il turismo e la movida come foglia di fico per sostenere che a Torino tutto va bene e che i soldi girano ancora.

E poi, perché ci sono legami personali stretti tra alcuni esponenti della maggioranza e il mondo dei locali notturni; l’inchiesta sui Murazzi, pur depotenziata dallo scaricabarile tra politici e dirigenti, ha dimostrato i favori di cui questo mondo ha sempre goduto, anche a spese delle casse comunali e in barba alle leggi, e c’è solo da chiedersi in cambio di cosa; e bastava venire alle commissioni consiliari sul tema per vedere certi consiglieri darsi il cinque al grido di “ciao amico della notte” coi titolari di qualche locale.

C’è però veramente a Torino, al di là delle questioni spicciole, un problema culturale profondo di cui il dibattito sulla movida è solo una delle espressioni; è il problema della mancanza di legalità, del mancato rispetto delle regole di convivenza civile, di un atteggiamento ormai diffuso in tanti torinesi per cui qualsiasi comportamento incivile va bene, e chi si lamenta è razzista, leghista, giustizialista. E intanto chiunque può se ne approfitta, mentre i cittadini onesti, i tanti che ancora esistono, restano basiti e increduli, attaccati al telefono per chiamare vigili che non rispondono e politici che rispondono, ma facendo promesse mai mantenute o direttamente disprezzando le loro istanze.

Vi prego, ascoltate questi pochi minuti di registrazione di una signora (peraltro ex sindacalista CGIL, certo non leghista) che vive a Barriera di Milano e racconta i problemi e i desideri della cittadinanza, gli stessi che Fassino e i suoi derubricano regolarmente come razzismo ed esagerazione, lasciandoli irrisolti da anni. Mettetevi nei suoi panni, ma a voi sembra giusto dover vivere in una situazione del genere?

Questa è ormai la città dell’anarchia, ma nel senso deteriore del termine. Questa è la città in cui con arroganza si occupano i beni comuni per il proprio comodo – che sia asfalto in doppia fila o un edificio comunale poco cambia – sostenendo che lo si fa per renderli più pubblici; magari a parole ce ne si appropria nel nome dell’anarchia di Michail Bakunin, quella che esprime il nobile ideale politico di liberare i cittadini dall’oppressione del potere, ma nei fatti li si usa nel nome dell’anarchia di Corrado Guzzanti, quella della casa delle libertà in cui “facciamo un po’ come cazzo ci pare”; in linea peraltro con l’invidia del pene di Berlusconi che ha colto la fu sinistra italiana in questi ultimi tempi.

E così, in ogni angolo Torino si riempie di gente di ogni provenienza e classe sociale che fa un po’ come cazzo le pare, dagli zingari che taglieggiano alla luce del sole gli anziani che parcheggiano alle Molinette per andare a trovare i parenti malati, agli anarchici di canale Carpanini che minacciano e vandalizzano chi cerca di aprire attività commerciali regolari a Borgo Dora, fino alle famiglie della Torino bene (tra cui persino qualche dirigente PD) che entrano in macchina nell’isola pedonale della Crocetta perché sia mai che i loro figli debbano fare trenta metri a piedi; con la copertura di istituzioni pubbliche locali che come minimo se ne fregano, e come massimo coprono attivamente le crescenti zone grigie perché loro o i loro amici stretti ne traggono un vantaggio diretto.

Questa è una scelta di campo che chi si propone di governare la città deve fare: la legalità è un principio fondamentale oppure no? Certo, senza esagerazioni, senza pensare che il vigile o il poliziotto siano la risposta a tutto o possano essere dappertutto, senza nasconderci che siamo un Paese in cui chiunque, a partire dai moralizzatori, ha prima o poi lasciato la macchina in doppia fila; ma partendo dal principio che le regole vanno rispettate, che se le si viola si può e si deve essere sanzionati senza poter accampare scuse, che la cultura dell’inciviltà non è cultura; e applicando lo stesso metro a tutti, dato che non si può contestare ogni minimo vizietto dei politici e poi chiudere entrambi gli occhi sul degrado di interi quartieri, che sia per la movida, per lo spaccio, per l’occupazione del MOI o più banalmente per la doppia fila perenne.

Questa è una scelta su cui credo che il Movimento 5 Stelle debba ai cittadini una posizione chiara, in massima trasparenza, e diversa da quella del PD e del Sistema Torino; perché francamente, se mi metto nei panni di un elettore torinese, per ritrovarmi ancora con il solito “modello di sviluppo” basato sul vomito notturno per le strade, sullo spaccio a cielo aperto, sulla tolleranza a prescindere e su Torino come discarica sociale di tutte le illegalità, tanto vale votare il PD che almeno di questo modello è un esperto.

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giovedì 3 Marzo 2016, 21:10

Io e il bando assessori

Avevo promesso una risposta pubblica a riguardo della mia partecipazione al bando per gli assessori di Chiara Appendino e mi scuso se c’è voluto ben più del previsto, ma ho voluto attendere che lei avesse la possibilità di ricevermi per esporle prima a quattr’occhi quanto andrò ora a dirvi. Mi scuso anche se questo post è piuttosto lungo (ma è meglio, così lo leggeranno solo gli alfabeti).

Non è un mistero che io sia critico con la direzione presa dal Movimento 5 Stelle a livello nazionale (ne ho parlato poco tempo fa) e che non mi sia piaciuto nemmeno questo inizio di campagna elettorale, in cui secondo me, sia come immagine che come organizzazione, il M5S torinese si è annullato diventando una semplice appendice della candidata sindaca, di cui nella discussione pubblica sono passate molte immagini, molti sorrisi e molti slogan ma troppo poche proposte concrete (ma c’è tempo per rimediare). Se la questione fosse puramente di appartenenza politica, la mia risposta sarebbe negativa.

Ci sono diversi altri argomenti a favore del no: ad esempio sono sicuro che qualcuno mi accuserà di incoerenza con quanto deciso a novembre e mi darà del poltronista, anche se è evidente che rispetto ad allora è stato il Movimento a cambiare programmi e non io, e anche se già allora avevo approcciato la questione dicendo (e lo confermo) che non mi sarei candidato a consigliere, ma che sarei stato disponibile a fare l’assessore (rimando al post di allora per le motivazioni).

Poi c’è il fatto che un assessore nominato così, senza un riferimento politico, è totalmente alla mercé del sindaco che lo può cacciare in qualsiasi momento, anche cinque minuti dopo le elezioni; e non è certo una scelta di vita rassicurante. In generale, è difficile fidarsi di un ambiente che parla molto di meritocrazia ma spesso poi non la applica, e in cui varie volte mi hanno fatto apertamente sentire non più benvenuto.

Ma più ancora di questo c’è il logoramento psicologico, c’è la delusione per la piega che hanno preso le cose rispetto agli ideali dell’inizio, c’è la difficoltà estrema di rimanere se stessi in un ambiente politico (tutto, di tutti i partiti) dove o ti schieri e ti allinei a priori o sei visto con sospetto, attaccato, emarginato, costretto a pagare prezzi pesanti e immeritati sia sul piano emotivo e psicofisico, sia nelle tue prospettive personali.

D’altra parte, ci sono anche molte ragioni a favore del sì.

Intanto, nel Movimento 5 Stelle non c’è solo l’acqua sporca, e il rischio è quello di buttare via il bambino per la fatica di tirarlo fuori; il bambino è un programma magari utopico ma senz’altro nell’interesse dei cittadini, e una chance epocale per rinnovare la classe dirigente di questa città, spezzando una spirale di obsolescenza e declino.

Poi c’è l’esperienza: per cinque anni ho passato tutto il mio tempo a imparare, a conoscere ogni angolo della città e a capire come si amministra un Comune così grande e complesso; sono il recordman di presenze del consiglio comunale, l’unica persona del M5S torinese ad avere accumulato un’esperienza amministrativa del genere ed è giusto che la rimetta a disposizione.

Ci sono anche tutti gli incoraggiamenti e i ringraziamenti che ho ricevuto, dagli elettori, dai simpatizzanti, dagli osservatori professionali della politica, da tanti cittadini di qualsiasi orientamento, con frasi talora commoventi (questa la riporto perché mi ha colpito). Un invito a tener duro l’ho ricevuto direttamente, in una lunga telefonata, da un vecchio amico di Genova qualche settimana fa: mi ha fatto piacere e mi ha fatto riflettere.

Ma soprattutto c’è una consapevolezza: il problema di fondo della politica italiana è il livello sempre più basso della discussione pubblica, che deriva dal livello sempre più basso, o volutamente autoabbassato, di chi la pratica e di chi la guida.

C’è troppa gente di qualsiasi orientamento per cui la politica è solo credere, obbedire e combattere e prendersela con chiunque esprima un qualsiasi pensiero articolato, per poi comunque approfittarsene per scopi personali alla prima occasione. C’è troppa gente che fa politica pensando di volere o dovere seppellire la parte più nobile di essa, il confronto, il dibattito intellettuale, per relazionarsi soltanto con il famoso italiano medio di Berlusconi, quello che ha fatto solo la terza media e nemmeno tanto bene, dimenticando che là fuori ci sono tanti italiani che non sono così e che aspettano soltanto che qualcuno si relazioni a loro come esseri pensanti e intelligenti, come io ho sempre cercato di fare.

E però, la responsabilità del degrado della politica – dell’egemonia culturale della parte peggiore del berlusconismo, ormai abbracciata da tutti – non è soltanto di queste persone, e degli elettori simili a loro che li votano; è anche del disinteresse di tutti gli altri, è anche delle persone valide che scelgono di chiamarsene fuori, non impegnandosi in prima persona, arrendendosi, smettendo di combattere per migliorare il Paese e il modo di governarlo.

C’è, infine, il desiderio di mettere alle spalle le divisioni passate, di riunirsi in un progetto che possa veramente cambiare Torino, centrato soltanto sulle capacità e su un programma condiviso al di là delle appartenenze di partito. In questo, è stata fondamentale la scelta di Appendino di individuare gli assessori prima del voto e non dopo, e di farlo per competenza e non per scuderia politica, diversamente da come sembrava all’inizio.

E sulle competenze, su alcuni argomenti, ho un curriculum di livello nazionale, in parte persino globale: l’innovazione, la smart city, le relazioni internazionali, le nuove forme di partecipazione e trasparenza (chi non sapesse cosa ho fatto prima della politica dovrebbe leggersi il mio profilo e il mio curriculum dettagliato o anche solo questo riassunto che ho inviato a Chiara). Queste sono le competenze che posso mettere a disposizione, in un’ottica strettamente meritocratica.

Per questo, pur ribadendo la scelta di cessare l’attivismo politico nel M5S almeno per come è diventato adesso, ho ingoiato un po’ di orgoglio, ho rimandato a tempi migliori la questione del vicesindaco e ho dato a Chiara la mia disponibilità per fare l’assessore sulle competenze sopra esposte, per lavorare insieme e per creare un assessorato assolutamente innovativo che metta al centro dello sviluppo della città il coinvolgimento dei cittadini e l’accelerazione dell’innovazione sociale, culturale, economica e tecnologica.

Credo che la mia presenza nella squadra candidata a governare Torino possa rafforzare la campagna di Chiara e aiutarla a conquistare credibilità amministrativa. Comunque, la valutazione ora spetta a lei e attendo di sapere, nel giro di qualche settimana, se vorrà accogliere o meno la mia disponibilità, sperando di poter fare un passo insieme verso un grande risultato.

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venerdì 12 Febbraio 2016, 15:55

Un commento a caldo sul bando assessori

E’ stato pubblicato poco fa sul sito di Chiara Appendino il bando pubblico con cui lei invita i cittadini ad offrirsi come potenziali assessori.

Ho letto ora per la prima volta il bando, e non sono stato coinvolto nella sua stesura; è però una scelta che condivido per almeno due motivi. Il primo è che è una scelta di trasparenza, mettendo in condizione gli elettori di conoscere e valutare sin da subito chi sono le persone che amministreranno la città in caso di vittoria del M5S, ed eliminando le tradizionali negoziazioni post-voto legate non alla competenza delle persone, ma alla necessità di spartire le poltrone in funzione di quanti voti ha preso ogni singolo candidato, corrente e partito. Il secondo è che è una scelta di apertura, invitando l’intera società civile della città a partecipare con noi e a mettersi a disposizione, e cercando di allargare il sostegno alla nostra campagna mettendo al servizio di Torino professionalità di alto livello.

Potenzialmente – ma dal bando non è chiaro, perché non è scritto esplicitamente che chi verrà designato come assessore dovrà rinunciare alla candidatura a consigliere, ma solo che, come già obbligatorio per legge, dovrà scegliere tra le due cariche dopo il voto – questo metodo stabilisce una distinzione prima del voto tra i candidati al consiglio comunale, scelti tra gli attivisti del M5S in base alla fedeltà e alla partecipazione politica, e i candidati alla giunta, scelti anche e soprattutto all’esterno del M5S, in base innanzi tutto alle competenze e alla condivisione del programma amministrativo, al di là della militanza politica. Se questa separazione fosse veramente attuata, permetterebbe di proporre alla città una giunta competente, credibile e adatta a smentire la millantata prospettiva (che spaventa la gente e che sarà sicuramente cavalcata da Fassino) di una città affidata a militanti politici onesti ma ingenui, sconosciuti e scarsamente capaci, o peggio ancora settari e furiosi.

La scelta di emettere un bando è per me particolarmente interessante perché rappresenta anche una inversione di rotta rispetto alla discussione che mi ha coinvolto a novembre, in cui, proprio per aver chiesto di cominciare a discutere subito anche della futura giunta, mi presi del “poltronista” e poi pure del bugiardo da una serie di militanti che sostenevano che discutere di cariche prima delle elezioni fosse contrario allo spirito del Movimento. Evidentemente in questi tre mesi ci si è resi conto che Appendino non può vincere le elezioni e governare da sola, e che l’idea di costruire una squadra da subito è positiva.

E’ chiaro che una chiamata pubblica rischia però di essere interpretata anche come il segnale di non sapere che pesci pigliare, di aver bisogno di arruolare il primo che passa per la strada. Io credo che la bontà dell’iniziativa sarà misurata essenzialmente dai suoi risultati e dalla qualità delle persone che saranno scelte. Se le persone saranno valide e convincenti, l’iniziativa sarà un successo e metterà in seria difficoltà Fassino, che dovrà attendere le elezioni per poi portarsi in giunta i funzionari di partito in carriera che le dinamiche interne al PD gli imporranno.

Se invece verranno fuori persone di scarso peso, l’iniziativa rischia di essere un boomerang, dimostrando che il M5S non è in grado di sostenere coi fatti la propria ambizione di governare la città; peggio ancora se poi la selezione si svolgesse in maniera non meritocratica, cioè scegliendo non le persone più valide tra quelle disponibili, ma amici e fedelissimi di dubbia competenza dal cerchio più interno del M5S torinese (a quel punto risulterebbe anche un po’ una presa in giro alla città). In quest’ottica mi spiace che si sia scelto di non pubblicare l’elenco completo delle candidature ricevute, o almeno di chi acconsentisse alla pubblicazione, che avrebbe permesso una vera trasparenza e pubblica valutazione delle scelte che saranno effettuate.

Comunque, al di là di alcuni altri dettagli che avrei fatto diversamente (avrei anticipato la scadenza, avrei escluso dal principio dalla candidatura ad assessore chi intende candidarsi anche al consiglio comunale e avrei messo clausole più stringenti contro gli ex dei partiti che sicuramente proveranno a riciclarsi da noi), sulla carta mi sembra un buon bando, anche se il vero giudizio lo si potrà dare alla fine, vedendo come sarà applicato in pratica.

Credo che la responsabilità di presentare una squadra convincente non possa in ogni caso essere scaricata sulla collettività, nascondendosi dietro a “abbiamo seguito la procedura, i partecipanti al bando erano questi”, e che quindi tutto il M5S debba impegnarsi per convincere attivamente persone valide a partecipare. Per questo motivo invito tutte le persone che hanno competenze da offrire a farsi avanti: più scelta c’è, e migliore sarà il risultato.

P.S. Lo so, la domanda di molti (già diversi giornalisti me l’hanno posta in queste ore) è se io intenda partecipare alla selezione come assessore o se invece confermi la scelta di chiamarmi fuori. Se da una parte, come ho appena scritto, trovo il bando positivo, e se sono molte le persone che mi stimano e che vorrebbero vedere il mio nome all’interno di una possibile amministrazione a cinque stelle, dall’altra i dubbi e le critiche che ho esposto in questi mesi rimangono validi e se mai sono pure cresciuti, e vengono prima di qualunque carica. Fatemi dunque riflettere nel fine settimana, e poi, con la solita trasparenza, vi dirò; stante comunque che il mio coinvolgimento dipende da me solo per una parte minoritaria, perché il potere decisionale ultimo è tutto in mano ad Appendino.

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giovedì 21 Gennaio 2016, 16:50

Una seduta consiliare a caso

Oggi pomeriggio ho discusso in commissione trasporti una mia mozione che chiede ai vigili di dotarsi di account Facebook e Twitter su cui ricevere in tempo reale le segnalazioni di violazioni stradali gravi e situazioni problematiche, inviate dai cittadini tramite foto e video dallo smartphone, per poi decidere se inviare una pattuglia. Già oggi esistono gruppi su cui queste segnalazioni arrivano continuamente, sarebbe utile farlo in maniera costruttiva e non solo come sfogatoio.

Solo che in risposta il comandante dei vigili ha ribadito che loro fanno già tantissime attività contro la doppia fila, vantandosi anche di come siano riusciti a reprimerla in via Vanchiglia senza provocare le solite proteste dei commercianti; e poi il consigliere Liardo (NCD) è intervenuto accusandomi di vivere “in Svizzera o forse in Australia”, perchè a Torino la gente è obbligata a muoversi in auto violando il codice della strada a causa dell’insufficienza dei mezzi pubblici, in particolare della metropolitana (da lui ribattezzata “il tour del comunismo”) che è stata progettata per servire solo i quartieri rossi tagliando fuori i suoi elettori di Torino nord. Nel frattempo altri consiglieri di maggioranza e opposizione facevano a gara per capire chi di loro avesse collezionato più multe nell’ultimo anno, dopodiché mi hanno detto che c’erano “problemi di privacy” (non meglio specificati) e la seduta è finita lì.

E poi mi chiedete perché non voglio più fare il consigliere comunale…

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